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Autore: tortuga1    05/11/2013    0 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII.

 

La giornata di Sebastian è rigidamente organizzata dal computer, sveglia alle sei standard, colazione con caffelatte liofilizzato bollente e una barretta di germi d’avena pressati con il miele. Rapida pulizia e ginnastica per un’ora. Poi studio interattivo dell’anatomia e della patologia secondo schemi ciclici per non dimenticare nulla, e interventi chirurgici e medici su una corsia di malati che lui sospetta virtuali, anche se le loro facce sono sempre diverse. Intrattenimento con filmati sulla natura e gli animali del pianeta Terra, gli spazi sconfinati della savana e dell’oceano, così strani da vedersi da parte di uno che non ha mai fatto più di dieci passi nella stessa direzione. Forse anche questi sono virtuali, e fuori di qui non esiste nulla.
Ancora studio, poi il pasto principale con carne di uccello e patate liofilizzate, acqua demineralizzata e vitamine in tavolette dal gusto acidulo, buone da rosicchiare. Ora verrebbe il tempo libero, che lui impiega disegnando sullo schermo del computer o certe volte, quando si sente davvero giù di corda come oggi, accanendosi sulla macchina isometrica fino a cadere sfinito, però non ha fatto in tempo a scaldarsi che suona il campanello. È l’avviso che ha imparato a riconoscere quando il suo interlocutore lontano gli chiede il permesso di venire a trovarlo. Molti anni fa gli ha spiegato che il campanello serve ad avvertirlo, perché non sia colto di sorpresa mentre fa qualcosa di privato. Se vuole farsi vedere basta che lui prema un tasto del terminale, altrimenti il suo amico aspetterà. Si passa intorno al collo un asciugamano di spugna logoro ma perfettamente pulito, si siede davanti allo schermo e dà il consenso. Sa che adesso chi sta dall’altra parte può vederlo.

Buon giorno. Come stai oggi? – la solita domanda, e la solita risposta.

Benissimo come sempre. Ho fatto un paio di traumi cranici con emorragia cerebrale, dicono che c’è stato un incidente. Ora i malati sono stabili.

Bravo… volevo dire, hai fatto bene come sempre. Siamo contenti del tuo lavoro.

Ah. E dimmi, che ci fanno degli umani in mezzo a voi tentacoluti? Non ho dovuto curare scottature.

Che c’entra, loro non stanno con noi, sono in una… colonia molto distante. Sopravvivono anche grazie a te, ti sono molto grati.

Ah. È bello quando c’è gente che ti pensa. Come mai sei venuto così presto? Non è il solito orario.

Devo chiederti… una cosa.

Capisco. Allora chiedi. – lo schermo è sempre nero, Sebastian lo guarda ostinatamente, deve esserci un modo di attivare la telecamera dall’altro lato. Ci ha provato in tutti i modi, mentre era solo, ma senza farsi molte illusioni. Chi sta fuori chiede il permesso per guardare, ma non è affatto detto che sia davvero così. Magari lo registrano anche mentre dorme, anche mentre…

Oggi hai l’aria… arrabbiata. Ti è successo qualcosa?

Ah! Ah! Ah! Bella questa battuta! Cosa può succedermi, secondo te? Sbagliare un intervento e fare morire un disgraziato distante un milione di chilometri? Tagliarmi con il bisturi virtuale?

Sei davvero arrabbiato. Perché? Non lo sai che i viaggi spaziali sono lunghi, possono durare anche… una vita intera? Anche più vite? Dovresti essere più stabile emotivamente, in fondo sei stato scelto per questo.

Sono stato scelto, eh?

Sì, fra migliaia di altri. Anche per il tuo carattere, che è una cosa importante nei viaggi lunghi. Devi trovare in te la forza che hai, è sicuro che ce l’hai.

Mi sento già più forte. – sorride per la prima volta e Paula istintivamente lo imita – Non sto scherzando, hai ragione tu. È dura questa vita ma forse c’è di peggio.

Sì. C’è di peggio.

Ora chiedimi quella cosa.

Bene. Tu sei Sebastian, il medico di Terra due. Ci serve un campione del tuo sangue. Sei disposto a darcelo?

Certo… ma non lo avete? Mi ricordo che la macchina mi ha fatto i prelievi un paio di mesi fa. Controlli di routine per verificare che sia perfettamente in forma.

Mi… ci serve fresco. Ti dispiace mettere il braccio nell’alloggiamento?

No… certo che no. Ecco. – infila il braccio nella nicchia morbida, e sente gli aghi attraversargli la pelle senza provocare alcun dolore. Il prelievo dura dieci secondi.

Bene. Ti siamo molto grati per la tua disponibilità.

Figurati. Per così poco… – ritira il braccio, si vedono solo due minuscoli puntini rossi che domani saranno spariti.

Ora devo andare. Verrò a trovarti domani.

Ciao. – lo schermo è sempre nero, non è cambiato niente. Sebastian sospira e torna alla macchina. Vuole migliorare il suo record di cinquecento flessioni in gravità due.

Paula aspetta con impazienza che il campione di sangue superi la complicata procedura di controllo per escludere la presenza di agenti infettivi. Ha dovuto smontare una porzione della paratia ed escludere la camera di prelievo dal controllo del computer, altrimenti sarebbe stato impossibile asportare dal locale d’isolamento anche una singola molecola. E certo, il locale è stato ideato per impedire la diffusione di infezioni pericolose, guai se fosse stato possibile maneggiare allegramente il sangue di una malata. Finalmente l’analizzatore automatico dà il consenso e Paula afferra la provetta piena di liquido. Febbrilmente ne prende una goccia e la deposita su una piastra di riconoscimento che ha smontato dalla cabina di pilotaggio ormai aperta a tutti. La piastra serviva a riconoscere il DNA delle persone autorizzate e dare il consenso per l’accesso ai sistemi di volo. E ora…
ACCESSO NEGATO. ATTENZIONE! OGNI ULTERIORE TENTATIVO DI VIOLARE IL SISTEMA DI SICUREZZA DELLA SCHEDA PROVOCHERÀ LA DISTRUZIONE DEI DATI!
Paula picchia un inutile pugno sulla mensola metallica e guarda con odio il messaggio lampeggiante. Maledetta carogna di un uomo, che motivo aveva di proteggere i suoi dati inutili in modo così geloso, così… antipatico. Detesta con tutto il cuore l’ignoto autore del sistema di sicurezza, sempre più arcigno e ostile. Prima il messaggio dell’odiosa mano pelosa, ripetuto per tutta la durata del filmato nel linguaggio universale dei segni: “questa scheda appartiene a Sebastian o Salvatore Henssen ufficiale medico”. Informazione del tutto inutile perché poi veniva richiesta una password di sessantaquattro caratteri. Giulia e Anna l’avevano lasciata dopo una mattinata di tentativi inutili, ma lei si era tenuto il cavo e l’aveva collegato al terminale esterno del locale d’isolamento. Sessantaquattro caratteri. Quasi impossibili da memorizzare, ci si deve arrivare con una forma di ragionamento, allora si era messa ad anagrammare il messaggio, ottenendo sequenze di parole senza senso, poi per disperazione aveva contato le lettere che lo componevano. Sessantaquattro. No! Troppo facile, troppo ingenuo… Diligentemente aveva sostituito ai caratteri le cifre corrispondenti, nel modo più elementare, cose da bambini piccoli, A=1, B=2, ecc., e aveva gridato di trionfo quando l’odiosa donna nuda era scomparsa, sostituita da una schermata grigia con caratteri neri. “Inserire validazione biologica”. In basso, l’immagine di una piastra di riconoscimento. Brutta serpe. Il commento successivo è comparso solo dopo il fallimento del tentativo con il sangue: “Il dottor Henssen deve essere presente personalmente, vivo, cosciente e libero da costrizioni”. Ora Paula capisce che una goccia di sangue non basta, non prova che il maledetto Henssen sia ancora vivo, e meno che mai cosciente e libero da costrizioni. Ci saranno altri trucchi insuperabili, perciò è inutile pensare di narcotizzarlo, tagliargli una mano o fargli qualche altra cosa del genere, con il rischio di perdere i dati. L’unica è dare a lui la piastra e chiedergli di seguire le istruzioni. La scheda resterà comunque fuori dalla sua portata.
Preme il tasto del campanello e aspetta la risposta affermativa. Nel locale potevano esserci malati gravi, e così è previsto un sistema di ripresa continua delle immagini e dei parametri biologici, ma Ester non lo ha usato mai senza permesso e nemmeno lei, tranne l’unica volta che l’hanno spiato durante il sonno. Sebastian compare dopo un po’, ha l’aria stanca e assonnata.

Serve altro sangue?

Scusa se ti ho disturbato. Devo… chiederti un’altra cosa.

E cosa, questa volta? Vi serve il mio fegato per cena? O forse una coscia? – non sorride, è decisamente irritato.

No, cosa vai a pensare…

Scherzavo. Lo so che per voi sono peggio del veleno. – dalla faccia non si direbbe, è accigliato e stringe i pugni.

Mi… ci serve che tu… dimostri la tua identità.

Non siete sicuri di chi sono io? Eppure questo dubbio non vi era mai venuto…

Che c’entra! Ci serve e basta. – Paula si morde le labbra e si costringe a dominare la rabbia. Il computer falsa l’inflessione della voce, ma conserva le pause, lui può accorgersi che sta perdendo la calma.

E va bene, perché discutere con una piovra rovente? Siete voi che comandate, no?

Ti ho solo chiesto se vuoi collaborare spontaneamente. Se non vuoi basta dirlo e me ne andrò.

E vattene allora, perché non mi lasci in pace? – grida, poi cambia espressione all’improvviso, sembra dispiaciuto, no, sembra stanchissimo. – scusa, sono nervoso. Vuoi che dimostri la mia identità? Il DNA non è bastato? E come posso fare altrimenti?

Puoi usare una piastra di riconoscimento.

Una piastra di… riconoscimento, hai detto, e che cos’è? Di cosa parli? Non ne ho mai vista una, qui dentro.

Te la sto mandando. Apri il contenitore delle razioni di cibo. – Sebastian si alza e va alla paratia, dove uno sportello scorrevole nasconde il dispenser del cibo. Prende il vassoio di plastica, su cui c’è posata una piastra verde con un sottile cavo nero. – bene, ora inserisci il connettore nella presa. Sta accanto alla tastiera del terminale.

Fatto.

Poggiaci un dito sopra. Così. Ora segui le istruzioni dello schermo. – Lo guarda leggere le istruzioni con aria sorpresa, poi posare sulla piastra prima l’indice destro, il medio e l’anulare sinistri, la punta della lingua e poi, con un mezzo sorriso sulle labbra, digitare una sequenza di caratteri sulla tastiera del computer mentre tiene una mano sulla piastra, e poi l’altra. Sorride ancora e poi si gira verso lo schermo principale.

Fatto. Siete contenti ora?

Sì… è successo qualcosa?

Non lo sapete, cos’è successo? Che strano, credevo che voi sapeste sempre tutto.

Sì, certo che sappiamo tutto. – Paula guarda lo schermo, la donna nuda è tornata, più irritante che mai, la sua schifosa lingua in primo piano, gliela taglierebbe volentieri.

Bene, sono lieto di essere stato utile. E ora, se vuoi scusarmi…

Ma certo, scusa tu se ti ho disturbato. Buona notte.

A te.

La donna nuda danza facendo ondeggiare le natiche troppo grosse, è disgustosa. Paula con rabbia stacca la scheda e la scaglia contro la paratia. Rimbalza senza rompersi e cade ai suoi piedi. Con un sospiro l’aggancia al laccio di cuoio e la rimette al collo.
Giulia guarda la neve cadere attraverso la piccola finestra. È stanca e irritata, sono passati due mesi da quando hanno sprecato una giornata intera per decifrare quello stupido messaggio. C’erano i membri dell’equipaggio maschi, e va bene. La scheda apparteneva ad uno di loro. Bel porco doveva essere, e forse trovando la password sarebbero comparse altre porcherie. Tutto tempo perso, senza speranza, ora la cosa che la preoccupa di più è Anna, che per ostinarsi ad uscire sotto la neve ha preso freddo ed è tormentata dalla tosse. Le ha preparato una tisana calda e l’ha fatta sdraiare vicino alla stufa, sobbalzando ad ogni suo colpo di tosse. Come farà quando lei non ci sarà più, non è vero che è adulta, invece ha ancora bisogno di essere rassicurata, ha bisogno di Anna con le sue mani forti e la soluzione sempre pronta per ogni problema. Sì, fino a quando non ha saputo escogitare niente per vincere la maledetta scheda.

Ma tu credi davvero che c’è qualcosa di utile in quella scheda?

Ci pensi ancora! Non lo credo, ne sono sicura. L’ho capito subito appena l’ho vista, quando me l’ha mostrata Ester quasi sessant’anni fa. Una scheda che resiste anche al fuoco, una volta per i nervi l’ho presa a martellate e lei niente nemmeno un’ammaccatura. Non è possibile che ci fosse solo quella… cazzata.

E perché? Non hai detto che erano carogne? Cattivi dentro, hai detto. Capaci anche di usare una scheda così per…

Ancora con questa storia! – Anna tossisce penosamente ma ha l’aria agguerrita – Non confondere le direttive con la realtà, non fare questo errore! E poi non discuto la qualità dei dati, ma la quantità. Una scheda così dovrebbe contenere almeno un trilione di giga, e invece, guarda un po’, ha solo una scenetta da cinquecento mega. Patetica.

La scenetta?

Non mi fare arrabbiare ancora di più… – s’interrompe per tossire e sputa in un fazzoletto. – maledizione, questa roba è dolciastra… mi sta venendo un accidenti doppio.

È vero, succedeva anche a me… – Giulia ricorda distintamente che quando era bambina il primo segno di una bronchite di quelle buone era proprio il saporaccio dolciastro del muco. – meglio avvertire Paula.

Lasciala stare, ne avrà abbastanza di me…

No! lasciami fare! – indossa il mantello ed esce nella luce incerta del crepuscolo. Le giornate sono ancora brevi e la neve continua a cadere.

 
Sebastian Henssen è solo nella sua cabina. Sulla nave tutti i membri dell’equipaggio hanno una camera ampia, due metri per due e mezzo, dove possono rinchiudersi per meditare, e tenerci quello che preferiscono. Lui ha scelto una pianta, una cycas che alla partenza aveva una sola tenera fogliolina e ora è diventata una palmetta con il tronco rugoso, alta quasi quanto lui. Dovrebbe riportarla nella serra, gli toglie quasi tutto lo spazio, ma non riesce a separarsi da lei. Lei, ci pensa come se fosse una persona. E cosa gli resta ormai se non questa consolazione? Con un permesso speciale ha portato a bordo le ceneri di Sonia, quelle di Sal no, perché il corpo era scomparso, vaporizzato dall’esplosione. Sparsi sulla terra bruna e assorbiti lentamente dalle radici, gli atomi di chi è stato il suo amore ora riflettono la luce sulla superficie splendente delle foglie, sembrano sorridergli. Volta le spalle alla cycas e torna al suo terminale. La sequenza di sicurezza deve essere a prova d’intrusione, perché questa è la parte più difficile del piano, il fallimento programmato. Con l’età il suo carattere meticoloso è diventato quasi pedante, non si contenta più di tre soluzioni per un problema, ma ne programma sempre altre due. Il progetto di salvare le cellule nel modo più ovvio, chiedendo aiuto alle donne, gli è sembrato accettabile all’inizio, un paio d’anni prima, ma ha avuto modo di rifletterci, ogni giorno ci ha riflettuto, concludendo che era proprio questo che avrebbe aspettato il nemico sconosciuto. La vulnerabilità di un uomo o di un piccolo gruppo, mentre portavano fuori bordo i contenitori che lui voleva distruggere. Questo perché il nemico non sa tutto. Nessuno sa tutto, per fortuna. E quello che sa lui, Sebastian, è un’informazione davvero riservata.
Fischiettando un’antica canzone di quando era giovane finisce di programmare la scheda. È quella che gli ha dato Sam, quella che forse apparteneva alla spia sconosciuta. Non riesce ancora a vederne i limiti di capienza, ci ha trasferito tutto l’archivio storico della nave e ancora rimane spazio per i dati individuali. Tre anni prima ha chiesto ai membri dell’equipaggio di preparare uno schema di addestramento virtuale per il loro doppio, da utilizzarsi in caso d’incidente mortale, e ormai tutti lo hanno finito e inserito nella memoria centrale. Ma non sanno che lui ha copiato di nascosto tutti i dati, una quantità enorme, nella scheda. Cosa metterci ancora? Bene, c’è spazio per la scena iniziale, quella che serve a confondere le idee. Con un sogghigno registra il filmato “Pelle Bollente”, che ha visto 5383 volte, a detta del computer. Si vede che merita, è molto buono anche con la modifica che toglie azione ad una delle mani. Poi chiude i cancelli di sicurezza di primo, secondo e terzo livello. Fatto. Deposita delicatamente la pianta su un carrello e la spinge con dolcezza lungo i corridoi in penombra, attento a non farle urtare le paratie. Nella serra c’è un angolo di terra abbastanza grande da accoglierla per i prossimi anni, lei e le sue figlie. Il primo impianto delle cellule è previsto per il quindici luglio standard, fra meno di due settimane, ma lui è sicuro che prima di allora sarà morto.
  
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