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Autore: mrxanne    08/11/2013    30 recensioni
Immaginate un mondo in cui essere omosessuali sia normale ed essere eteri sia sbagliato.
Immaginate un amore che deve essere nascosto agli occhi degli altri.
Immaginate Justin, Edith e il loro piccolo segreto.
[..] Dal secondo capitolo.
“Grazie.” Lo ringraziai alzando lo sguardo e notai chi mi stesse fissando. I suoi occhi chiari alla luce della luna. “Sei bellissimo.” Mi uscì dalla bocca non volendo, troppo assonnata perché me ne resi conto.
“Anche tu sei bellissima nanetta.” Sentii le sue labbra posarsi sulla mia fronte.
“E’ tutto così sbagliato però.” Dissi accoccolandomi di più.
“Lo so.” E giuro di averlo sentito sospirare, o se non altro me lo sarò immaginata. Infine mi addormentai sul serio, non c’era posto migliore che finire tra le sue braccia. [...]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo.



Corro. Corro più veloce che posso. Le lacrime mi scendono imperterrite lungo le guance fino al collo. Gli occhi mi bruciano. Rossi e gonfi come non mai. Il mio respiro è corto e affannato. Non riesco a fermarmi nonostante le gambe siano pesanti e i polpacci mi stiano uccidendo.

Lo odio. Lo odio. Lo odio. Mi ripeto a me stessa, cercando di convincermi, ma lo amo.

“Ti amo nell’alto, nel vasto, nel profondo cui l’anima si tende…”

Quelle parole, le poesie che mi recitava ogni qualvolta non credessi a tutto ciò che ci stava succedendo, erano tutte balle.

“Ti amo nel più modesto uso quotidiano…”

Mi ripeto quelle parole che ero solita ascoltare da lui. Immaginandomi come mi accarezzava i capelli, il viso, le guance. Ma era tutto una finzione, no… No. Non è così. È impossibile. Lui mi ama. Io lo amo.

“Non ti amo, non l’ho mai fatto.”

Le sue parole di cinque minuti fa, mi arrivano come uno schiaffo facendomi ritornare alla realtà.

Perché sono così stupida? Perché sono così testarda? Perché è tutto così sbagliato? Perché la società fa schifo? Perché a me? Perché non posso essere felice?

Non me ne rendo conto e sono a terra inginocchiata, cercando di riprendere fiato. Le gambe sono d’acciaio e nell’aria si sentono solo i miei singhiozzi. Le strade sono deserte dato che sono le mezzanotte passate e il vento fresco di settembre mi fa accapponare la pelle. Vorrei solo distendermi e dormire. Forse mi ritroverò a casa, sul mio letto e tutto questo è solo un incubo. Nella realtà Justin mi ama, anche se andiamo contro le regole. Anche se siamo sbagliati. Anche se non ci accetterebbero mai. Perché siamo malati. E io sono solo un’egoista che non vuole aprire gli occhi e rendersi conto che tutto questo è finito. Non c’è più. Il per sempre se n’è andato a puttane.

Perché essere eteri non è normale.




Capitolo uno.



"Quanta acidità nanetta".




Mi sta fissando. Giuro che mi sta fissando e non sono paranoica. Mi mette ansia però, non capisco che ha da guardare. Cerco di specchiarmi nello schermo del mio cellulare e mi sorprende notare che non sia sporca oppure in disordine. Tutto questo mi dà i brividi.

Mi giro dalla parte opposta così da evitarlo, ma niente. Sento il suo sguardo bruciarmi sulla nuca, trafiggendomi, oltrepassandomi come se fossi trasparente. Mi muovo costantemente sulla panchina alla ricerca di una posizione comoda, tentativo inutile tuttavia. Se solo questi assi di ferro verdi non fossero così scomodi!

“Edith!” Mi sentii chiamare all’improvviso. Alzai lo sguardo e notai mio fratello maggiore Alex venirmi incontro.

È meglio precisare un dettaglio. Alex ed io siamo imparentati solo da parte di nostra madre, particolare scontato se vieni da una famiglia di donne. Se dall’altro canto vieni da una famiglia di uomini, sei imparentato con tuo fratello o sorella da tuo padre, oppure siete adottati entrambi. È difficile da spiegare, ma questo è quello che ci hanno sempre insegnato sin da bambini. Nelle famiglie di donne è obbligatorio, se vuoi avere un figlio, l’inseminazione artificiale. In quella di uomini, puoi scegliere tra mettere incinta una donna che fa quel ‘lavoro’ – ci sono anche le volontarie comunque – oppure adottare. Se invece vieni da una famiglia etero, sei sbagliato come i tuoi genitori.

Una volta alle elementari Summer Davies chiese alla maestra di religione perché non potevano stare insieme un uomo e una donna, così era più semplice – ci avevano spiegato con parole infantili il modo in cui ci si procreava – ma suor Katerina non le rispose e la mise in castigo; facendola inginocchiare sui ceci “Punizione antica ma efficace”si ripetevano sempre tra di loro le suore. Inoltre chiamarono pure i suoi genitori e sentii dire in giro che le avevano fatto una bella sgridata, infatti dopo quell’episodio non ne parlò più.

Come da legge (art. 1a del “Istruzione dei propri figli”) le ragazze dovevano frequentare un istituto femminile e i ragazzi uno maschile, così da non mischiare i generi differenti ed evitare qualsiasi rapporto non consentito – ovvero relazioni tra eteri. Certo era possibile avere parenti, amici del sesso opposto ma non di più. Nei miei diciassette anni, quasi diciotto per precisare, ho sempre frequentato l’istituto cattolico, con regole abbastanza rigide. Sono cresciuta seguendole tutte, infatti provo solo indifferenza per il sesso maschile. Sono normale, beh questo è quello che pensavo prima di conoscerlo. Ma andiamo per gradi.

Mi alzai da quella scomoda panchina e abbracciai mio fratello. Ogni tanto qualche abbraccio si poteva dare, soprattutto se non vedi tuo fratello da circa sei mesi per via del college.

“Mamma Grace – chiamavamo le nostre mamme anche per nome così da non confonderci – mi ha detto che ti avrei trovato qui.” Disse sciogliendo l’abbraccio.

“Da quanto sei arrivato?” Gli chiesi riponendo il libro che tenevo in mano nella borsa. Tanto ormai la mia lettura era stata interrotta già da quegli sguardi insistenti che sentivo ancora addosso, non osai nemmeno voltarmi per controllare, tanto mi metteva in soggezione.

“Mezz’ora fa. Comunque, ti voglio far conoscere una persona.” Mi mise il braccio attorno alle spalle, tutti qui sapevano che era mio fratello perciò non ci avrebbero guardato male, e mi condusse nella parte ovest del parco.

Ed eccolo lì.

Mi lasciò, andò verso il ragazzo e lo baciò, semplicemente a stampo e le loro mani s’intrecciarono. Il ragazzo mi sorrideva o sorrideva a mio fratello? Ma ero certa che mi fissava, come per tutto il tempo questo pomeriggio.

“Edith, questo è il mio ragazzo Justin.” Sentii qualcosa che mi strinse il petto a quelle parole. “Justin questa è la mia sorellina Edith.” Fece un cenno con la testa. Il ragazzo mi porse la mano e quando vide che ero immobile e assente, la ritrasse e il suo sorriso svanì.

“P-Piacere.” Riuscii a dire alla fine. Le sue labbra si curvarono all’insù di nuovo.

“Piacere mio.” Disse non smettendo di guardarmi negli occhi ed io nei suoi.

L’atmosfera si fece un tantino imbarazzante e credo che Alex lo avesse capito così riprese a parlare. Facendomi parlare per tutto il tempo. Chiedendomi come fosse andata la scuola in questi mesi, che cosa avessi fatto a Pasqua, come stessero le nostre mamme e se avessi trovato una ragazza. A quella domanda mi bloccai, non sapendo che rispondere. Non ne avevo mai avuto una. Non ci avevo mai pensato, si c’erano alcune ragazze che mi stavano carine e mi piacevano caratterialmente, ma non le consideravo più di un’amica.

“Che mi dici di Caroline Lewis? E’ carina e so che ti è stata dietro per tanto tempo, dalle una possibilità.” Eh no, la biondo platino della scuola proprio no. È vero che è bella, ma è troppo oca per me, senza offesa. È simpatica e quant’altro ma non mi attira. In verità nessuna ragazza mi ha mai attirato. Qualche bacio o pomiciata è scappato fuori con loro, ma solo perché giocavamo al gioco della bottiglia, niente di più.

“Non credo Alex …” Dissi titubante. “Credo che aspetterò quella giusta, non mettermi fretta dai.” Scherzai dandogli una gomitata sul braccio.

“Va bene sorellina, ma quando avrai una ragazza, devo essere il primo a saperlo. Così potrò interrogarla e sapere quali sono le sue intenzioni su di te.” Disse con tono minaccioso e non potei altro che ridere, si unì lui e il suo ragazzo.

È bellissimo quando ride.

Scacciai immediatamente quel pensiero su di lui, non potevo. Non dovevo. Era il ragazzo di mio fratello ed era un maschio! Mi limitai a ignorarlo e a concentrarmi su mio fratello.

“Ok ragazzi, credo che vogliate stare un po’ da soli. Perciò vi lascio.” Feci per alzarmi e sistemarmi la borsa sulla spalla. “Ci vediamo stasera, ciao.” Con questo me ne andai a passo veloce verso casa.

Arrivata, notai che erano solo le cinque passate del pomeriggio e non c’era nessuno a casa. Buttai la mia borsa sopra il letto e andai nel mio bagno. Mi levai la maglietta, i pantaloncini e le converse restando in intimo. Mi levai anche questo e mi misi sotto la doccia. L’acqua tiepida mi bagnava tutta, alzai la testa per rinfrescarmi meglio. Rinfrescare la mente, mettendo i miei pensieri in ordine. Non mi piaceva essere confusa, non lo ero certo, ma c’era qualcosa che voleva uscire da me e non potevo permetterlo. Doveva restare lì.


***




“Come mai c’è un piatto in più?” Chiesi a mamma Grace mentre finivo di mettere le posate a tavola, lei era intenta invece a sistemare i bicchieri. Sistemò il centro tavola per l’ennesima volta e parlò senza guardarmi.

“Viene il ragazzo di tuo fratello a cena tesoro.” Quasi lasciai la forchetta cadere, perché mi doveva mettere agitazione quel ragazzo? Mi ricomposi e prima che potessi dire qualcosa, suonò il campanello.

“Edith vai tu.” Mi ordinò mamma Lara. “Tuo fratello credo che stia finendo di fare la doccia e noi siamo occupate.” A passi lenti e decisi mi avviai per il portone, cercando di non tremare. Che stupida, mi dissi mentalmente. Aprii la porta e lo trovai in piedi sulla soglia a sorridermi.

“Buonasera.” Mi salutò con un cenno di capo e ricambiai, feci un po’ di spazio e lo lasciai entrare. Salutò con un bacio sulla guancia i miei genitori e si presentò. Mentre aspettavamo mio fratello, ci mettemmo tutti e quattro seduti sul divano, io più lontano possibile da lui.

“Allora Justin, chi sono i tuoi genitori?” Chiese mamma Lara, aggiustandosi il cardigan che si era levato per cucinare. Guardai per una frazione di secondo Justin e lo notai fissarmi. Forse è solo paranoia.

“Sono Jeremy e Leonard Bieber, signore.” Disse cordialmente. I miei genitori annuirono, capendo subito chi fossero, tranne me. Cioè conoscevo solamente quelli del quartiere, a differenza di loro che conoscevano gran parte della città.

“Oh dacci del tu, caro.” Dissero all’unisono e il biondino annuì soltanto.

Poco tempo dopo, Alex scese e si scusò per il ritardo e andammo a cena. Per mala sorte mi capitò il posto di fronte al biondino, alla sua destra c’era mio fratello, opposto a mia madre Grace e a capotavola, c’era mamma Lara.

Per tutto il tempo non fiatai, mi limitai ad ascoltare assente e annuire di tanto in tanto. La conversazione era più che altro concentrata su mio fratello e il suo ragazzo, fatto comprensibile e non mi dispiacque starmene zitta. Sono sicura che sarei andata nel pallone dato tutto il mio nervosismo. Ogni tanto alzavo lo sguardo e trovavo il biondino fissare i miei genitori o Alex o il suo piatto, mai me, ma sentivo che mi stesse guardando. Sei solo paranoica. Sentii la mia stessa voce risuonare per la mia testa. Era vero però. Paranoica. Paranoica. Paranoica. Oppure stavo andando di matto.

“Scusate, dov’è il bagno?” Il biondino chiese mentre ci alzavamo tutti dal tavolo.

“Terza porta sulla destra, piano di sopra.” Gli spiegò mia madre Grace. “Edith, puoi accompagnarlo?” Mi domandò poi, mentre prendeva anche il mio piatto. “Non mi fido di Alex, sai com’è.” Disse soffocando una risata.

“Mamma!” Gridò Alex imbarazzato, cominciando a diventare tutto rosso. Ma che gli serviva pure il navigatore satellitare per trovare una dannata porta da questo qui? Non replicai e senza spicciare parola gli feci strada.

“Credo che la strada del ritorno te la ricordi, oppure se ti perderai, non sarà affare mio.” Dissi fredda e mi voltai per liquidarlo, ma appoggiò una sua mano sulla mia spalla. Non vi dico che cosa sentii.

“Mi odi?” Mi chiese inclinando di poco la testa. Mi girai e scossi il capo.

“Perché lo pensi?” Domandai confusa, incrociando le braccia.

“Non so, mi eviti, mi guardi male, non mi parli. Dimmi tu.” Rispose alzando il sopracciglio.

“Non è vero.” Ribattei facendo una smorfia.

“Quanta acidità nanetta.” Disse prendendomi in giro.

“Non chiamarmi nanetta! Per la cronaca, smettila di fissarmi. Lo so che lo fai.” Dissi assottigliando gli occhi, per tutta risposta s’irrigidii, ma poco tempo dopo ecco riaffiorare il suo ghigno.

“Nanetta io non ti fisso, forse sei tu che fissi me. Con tutta questa bellezza farei diventare tutte le ragazze etero.” Disse facendomi l’occhiolino. “Mi dispiace però, sono impegnato e sono omosessuale a vita.” Con questo entrò in bagno e si chiuse la porta. Lasciandomi a bocca aperta e più nervosa che mai.

Io non lo fisso. Non ho notato come s’inumidisce le labbra prima di rispondere, come i suoi occhi diventano più chiari alla luce, come piega il sopracciglio mentre si concentra, come si sistema i suoi capel – sono fottuta.



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Note autrice:
Precedentemente questi due capitoli erano in un altro account, ma li ho dovuti spostare qui. Avviserò per messaggio le persone che seguivano già questa storia, così possono ritrovarla e continuarla a leggere.
Ripeto alcune cose: Il tema della storia mi è venuto in mente guardando un video su youtube e leggendo un libro che mi è piaciuto molto. Premetto che non pubblicherò ogni giorno, massimo una volta alla settimana se ce la faccio. Inoltre, anche se mi piace il tema della storia e cose varie, scrivere richiede tempo, concentrazione e qualche visione d'immaginazione (?) perciò sarebbe inutile continuare la storia se non interessa a nessuno.
Perciò se vi piacerebbe sapere come continua: recensite.
Niente recensioni, niente capitolo
Alla prossima settimana :)
  
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