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Autore: Para_muse    04/11/2013    3 recensioni
Una storia che è nata leggendo un libro, guardando un film, una serie tv e amando due attori.
Sybil è una ragazza indifesa e sofferente. Cosa le succederà dopo l'incidente accaduto per sbaglio? E come la prenderà quando, a causa dell'incidente, scoprirà di aver perso la memoria? E come riuscirà a ricordare se non avrà nessuno al suo fianco ad aiutarla? La fortuna sarà dalla sua parte quel giorno...Jensen la guiderà nel lungo tragitto dei suoi ricordi, insieme alla sua anima perduta.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Nei capitolo precedenti di “Just give me a reason”
Dopo le prime foto uscite sui giornali e sui siti di gossip, e dopo la non reazione di Jensen, Sybil e Justice Jay sembrano avvicinarsi sempre di più, e non solo tra la ragazza e la bambina. Jensen sembra essere più preoccupato per Sybil (dopo che Lei ha trovato finalmente un lavoro), e mette alle calcagna di quest’ultima Cliff, che scoperto dalla sua vittima, rifiuta di seguire la ragazza, lasciamo in giro da sola. Così facendo Lei è libera di andare dove vuole, perfino ritornare nella casa della sua ex migliore amica, rivista in giro per le vie della città, insieme ad un suo ex compagno di università.  Anna, ritrovandosi davanti la porta la ex migliore amica, si rifiuta di riaverla nella propria vita, perciò Sybil sarà così costretta ad abbassare le ali del suo orgoglio. Riuscirà a parlare con Anna? Scoprilo in questo capitolo :)
 
Ci vediamo alla fine del capitolo, li dico tutto ed altro sul prossimo capitolo ;D
 
Capitolo 9
Several Revelation

Passeggiavo per le vie del centro, visto che avevo un’ora di pausa pranzo dopo il lavoro, sarei dovuto andare in un piccolo ristorante in centro dove avrei potuto sapere tutto o quasi della mia vita precedente.
Finalmente, ci sarei riuscita! Avrei dato luce alla porta oscura che attanagliava la mai mente. Annabella era stata alla fine disposta ad accettare la mia offerta. Non so se la convinsero le lacrime o la mia forza e il mio coraggio, quando mi gettai su quella porta per lasciarla aperta, facendo si che quel legame che si era legato tra i nostri sguardi restasse unito e tale come l’avevamo ricongiunto; forse era stato proprio quel legame a portarci a fare quello che stavamo per fare: pranzare dopo tanto tempo divise, insieme. Come i vecchi tempi.
Trovai il piccolo ristorante sulla strada che mi aveva indicato Annabella, e vi entrai cercandola. Quando la vidi, alzai una mano salutandola e raggiungendola. Dopodiché dalla sedia tolse la borsa, e mi fece accomodare, senza un sorriso ad accogliermi. Potevo comprenderla.
- Scusa il ritardo, ho fatto tardi a lavoro – sussurrai, poggiando la borsa a terra, e la giacca sulla spalliera della mia sedia, mentre lei giocava aprendo e chiudendo il menù di carta del ristorante.
- Ordiniamo? Io sto morendo di fare – borbottò, alzando un braccio per richiamare l’attenzione di uno dei camerieri.
A quell’ora il locale era un po’ pieno, perciò mi stupii che ci fossero comunque camerieri disponibili ad occuparsi delle nostre ordinazioni.
- Io prendo un piatto di insalata con pollo grigliato e verdure miste – disse, posando il menù con cui aveva giocato fin all’arrivo del cameriere.
- Per me lo stesso – sussurrai timidamente, fissando il cameriere.
- E da bere le signore gradiscono? -.
- Un bicchiere d’acqua – borbottammo all’unisono. Mi scappò un sorriso che non travolsero le sue labbra, lei restò seria e contrariata.
- Le vostre ordinazioni arrivano subito – disse il cameriere gentile. Lo congedai con un movimento del capo, e poi mi volsi un po’ contrita e preoccupata verso Annabella.
Cercai di mantenere dentro l’adrenalina e la voglia di sapere, ma non ci riuscii.
- Perché abbiamo litigato? Cosa ci ha portato a farlo? – domandai congiungendo le mani sotto il mento.
Prima che iniziasse a parlarmi e a chiarirmi le idee, si voltò più a volte, guardandosi attorno. Dopodiché abbassò lo sguardo sul tovagliolo sotto le posate, lo afferrò e inizio a giocarci.
- Il tuo lavoro, ecco cosa ci ha divise – sussurrò, alzando per un attimo lo sguardo, fissandomi dritta negli occhi, provocandomi una fitta al petto.
- Il mio lavoro? Cosa aveva che non andava? Ti ho sentito varie volte darmi delle puttana in queste ventiquattrore, potresti spiegarti meglio? – domandai un po’ precipitosamente.
- Certo, la questione è semplice da spiegare. I tuoi genitori sono morti, il tuo conto in banca è andato a farsi fottere e tu per guadagnare dei soldi, sei andata a cercarti un lavoro non poco ben visto dalle mie parti e da noi ragazze per bene – borbottò a bassa voce, abbassando la testa tra le spalle, e avvicinandosi di più spanne al mio viso stupito.
- Conosco la mia situazione alla banca adesso, sto cercando di riparare il debito che i miei genitori mi hanno lasciato. Ma cosa intendi per “lavoro non poco ben visto”? Facevo davvero la… puttana? – domandai a bassa voce senza farmi sentire dalle persone sedute ai tavoli vicini al nostro.
Lei mi fissò, ma non parlò prima che il cameriere che era appena arrivato con le nostre ordinazioni fosse andato via.
- No, ma qualcosa di più vicino a quel mestiere. Mi ricordo che una volta… - la fermai alzando una mano.
- Cosa intendi dire? – domandai preoccupata.
- Sybil? Ancora non ci sei arrivata? Facevi la spogliarellista in un club, e per di più ti sei data ad alcuni uomini pur di far qualche spicciolo in più e riuscire a pagarti gli studi e la catapecchia in cui sei andata ad abitare – borbottò schifata, iniziando a mangiare il primo boccone di insalata e pollo.
Feci la stessa cosa anch’io all’inizio, ma quando iniziò a parlarmi di striptease e di vendere il mio corpo, mi fermai, tenendo la forchetta attaccata al piatto.
- Io… non ricordo nulla di tutto ciò – sussurrai, senza fiato, fissandola. Lei sembrò quasi dispiaciuta.
- Chissà perché… non sono stupita se sei finita in ospedale per qualche strana overdose di stupefacenti – borbottò, bevendo un sorso d’acqua.
La fissai sbarrando gli occhi.
- Facevo uso di sostanze stupefacenti? – domandai preoccupata, portandomi una mano alla gola spaventata.
- Questo lo penso io, sennò per quale motivo sei andata a sbattere contro un palo senza motivo? – domandò quasi divertita.
Riflettei sulle sue parole, e poi la rabbia prese il sopravvento. Stava parlando del mio incidente: - Ma è stato un incidente! Non era sotto effetti di droga o altro! Mi hanno investito ed ho perso la memoria! – esclamai, facendomi quasi sentire da tutti.
Le persone mi lanciarono qualche sguardo curioso, poi quando cercai di nascondermi dietro un bicchiere d’acqua ormai mezzo vuoto Annabelle si chiarì:
- Senti non so cosa ti sia successo se hai perso la memoria per l’incidente o hai dimenticato la tua vita precedente per qualche droga, insomma abbiamo litigato perché eri considerata una prostituta che la dava a tutti, e io non volevo appartenere al tuo giro. Tu mi hai nascosto tutto, e io l’ho scoperto solo per voci di corridoio, all’università. Perciò ti ho sbattuto fuori di casa, mi dispiace per questo – sussurrò rammaricata, - ma almeno io mi son salvata la reputazione, e tu alla fine sei riuscita a rifarti una nuova vita. Hai un attore che si prende cura di te, un buon lavoro, e uno stipendio che ti aiuterà a risolvere i problemi. Ti ho detto tutto quello che c’era da sapere, spero ti sia stata d’aiuto! – borbottò, portandosi in bocca l’ultimo boccone di insalata.
Abbassai lo sguardo sul mio piatto ancora pieno e poco invitante. Avevo la pancia così chiusa che non so se sarei riuscita a mandare giù un altro sorso d’acqua. Dopo tutte quelle verità venute a galla, mi preoccupai e mi tormentai un sacco. Come avrei potuto dire a Jensen che la mia vecchia vita era qualcosa di così sbagliato solamente da raccontare?
Prostituta, spogliarellista, puttana… chissà all’università come mi avevano cucita. Che brutta situazione.
- Se volessi fare un giro da quelle mie vecchie parti, per sapere qualche informazioni in più, sai dirmi per caso la via di questo club? – domandai con voce monocorde, triste.
Annabelle bevve il suo ultimo sorso d’acqua e poi si alzò, prendendo la borsa dall’altra sedia.
- Dicevano Red Point o qualcosa del genere. Cerca su google, ti darà la via e tutto il resto – borbottò, infilando il giubbotto e la sciarpa.
- Senti – disse, fermandosi accanto alla mia sedia, fissandomi dall’alto. – Mi dispiace per quello che hai passato, ma è meglio se è andata così. Adesso devo andare, se hai bisogno… - prese qualcosa dalla borsa e me la porse – qui c’è il mio numero, ma non sono molto disponibile, ho gli esami da fare quest’anno, quindi… se hai bisogno, io cercherò di esserci. Ora… devo andare, ci vediamo – mi diede un colpo sulla spalla, e andò via, pagando la sua parte alla casa prima di uscire.
Fissai il piatto che si faceva sempre poco più invitante, e alzandomi dalla sedia come un robot appena attivo, andai alla cassa per pagare il pranzo non consumato, uscendo dal ristorante con la pancia piena di farfalle e non di cibo.
 
- Sono a casa – sussurrai, scrollandomi di dosso qualche goccia di pioggia appena caduta. Dopo pranzo ero ritornata a lavoro, e a fine di quello con Jensen ci eravamo divisi i compiti. Lui sarebbe andato a prendere Justice Jay, mentre io a fare la spesa. Ero arrivata appena in tempo per parcheggiare l’auto dietro al sub nero di Jensen, che la pioggia era iniziata a cadere giù con grosse chiazze sui mattoni grezzi e gialli.
- Eccoti! – esclamò Jensen, avvicinandosi per darmi una mano con le buste della spesa, lasciandomi una bacio sulla fronte come ringraziamento. Sorrisi dolcemente e tesa, ancora per il pomeriggio passato a pensare e ripensare alle verità venute fuori a pranzo.
- Syby! – esclamò JJ, allungando l’ultima consonante del mio nome, correndomi incontro. Mi si attaccò alla pancia, e stringendomi forte mi impedì di camminare oltre.
- Ciao JJ, com’è andata oggi? – domandai, lasciandole un buffetto sulla testa, prima di riuscire a liberarmi dalla morsa.
- Abbastanza discretamente. Oggi ho preso una A+ in scienze, e una B in francese. Non è il mio forte purtroppo! – borbottò triste, storcendo le labbra in una smorfia, mentre si sedeva sullo sgabello in cucina, fissandoci disfare le buste.
- E voi invece? A lavoro? – domandò, fissandoci sorridente.
Io alzai semplicemente le spalle, passando lo zucchero e un pacco di patatine a Jensen, che sistemò in una delle mensole in alto.
- E tu papà? Che scene hai girato? – domandò curiosa sua figlia, ascoltando la trama un po’ abbozzata della prossima puntata nella settima stagione di Supernatural.
- Non vedo l’ora di vedere cosa combinerà Dean! I miei amici ti adorano, e Jake mi ha chiesto se puoi fargli un autografo? Puoi farlo, per favore? – domandò JJ mettendo il musino.
- Vedremo – disse nascondendo un sorriso tra le labbra strette in una morsa.
- Per favore! – esclamò di colpo JJ, saltandogli addosso come una scimmietta. Jensen sorrise, e stringendosela al petto, le diede un bacione sulla guancia e la lasciò cadere giù accordandole l’autografo.
Non avevo mai visto un Jensen così affettuoso. Era da un paio di giorno che era così, da quando ci eravamo dati quel bacio in camera mia. Sembrava diverso, più vivo, più felice.
Lasciandole una pacca sul sedere, si volto verso di me, per lasciarmi un bacio sulla guancia, prima di posare l’ultima cosa e dirigersi poi in bagno per una veloce doccia.
- Preparo la cena e poi ci diamo il cambio! – gli urlai dietro, sorridendogli furba. Lui mi alzo una mano con il pollice in su, e sorridendo, iniziai a preparare qualcosa da mettere sotto i denti.
- Ti va di aiutarmi JJ? – domandai dolcemente, abbassandomi a prendere una padella da una delle mensole in basso.
- Okay! – esclamò entusiasta, avvicinandosi a me per vedere cosa fare.
 
- Dovresti conoscere mia sorella Mackenzie, è una versione più grande di JJ. Piena di sprint e pazza! Soprattutto fuori di testa! – esclamò stringendomi al suo fianco caldo, tra le sue braccia.
Portai un braccio a circondargli il petto e la spalla, mentre una gamba era intrecciata alla sua, sul letto matrimoniale, nella sua stanza.
- Mmh, mmh – borbottai, poco convinta. Non pensavo fosse una brutta idea, ma conoscere subito la famiglia di Jensen, bhè non era nei miei piani, e soprattutto accettabile adesso, in un momento così delicato della mia vita in cui, il bivio da scegliere non è più uno soltanto.
- Mia madre andrebbe pazza per te. Saresti la nuora perfetta! – esclamò quasi senza rifletterci un secondo di più.
A quelle parole mi bloccai un attimo. Fermai il respiro e mi irrigidii. Lui se ne accorse subito, e scuotendomi appena, mi strinse ancora più forte a se, cercando di tranquillizzarmi.
- Ehi, Smemo, tranquilla, non ci sposeremo domani! – borbottò con una mezza risata di fondo, tranquillizzandomi un po’.
- Sarebbe meglio andarci piano con tutte queste cose: famiglia, matrimonio etc…etc.. -. – Lo so, non sei pronta – sussurrò, poggiando le labbra sulla mia tempia sinistra, lasciandoci sopra baci leggeri come petali di rose.
- No, non lo sono per niente – sussurrai, alzandomi verso il suo viso, e avvicinando le labbra alle sue, gli lasciai un bacio come un battito di ali.
- Quando lo sarai, lo saprà tutto il mondo… - borbottò, socchiudendo gli occhi, facendo un mezzo sorriso divertito.
Lo fissai più che seria e pizzicandola ad una spalla, dissi: - Magari iniziamo con la tua famiglia, e poi vediamo… - borbottai contrariata a tutte quelle sue voglie di protagonismo.
Lui si lasciò andare indietro con un sospirò, e chiudendo gli occhi non mi rispose più. Mi strinse solo a se, e lasciò che il silenzio calasse su di noi.
Sospirai piena di pensieri, e con la mente in subbuglio, appoggiai la guancia sulla sua spalla sinistra, accoccolandomi al suo corpo caldo e accogliente. Chiusi gli occhi e sperai di addormentarmi, ma così non fu. I ricordi del pranzo di quel stesso giorno, mi tormentavano, e troppa presa dall’angoscia, mi districai dal suo abbraccio, alzandomi, e mettendomi seduta al centro del letto, lo fissai stampandomi un finto sorriso.
- Forse è meglio che vada, ci vediamo domani mattina, okay? – sussurrai, riabbassandomi per un bacio della buonanotte.
Le sue dite corsero al mio viso, e aggrappandosi come un àncora sulla terra ferma, mi tennero vicino al suo viso per uno scambio di sguardi sinceri e indivisibili.
- Ti prego resta – sussurrò, avvicinando le sue labbra alle mie per un bacio non più che casto, ma pieno di passione e di romanticismo allo stato puro.
- Non posso – mormorai sulle sue labbra, stringendo tra le dita la sua mascella, coperta appena dalla barba.
- Si che puoi -. – No -  sussurrai, lasciandogli l’ultimo bacio, e una carezza sui capelli morbidi che gli cadevano sulla fronte.
Lui mi lasciò andare con riluttanza e ci lasciammo con un sfiorarci di dita.
 

Più di un anno fa, la stessa sera…

 
- Toglila! Toglila! Toglila! – esclamavano in coro gli uomini alla ragazza sul palco che teneva le mani sulla gonna, con una posa così timidamente finta.
- Non prova un po’ di pudore – sussurrai, senza volerlo, fissando il ragazzo dietro il bancone, con cui lavoravo da un po’, imparando i primi nomi e ingredienti di cocktail sconosciuti.
- Sotto porta il perizoma, non c’è nulla da preoccuparsi -  borbottò, prima di abbassare la sguardo al posto mio sul miscuglio incompreso di cocktail che stavo facendo, mentre il mio sguardo era occupato sulla ragazza che senza problemi si era data al pubblico, spogliandosi completamente, o quasi.
- Un giorno ci sarai tu al suo posto, vedrai, sei carina per fare queste cose, e guadagnerai di più stando li sopra, che qui a fare casini! – borbottò il barman, togliendomi di mano le bottiglie di vodka.
- Pensi che succederà? -, gli lanciai uno sguardo scrutatore e lui ammiccando rispose: - Non lo penso, lo sarà e basta! -.
 

Un anno dopo…

 
- Che cosa ho fatto? – uscirono dalle mie labbra quelle parole, mentre svegliata nella notte da brutti sogni, scesi dal letto, dirigendomi in soggiorno, dove accessi il pc e iniziai a picchiettare piano i tasti, cercando di non svegliare nessuno.
Scrissi Red Point, e il primo link che mi elencò Google fu proprio il sito ufficiale. Vi entrai e non trovai molto, se non una foto del locale esternamente, e varie frasi provocatorie, che richiamavano le attenzioni di un qualsiasi cliente al quanto eccitato di vedere quei tipi di spettacoli piacevoli.
Cercai per l’indirizzo e trovai qualcosa, cercai un po’ di carta e penna, dove segnarlo, e quando finii di scrivere, uscii dal sito per cercare altre notizie. Trovai qualcosa riguardante una ragazza scomparsa, ma non trovai altro, un paio di collegamenti con lo spaccio di droga, e infine foto sexy di ragazze che ci lavoravano, delle mie nessuna.. o forse una. Tornai indietro, in quella in cui avevo appena visto una ragazza in primo piano, con una sigaretta degli anni ’20. Dietro alle sue spalle, vidi me stessa, in una mise sexy, sorridente, stringermi ad un uomo girato di spalle, biondo, muscolo. Sembravo essere contenta di starci addosso, chissà perché… dallo sguardo in foto sembravo divertita, eccitata, e forse fatta di qualche sostanza… mio Dio che vita era quella? Cosa facevo prima di tutto questo? Che principi avevo?
- Sybby, cosa stai facendo? -.
La   domanda di JJ, e l’improvvisa comparsa, mi misero una paura matta addosso, che non impiegai nemmeno un secondo a spegnere il pc, chiusi di botto il Mac, e voltandomi di scatto, cercai di prendere un bel respiro per dare una risposta.
- Controllavo una cosa riguardo alla banca, non riuscivo a dormire, insomma… e tu? Hai fatto brutti sogni? – domandai irrequieta, cercando di calmarmi. La bambina mi fissò preoccupata, e strofinandosi un occhio con il palmo della mano, si diresse in cucina per prendere la sua tazza, e versarci del semplice latte.
- Di solito mi calma sempre, e si, stavo facendo un brutto sogno – borbottò assonnata, fissandomi ancora curiosa.
- Ah-ah, capito! – borbottai, alzandomi dal divano e lasciando il pc sul mobiletto li davanti, mi diressi in cucina, facendole compagnia.
- Tuo padre sa che ti svegli spesso la notte? – sussurrai, cercando di fare piano, dopo tutto il casino che avevamo già fatto.
- Si, infatti mi fa sempre trovare la mia tazza fuori, sul ripiano, perché alle mensole io non arrivo – borbottò, lasciando la tazza vuota, sopra il ripiano, richiudendo il latte freddo in frigo, e voltandosi verso di me, iniziò a giocherellare con ciocche dei suoi capelli color caramello, quasi come i miei, solo un po’ più chiari.
- Che facciamo? – domandò curiosa. Io alzai le spalle e sorridendole l’afferrai per una mano, e l’accompagnai nella sua stanza.
- Ci rimettiamo a letto, forse? – constatai, sorridendole dolcemente, e rimettendola a letto, canticchiai una canzoncina, sperando di farle riprendere il sonno.
 
- Stanotte ho sentito qualcuno parlare, per caso qualcuno è sonnambulo e io non so nulla? – domandò Jensen, bevendo dalla sua tazza di caffè, un sorso di quell’amore classico. Io e JJ ci fissammo e sorridendo dietro le nostre tazze, facemmo finta di nulla.
- Eh va bene, ho capito, niente da fare, saranno stati i fantasmini formaggini! – borbottò Jensen, fissando JJ con aria scherzosamente severa.
- Vorrà dire che metteremo un po’ di sale su porte e finestre – borbottò JJ, tutta sapientona. Jensen la fissò alzando un sopracciglio, e scuotendo la testa, si dedicò al giornale.
Io fissai JJ tutta sorridente, e finendo la mia tazza di thè, iniziai a sparecchiare.
- Oggi ho solo una scena da girare, cosa ti andrebbe di fare? – domandò, alzando lo sguardo. Mi fermai a fissarlo e alzando le spalle dissi: - Non lo so! Prima dovrei vedere cosa dice il capo, e poi magari so dirti qualcosa. Tu cosa proponi? – chiesi curiosa.
- Magari un giro in centro, e poi al parco? – borbottò, ritornando al giornale. Mi voltai a lasciare le tazze nel lavello, e pensando a cosa avrei potuto fare in quel tempo tanto utile e prezioso per le ricerche del mio passato, che rassegnata alzai le spalle e risposi un semplice: - Vedremo -.
 
-  Stamattina ti ho visto un attimo dubbiosa su questa uscita, sei preoccupata per qualcosa? – domandò Jensen, mentre passeggiavamo per il sentiero nel parco naturalistico di Vancouver.
Mi voltai a fissarlo, e continuando a camminare, scossi la testa e diedi la mia spiegazione prefissata a quella domanda: - No, è il lavoro, lo sai, devo pensare a come vestire un certo attore, sai quel ragazzo che interpreta Dean Winchester in Supernatural? Hai capito di chi sto parlando? – cercai di fare umorismo, ma ci riuscii ben poco, Jensen mi sorrise e dandomi una spallata, ritornò poco dopo serio, prendendomi per mano. Fu un cercarsi di dita, le sue lunghe e ben fatte, si sfiorano con le mie, e prima che i nostri palmi si toccassero, le sue dita mi lasciarono una scia di brividi proprio li, dove poco dopo si unirono le nostre vite, le nostre linee della vita, dell’amore, del denaro, della fortuna…
- Sto bene, non c’è bisogno di preoccuparsi di nulla Jensen – sussurrai, abbassando lo sguardo all’orizzonte.
- Spero proprio che sia così – sussurrò, stringendomi a se, lasciandomi un bacio sulla tempia.
- Ho bisogno di sapere che tu approvi questa cosa, insomma noi due, tu e Justice Jay insieme! Lo so, forse da uomo sto correndo fin troppo, ma non so, tu hai portato un non so che cosa nelle nostre vite impassibili che… son contento delle scelte che ho fatto e sto facendo! – chiarì, fermandosi nel bel mezzo del sentiero, facendomi fermare insieme a lui. Lo fissai, e pensando alle sue parole, restai più che scioccata nel prevedere quello che avrebbe potuto dire dopo, perciò gli tappai la bocca con un bacio, cercando di spostare l’argomento su qualcos’altro.
- Mmh, approvi alla grande! – borbottò sulle mie labbra, stringendomi il viso tra le sue mani morbide. Gli sorrisi appena, prima di impegnarmi in un altro bacio più focoso.
Si, se avrei dovuto affidarmi ad una qualsiasi persona, sarebbe stata sicuramente Jensen. La persona di cui potevo fidarmi, a cui potevo donare tutta me stessa, donare anche il mio cuore.
 
*spazio autrice*
 
 
Salveeeeee, e voi dite: “E che ca**o finalmente! Te la potevi concedere un’altra settimana!”
 
S    C    U    S   A    T   E   M   I!
 
Sul serio, sono stata troppo impegnata con la scuola e con la pagina di grafica ecco D: Scusatemi davvero tanto. Vi prometto che scriverò di più, e poi le vacanze ci sono, quindi a Natale mi darò da fare, ma non preoccupatevi che scriverò a novembre e dicembre dai! U.u
Ora, piaciuto il capitolo? Diciamo che si sono svelate un paio di cose… si, giusto un paio davvero poco piccanti xD ahahaah
Come sempre, riepilogo sempre alla fine il capitolo appena scritto, e qui c’è da dire, che finalmente Anna è entrata in scena, e ha detto quello che ha detto, Sybil ha le pulci in testa per tutte le cose che le ha detto e Jensen è diventato un amore di papà e di ragazzo, che tutte noi vorremo avere.
A differenza della storia precedente, posso dire che mi sto legando molto di più solo alla protagonista che è Sybil, e non tanto a Jensen come avevo pensato di fare sia nella storia precedente, sia all’inizio di questa storia, ma penso di farlo comunque, cioè poi vedrete, promesso u.u
 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che accettiate le mie scuse :/ <3 Spero che sia stato all’altezza dell’attesa.
 
Un grosso abbraccio, Para_muse

 
Nel prossimo capitolo di “Just give me a reasion” 
 Nuove amicizie nascono in città, Sybil e Clara. Vecchie conoscenze sbocceranno e avranno un ruolo fondamentale per Sybil.
Certe  città ritornano: Delta sarà protagonista, e altre nuove sconvolgenti rivelazioni verranno fuori! Cosa accadrà a Sybil?
Scoprilo nel prossimo ecapitolo di "Just give me a Reason" solo qui, su EFP!
   
 
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