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Autore: MerasaviaAnderson    03/11/2013    1 recensioni
Lui non risponde, finalmente riesce ad aprire gli occhi: sono azzurri, lucenti, semplicemente splendidi: hanno la stessa luce del cielo, ma non il cielo grigio come gli occhi delle persone che popolano il Giacimento, no.
Nei suoi occhi riflette la luce del cielo illuminato dal sole, è meraviglioso.
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ATTENZIONE: benché questa One Shot sia un "What if?" in cui Katniss e Peeta non hanno mai partecipato agli Hunger Games, io non ho ancora finito di leggere "Il canto della rivolta", quindi se ci sarà qualche errore nella trama, vi prego di farmelo notare, grazie in anticipo e spero che vi piacerà ♥
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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a   s t e s s a   l u c e   d e l   c i e l o
 
 
 
Appena uscita dal medico non so se essere triste o felice, so solo una cosa: devo dirlo a Peeta.
Camminando prendo la strada secondaria che va alla panetteria Mellark, quella che passa dietro la Piazza.
Peeta è sempre lì, a cercare di portar a casa qualcosa da mangiare per sfamarci, così camminando lentamente immagino di poter sentire la piccola creatura che porto dentro muoversi dentro di me: Peeta ha sempre voluto avere dei bambini, ma io no, non se saranno destinati a morire per puro divertimento degli abitanti di Capitol City.
Arrivo all’entrata sul retro della panetteria, schiudo la porta ed entro: per mia sorpresa non c’è nessuno, ci sono solo dei sacchi di farina qua e là e del pane che sta bruciando nel fuoco.
Cosa sta succedendo?
Tiro fuori il pane dal fuoco, lo lascio sul banco da lavoro e mi affretto ad uscire, forse è andato al Forno a comprare qualcosa; così mi dirigo al Forno, ma per le strade non c’’è nessuno, l’aria non sa per niente di buono e ho una brutta sensazione, davvero brutta.
Escludo che sia al Prato o oltre la Recinzione, non avrebbe nulla da fare lì, l’unico posto rimasto è la Piazza;
appena arrivo noto che è piena zeppa di gente: cosa sta succedendo?
Sicuramente Peeta è rimasto bloccato in mezzo a quella marea di persone, così mi aggiro vagante per la Piazza nella speranza di trovarlo fra la gente che neanche si accorge di me;
avvicinandomi riesco a scorgere un Pacificatore, il che non mi tranquillizza per niente, se prima pensavo che qualcosa non andasse per il verso giusto, adesso ne sono certa.
Mi avvicino ancora di più e vedo che il Pacificatore sta alzando una frusta: stanno fustigando qualcuno davanti agli occhi di tutti noi, è inammissibile; i miei occhi si girano verso colui che sta scontando la pena: un ragazzo dai boccoli biondi, i polsi legati ad un palo, ha la schiena lacerata e … e …
Il mio cuore smette di battere, non può essere vero, no! Mi sento mancare il fiato e sento un liquido caldo scorrermi sul viso: lacrime.
Non può essere Lui, non può essere Peeta!
Urlo forte, urlo come per distruggere tutto ciò che c’è intorno a me.
«PEETA!»
Piango. Piango  come non ho mai fatto prima e cerco di farmi strada fra la gente; è insolito per me, piangere, ma adesso … perché sto piangendo? Perché il mio cuore non regge alla viste di Peeta che viene torturato?
Ci penso: è semplicemente amore.
Sento bisbigliare la gente su una punizione troppo eccessiva: ha subito più di quarantacinque frustate. Non posso, non posso accettarlo.
Finalmente riesco a superare quella barriera di gente e mi interpongo fra Peeta e il Pacificatore.
«Basta! Smettetela! Ha già sofferto abbastanza, non vi pare?»
Il Pacificatore non dà peso alle mie parole, ma resta fermo a scrutarmi dietro quel casco bianco, dietro di lui vedo i volti degli abitanti del Giacimento, alcuni scompaiono spaventati, altri restano a guardare neri di rabbia: neri proprio come il carbone che si ammazzano a cercare tutta la vita.
Il Pacificatore inizia a valutare la situazione e arriva ad una conclusione, la più impensabile: lui e i suoi scagnozzi se ne stanno andando, infondo non credo che gli farebbe piacere vedere una folla di abitanti abbattersi contro di loro.
Perché?
Perché gli hanno fatto questo?
Lui … è buono.
La curiosità è più forte di me.
 
«Un momento» dico in tono malfermo, bloccando i passi del Pacificatore che si volta a guardarmi. «Perché gli avete fatto questo? Cos’ha fatto di male?»
«Commercio illegale» mi risponde il Pacificatore senza lasciar trapelare neanche un filo d’emozione «Con permesso, signorina Everdeen.»
E lui se ne va, dopo tutte le persone presenti in Piazza, anche lui se ne va.
Conosce il mio nome, conosce il nome di tutti. Siamo tutti controllati.
Corro da Peeta in lacrime e prendo il suo viso sporco di polvere, cenere e terra, fra le mani, ma è sempre così bello …
«Peeta!» caccio un urlo strozzato fra le lacrime. «Mi senti? Sono io, sono Katniss!»
Inizio a sciogliere le corde che lo legano al palo, ma lui non regge, crolla fra le mie braccia senza un briciolo di forza. Piango accarezzando i suoi capelli biondi, ho paura che muoia: ha la schiena distrutta e quelle sue imponenti spalle sono lacerate; trema, gli cola del sangue da ogni parte del corpo.
«Coraggio, Peeta, va tutto bene, sono qui.» stringo la sua testa alla mia spalla, per sentirmelo più vicino. La gente ci guarda, senza far niente ci scruta con i loro occhi grigi, questo mi fa rabbia, lo sanno che non posso farcela da sola. «Qualcuno vuole aiutarmi?» Cerco di urlare piangendo, ma il mio tono di voce di fa sempre più basso. «Non vedete che sta morendo?»
Sta morendo: due parole che fanno scoppiare il mio cuore.
No. Lui non può morire, lui non morirà. Nostro figlio non crescerà senza un padre!
Alcune persone che abitano il Giacimento mi aiutano a portarlo a casa, mi aiutano a stenderlo su quel vecchio letto dalle lenzuola grezze e poi … e poi se ne vanno, tutti tornano al Forno o nelle miniere.
Non so che fare, non posso abbandonarlo così … non posso lasciarlo andare al suo destino. Mi siedo al bordo del letto e gli faccio alcune carezze sui capelli biondi e sulla guancia.
«Peeta …» lascio il mio tono in sospeso, come se dovessi continuare un discorso, ma non avrei il coraggio di farlo. Lui non dice nulla, mi prende la mano, la avvicina alle sue labbra e ne bacia il palmo: dove avrà imparato questo gesto?
Lo faceva sempre mio padre a mia madre.
«Scusami, Ragazzo del Pane» gli mormoro piangendo «Ma non so che fare.»
Lui scuote la testa, come per dire: “Non fa niente, Katniss.”, ma io mi sento responsabile di tutto ciò.
«Non ti merito, Peeta. Non ti merito.» lui continua a scuotere la testa e intreccia la mia mano con la sua.
La sua.
Così calda, così grande.
Sento qualcuno bussare alla porta: chi sarà mai?
Aprendo la porta vedo una donna di statura media e capelli lunghi e biondi legati in una complessa acconciatura: cosa ci fa qui mia madre?
Qualcuno deve averla informata che il fidanzato della sua primogenita è ormai moribondo.
Non resisto, non ci riesco: le getto le braccia al collo e la abbraccio in lacrime.
«Mamma! Salva Peeta, ti prego. Salvalo.»
La mia è quasi un’implorazione, ma lei non dice nulla, non è una donna di molte parole, perciò mi sorride e si dirige verso la camera con qualche crema e delle bende.
La schiena lacerata di Peeta è terribile, ma non tanto il dolore che sicuramente sta provando adesso, mia madre non ha una bella espressione, questo mi mette paura.
«Morirà, mamma?» lei non risponde.
Mi dà fastidio! Perché diamine non spiccica parola?
Semplice: la verità è struggente.
«MI HAI SENTITO, MAMMA? MORIRÀ?»
Urlo.
È l’unico modo per cacciar via il dolore ed evitare di piangere, ancora.
Mi porta una mano sulla guancia umida dalle vecchie lacrime versate e mi guarda in un modo così intenso che nessuno aveva mai fatto prima, mi guarda come per dirmi che ce la farà.
«Devi solo sperare, Katniss» mi dice con la sua voce tranquilla. «Vedrai, andrà tutto bene.»
Detesto la sua positività, detesto il modo in cui affronta le cose. Sperare non serve!
Ma non le rispondo, non sono pronta ad affrontarla, adesso, adesso voglio solo pensare a Peeta, così mi avvicino a lui e gli prendo una mano, mentre mia madre si avvicina con un tubetto di crema e delle bende malconce in mano.
«Katniss» mi chiama «Vieni qui.»
Faccio come dice e mollo la mano di Peeta avvicinandomi a lei.
Cosa vorrà?
Senza troppe parole mi mette in mano il tubetto di crema e le bende. Ma cosa … ?
Perché li dà a me?
«Passagli la pomata ogni dodici ore» mi dice «E cambiagli le bende subito dopo avergliela passata, ok?»
Ma è matta?
Mi sta affidando in mano la vita di Peeta, se sbagliassi qualcosa potrei anche ucciderlo!
«Ma mamma, io non sono capace di guarire la gente! Non puoi affidarmi la sua vita! Morirà, così!»
Mia madre mi guarda come se stessi dicendo la più grande stupidaggine del mondo.
«Con te il dolore sarebbe più sopportabile, per lui» mi dice. «Soffrirebbe di meno.»
Guardo verso il soffitto per impedire alle mie lacrime di uscire un’altra volta dagli occhi.
Soffrirà.
Significa che soffrirà, soffrirà più di quanto sta già soffrendo adesso ed io non potrò far nulla.
«Questo vuol dire che soffrirà?»
«Si.» gira le spalle e fa per andarsene «Ci vediamo domani, Katniss.»
E se ne va, se ne va anche lei.
Se ne va lasciandomi con la persona che mi è più cara al mondo che sta per morire.
Mi avvicino a Peeta, stappo la boccetta con la crema ed inizio a passagliela il più lentamente possibile sulla schiena e sulle spalle; lui non dice una parola, solo qualche sibilo di dolore quando premo troppo forte.
Completo la medicazione fasciandolo accuratamente e mi accorgo di non aver poi fatto un brutto lavoro.
Mentre poso le bende restanti dentro il comodino lo sento parlare, questo significa che sta meglio, no?
«Cosa … Cosa ci facevi in Piazza?»
Mi aspettavo quella domanda, ma non ci avevo mai riflettuto così tanto per elaborare una risposta: cosa gli dirò?
Non posso essere troppo diretta e devo trovare le parole giuste.
Si, le parole giuste.
È Peeta quello che trova le parole giuste, non io! Io so solo passare direttamente ai fatti!
Riflettendo sul mio ultimo pensiero mi siedo accanto a lui e gli prendo una mano: io so solo passare direttamente ai fatti … io so solo passare direttamente ai fatti.
Le sue mani …
Si, adesso capisco, adesso so come dirglielo.
Coccolo le sue dita sporche e poi porto la sua mano sul mio grembo: è l’unico modo in cui riesco a dire quel che sta succedendo.
«Katniss, tutto bene?»
Non rispondo, piango, non riesco ad accettarlo, non può essere vero tutto questo.
Vorrei poter morire, adesso.
Vorrei potermi trovare io al posto di Peeta, sarebbe certamente più sopportabile del fatto di dover accettare il fatto che tra dodici anni dovrò vedere mio figlio partecipare alla Mietitura.
«Aspetti un bambino, vero, Katniss?»
Non so che fare, annuisco fra le lacrime e stringo forte la sua mano, il solo pensiero mi fa star male.
«È mio?»
È così ingenuo, ma dolce al tempo stesso, come può pensare che sia di un altro?
Gli carezzo la guancia con un leggero sorriso.
«Oh, Peeta, di chi sennò?»
Lui non risponde, finalmente riesce ad aprire gli occhi: sono azzurri, lucenti, semplicemente splendidi: hanno la stessa luce del cielo, ma non il cielo grigio come gli occhi delle persone che popolano il Giacimento, no.
Nei suoi occhi riflette la luce del cielo illuminato dal sole, è meraviglioso.
«Spero solo che, un giorno, lo potrò tenere fra le braccia» mi dice sorridendo. Non afferro subito il concetto, poi capisco, parla di colui o colei presente dentro me.
«Lo terrai fra le braccia, te lo assicuro.»
Mento. Sto mentendo: un sorriso finto e paroline smielate, io non lo voglio tenere fra le braccia, non voglio che nasca, non se sarà destinato a morire o di fame o per gli Hunger Games.
«Peeta …» All’improvviso sento la curiosità di sapere cos’è successo veramente, il Pacificatore non mi ha dato molte informazioni «Perché ti hanno punito?»
Lo sento schiarirsi un po’ la voce roca e irrigidirsi un po’, avrà paura a raccontarmi tutto quello?
«Tutti sapevano che la panetteria ha avuto un calo di vendite improvviso» inizia tristemente «A te non volevo dirlo per non farti dispiacere e non volevo che lavorassi, così … »
Si blocca, per la prima volta Peeta Mellark non ha parole, forse non sa come giustificarsi, ma infondo è stato un bel gesto da parte sua, anche se mi fa infuriare!
«Così cosa, Peeta? Dovevi dirmi tutto! Mi sarei organizzata con le provviste e mi sarei rimboccata le maniche per darmi da fare anch’io!»
Vedo i suoi occhi azzurro cielo riempirsi di lacrime.
No, Peeta, no ti prego, non piangere.
«Non capisci, Katniss! Quel giorno non avevo guadagnato neanche un soldo e non avevamo nulla da mangiare a casa … così sono andato al Forno e ho trovato un vecchio disposto a prendere il mio pane in cambio di qualche arancia e del formaggio, misi da parte una pagnotta per tenerla per noi e diedi le quattro focacce rimanenti a lui. Mentre tornavo alla panetteria con arance e formaggio, mi sono imbattuto in un Pacificatore, ha iniziato a farmi domande su dove avevo preso quelle cose … io gli ho detto che le avevo barattate e … e …»
La sua voce si spezza, fa male ricordare il dolore subito.
«Ma il baratto non è proibito …»
«Lo è, secondo le nuove leggi arrivate ieri da Capitol City. E poi … »
«E poi cosa, Peeta?»
Piange. Di nuovo. Perché piange? Perché mi fa questo?
Quegli occhi così belli offuscati da tanta sofferenza …
«Non potevo sapere che quel vecchio li aveva rubati … io volevo solo sfamarti.»
«Ma Peeta, non siamo neanche sposati …»
Dopo la morte dei suoi, per lui, fu un brutto periodo, è stato male e spesso la solitudine l’aveva portato a pensieri estremi; solo quando, stavo passando da casa sua per parlargli l’avevo trovato con una corda legata al collo sono giunta alla conclusione che senza qualcuno accanto sarebbe dato di matto. L’avevo salvato appena in tempo, se avessi aspettato un minuto di più non so dove sarebbe adesso.
«Be’, non è un problema» dice «Il pane per la tostatura non ci manca di certo.»
La sua bocca si apre in un sorriso che sembra … immenso, come la luce celestiale che gli brilla negli occhi.
Poso un bacio sulle sue labbra screpolate per farlo sentire meglio, ma in sostanza serve più a me che a lui.
Mi chino su di lui ad abbracciarlo, per come posso, non stringendolo troppo per non fargli troppo male, ma lui … lui mi stringe così forte, fino a soffocare.
Soffocar d’amore.
Vorrei che il tempo smettesse di scorrere e poter sentire in eterno il suo amore bruciare: sì, bruciare, è come un fuoco che non si spegnerà mai, è un fuoco così potente che neanche l’acqua potrà mai spegnere.
È il suo fuoco, è il fuoco con cui cuoce il suo pane e con cui si brucia le mani.
È il mio fuoco, è il fuoco con cui cerco di riscaldarmi e che potrebbe farmi morire.
Adesso lo so, ne sono certa, condivideremo gioie e dolori insieme, vivremo la nostra vita come due anime in un corpo solo.
Io gli tenderò una mano quando cadrà e lui illuminerà la mia via con la stessa luce del cielo.


Angolo della scrittrice

Ohh buon pomeriggio, Tributes, eccomi qui a proporvi la mia seconda One Shot ... 
Lo so ... Lo so ... è piuttosto lunga, ma sinceramente questa OS mi è uscita dal cuore.♥
Sto ancora continuando a leggere Mockingjay e lo trovo stupendo, proprio come i primi due libri.
Avrei voluto scrivere qualcosa riguardante Katniss e Peeta agli Hunger Games, ma ho preferito scrivere un "What if?" perché non ho ancora finito la trilogia e non vorrei combinare pasticci! :3
Qui ho lavorato molto di fantasia ... Per la scena della fustigazione di Peeta mi sono ispirata appunto alla fustigazione di Gale che, a mio parere è stata una delle parti più belle di Catching Fire. ** 
Poi ho provato ad immaginare l'entrata sul retro delle Panetteria di Peeta.
I personaggi sono tutti OOC, a partire da Katniss ed anche Peeta.
Oh be' ... il fatto del bambino è stato lo spunto per Katniss di cercare Peeta e poi amo immaginare sempre un cucciolo di Mellark! *♥*
Non prendetemi per pazza, vi prego, infondo sono appena arrivta in questo fandom ..
Hahahaha!
Spero che la grammatica sia apposto, a volte qualche verbo mi sfugge e poiché questa OS è stata scritta metà nell'ora di matematica e metà alle 04.00 del mattino, è molto probabile che abbia scritto qualche scemenza mastodontica senza accorgermene xD
C'è anche da dire che la storia è molto lunga, quindi spero che non vi abbia annoiato troppo!

Il banner è opera mia, non è un gran che, è vero, ma almeno ci ho provato!
Adesso vado,
alla prossima!

La vostra,
Meras9100

 
   
 
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