Note:
Ci
sono riferimenti specifici alle prime otto serie di Stargate SG1.
USAF è la sigla della Air Force statunitense, corrispondente
alla nostra aeronautica militare.
Disclaimer:
Stargate
SG1 è di proprietà di MGM, World Gekko Corporation e
Double Secret Productions. I personaggi originali e la trama sono di
proprietà dell'autore. Questa storia è stata scritta
senza scopo di lucro.
Notti
di ricordi
Era
notte fonda e come d'abitudine non riusciva a dormire. Aveva sempre
sofferto d'insonnia e l'età aveva peggiorato la situazione. Un
tempo aveva avuto una casa con una piattaforma sul tetto, dove
trascorreva le notti insonni a scrutare il cielo con il cannocchiale.
Adesso doveva accontentarsi di guardare fuori dalla
finestra mentre rimaneva disteso sul letto a pensare e ricordare.
Nemmeno questo era facile però. La memoria lo tradiva sempre
più frequentemente e doveva ricorrere a piccoli trucchi per
preservare i ricordi veramente importanti della sua vita il più
a lungo possibile. Tra i tanti che aveva sperimentato quello che
trovava più stimolante era scegliere un colore e cercare di
ricordare tutto quello che rievocava nella sua mente. Quella notte il
primo colore che gli venne in mente fu l'azzurro. Non che fosse
strano, azzurro era il colore dei suoi ricordi più importanti.
Azzurri
erano gli occhi di sua moglie Sara. Sbiadito era il cielo sopra al
deserto in cui aveva creduto di morire quando era fuggito dalla
prigionia in Iraq. Di una tonalità sfumata era il fiocco
appeso alla porta quando, seppure dato per disperso, era riuscito a
tornare a casa e aveva trovato una culla accanto al letto
matrimoniale e aveva visto per la prima volta suo figlio. Opaco e
scolorito era l'azzurro della tenda di plastica dietro alla quale si
era spenta la vita di Charlie poco più di dieci anni dopo.
L'antico cerchio di pietra, che aveva attraversato la prima volta con
la morte nel cuore e che gli aveva ridato la vita, attivo sembrava
una pozza d'acqua di un azzurro intenso, increspata come da piccole
onde. Chiaro e trasparente era il colore degli occhi del giovane
archeologo che lo aveva dapprima infastidito e che in seguito era
diventato il suo migliore amico. Luminosi e vibranti di entusiasmo
erano gli occhi di Samantha Carter la prima volta che l'aveva vista.
Avrebbe potuto passare un'intera notte, o forse anche molte di
seguito, a ricordare le diverse tonalità di quegli occhi in
base all'emozione della sua proprietaria: chiari e gioiosi, scuri e
tempestosi, offuscati dalle lacrime. Lui le aveva viste tutte le
sfumature possibili, tranne una. Era stato tentato, soprattutto
quando si era reso conto che la giovane donna nutriva per lui più
di una semplice ammirazione. Ma Carter era brillante, coraggiosa, una
scienziata e una guerriera allo stesso tempo. Non avrebbe mai fatto
nulla per mettere a rischio la sua carriera. I suoi pensieri stavano
cominciando a divagare. Non poteva permetterselo perché quando
avveniva i ricordi si sovrapponevano e disperdevano. Era all'azzurro
che doveva pensare. Come il colore del cristallo alieno che aveva
preso le sue sembianze e gli aveva donato parole di conforto che lo
avevano aiutato a ricordare suo figlio senza che la colpa per quanto
era avvenuto lo schiacciasse come un macigno. Anche la Terra vista
dallo spazio sembrava azzurra. L'avevano salvata troppe volte perché
lui se le ricordasse, era sempre stato Teal'c quello che
orgogliosamente teneva il conto. Azzurri e semitrasparenti cubetti di
gelatina erano il dessert preferito di Carter. Strati di diverse
tonalità di azzurro componevano le vesti di Daniel quando lo
avevano ritrovato privo di memoria.
E
di uno splendido azzurro intenso era la stoffa dell'abito che aveva
oltraggiato il soldato che era in Sam mentre il resto della squadra
la guardava con gli occhi pronti a schizzare dalle orbite. Dopo così
tanti anni poteva ammettere che era stato ridicolo da parte loro. Era
bellissima anche in divisa da lavoro ma a quei tempi era solo un
giovane capitano che voleva riconoscimenti per il proprio lavoro non
per la propria femminilità. Anche
i riflessi del ghiaccio polare erano azzurri. Non erano ricordi
particolarmente piacevoli quelli che associava al ghiaccio. C'era
stata quella prima volta in cui, per un malfunzionamento, lui e
Carter erano stati scagliati attraverso il secondo Stargate della
Terra e quella in cui il ritrovamento del corpo congelato di una
donna aveva dato il via alla catena di eventi che lo aveva portato a
finire prigioniero di Baal. Infine c'era stato l'avamposto degli
antichi, la lotta contro Anubis e la camera di stasi in cui era
rimasto congelato per due o tre mesi. Ma non ricordava quasi nulla di
quell'occasione. Tranne Sam, con indosso una giacca azzurra di
jeans, che aveva bussato alla sua porta con l'intenzione di
parlargli. Senza l'arrivo di Daniel e Teal'c non sapeva come avrebbe
potuto impedirle di dire cose che dovevano restare non dette.
Sospirò. Finiva sempre con il ricordare lei più di
tutto il resto, ne era consapevole, ma andava bene anche così,
l'importante era non smettere di esercitare la memoria.
Azzurro era anche il
colore del mare. Come quello che circondava Atlantis. L'ultima volta
che aveva visto Sam prima di dimettersi definitivamente dall'USAF era
stato in quella città, lontana anni luce dalla Terra. Erano
rimasti a lungo sulla terrazza, lei a guardare il maestoso paesaggio
dinnanzi a loro, lui a memorizzare il suo profilo, la serenità
che finalmente era tornata sul suo volto da quando, poco più
di due anni prima, era morto suo padre. Era stato allora che aveva
avuto la certezza di aver fatto la cosa giusta quando aveva accettato
di trasferirsi a Washington lasciandola definitivamente libera di
intraprendere una nuova luminosa strada. Guardò fuori dalla
finestra. Stava albeggiando, per quella notte aveva ricordato
abbastanza, chiuse gli occhi e sperò di addormentarsi per un
po'.
Fine
Robin,
7
aprile 2008
Note finali: colgo
l'occasione per ringraziare quanti hanno letto ed apprezzato la mia
precedente storia dedicata a questo fandom.
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