Anime & Manga > Bleach
Ricorda la storia  |      
Autore: WouldBeRebel    04/11/2013    0 recensioni
«Io sono un serpente, e in quanto tale io sono sfuggente, viscido, schivo. Non puoi prendermi o catturarmi, le mie zanne velenose segnerebbero la tua fine, non puoi sognarti di trattenermi, sono un predatore che s'avvinghia solo alle prede.
Eppure, com'è che con te è andata in modo diverso? Non ho mai trovato così assurdo e inspiegabile un ribaltamento di ruoli, un legame in cui il carnefice diventa la vittima.
Forse t'ho scelto, lo devo ammettere. Nonostante la cosa mi giunga come una specie di dominio ubbidiente, la mia anima è sottomessa alla mia mente. Forse una parte di me ti desiderava, ti voleva conoscere e scrutare. Un curioso lembo del mio subconscio, probabilmente, voleva svelare il segreto di una creatura che tanto lo intimidiva. Cosa potevo fare, se non odiarti e amarti al tempo stesso, alla ricerca di quel prezioso segreto che ti avrebbe reso spiegabile ai miei occhi?»
--
Aizen x Gin, songfic su "Giù le mani dal cuore" di Raf. Le canzoni italiane non vanno di moda, ma il testo era troppo azzeccato.
Buna lettura a tutti C:
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gin Ichimaru, Sosuke Aizen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
culo

Snake - Don't touch the heart

Nella classifica delle priorità ho scelto al primo posto la libertà.

Ma questo non mi ha impedito di aver scelto lui,

lui che milioni e milioni di volte ancora sceglierei,

perchè non c'è niente che può darti di più di un amore grande,

che sposta il senso di libertà,

che si fa profondo come gli occhi di un saggio,

e semplice come un bambino, chiaro come un mattino.


Io sono un serpente, e in quanto tale io sono sfuggente, viscido, schivo. Non puoi prendermi o catturarmi, le mie zanne velenose segnerebbero la tua fine, non puoi sognarti di trattenermi, sono un predatore che s'avvinghia solo alle prede.
Eppure, com'è che con te è andata in modo diverso? Non ho mai trovato così assurdo e inspiegabile un ribaltamento di ruoli, un legame in cui il carnefice diventa la vittima.
Io sono libero. Non discutiamo degli uccelli nel cielo, dei pesci nel mare, dei selvaggi animali della savana. Sono io, Ichimaru Gin, ad essere la creatura libera per eccellenza, sono io ad essere le regole bruciate e infrante, i codici violati e ignorati, sono io ad essere il cattivo senza maschera, il pokerista senza schemi. Io non vivo in funzione degli altri, delle convenzioni illogiche ed irrazionali. Io vivo secondo il mio istinto, la mia voglia di cacciare, vivo seguendo le mie spire senza timore, perchè so che mi porteranno dov'è il mio posto.
Ma tu dimmi, Sōsuke, per quale motivo m'hanno portato da te. La tua strada e la mia si sono incrociate da tanto, molto tempo. Ero solo un bambino, quando t'ho visto per la prima volta. Ero sporco di sangue, la spada in mano e il sorriso sulle labbra. Avevo ucciso una persona, ero fiero di me. Ma tu, Aizen, dentro di me hai fatto tremare qualcosa.
Forse t'ho scelto, lo devo ammettere. Nonostante la cosa mi giunga come una specie di dominio ubbidiente, la mia anima è sottomessa alla mia mente. Forse una parte di me ti desiderava, ti voleva conoscere e scrutare. Un curioso lembo del mio subconscio, probabilmente, voleva svelare il segreto di una creatura che tanto lo intimidiva. Sai, capitano, a me non faceva paura nessuno. Ma allora tu cos'eri, per accendere in me quel sentimento tanto strano? Cosa potevo fare, se non odiarti e amarti al tempo stesso, alla ricerca di quel prezioso segreto che ti avrebbe reso spiegabile ai miei occhi?
Iniziai a seguirti, a spiarti, a monitorarti. Cercavo i tuoi punti deboli, crescevo al tuo fianco studiandoti e osservandoti, senza perdere un singolo passaggio. No, Aizen, tu non mi sorprendevi quando non mi guardavi. Ma bastavano i tuoi occhi, i tuoi maledetti occhi castani, per dimenticarmi tutto, per tornare al punto di partenza. Eri un buco nero, una tromba d'aria. Risucchiavi ogni cosa, al tuo passaggio, senza lasciare il tempo di difendersi, di scappare, di provare a nascondersi. Non trovavo strano che quell'Hinamori si fosse innamorata di te. La tua facciata da santo era amabile e lodevole, perfetta, oserei dire.
Eppure io ti amavo, e ti conoscevo per quello che eri davvero. Perchè è questo il punto, capitano, io ti amavo anche nel tuo peggio, ti amavo mentre ti vedevo far danzare la spada, recidendo una vita. Ti amavo mentre ti vedevo pianificare un crimine, mentre ti ascoltavo parlare di morte e distruzione. Che fosse la mia cieca ossessione per te questo non so dirlo. L'unica cosa certa è che se qualcuno avesse tirato indietro l'orologio la mia scelta sarebbe stata la stessa, immutata nonostante la conoscenza di quello che sarebbe accaduto.
Non era troppo difficile immaginarlo. La nostra non era una relazione, anzi, forse era la cosa più lontana dal concetto di “stare insieme”. Non c'era contatto fisico, soltanto parole che restavano sempre sul formale. Ma a me andava bene. M'andava bene rimanere così, in quel modo, m'andava bene rimanere libero. Non avevo vincoli, e questo mi faceva sentire soddisfatto e sicuro. Ero libero di fare ciò che ritenevo migliore, unica restrizione quella di non sgarrare dal tuo ordine generale. Ma andiamo, Sōsuke, quella non era una regola, per me. Era qualcosa che io facevo, di mia spontanea volontà, e la facevo soltanto per te.
La nostra non era una relazione. Eppure a me piaceva. Eravamo legati, nella mia mente ricoperta di squame, eravamo insieme come piaceva a me. Senza schemi, senza obblighi, liberi di fare la propria vita, nonostante ci fosse di fondo un particolare legame che non se ne sarebbe mai andato.
Non so cosa sentissi tu, quando mi guardavi negli occhi, dopo una missione, dopo un omicidio, o dopo il tuo solito té. Ma son sicuro di quello che sentivo io.
Durante il mio lungo errare da solo, da bambino, ho imparato che il destino esiste, e agisce su ogni nostra azione, determinando chi siamo meglio di qualsiasi altra cosa. Ho imparato che il destino lega e separa, ma anche quando una catena è stata spezzata, anche quando due persone prendono due percorsi diversi, sulla crosta terreste rimane il segno delle loro impronte insieme, il segno del loro passaggio come anime unite. E un giorno, il destino le riunirà ancora, in un'altra vita, in un'altra epoca, in un altro corpo. Le anime rimarranno ad essere le stesse, segnate con lo stesso marchio, unite dallo stesso filo, non importa quanto tempo sarà passato, cosa sarà successo.
Anche noi siamo così, Aizen? Anche noi siamo due anime che erano destinate a rincontrarsi, ad avere un contatto?
Pensai così, per molto tempo, sicuro del mio punto di vista. Non mi mostravo, ma il subbuglio che provavo quando ero con te era sempre maggiore. Eppure, quel destino che tanto avevo osannato e lodato, che avevo ringraziato silenziosamente per anni, aveva girato la punta della spada contro di me. Ed era pronto a pugnalarmi dritto al petto.


Ma tu che tutto prendi e butti quando vuoi

c'è qualcosa che non avrai mai.


Me ne accorsi dopo diverso tempo, ad essere sincero. La luce che ti circondava, nella tua maschera di bonarietà e dolcezza, aveva raggiungo anche i miei occhi, facendomi perdere di vista il cammino.
Io ero un serpente, Aizen, ma anche tu avevi un veleno. E il tuo era molto più pericoloso del mio, perchè lo diffondevi senza morsi, senza odio, ma soltanto con l'amore, le false speranze, le promesse fasulle. Il mio veleno era creato per uccidere, il tuo era nato per far soffrire.
Per la prima, vera volta, dubitai seriamente dei tuoi intenti. Eravamo ad Hueco Mundo, parlavi con i tuoi Espada. Nelle tue parole, forse un po' attutite dal sorriso, c'era un avviso altisonante e lacerante. Sotto le righe, stavi dicendo loro che non erano altro che un mero oggetto da distruzione, paragonabile ad un cannone, ad una spada, o ai loro sottoposti morti senza alcuna dignità.
Non tutti compresero, anche se colsi negli occhi di molti il cieco desiderio di stapparti qualcosa dalla faccia. Lo so per certo, sentivo il loro odio. Ma ancor di più, sentivo una strana sensazione dilaniarmi il petto.
Gli Espada erano solo armi. Gli Espada erano tuoi alleati. Quindi io, che ero tuo alleato, che cos'ero? Ero anch'io soltanto un arma, un mezzo per arrivare alla vittoria?
Era triste e brutto ripensare a tutti i momenti in cui io, quasi senza accorgermene, ero stato felice con te, credendomi qualcosa di sopraelevato, qualcosa posto sotto alla tua ala, il grado privilegiato della scala. Era brutto rendersi conto che, senza troppi dubbi, io ero paragonabile a quei dieci seduti al tavolo, pallide imitazioni di umani svuotati dall'anima.
La tua maschera lentamente andava sgretolandosi. E provavo dolore, scoprendo ciò che eri davvero. Provavo dolore nel riconoscere che anche io, come chiunque altro, non ero mai stato un tuo alleato, ma un tuo succube. Il mio odio contro di te s'era ritratto, alla luce del tuo splendore, della tua perfezione inimitabile. Ma quanto avevo sbagliato a lasciarmi condizionare, a lasciarmi manipolare. Aizen, tu bramavi il potere, ma quello che davvero volevi era l'anima. Perchè tu, nel tuo profondo, non l'avevi per davvero. Non c'era un cuore nel tuo petto, c'era solo un cieco, disperato bisogno di dominare, di controllare, di monopolizzare per far cadere ai tuoi piedi.
Io ero tuo succube, ma non ero il solo. Anche tu eri succube di te stesso.


Giù le mani dal cuore, non puoi colpire se non lo vedi.

Usa tutto il tuo potere, tanto non avrai mai qualcosa in cui non credi.

Giù le mani dal cuore, non puoi capire se non lo senti.

È un vento trasparente, luce dell'orizzonte dove io mi perdo

e tu non ci sei più.

Il cuore, capitano, tu volevi proprio il cuore. Non era solo Ulquiorra ad esserne incuriosito, non era solo Grimmjow ad esserne quasi disgustato. Anche tu, esattamente come loro, ne eri attratto a tuo modo e lo bramavi. Come sempre, l'anima desidera ciò che le manca, ciò che non ha e che vuole ottenere.
Ma come speravi, Aizen, di sconfiggere quei ragazzi venuti direttamente dalla Soul Society per riprendersi la loro amica Orihime? Come avresti sperato di batterli, anche in una battaglia futura, se non sapevi e non volevi capire che cos'era, ciò che li muoveva, e che muoveva me?
Il tuo agire era dettato dal potere, il loro e il mio dall'amore. Non l'hai mai capito, vero? Dubitavo l'avresti mai fatto, anche nell'ora della tua fine.
Non avevi speranze. Me ne resi conto quella sera, a pensare al buio nella mia stanza. Mi accorsi semplicemente di cosa teneva in vita quella rossa Fullbringer, cosa le dava la forza di sperare nonostante la situazione sembrasse critica. Il cuore, l'amore per i suoi compagni. Lei era unicamente, innocentemente sicura che avrebbero vinto. E iniziavo ad esserlo anche io.
Non potevamo combattere, capitano, non potevamo vincere. Non eravamo in grado di sconfiggere qualcuno che basava la propria forza sul cuore e sull'amore. Un sentimento così puro avrebbe vinto qualsiasi cosa. Lo sapevo bene, l'avevo già sperimentato con te, ricordi? Combattere sarebbe stato come attaccare qualcosa che non vedi, qualcosa d'astratto, del quale non conosci né l'aspetto né la consistenza. Una battaglia al buio, in poche parole. E il tuo errore era di pensare che anche il buio fosse a tuo favore.
Quella sera, rigirandomi nel letto, fui certo che anche se avessi dato il massimo, anche se avessi usato tutto il potere a tua disposizione, non saresti mai riuscito a contrastare la loro speranza, la loro forza che veniva direttamente dal cuore. Il pensiero mi destabilizzava. Ero diviso, Aizen. L'odio che avevo covato per anni, che era cresciuto nell'ombra, mentre m'illudevo d'essere amato da te, stava emergendo di nuovo, oscurando i miei sentimenti confusi, che nemmeno io capivo.
Me n'ero reso conto. Tu non avresti mai potuto provare quel che io provavo per te, perchè capire qualcosa che non avevi e che non potevi possedere, dominandola con il tuo potere, era assolutamente impossibile. Non c'era un cuore in quel petto scarno, non c'era amore dentro a quella gabbia toracica. C'era odio, e c'era la luce della tua facciata, che sommergeva tutti, me compreso, ponendoti in una posizione quasi divina.
Fui grato e addolorato d'aver fatto un po' d'ombra in tutto quel chiarore falso. Grato per aver finalmente capito la verità su di te, per essermi reso conto di quello che eri davvero. Ma mortalmente ferito nel cuore, perchè superato lo strato luminescente che doveva avvolgerti, mi ero accorto che tu, dietro a quell'incredibile luce, non c'eri.
Tu, Sōsuke, avevi perso il tuo vero essere. Eri diventato un'altra delle tue mere armi. Ed eri utile soltanto per vincere la guerra.


Il possesso ti fa sentire grande,

ma infondo ognuno è schiavo di quello che ha, non che desidera.

Ma la ricchezza vera che ognuno ha è solamente quello che dà, che ha dentro sé.

È qualcosa che tu non hai,

che tu non avrai mai.


I giorni seguenti passarono in maniera più o meno tranquilla. Ichigo e i suoi continuavano ad avanzare, e avemmo qualche perdita nel nostro esercito degli Espada. Ma non ti importava.
La cosa più importante per te era il possesso di Las Noches. Una pedina nella scacchiera del mondo. Eri così certo di volerlo fare, che non ebbi mai il coraggio di far valere la mia parte che per te avrebbe ucciso. Lasciai che l'odio mi corrodesse da dentro, lasciai che il veleno avvelenasse il serpente. Ogni nuovo giorno erano ore che passavo ad osservarti, minuziosamente. Notavo nuovi dettagli nelle tue abitudini, piccoli cambiamenti a cui nessuno avrebbe fatto caso, ma a cui io badavo.
Il fragolo e gli altri non erano più i miei nemici. Le notti insonni passate a riflettere m'avevano portato la risposta. Loro difendevano il cuore, e così facevo anche io. Non potevo andare contro a qualcuno che aveva i miei stessi ideali, nonostante ciò significava andare contro di te. Avevo fretta di ucciderti, di finire la questione. Nel profondo, lo so, speravo solo che la ferita nella mia anima smettesse di far male, ed ero scioccamente convinto che finendoti avrei curato quel taglio. Ovviamente, però, non potevo. Non dovevo lasciarmi prendere dal momento, dal disperato bisogno di riottenere la mia libertà. Non potevo comportarmi come un serpente che s'era appena svegliato dal letargo, accorgendosi di essere dentro ad una gabbia, sebbene fosse proprio così, la situazione in cui versavo. Mi avevi incastrato, capitano, avevi incastrato tutti noi. Con i tuoi nobili ideali c'avevi illusi, quando, alla fine, tu avevi intenzione di salvare solo te stesso.
Ero però segretamente soddisfatto. Sebbene non avessi un cuore, un'anima, sebbene tu non capissi che cosa voleva dire davvero “amare” senza voler “possedere e sottomettere”, anche tu eri schiavo della tua debolezza.
E con questo non dico certo che eri un uomo debole, uno shinigami dalle poche risorse e conoscenze. Tu eri molto forte, capitano, una delle persone più forti che io avessi mai incontrato sul mio lungo e travagliato cammino, passato a graffiare le mie spire per terra.
Quello che volevo dire era che, nonostante la tua potenza, nemmeno tu eri invincibile. Ti dava fastidio, vero? Lo posso ben immaginare. Doveva essere destabilizzante sapere che, anche essendo uno dei migliori, non potevi arrivare al cielo. Come ci si sentiva ad essere una farfalla senza ali, capitano? Ora capisci come mi sentivo io, che sono destinato a strisciare per tutta la mia vita, senza poter scampare al mio destino?
Ci ho parlato, di nascosto, con quella donna umana per la quale Kurosaki sta combattendo. E sai cosa ti dico? La sua ricchezza viene tutta da dentro, viene dal cuore. Lei non è forte, non è particolarmente potente. Ma ha qualcosa che la farà sempre vincere, senza mai cadere. È la forza di quel che prova, la forza della sua fiducia, la forza del suo coraggio al non piegarsi. Lei morirebbe, Aizen, per difendere quello in cui crede. Tu no, non lo faresti, forse perchè tu credi soltanto in te.
Lei è debole e tu sei forte. Ma lei vincerà sempre. La natura ti piega al suo volere, uccello dalle ali tarpate, ti costringe a terra insieme a me, e ti rende furibondo. Odi vederla librarsi nel cielo, mentre tu sei come me, mentre non puoi fare altro che guardarla dal basso, sognando di raggiungerla.
Lei ha tutta la forza che le serve per vincere, capitano, mentre tu no, non ce l'hai, e mai l'avrai, nemmeno se ucciderai tutti, rubando loro tutta la forza che conservano nell'anima.
Una parte di me, se ti aiutasse ad essere felice, a realizzarti, si ucciderebbe, dandoti la forza che ti serve. Ma sarebbe inutile. Ed era quindi il momento che io agissi.
Che l'ombra nasconda le mie spire, capitano, che la notte celi le mie zanne. Ti avvelenerò, capitano, esattamente come tu hai fatto con me fin dall'inizio. Anche se ti prego di scusarmi.


Giù le mani dal cuore, non puoi comprare ciò che non si vende.

Un amore non si prende, è inafferrabile, come il vento non si arrende,

non si arrende.

Giù le mani dal cuore, non puoi colpire se non lo vedi.

È un vento trasparente e leggero,

è luce dell'orizzonte dove io mi perdo,

e tu non ci sei più.


Ci proveresti, lo so bene. Proveresti a conquistare il potere che li fa agire, la forza che anima i loro spiriti. Ma non puoi, capitano, non è semplicemente qualcosa che si può ottenere come una merce. È qualcosa di molto diverso.
Sai cosa penso, Sōsuke? Penso che tu, nel tuo piccolo, voglia amore. Penso che tu voglia trovare il tuo cuore, penso che tu voglia poterlo vivere. Nel tuo profondo sei umano, lo so bene, ma quel tuo essere è troppo piccolo, troppo nascosto perchè possa combattere contro tutto il male che ti avvelena l'anima.
Non sarà solo il mio veleno ad ucciderti, capitano, ma sarà il tuo stesso odio a bruciarti da dentro, a corrodere l'anima malata che ti ritrovi incastrata fra le membra.
Capitano, come puoi pretendere di sconfiggerli, di ammazzare vite per la tua lotta, se sai anche tu che non ce la puoi fare? Non puoi colpire un qualcosa che non conosci, non puoi lottare al buio. Non sei un falco, capitano, non sei come me. Io nel buio sono riuscito a vedere, serpente maledetto dal destino, ma tu non ne sei in grado, tu non puoi farlo, perchè tu nel buio sei nato, ed è per te la luce.
Gli uccelli che nascono in gabbia pensano che volare sia una malattia, e la stessa cosa vale per te. Se sei nato nell'odio, non puoi sapere cos'è l'amore. Puoi solo vagamente immaginarlo, convinto di poterlo afferrare, ma non ne sarai mai in grado, non nelle tue condizioni. La luce non ti raggiunge, capitano, ne sei solo avvolto, ma non fa parte del tuo essere.
Mi rallegro, sapendo che siamo condannati insieme. Io non potrò mai volare, obbligato alla polvere del suolo, ma tu non potrai mai librarti in cielo, obbligato dalle tue ali appesantite dal sangue che hai fatto versare, dalle pietre dell'odio e del male che accumuli.
Mi rallegro, sapendo che anche se tu m'hai paragonato agli altri, tu stesso sei paragonabile a me.


Negli occhi miei, nei giorni miei, tu non ci sei.

E tu non ci sei più, nella realtà e nella fantasia tu non ci sei,

e tu non ci sei più.

E tu non ci sei più.

E tu non ci sei...


Un'altra notte ancora, dopo aver avuto una chiacchierata con te davanti ad una tazza di té, ed ogni mia certezza è stata abbattuta, perchè non so più niente, non sono più sicuro di niente.
Dentro di me hanno combattuto due fazioni. Ucciderti per non farti soffrire, amarti per non ucciderti? Che devo fare, capitano, è la domanda che mi tormenta da quando sono un ragazzo.
Nel letto, sotto alle bianche coperte, ho fissato la finta luna nel cielo nero sulla cupola di Las Noches. Sembra così vera, eppure è solo un'illusione. È successo così anche fra me e te, non è vero?
Stretto nel mio pigiama, gli occhi aperti, contrariamente a come succede sempre, io ho fissato la luna, e ho capito. Non ci sei, Sōsuke, tu non ci sei. Non ci sei nel futuro della Soul Society, non ci sei nel mio. Non è solo il nostro rapporto ad essere come questo cielo finto, tu stesso sei quella luna che ostenti con fierezza, pur sapendo benissimo che è solo un'immagine, che una volta rotta non rivelerà altro che un vuoto infinito.
Moriremo insieme, capitano Aizen. Il destino ci ha legato come volevo, dopotutto.
Moriremo insieme, condannati alla stessa terra, allo stesso veleno che ci ucciderà dall'interno, alla stessa incompletezza che detestiamo.
Moriremo insieme, condannati a guardare quella cosa che chiamano cuore senza poterlo davvero comprendere appieno, senza mai poterlo vivere.
Moriremo insieme, e anche tu, per un momento, diventerai un serpente come me.

Angolo dell'Autrice

Salve a tutti, miei cari lettori!
Vi ringrazio tanto per essere arrivati in fondo a questa storia. Appena ho sentito la canzone, gentilmente suggeritami da Lara, che ringrazio di cuore, ho pensato a questa coppia. Non è una delle mie preferite, ma l'apprezzo, e trovavo che il testo fosse completamente adatto.
Ringrazio tutti i lettori silenziosi e chi deciderà di spendere un po' del suo tempo a recensire questa storia. Spero di aver reso bene quello che mi trasmette Gin quando viene associato ad Aizen. In sunto, queste sono le sensazioni che penso che lui provi, guardando il suo “Lord” senza mai poterlo davvero toccare
Mi sono permessa di cambiare i due "lei" all'inizio della canzone con dei "lui", giusto per non stonare troppo.


E basta, vi ringrazio per aver avuto il coraggio di venire qui, e spero che vi sia piaciuta!
Song: Giù le mani dal cuore – Raf

Ci si vede presto con le nuove storie di “Season – Il colore della tua anima.”

Bye bye


Dream Catcher

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: WouldBeRebel