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Autore: Ceci Princessofbooks    05/11/2013    0 recensioni
Nel futuro, un esploratore segnato dal tempo e dall'esperienza e una fanciulla dal destino mostruoso si incontreranno, e si faranno una promessa. Perché talvolta basta un gesto, per dare un senso al dolore. Primo episodio del "Mondo di Vesta".
Genere: Guerra, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Navi di Vesta

 

L'hangar è un coleottero di acciaio e vetro, e ronza di voci eccitate e sibili di macchine: luci d'argento sciabolano sulle viscere di metallo dell'astronave; le figure bianche delle Vestali turbinano tra le divise azzurre dei meccanici, droni dal volto di platino scivolano sullo scafo scuro e lucido. Krestos Knucklebolt, Capitano della U.S.S. Crisodora, osserva la trama di vite e olio e scintille che si distende sotto il ponte di comando. Ha quarant'anni, ma il suo volto ha ancora la bellezza austera e inquieta di un falco: pelle olivastra, bocca sensuale, gli occhi limpidi e gialli della sua gente. Ripensa per un attimo a Zoraya, ai suoi cieli di smeraldo e oro, alla vertigine familiare delle torri brune della Capitale, costruite nella stessa roccia partorita dal vulcano. Un ventennio trascorso nell'Areonautica Panmondiale, ed è tornato a casa solo due volte. La prima, per incontrare la fanciulla dallo sguardo d'abisso e le labbra di rosa che sarebbe dovua diventare la sua sposa; la seconda, per seppellirla.

E da allora non ci hai più messo piede. Hai preferito rifugiarti i,n alto dove il vuoto è così pieno di stelle che le ferite non fanno più troppo male.

Stringe le mani magre, e serra i denti: certo, il cielo è sempre stata una fuga; è abbastanza lucido da riconoscerlo. Fuga da una terra bella ed egoista, da un palazzo pieno di freddo e di ricordi sbiaditi, da una madre pallida come una bambola spezzata e un padre ossessionato da glorie morte. Ma è stato anche per altro che si è imbarcato per l'Accademia, in quel lontano giorno di pioggia: per un istinto che gli ribolliva nel sangue e gli sfarfallava nel petto come un uccello impazzito ogni volta che guardava la notte.

E davvero intorno a quelle luci lassù ci sono altre persone come te e me, mamma?

Bè, non so se proprio in tutte, piccolo mio. Chissà, potresti scoprirlo tu.

Ed era quello che aveva cercato di fare. Aveva partecipato a tutte le missioni esplorative, aveva conosciuto popoli dai volti mostruosi e il cuore gentile, aveva imparato lingue di schiocchi e dialetti pastosi come il sussurro di un amante.

Poi era arrivata la Rivoluzione della Luna, e i dorati, testardi abitanti del satellite Europa avevano dichiarato una loro lega opposta alla Federazione fondata dalla Terra. Poche trattative mal seguite, ed era stata la guerra. Scegliere uno dei più stimati capitani di Esploratori dell'Areonautica come comandante dei nuovi Prototipi militari era stata una decisione ovvia. Soprattutto quando era coinvolta un'innovazione tanto imprevedibile.

Vale a dire mostruosa. Ancora ricorda la bile che gli è formicolata nello stomaco quando ha scoperto di cosa stessero parlando i suoi superiori, l'espressione vile e vuota dei tecnici, la serie di foto delle prescelte. Indeciso se urlare o piangere, era quasi arrivato a sollevare di peso per la collottola uno di quei maledetti ingegneri.

-Capitano- chiama uno dei tenenti, il volto ancora butterato dall'acne racchiuso nel visualizzatore di dati neurali. -Le procedure di controllo sono completate. Se vuole, possiamo avviare le manovre di decollo.-

Un istante, il tempo di spingere il coltello appena più a fondo. Certo. Facciamoci male prima ancora di partire.

D'altronde, Kreitos è conosciuto nella galassia per la sua prontezza, la sua intelligenza, la sua lucidità. La sua capacità di decifrare ciò che vede attraverso il cristallo grezzo del suo occhio, di spingere la luce fino ai nodi nascosti nel sangue e nella polvere, e di non tirarsi indietro.

Nessuno ti dice però quanto il cristallo possa tagliare.

Ricordandosi improvvisamente di dover rispondere, liscia una falda della finanziera nera. -Eccellente, Tenente- dice in fretta -ma non possiamo ancora partire. Devo ancora fare una cosa.-

Prima di scorgere gli sguardi allibiti scambiati sotto i caschi, Kreitos volta le spalle alla plancia.

 

Il salotto che le hanno assegnato è un ovale dalle pareti candide e le cromature lucenti, arredato con spartana eleganza. Tutto è ovattato, smorzato, delicato, persino la luce che piove ombre bionde sul metallo.

Uno splendido rifugio. Una splendida gabbia.

Kreitos si guarda intorno, con la rapidità chirurgica che gli hanno insegnato anni di ambascerie. Una pila di casacche riposte su una poltrona. Un pannello informatico abbandonato sul tavolo. Un vasetto di marmellata alle fragole. Un plico degli ultimi numeri di “Universal Romance Gazette”, lo stesso giornale per ragazze che leggeva sua sorella. Il cuore si contrae in un nodo.

Dio, è solo una ragazzina. Come hanno potuto farle questo?

Deglutisce, e aspetta accanto alla porta. Da lì, di lei vede solo il morbido caschetto di capelli candidi, sospesi come la corolla di un soffione sul bel collo sottile. È seduta sul divano, e gli dà le spalle; quando Kreitos si schiarisce la voce, però, lei si volta, alzandosi con la grazia inconsapevole dell'adolescenza: è vestita di bianco, come tutte le Vestali, il corpo piccolo e armonioso che preme contro la lana ruvida. Appena sotto la scollatura, può scorgere il disco chiaro dell'Impianto. Lei sorride. -Capitano- esclama -sono onorata di vederla. Credevo avesse troppo da fare prima della partenza.-

-Oh, è il bello di essere capitani: il delegare.- muove qualche passo nella stanza, mentre il sorriso scava nel petto. -Volevo assicurarmi che avessi tutto ciò che di cui hai bisogno prima di...- prima di diventare carne da macello? Prima di pagare per i nostri errori?

-...prima del viaggio?- gli viene in aiuto lei. Ha occhi grandi, fragili come vetro, ma bruciano di intelligenza. -Sì, le mie Sorelle mi hanno accudito in modo quasi imbarazzante. Non si deve preoccupare per me, davvero. Starò bene. Dopottutto, tantissima gente lo fa ogni giorno, no?-

Il dubbio è un grumo nauseante nelle viscere. -Vuoi dire che questo è il tuo primo Volo interstellare?-.

Lei si stringe nelle spalle, tormentandosi le dita. -Quando sono stata scelta andavo ancora a scuola...-.

È troppo. -Oh, Cristo- ringhia Kreitos, passandosi una mano sulla fronte, alla ricerca di frescura, alla ricerca di un senso. Lei gli si avvicina, incerta; un attimo dopo, le dita minute velano quelle ruvide di lui, come neve. -Va tutto bene, Capitano. Andrà tutto bene.-

Kreitos apre gli occhi, fissandoli nello sguardo d'oro e coraggio della ragazza. La guarda a lungo. Si chiama Laima, ha sedici anni, ed è la nuova arma della Federazione.

Cinque mesi fa, i ricercatori della Difesa Panmondiale hanno annunciato formalmente il frutto delle ricerche di un decennio, in un progetto di Connessione Simbiotica meccanico-biologica denominato “Vesta”. Ovvero, la soluzione per rendere praticamente indistruttibili i navigli da guerra, riducendone semplicemente il cuore. Ora, i circuiti primari dell'astronave sono direttamente connessi alle funzioni vitali di un essere umano attraverso l'Impianto, una piastra biomeccanica impiantata nel petto dell'individuo stesso e collegabile ad una rete di rilevatori neuronali intessuti alle macchine del reattore. Se la persona non viene danneggiata, la nave sopravvive, per quanto gravi siano i danni riportati. Ma questo, come sempre, ha un prezzo: attraverso i connettori neurali, ogni danno ricevuto allo scafo o alle altre componenti viene percepito come una ferita dell'individuo, e causa dolore. Vista la delicatezza della procedura, i tentativi mal riusciti, e Kreitios non ha mani voluto pensare troppo alle implicazioni di questa definizione, sono stati molti: e per un qualche impietoso gioco del destino, gli esseri umani più facilmente adattabii all'Impianto si sono rivelate essere le creature più lontane dalla guerra e dalle asprezze di una vita in divisa; ovvero, le ragazzine tra i quindici e i diciotto anni. Così sono nate le Vestali.

Come Laima.

Quindi no, non andrà tutto bene, piccola.

-Facciamo così- riprende lei, ritirando la mano – decidiamo che ci prenderemo cura l'uno dell'altra, in questo viaggio. Va bene?-

Kreitos si concede di guardarla ancora una volta, ed è uno strazio gentile rivedere Marileu, che avrebbe dovuto seguirlo nella casa di suo padre e ridere con lui e dargli figli dalle guance rosse da baciare.

Ora nostra figlia potrebbe avere la sua stessa età.

È istintivo tendersi in avanti, e sfiorare con il più casto dei baci la fronte pallida di Laima.

-Affare fatto, piccola- mormora contro la sua pelle – affare fatto.-

 

L'Incrociatore è apparso all'improvviso, uno scarabeo traslucido sullo schermo nero dei rilevatori. Kreitos non ha bisogno di ascoltare la nebbia di informazioni che sale dalle postazioni della sala di comando; il suo occhio esperto e stanco ha già colto la forma acuminata della nave, e può immaginare la fanciulla a cavallo di un toro stampigliata sulla fiancata. Un Incrociatore d'Europa. Dannazione.

-Tenente, abbiamo spazio per una manovra di evasione?- chiede, anche se conosce già la risposta.

La ragazza cui si è rivolto gli rivolge uno sguardo allibito sotto la maschera azzurra. -Ma Capitano, la Crisodora è stata progettata appositamente per lo scontro...-.

-So benissimo per cosa è stata progettata- replica, secco – risponda alla mia domanda.-

La ragazza serra le labbra. -No, non c'è spazio. L'Incrociatore ci ha già intercettati, e i nostri scanner rivelano attività anomala nella zona dei reattori. Si stanno preparando ad attaccare.-

Kreitos si morde il labbro, ingoiando un urlo di frustrazione e di qualcosa che non provava da lungo tempo. Rimorso. Non mi sono occupato abbastanza di te, piccola. Mi dispiace. Mi dispiace tanto.

Una cosa, però, non le negherà. Ti guarderò, piccola. Ti ascolterò. Ti starò accanto, qualunque sia la fine. -Molto bene. Avviate la procedura bellica sette. E mettetemi in contatto con il Focolare.-

Il Focolare. La sala che custodisce e anima la nave, proprio come il fuoco delle case degli antichi. La sala in cui Laima sarà allacciata a questo grande mostro di metallo,e ne diventerà il cuore.

-Subito, Capitano.- Un sibilo, e lo schermo retrattile della sua poltrona crepita e si accende. E ciò che vede gli ustiona il petto. Oh, Cristo.

Laima è pallida e tenera nella penombra della sala, porcellana bianca in un groviglio di metallo; cavi e pistoni si irraggiano dal lucido disco dell'Impianto, rivelato dallo scollo del corto abito bianco. Mentre resta in piedi, i capelli una nube candida intorno al viso, un sorriso coraggioso e incerto, i macchinari che la avviluppano sembrano per un attimo grandi ali argentee, come quelle delle fate dei racconti che Kreitos ascoltava da bambino. -Salve, Capitano- la voce di Laima è leggera, ma scorre sicura come mercurio fuso. -Allora ci siamo, vero?-

Il Capitano deve deglutire due volte prima di riuscire a rispondere. -Ci siamo, piccola. Ma non devi preoccuparti, io...- io cosa? Ti ferirò? Ti trascinerò in un dolore neppure tuo? Le parole si impigliano sulla lingua; quelle che alla fine affiorano, sono le più rade e le più sincere. -...io ti starò accanto.-.

-Lo so- risponde la ragazza, e respirare diventa più facile per tutti e due. -Ora iniziate.-

E la battaglia comincia.

Il Capitano dell'Incrociatore è abile, ma non quanto lui: i suoi attacchi sono prevedibili, ma il cannone è talmente potente che, anche quando il colpo non è preciso, l'onda d'urto è in grado di scardinare la corazza della Crisodora. La plancia avvampa di luci, di schemi, di ordini, e Kreitos dirige quella danza di follia e disciplina con la chiarezza con cui ha guidato le squadre di esplorazione nei più lontani pianeti della galassia. Ma dietro il cristallo, il cuore brucia, e graffia.

All'inizio non ci sono state urla. Laima ha solo contratto il viso, gli occhi smarriti di un dolore improvviso. Poi però un missile vagante ha squarciato la fiancata della nave; un danno marginale, nulla di compromettente, ma non per lei. Il suo grido è stato improvviso, breve, impastato di sorpresa. Ne sono venuti altri, dopo: e gemiti e singhiozzi e preghiere. Laima non ha detto una parola, e ha trattenuto la voce mordendosi il labbro fin quasi a farlo sanguinare; a lui però basta guardare le gocce raccolte sulla sua fronte, sentire il respiro affannato che riecheggia nella sala di comando. È colpa mia. Gli urli di questa ragazzina forte e preziosa sono colpa mia.

E c'è un abisso particolare per coloro che recano sofferenza a chi non può difendersi. Oh, non i baratri infiammati dell'Aldilà raccontato dai vecchi ai nipoti, ma uno squarcio che avvelena il sangue, che ti precipita giù, nel buio muto annidato in ogni uomo. Per la prima volta in vita sua, Kreitos sta tremando sull'orlo di quell'abisso.

-Capitano.- il tono di Laima è debole, ma risoluto. Quando lui alza lo sguardo, anche i suoi occhi sono oro e sole. -Non-non deve pensare a me, Capitano. Ho scelto io di venire qui. Ho scelto io di usare così la mia vita. E in questo momento, sto tenendo fede al nostro patto: mi sto prendendo cura di questa nave, e di lei. Ora deve fare lo stesso, e portarci fuori da questo dannato duello. So che può farlo. Io ho fiducia, e l'avrò sempre.- Kreitos la fissa, stordito; infine raddrizza le spalle, e l'abisso è un poco più lontano. Se avessimo avuto una figlia, Marileu, avrei voluto somigliasse a lei.

Poi si volta verso i suoi uomini, e riprende la battaglia.

   
 
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