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Autore: ErinKinney    05/11/2013    2 recensioni
Queer As Folk è stata ed è la serie tv della mia vita, quella che mi ha cambiato, che mi ha reso migliore forse, e sopratutto, quella che mi ha appassionata più di ogni altra cosa al mondo. Probabilmente la storia che racconterò sarà una delle tante, sarà una di quelle magari meno belle, ma vorrei soltanto far sapere alla gente quanto ci tengo, e quanto ho bisogno di scrivere un continuo per quella fine così triste. Io ho bisogno di sapere che c'è un continuo dopo quella 5x13.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Erano passati ormai 5 anni da quando Justin se n'era andato, e non ho mai fatto niente; non ho mai provato a chiamarlo, non sono mai andato a trovarlo, non l'ho mai fatto, e dio solo sa perchè. Non ho mai pianto, non ho mai dimostrato quanto potesse dispiacermi o quanto mi mancasse, ma la sua mancanza nella mia vita era un vuoto prodondo e incolmabile, ma non l'avrei mai ammesso. Era ed è l'unica persona che sia mai stata in grado di cambiarmi, anche se poco. Ogni persona che era ancora presente nella mia vita; Da Michael a Ted, da Gus a mia madre, cercavo di vederle il più possibile, ormai avevo imparato come tutto ciò che abbiamo sia precario. Avevo persino cercato di recuperare il rapporto con mia madre, per quanto lei potesse disprezzarmi. Ma il mio comportamento non era cambiato, non è cambiato, e non credo che cambierà mai. Anche se ormai a 38 anni, ero rimasto lo stesso. Non mi importava di sposarmi o fare quelle stronzate solite degli etero, mi importava solo di riuscire a passare una notte al Babylon: trovare qualcuno di carino con cui passare la notte, e non morire di solitudine. 
Spesso chiedo a Jennifer notizie di suo figlio, e, spesso, so che Justin chiede notizie su di me, ma nessuno dei due si è mai preso la briga di chiamare l'altro, o di cercarlo, come se a nessuno dei due  importasse più niente, quando invece era tutto il contrario. La Kinnetic ormai era un'azienda famosa in tutta America; i personaggi più famosi mi chiedevano di fargli pubblicità e i politici di fargli campagne elettorali. Teodor che era il mio commercialista da diversi anni, e, amico da moltissimi anni, era sposato con Blake, un ragazzo che conosceva da tempo. Michael e Ben, continuavano a crescere i loro figli, felici e spensierati, anche se, a volte, la malattia di Ben faceva preoccupare tutti noi, anche me, ma nessuno lo sospettava. Debbie e Carl si erano finalmente sposati, ed erano felici. Melanie e Linsday crescavano i bambini, e mio figlio, Gus, aveva ormai 10 anni, ed era bellissimo passare del tempo con lui, quando veniva a trovarmi a Pittsburgh. In tutto ciò, l'unico che non era riuscito a concludere niente, ero proprio io. Mi dicevo che era perchè non mi interessava avere una relazione, ma in realtà, era perchè non mi interessava avere nessuna relazione con qualcuno che non fosse Justin, anche se nessuno sospattava che ci pensassi ancora o che comunque ne fossi ancora così preso, tutti tranne Debbie, forse. Era perchè, se qualcuno provava a parlarmene, sfoggiavo uno dei miei comportamenti più ironici e menefreghisti, che faceva intendere che ormai era un capitolo chiuso, quando, in realtà, era appena aperto.
Mi trovavo davanti al computer, finendo alcune cose di lavoro, quando, improvvisamente, qualcuno cominciò a bussarmi alla porta. Non è che mi andasse poi molto di ricevere visiste, ma mi sforzai di andare ad aprire la porta. Anche se vedevo gli altri più spesso, era anche usuale che volessi stare da solo, e che , i miei amici, non capissero il perchè. Quando aprii la porta non fui molto sorpreso di trovare Michael, il mio migliore amico. : - Brian, devo parlarti.- -Cos'è successo? tua madre ha smesso di fingere di non essere una drag queen? finalmente- risi a quella mia battuta stupida, non potevo farne a meno. -No Brian, per favore, ascoltami.- -Ti ascolto, ti ascolto- dissi mentre m'incamminai a prendere due birre dal frigo, mentre il mio volto era immerso nel freddo del frigorifero, la sentii, la cosa che per molti anni avevo temuto e bramato, sperato e evitato; -Mi ha chiamato Justin, sta tornando a Pittsburgh- Mi disse con quella sua solita aria preoccupata. Io, chiusi il frigo con nonchalance impugnando le birre, e, poggiandole sul bancone, dissi -Che bello, vuoi una birra?- gli porsi una birra, mentre, dentro di me, mille emozioni, paure, e desideri si diffondevano, m'immergevano, e quasi non riuscivo a rimanere lucido, ma mi sforzaii, perchè è così che Brian Kinney fa. Michael mi guardò con un aria incuriosita, ma comprensiva; di certo non si  aspettava che saltassi di gioia o che scoppiassi in lacrime, sapeva benissimo che avrei fatto finta di niente, mentre, magari, dentro ero spaventato. -Brian, hai sentito cosa ho detto?- -Sì, Justin torna a Pittsburgh, che cosa ti aspetti che faccia? vuoi che organizzi una festa per caso?- Michael scosse il capo, a volte non capivo; era una vita che ci conoscevano e frequentavamo, ma ancora non aveva capito il perchè di certe mie reazioni, e rimaneva come al solito  deluso, per qualsiasi cosa io facessi o dicessi. Prese la birra, e ne bevve un sorso -Vorrei che, per una volta nella vita, tu fossi sincero con me, Brian.- -Cosa vuoi sentirti dire, Mikey? che il mio cuore, appena l'hai nominato, ha cominciato a battere all'impazzata? Che probabilmente appena te ne andrai scoppiero a piangere come una povero frocetto isterico? Beh, non te lo dirò, perchè non è così che mi sento.- Ovviamente erano cazzate, da una parte, mi sentivo così scombussolato dentro che non avevo la minima idea di come riuscissi a far finta di nulla. -No, soltanto vorrei sapere cosa ne pensi.- -Cosa ne penso? penso che lasciare New York per questo buco sia la stronzata più colossale della storia, ma lui non è me, e non la pensiamo allo stesso modo.- -Voglio solo che tu stia bene, Brian. So che esci spesso, che ti diverti, che fai vedere al mondo che ti va tutto alla grande, ma so anche che soffri molto, e so anche che ti manca in maniera spropositata. E sai come lo so? perchè, a volte, ci sono sere in cui preferisci stare solo a casa, cosa che 10 anni fa, prima che lo conoscessi, non sarebbe mai e poi mai successa.- Sentire quel "10 anni fa" mi spaventò; davvero erano passati tutti quegli anni? Non so per quale motivo, ma mi alterai molto sentendo quelle parole. Sbattei la mani sul bancone con forza e lo guardai, urlando -Allora se queste cose le sai che cazzo me le chiedi a fare, eh? perchè ti diverte tanto continuare a girare il coltello nella piaga, eh? Sembra che l'unica cosa che vorresti sentire è 'Sì Mikey, sto soffrendo, moltissimo'.- Non so veramente spiegarmela quella reazione, davvero. -No cazzo, Brian, vorrei solo sapere perchè non mi dici niente. Non so niente di te, non conosco il Brian degli ultimi 5 anni!.- -E' perchè sono cazzi miei! E' perchè non lo conosco nemmeno io.- Michael mi guardò, dispiaciuto, e pochi attimi dopo lo vidi andare via. Perchè non so mai come comportarmi con le persone? Perchè? Perchè' non sono mai stato in grado di tenere le persone che amo al mio fianco?





***
Dopo aver messo le ultime cose nella valigia, mi sedetti sul letto, pensando al fatto che, solo il giorno seguente, avrei rimesso piede in quella città che mi aveva dato tanto quanto mi aveva tolto. Che mi aveva fatto conoscere tante persone, tra cui Brian, l'uomo che avevo amato e stimato per 5 anni, imperterritamente. Guardai la nostra foto insieme sul comodino, la presi, e mille pensieri e ricordi mi rimbombarono in testa. Ricordo benissimo quando lasciai Brian per un altro ragazzo, Ethan, e non potrò mai dimenticare il suo sguardo quando mi vide andare via con lui. Non potrò mai dimenticare il bacio che gli rubaii nel suo ufficio, dopo una piccola discussione. Non potrò mai dimenticare quando, una volta tornati insieme, fecimo l'amore tutta la notte nel suo ufficio. E mille, milioni di altri ricordi belli e brutti che ho di quegli anni in cui la mia vita girava intorno a Brian. Ricordo così vividamente le ultime parole che gli dissi prima di partire "Non abbiamo bisogno di promesse o anelli per sapere che ci amiamo, noi lo sappiamo già" e ricordo quell'amore così frenetico di quella sera, riesco ancora a sentire la sensazione di lui dentro di me, così dolcemente.  Non dimenticherò mai lo sguardo lucido che mi guardava andare via, senza sapere per quanto tempo. E non dimenticherò mai il mio lungo pianto nell'aereo, mentre me ne andavo. Per un breve periodo di tempo, continuammo a sentirci; tutti i giorni per ore e ore. Forse non avevamo mai parlato così tanto senza baciarci o fare altro. Parlavamo di tutto, politica, arte, storia, tutti gli argomenti esistenti al mondo, senza mai stare in silenzio. La notte, prima di andare a dormire, mi chiamava e, sempre tra le mie lacrime, mi dava la buonanotte, ma io, dentro di me, sapevo che quelle notti a telefono con lui, o il sentirlo prima di andare a dormire, sarebbero finite a breve. Piano piano, ci sentivamo sempre di meno, finchè smettemmo di sentirci, per una ragione che io non ho mai capito e condiviso. Cercavo di chiamarlo, ma lui non mi rispose mai. Proprio in quel momento mi balenò in testa l'idea di chiamarlo, e lo feci; ma dopo due squilli riattaccai subito il telefono ero impaurito, troppo. Arrivata la sera, mi feci una doccia, mi infilaii un pigiama, e provai a dormire, anche se, per tutta la notte, lo vedevo, lo sentivo vicino a me, immaginavo come sarebbe stato rivederlo. Avevo paura, ma la voglia di rivederlo era troppo forte.
Mi sveglia per le 06.00 , l'aereo sarebbe partito alle 8, perciò avevo tutto il tempo di prepararmi; più che altro, psicologicamente. Ero felice, ero agitato, ero spaventato, ma, sopratutto, non vedevo l'ora di rivederlo. Ore 08.00, mi trovavo sull'aereo, accanto al finestrino, mentre guardavo fuori pensavo a tutto ciò che avrei lasciato a N.Y; Le nuove amicizie, il lavoro, e tutto.. ma pensavo anche a ciò che avrei ritrovato a Pittsburgh, ovvero, la felicità, e questo valeva più di ogni sciccheria che potevo avere a N.Y. Ore 10.00, aereoporto di Pittsburgh, cuore in gola. 
  
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