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Autore: Iamthedandelion    03/11/2013    1 recensioni
William Alexander "Chopper Wyngardaen, 18 anni, Distretto 7.
Dal testo: Un vago senso di malessere gli formò un groppo un gola, impedendogli di deglutire. Si torturò i capelli, ormai diventati lunghi fino alla base del collo, scompigliandoli dove si arricciavano leggermente. Tutto il peso della situazione si spostò al petto, alla base dei polmoni, e il senso di nausea che gli era tanto familiare lo travolse con tale violenza che dovette reggersi con forza ai braccioli della poltrona per non perdere l'equilibrio e cadere in avanti. Sfiorò con i polpastrelli la cicatrice sulla mascella, ancora ben visibile, e una fitta di dolore gli partì dal ventre raggiungendo la testa che iniziò a pulsare.
Tributo dall'interattiva: Il sangue del vicino è sempre più rosso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Through the fire and the flames we carry on
 
 


Special thanks to:
Bessie, che senza di lei la Jamie/Will non esisterebbe.
Potta, la grande sostenitrice di questi pargoli.
La storia può essere letta anche senza aver guardato prima l'interattiva, ma ve la linko lo stesso qui.
 
 
 
 
17 giugno, 4º anno dei Giorni Bui, Distretto 7. -Buonanotte Roxanne, sorellina mia, fai bei sogni-.
Erano tre anni ormai, sin dalla morte della sua gemella, che Will ripeteva questa piccola frase, che lo aveva accompagnato per tutta la sua infanzia, stringendo tra le mani un piccolo foglio, ormai consunto e rovinato dal tempo, sul quale era rappresentato un delicato disegno a carboncino che ritraeva lui e Roxanne mentre correvano mano nella mano per le strade del Distretto 5. Poi arrivò la guerra, i Giorni Bui, e la sua vita spensierata cambiò radicalmente. La morte della gemella colpì il bambino come un fulmine a ciel sereno e Will si trovò costretto a crescere in fretta, da solo e senza alcun amico. Eccetto una, alla quale rivolgeva comunque sempre un pensiero ogni giorno.
Come se sua sorella fosse ancora lì al suo fianco nel letto, Will strinse il proprio corpo al muro per lasciare un po' di spazio libero alla sua destra. Tutto sommato, la convinzione che Roxanne fosse ancora lì, lo rincuorava e anche solo in parte lo faceva sentire meno solo.
Una specie di rito che per molti potrebbe sembrare tragico, non strappava più una lacrima a Will da molto tempo. Chiuso nel suo bozzolo di coperte, il quattordicenne strinse le coperte tra le mani e chiuse gli occhi, cadendo in un sonno agitato.
 
 
***
 
 
4 marzo, 2º anno dei Giorni Bui, Distretto 5.
La brezza mattutina scuoteva le fronde del viale alberato principale del Distretto 5. Roxanne e Will saltellavano da una parte all'altra della strada, rincorrendosi e tirandosi qualche pizzicotto. Andare a trovare il padre era sempre una gioia per loro: la centrale nucleare madre del loro distretto era un intricato labirinto fatto di macchinari luminosi, generatori di energia, scatoloni e scienziati che correvano come api impazzite per completare ogni compito a loro assegnato.
Will prese per mano la sua gemella, stringendola affettuosamente. I capelli corvini di lei ondeggiavano al vento e i suoi occhi color giada luccicavano, sembrando ancora più chiari del solito. 
-Will ma tu hai paura della guerra?- la piccola Roxanne corrugò la fronte, preoccupata.
Il gemello scosse la testa, fingendo indifferenza. Tutto sommato, nonostante avessero la stessa età, William si sentiva in dovere di proteggere e rassicurare quanto più potesse Roxanne.
-No Roxy, sono un ragazzo forte io! Non ho paura di niente!- le rivolse un sorriso dolce, cingendole le spalle con un braccio. 
-Ma sei hai solo dodici anni che vuoi fare? Cambiare il mondo?- Il tono di voce di lei cambiò e divenne leggermente strafottente ed ironico.
-Ah quindi dubiteresti di me, Roxanne Elinor Wyngardaen? Bene stronzetta, vediamo se riesci a prendermi!- detto questo le stampò un bacio sulla guancia e prese a correre a tutta birra. Will sapeva benissimo che quel gesto faceva innervosire sempre la sua gemella, che prese a rincorrerlo lungo il viale alberato.
-Fermati, ingrato! Tanto ti prendo!- 
I due bambini iniziarono a ridere sguaiati, continuando a correre.
William aumentò il ritmo e ottenne un enorme distacco dalla sorella; scartò a destra, per costeggiare la piazza del mercato dritto verso la centrale nucleare, quando si scontrò con una bambina ed entrambi ruzzolarono a terra.
-Ehi piccolina, che ci fai in questo posto del distretto?- William si massaggiò la nuca, rivolgendo il suo sguardo allo scricciolo che aveva appena sbattuto a terra. Avrà avuto sì e no circa otto anni, occhi dorati e capelli lunghi fino alla vita.
-Scusa..- mormorò la bambina, stringendosi nelle spalle.
Era vestita di stracci, le guance erano scavate e le sue gambe sembravano dei rametti pronti a spezzarsi da un momento all'altro.
In quel momento gli comparve davanti l'immagine di Margaret Sunders, sua cara amica, morta due anni prima. Facendo due più due, non ci mise molto a capire che la bambina che aveva appena travolto era sua sorella. 
William le sorrise, le gote arrossate per la lunga corsa; cercò in tasca qualche spicciolo e lo lasciò alla bambina: tanto nella sua famiglia di problemi economici, nonostante la guerra, non ce n'erano. 
Si avvicinò leggermente al suo viso.
-Vai a comprarti qualcosa da metterti. Magari anche un panino se ti va.- il dodicenne sorrise di nuovo e da quella distanza così ravvicinata la bambina venne rapita dai suoi profondi occhi verde foresta che scintillavano alla luce del mattino. La piccola sorrise e abbassò lo sguardo, rigirandosi le monetine tra le mani.
-Grazie..- sussurrò.
Il ragazzino si alzò e fece per andarsene. All'ultimo minuto si voltò di nuovo e vide la bambina che lo seguiva con la coda dell'occhio.
-William comunque!- urlò.
-Lo so.. Io sono Jamie!- rispose lei di rimando.
Con un sorriso furbetto, Jamie scomparve tra le bancarelle del mercato.
 


***
 
 
11 agosto, 4º anno dei Giorni Bui, Distretto 7.
Will si tappò le orecchie per cercare di sentire meno i lamenti strazianti degli altri bambini che stavano con lui nello scantinato. Strinse i denti, canticchiando tra sè e sè un motivetto che la madre gli aveva insegnato quand'era piccolo, ma nemmeno questo sembrò quietare l'animo agitato del ragazzo.
Le voci si mischiarono tra loro: parole di conforto, urla, sospiri, ansiti, tutti riuniti crearono uno spettacolo agghiacciante che fece accapponare la pelle a Will. Nella sua mente si susseguirono una serie di flashback. Una bomba, gente scalpitante tra le strade, genitori in cerca dei propri figli, Roxanne, le ceneri che si alzavano dalle rovine della centrale nucleare del Distretto 5 portandosi via il corpo e l'anima della sua sorellina.
Di colpo si alzò, pestando violentemente i piedi fasciati negli scarponi sul pavimento di pietra.
-Volete finirla? Fate silenzio!- sbraitò con tutto il fiato che aveva in gola. I mormorii si affievolirono pian piano e nella cantina calò un silenzio tombale.
William si sedette di nuovo nell'angolo ovest della stanza e, prendendosi la testa tra le mani, respirò rumorosamente. Quella notte sarebbe stata la prima di tante altre molto più ardue. Sette metri sotto terra, al buio, con cibo e acqua scarseggianti, si stava male. Il ragazzo non osò pensare cosa avrebbe trovato al suo ritorno in superficie, dove la guerra imperversava furente. Non sapeva nemmeno se ci sarebbe mai tornato, su nel Distretto 7. Non sapeva se mai avrebbe rivisto i suoi genitori, i boschi, la sua casa. Da quel momento tutto era solo un unico "forse".
"Forse ci salveremo" diceva uno, "forse non ci sarà un futuro per nessuno" replicava l'altro.
Per la prima volta nella sua vita, William Alexander Wyngardaen sentiva sulle spalle il peso della stanchezza che gravava sui suoi polmoni come un macigno di centinaia di migliaia di tonnellate.
Per la prima volta nella sua vita, Will non aveva bisogno di incognite, ma di certezze.
 
 
***

 
 
22 gennaio, 3º anno dei Giorni Bui, Confine tra Distretto 6 e 7
-Diamine! La diga!- Quinton sbraitò in preda ad un attacco di panico incontrollabile, scalciando i detriti che intralciavano il sentiero con violenza.
-Papà! Papà, è tutto allagato!- William rigirò l'orlo dei pantaloni e lo infilò dentro gli stivaletti per evitare di bagnare e rovinare gli unici vestiti che era riuscito a portare via da casa.
-Lo so, lo so!- l'uomo urlò ancora più forte, quasi che gli occhi sembrarono schizzargli fuori dalle orbite.
-Quinton, caro, calmati. Dobbiamo riuscire a oltrepassare il confine, laggiù ci sarà di sicuro gente ferita dopo questa catastrofe, dovrei dare una mano.- sussurrò sottovoce la madre di Will al marito.
-Sei così altruista che non pensi nemmeno al fatto che noi non riusciremo mai a raggiungere il Distretto 13, mai! Saremo confinati a vita in questo posto! La situazione è troppo critica..- l'ultima frase uscì dalla bocca dell'uomo così flebilmente che qualunque essere umano.
-Devo avvisare Hans Coin. Devo dirgli che non ce la faremo, meglio restare qui piuttosto che cercare di fuggire ancora e rischiare di essere uccisi. Ho già perso troppe persone nella mia vita.- aggiunse Quinton, massaggiandosi le tempie.
-Forza, raggiungiamo questo maledetto Distretto 7 e facciamola finita.- disse deciso.
Lo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi fu così devastante che niente altro al mondo sarebbe stato paragonabile. Bambini urlanti per le strade allagate, palazzi crollati e distrutte, famiglie abbracciate e feriti in ogni dove.
La madre di Will prese subito in mano la situazione e si avviò in lungo e in largo per il distretto ad aiutare chi più aveva bisogno.
-Ci vediamo al municipio!- urlò la donna mentre correva.
-Avanti, William,- disse Quinton a bassa voce spingendo il figlio per una spalla -andiamo a cercare un riparo.-
E così padre e figlio si diressero al municipio, in cerca del sindaco, un uomo giovane e di bell'aspetto che decise di ospitarli nelle stanze agli ultimi piani, ancora integre e salve dopo l'inondazione.
Passarono i giorni e piano piano il Distretto 7 cercò di riprendere la sua vita di prima. Anche William tentava in tutti i modi di ambientarsi in quel luogo così strano, diverso da quello a cui si era abituato negli ultimi tredici anni. Pur essendo un ragazzino, Will ne aveva passate molte, troppe, e si trovò a sperare con tutto il suo cuore di poter mettere fine a quel calvario che era stata la sua vita.
Quasi come un gioco del destino, una sera sua madre rincasò più tardi del solito, stringendo tra le braccia un bambino rachitico che tremava a più non posso, sbattendo i denti.
-Era solo in mezzo alla strada, non potevo lasciarlo lì a morire. Starà con noi per un po', almeno fino a quando non riusciremo a trovargli una nuova sistemazione. Forza William, apri l'acqua calda della vasca, facciamogli un bagno.-
Il tredicenne teneva la mano premuta sulla bocca talmente forte che le unghie gli si stavano conficcando nella guancia lasciando dei solchi profondi. 
Gli ci vollero cinque minuti buoni per spostare la mano e riprendere a respirare normalmente. Sapeva benissimo che l'animo buono di sua madre l'avrebbe portata a tenere con sé quel bambino fino alla fine dei suoi giorni, e William non si capacitò di come lei riuscisse anche solo a pensare che lui avrebbe accettato un nuovo fratello. La sua mente volò a Roxanne, il suo sorriso dolce e gli occhi luminosi. Will si rese conto che non sarebbe riuscito ad accettare un rimpiazzo, nemmeno per tutto l'oro del mondo.
-E questo chi diavolo è?- ringhiò con una voce roca, adulta. che non sembrava nemmeno la sua.
-William, non fare tante storie, aveva bisogno d'aiuto.- l'aria nella piccola stanza si fece incredibilmente pesante.
-Mamma, tu lo sai quanta gente c'è che ha bisogno d'aiuto là fuori, ma se dovessimo dare una mano a chiunque ci troveremmo la casa invasa di sconosciuti con i problemi più svariati del mondo. Io questo non lo voglio.- i suoi occhi si fecero gelidi, pieni di furore e, allo stesso tempo, paura.
-Ho già capito che dovrò arrangiarmi da sola..- aggiunse la donna, scuotendo la testa e sospirando. - Grazie davvero figlio mio, per il tuo supporto.- lei si avviò verso il bagno e in quel momento William capì che davvero qualcosa in quel bambino lo rendeva particolare. Strizzò gli occhi per vedere meglio e notò che al posto del braccio destro aveva un moncherino, fasciato da una benda ormai grondante di sangue fresco.
Un vago senso di malessere gli formò un groppo un gola, impedendogli di deglutire. Si torturò i capelli, ormai diventati lunghi fino alla base del collo, scompigliandoli dove si arricciavano leggermente. Tutto il peso della situazione si spostò al petto, alla base dei polmoni, e il senso di nausea che gli era tanto familiare lo travolse con tale violenza che dovette reggersi con forza ai braccioli della poltrona per non perdere l'equilibrio e cadere in avanti. Sfiorò con i polpastrelli la cicatrice sulla mascella, ancora ben visibile, e una fitta di dolore gli partì dal ventre raggiungendo la testa che iniziò a pulsare.
"Ecco perché la mamma l'ha salvato" pensò, mentre nella sua mente turbinavano fotografie di attimi diversi. La sua mente si focalizzò su una precisa immagine che fece crollare definitivamente William a terra, la testa tra le mani, il corpo sconquassato dai singhiozzi.
Le macerie della centrale nucleare madre del Distretto 5, un corpicino esile, i lunghi capelli corvini bruciati, il viso quasi irriconoscibile. E lì, dove sarebbe dovuto essere il suo braccio destro, un ammasso di cenere.
 


***
 
 
 
11 giugno, 1° anno degli Hunger Games, giorno prima della mietitura.
William si sciacquò le mani sciupate nel torrente, facendo attenzione a rimuovere tutta la terra da sotto le unghie ed eventuali schegge di legno dai palmi. Si rinfrescò anche il volto sudato per colpa dell'immane sforzo compiuto: da quando il Distretto 7 era finito sotto il controllo di Capitol City, la richiesta di legname era cresciuta vertiginosamente e i boscaioli, come lui, erano stati costretti ad aumentare il carico di lavoro giornaliero.
Il diciottenne si stese supino, le mani dietro la nuca, a godersi gli ultimi attimi di sole prima del tramonto. Gli ultimi attimi di pace, prima che la piaga degli Hunger Games colpisse per il secondo anno consecutivo. William corrugò la fronte, pensando che quello sarebbe potuto essere il suo ultimo momento di libertà, prima che l'eventualità di finire in un'arena piena di ragazzini da ammazzare potesse raggiungerlo.
Inspirò la brezza fresca dei boschi che sapeva di pino e di fiori, ma purtroppo non riuscì a non pensare a Jamie. Sfiorò la cicatrice che deturpava la sua mascella e un sospiro uscì dalle sue labbra.
Ricordava nitidamente il modo in cui se l'era procurata, facendo scudo col suo corpo alla sua piccola amica durante un'esplosione.
William pensò che ormai Jamie, ammesso che fosse ancora viva, avrebbe già compiuto i quattordici anni. Cercò di immaginarsela, i capelli fluenti e i profondi e curiosi occhi dorati da bambina appiccicati su una faccia di una ragazzina quasi adulta. Il ragazzo sperò con tutto il cuore che lei fosse riuscita a sopravvivere, nonostante tutte le difficoltà che avevano colpito la nazione di Panem in quegli anni. Sperò che procurarsi quella cicatrice non fosse stato un gesto vano.
-Chopper! Sbrigati, è pronta la cena!- una voce spezzò i pensieri di William che si voltò, trovandosi davanti gli occhi scuri di suo fratello che lo fissavano.
Isadore Nicodemus era ormai diventato un Wyngardaen a tutti gli effetti già da tre anni e per William ogni giorno era come uno shock vedere che, quel ragazzino raccolto per strada, magro e denutrito, era diventato un sedicenne normale come gli altri, fatto e finito, tranne che per la mancanza del suo braccio destro e per il volto sfigurato, problemi ai quali purtroppo non si era potuto porre rimedio. 
-Nico, già te l'ho detto, chiamami Will.- sbuffò il diciottenne, alzandosi a fatica facendo perno sui gomiti. Odiava con tutto il suo cuore quell'appellativo che gli era stato dato dai suoi colleghi per la sua bravura e precisione nell'utilizzo dell'ascia e sentirsi chiamare così anche dal suo fratellastro lo faceva innervosire parecchio.
-Ok, scusami, giuro che non lo farò più!- aggiunse Nico ridendo a crepapelle, con la mano sinistra sul cuore.
-Non c'è molto da ridere, oggi. - Will superò il fratello allungando il passo.
-Ehi, William aspettami! Fermo!- Nico arrancò tra gli arbusti che coprivano il sentiero nel bosco, quando inciampò in una radice e cadde con la faccia a terra.
Sentendo il tonfo, Will si voltò e corse indietro ad aiutare il fratello.
-Nico, ti sei fatto male? Tutto a posto?- la preoccupazione pervase l'animo del ragazzo che controllò ogni centimetro di pelle visibile dell'altro. Si punì mentalmente per i suoi scatti d'ira immotivati, che riuscivano solo a ferire le altre persone. Sapeva benissimo che sotto sotto dentro di s'è esisteva ancora quel ragazzino spensierato e allegro di sempre, ma William, da lungo tempo, riusciva solo a relazionarsi con gli altri grazie alla maschera da uomo burbero e scontroso che si era costruito negli ultimi anni.
-Calmati Will, sto bene. Solo, non fare più così. Sai che la mia stabilità non è il massimo.- replicò Nico, massaggiandosi un ginocchio.
-Perdonami. Sono un pessimo fratello, lo so. Io non ti merito.- William aiutò il fratello ad alzarsi e si avviò sconsolato per il sentiero, alla volta del centro del Distretto 7. Sentì gli occhi che iniziavano a pizzicargli e si passò la manica del golf sulle palpebre per cercare di arginare eventuali lacrime. Era da quattro anni ormai che non piangeva e non voleva crollare proprio in quel momento.
-William!- urlò Nico qualche metro più indietro.
Il diciottenne non si girò, ma le parole del fratello gli giunsero forti e chiare alle orecchie.
-Sei il miglior fratello maggiore che si possa desiderare!-.
  
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