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Autore: _Zexion_    07/11/2013    2 recensioni
La prima volta che lo aveva incontrato, la sensazione era stata sgradevole. Aveva sentito l’irritazione passargli attraverso la spina dorsale, mentre con il suo caratteraccio l’altro pretendeva di essergli superiore a parole tanto quanto nelle azioni.
Quella volta, bloccato a terra per la sconfitta, aveva deciso che si sarebbe preso la rivincita, in un modo o nell’altro e che gli avrebbe dimostrato che non era così debole come pensava.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Soulmate.
Fandom: Kuroko no Basket
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno 
Note: Dedicata interamente al mio nigga/Bagheera/ukechu (che mi ha anche convinto a pubblicarla) sperando che gli piaccia, giusto perché per una volta sono io a scrivergli qualcosa ;w;

P.s. Se seguite l’anime e basta potreste avere un piccolo spoiler sulla seconda partita Too/Seirin.
Spero che i personaggi non siano OOC. Ditemelo in caso contrario Può nuocere gravemente alla salute.(?)
 
Soulmate
 
« Oi, Aomine. Se… Se fossi andato in un’altra scuola, se non fossi mai tornato in Giappone o se avessi gettato la spugna. Credi che ci saremmo incontrati? »
« Uh? Che problemi ti stai facendo, Bakagami? Ora siamo insieme, no? »
Un flebile sorriso comparì sul volto di Taiga, mentre alzava lo sguardo verso il cielo stellato, come se stesse cercando qualcosa.
« Già. »
Un minuto di silenzio, forse qualcuno di più e poi Kagami si mosse avanti di qualche passo, girandosi apposta con un sorriso ampio sul volto, guardando il proprio interlocutore.
« Ti fermi a dormire da me, Ahomine? Ho voglia di giocare a basket, domani! »
Daiki sollevò un sopracciglio confuso e perplesso sul comportamento altrui, un discorso mai finito che si era già perso nell’aria fredda della sera invernale, a tratti persino già dimenticato.
Portò una mano tra i capelli freddi, sfregandoli appena per togliere la sensazione di pesantezza dell’umidità che si era pian piano trasformata in qualcosa più solido e tirò fuori il suo miglior sorriso, sornione come sempre.
« Hai proprio voglia di perdere, eh? »
Quando, ai tempi delle medie, Kagami era tornato in Giappone, quello che si era trovato davanti era un muro.
Un muro pesante, solido, che differenziava le persone come lui ed i normali giocatori di basket. La sua voglia di continuare ad allenarsi, diventare più forte,  trovare avversari imbattili, sembravano separarlo da quello che era il limite giapponese, il divertimento che chissà per quale ragione revocava l’impegno.
In qualche modo con il passare del tempo si era arreso a questa evidenza, finendo con il perdere la speranza e vivere passivamente ogni giorno, ogni partita, ogni allenamento, pensando solamente a sé stesso ed alla palla, facendone il fulcro del proprio mondo.
Si era affidato a quello, sino a che non aveva iniziato le superiori.
Fino a che non sentì parlare per la prima volta la generazione dei miracoli.
Fino a che non si ritrovò davanti Aomine Daiki.

La prima volta che lo aveva incontrato, la sensazione era stata sgradevole. Aveva sentito l’irritazione passargli attraverso la spina dorsale, mentre con il suo caratteraccio l’altro pretendeva di essergli superiore a parole tanto quanto nelle azioni.
Quella volta, bloccato a terra per la sconfitta, aveva deciso che si sarebbe preso la rivincita, in un modo o nell’altro e che gli avrebbe dimostrato che non era così debole come pensava.
La seconda volta che lo vide sentì distintamente un brivido attraversargli la spina dorsale al suo tocco, l’arroganza che sembrava far parte del suo carattere che continuava ad irritarlo estremamente, ma il desiderio di batterlo palpabile nell’aria.
Quella volta perse, ma oramai sapeva che Daiki aveva acceso quella fiamma che bruciava di rivalità, rivincita e desiderio di mettersi a confronto.
La terza volta, fu la più gratificante. Vinse la partita dimostrando all’altro di essere un gradino più in su rispetto a dove poteva averlo collocato Daiki ma, contrariamente a quanto si poteva pensare, non gli bastò.
Decise di voler ancora confrontarsi con lui, sentì la voglia di giocare bruciargli nelle vene, sino a che la stanchezza non si fosse impossessata di loro inevitabilmente.
Quella volta, Taiga capì che Aomine era diventato qualcosa di più di un semplice membro della Generazione dei Miracoli. Era diventato il varco nel muro.
La quarta volta che si videro fu quasi per caso, per colpa di Tetsuya (ed un po’ sua) che aveva trovato solo una soluzione alla mancanza delle scarpe che gli servivano per quella partita importante. In quell’occasione si ritrovò a giocare un one-on-one contro Aomine, perdendo, ma capendo che dietro quell’arroganza, quella superficialità e quel suo caratteraccio, Daiki amava il basket proprio come lo amava lui.
Quella volta si rese conto che le scarpe che Aomine gli aveva prestato erano qualcosa di più importante di un semplice lascito. Era la dimostrazione che quel ragazzo che Tetsu aveva perso sul campo di basket, ora era tornato.
La quinta volta, probabilmente, fu quella determinante. Non rimembrava esattamente perché erano finiti in quel modo o cosa ce li avesse portati. Ma si ricordava perfettamente il sudore sulla pelle a causa delle ore passate a giocare, il sole che tramontava sul campo da basket dove aveva nuovamente sfidato Aomine per una rivincita che si era rilevata una sconfitta, benché entusiasmante nella sfida. Ricordava il sapore salato delle labbra altrui sulle proprie e di come poco dopo si era scostato con nonchalance, quasi, recuperando il pallone e nascondendo il viso alla sua vista.
« Ti concedo solo un’altra partita, Bakagami. »
Quella volta Taiga aveva perfettamente notato le orecchie rosse di Daiki, sicuramente come le proprie, ma non aveva detto nulla limitandosi a giocare un’altra volta, lasciando che la palla parlasse per lui. Quella, fu anche la prima volta che Aomine si fermò a dormire a casa sua.

Una volta, senza troppe pretese, si era ritrovato a parlare di Daiki ad Alex, quando la ragazza aveva finito per alloggiare a casa sua. All’inizio si era mostrato riluttante, eppure mano a mano che andava avanti aveva finito per diventare come un fiume in piena.
In quell’occasione Alex aveva riso, bloccando così Taiga dal suo discorso.
« Ho detto qualcosa di divertente…? »
A quel punto la donna si era fermata, scuotendo il capo e guardandolo dolcemente. Taiga e Tatsuya erano sempre stati come dei fratellini, o come dei figli, per lei e quindi ritrovarsi partecipe di quel discorso le metteva quasi un po’ di nostalgia, o qualcosa di simile.
« No. Stavo solo pensando che sono felice per te, Taiga. »
« Felice? »
« Tu ami il basket. Ed il basket ama te. Ho sempre pensato che in qualche modo avresti trovato una persona da tenere accanto che rispecchiava questa tua caratteristica ed alla fine, è stato davvero così. »
Kagami non aveva ben capito il discorso nella sua interezza, ma quando aveva cercato di chiedere spiegazioni  Alex aveva semplicemente sorriso sostenendo che sarebbe tornata in America, perché le mancava la propria famiglia.
Alla fine aveva lasciato perdere e, a distanza di tanto tempo, aveva cominciato ad attribuire un significato a quelle parole.

« Oi, che stai leggendo? »
La voce di Aomine lo interruppe, mentre lentamente chiudeva il libro che stava sfogliando, mettendolo da parte. Non che non volesse farlo vedere all’altro, ma si sentiva quasi in dovere di tenerlo per sé, semplicemente.
« Alla fin fine, credo che ci saremmo incontrati. »
« Uh? »
Taiga sorrise, perché mantenendo quel segreto si sentiva quasi un passo avanti ad Aomine e lo guardò divertito mentre si accingeva ad andare in cucina.
« Per stasera ti va bene l’Udon? »
Aomine aggrottò le sopracciglia, aprendo la bocca per chiedere del libro ma sospirò, sapendo che Kagami sapeva essere cocciuto volendo.
« Ah-ah. Ma poi voglio il dolce. »
« Ahomine, ricorda che non sei in casa tua! »
« E ricorda che sei tu che domani mi farai sgobbare perché sei basketdipendente! »
« Come se ti dispiacesse! »
« Beh- Lo faccio perché per lo più posso scroccarti la cena! »
Kagami sbuffò, guardandolo male e chiedendosi se a volte non fosse fuori di testa per davvero, per aver cominciato quella relazione con lui. Non gli rispose, ignorandolo e sparendo dietro il bancone della cucina, lasciando Aomine dalla parte del salotto, da solo.
Daiki si buttò sul divano, un po’ scocciato ed un po’ con le proprie libertà, prima di adocchiare il libro che prima Kagami stringeva tra le mani, tirandolo piano piano fuori, senza farsi beccare ed aprendolo dove una pagina era leggermente ripiegata nell’angolo, leggendone il contenuto.
 
Soul Mates

I don’t know how it is you are so familiar to me- or why it feels less like  I am getting to know you and more as though I am remembering who you are.
How every smile, every whisper brings me close to the impossible conclusion that I have known you before, I have loved you before- in another time, a different place- some other existence.

 « Oi, Aomine. Se… Se fossi andato in un’altra scuola, se non fossi mai tornato in Giappone o se avessi gettato la spugna. Credi che ci saremmo incontrati? »
Improvvisamente quella frase gli tornò in mente e, mentre un leggero sorriso affiorava sulle sue labbra sfociando poi in una leggera risatina, si alzò, guardando un po’ soddisfatto ed un po’ imbarazzato l’altro alle prese con i fornelli.
« Bakagami, non ti facevo così romantico. »
A quelle parole Taiga si voltò confuso, notando solo poi il libro tra le mani altrui, arrossendo quasi come la tinta dei suoi capelli.
« TU---- Brutto- »
Ma non finì quella frase, perché Aomine si sporse dal bancone velocemente, facendo incontrare le loro labbra per un attimo, guardandolo negli occhi quello dopo.
« Sei proprio un angelo, eh? »
Kagami non rispose inizialmente, finendo soltanto per allontanarlo da lì, con uno sguardo malevolo.
« Taci, Ahomine! »
Decisamente, era difficile averla vinta contro Daiki.
  
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