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Autore: HinataMadd    08/11/2013    6 recensioni
Una luce che più non illumina, un sole che non brilla più come dovrebbe. Qualcosa manca, in una normale classe di studenti della medie. Ma cosa? COSA? Seguendo le brillanti quanto ironiche e senza senso riflessioni di una ragazza un po' speciale, si arriverà a scoprire quello che davvero manca. E niente sarà più come prima. O si?
(Vi avverto: questa one- shot è ispirata ad un evento nella mia long. Buona lettura!)
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kotori /Tori, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUALCOSA MANCA…


Allora, vi avverto: non so da dove mi sia uscita questa cosa! Vi giuro che è stata tutta opera della noia! Stavo pensando a quello da scrivere nella mia fanfiction e ad un certo punto mi dico: “Va bene. Yuma è scomparso nel Mondo Bariano. Gli amici piangono e via dicendo… ma cosa pensa, ad esempio, un compagno di classe di Yuma? Una di quelle persone con cui il nostro protagonista non ha mai stretto particolari legami, una persona che nell’anime compare solo come sfondo… Cosa potrà mai pensare della scomparsa del ragazzo con gli occhi cremisi?”. Ecco. Questo dovrebbe già farvi capire quanto io sia un po’ folle… comunque, spero che vi piaccia!
(in qualche modo… -.-“)
Ps= Qui Tori ha appena visto Yuma rapito dai bariani. Per chi volesse saperne di più, leggete la mia long “Il segreto dei cinque mondi”.
 
 
Ecco. Sono arrivata. E cosa vedo…?
L’abituale folla di ragazzi che devono entrare nel manicomio che tutti chiamano “scuola”. Non fraintendetemi ora! Anche io ci vado, come tutti. Ma solo perché fai una cosa, non vuol dire che questa ti piaccia.
Si, si… lo so cosa state pensando: “Wow, questa ragazza è davvero saggia! Di certo proviene da una famiglia ricca, sarà istruita, educata…” e via dicendo.
Bè, spiacente, ma niente di tutto questo è vero. Non sono ricca. Anzi, io faccio parte di una delle famiglie più povere di tutta Heartland. Siamo noi, i Taskuten, che devono andare non due, ma tre volte dall’APH (Associazione Poveri Heartland) e implorare di darci qualcosa in più rispetto a quello che ci dovrebbero dare normalmente.
Siamo noi che indossiamo sempre gli stessi vestiti per minimo cinque giorni, perché ne abbiamo solo due o tre. E siamo sempre noi che dobbiamo andare a chiedere qualcosa hai semafori, oppure cercare ogni lavoro possibile. Perché continuo con questo “noi”?
Nella mia famiglia siamo in otto, compresi mia madre e mio padre.
Ironico vero?
Sto qui a parlare con voi della mia misera vita “familiare” mentre la campanella suona. Mi dirigo verso la mia classe, cercando di non far vedere il buco enorme che si apre nella parte inferiore della mia maglietta. Purtroppo oggi la maglietta buona è toccata a mia sorella. Appena varco la soglia della classe, mi siedo al mio posto.
Credo ormai abbiate capito che tipo di persona sono, quindi potrete ben immaginare il luogo preciso in cui io “risiedo” durante le ore di lezione. Sì, bravi. L’ultimo banco della fila più lontana dalla finestra. Bravi, devo dire che siete molto perspicaci, davvero! Comunque, mi siedo e comincio a tirare fuori la mia roba. Una volta finito, mi guardo intorno. Lo faccio ogni mattina e non so nemmeno perché.
Probabilmente voglio godermi i pochi attimi di serenità che rimangono prima che in classe entri quella furia scatenata di… com’è che si chiama? Non so se lo conoscete e se lo avete visto (più probabilmente sentito, visto il rumore che fa…).
Ah ecco, ora ricordo! Sì, Yuma Tsukumo!
Yuma sta in classe con me, precisamente il banco due file avanti al mio. Arriva sempre in ritardo e ogni volta tutti scoppiano a ridere. Pure io, anche se la maggior parte delle volte rido perché mi fa pena e non perché è divertente. Non cominciate a giudicarmi e a dire: “Ma guarda un po’ che antipatica questa ragazzina! Me ne vado immediatamente, stupida mocciosa del cavolo!”.
Prima di andarvene e di mandarmi a quel paese, lasciatemi almeno spiegare PERCHE’ sono così dura e non solo con lui, ma con tutti.
Allora, mi dite perché c’è gente che sta bene, che arriva sempre con il sorriso, che non ha niente di cui preoccuparsi,  che non deve temere che suo padre torni a casa ubriaco ogni sera e che ha abbastanza soldi per andare a  cena fuori ogni tanto? Mi volete spiegare perché c’è gente così stupida da ridere sempre, ma sempre sempre?
Bè? Che c’è, non dite nulla ora? Non sopporto le persone che si comportano come se il mondo fosse tutto rose e fiori, come se i problemi non esistessero. No, cari miei! I problemi esistono e io li vivo tutti, dal primo all’ultimo! Non sopporto molto Yuma Tsukumo perché mi sembra da cretini parlare di “amici” ed “energia” quando stai bene ed infischiartene di tutto il resto ecco! Per di più chiama  l’energia anche in modo strano… kattebong-ore o una cosa simile…
Entra il professore e cominciamo la lezione. Vedo i miei compagni in attesa di Yuma, lo vedo dai loro sguardi già divertiti e dalle loro labbra già pronte a tendersi in una grande risata.
Io rimango impassibile, cercando di concentrarmi sulla lezione appena iniziata, ma una piccola parte di me non può evitare di essere in attesa insieme gli altri. In qualche modo, fa bene a tutti incominciare la giornata con una risata. I minuti passano, ma di Yuma non si sentono nemmeno le urla disperate dal cortile. Tutti si guardano, sorpresi.
Yuma non aveva mai fatto così tardi e non era mai mancato dall’inizio dell’anno. Anche il professore è preoccupato, lo si vede dal modo quasi ossessivo con cui tiene d’occhio la porta.
Alla fine a rompere quella tensione è Iumo, un ragazzo in prima fila con cui non ho mai parlato e di cui mi ricordo a malapena il nome, che alza la mano e chiede –Scusi professore, ma sa il motivo dell’assenza di Yuma?-.
Sento il professore rispondere incerto.
–No, non ne so niente Iumo. Probabilmente non starà molto bene e in questo caso ha fatto la scelta giusta di non venire oggi. In fondo mi manca un po’ vederlo arrivare trafelato dal corridoio a voi no?-.
Quella domanda lascia tutti di stucco, me compresa. La sorpresa però scompare in fretta, perché sento tutti affermare affranti che sì, in effetti manca la presenza di Yuma Tsukumo.
Irritata, mi concentro sull’esercizio assegnatoci dal prof, eppure una parte di me è preoccupata e triste insieme agli altri. Perché non era venuto? Che gli fosse successo qualcosa?
Okkei, basta ora tirami sguardi carichi di sottintesi. “Ma non era lei quella che diceva di odiarlo, Yuma?? E ora è preoccupata per lui, che ipocrita!” penserete.
E io sapete che vi dico? Sì. Sì, sono un’ipocrita che mente a se stessa e agli altri. Nonostante non lo voglia accettare, mi manca la presenza di Yuma Tsukumo, così come manca a tutta la classe. Alzo un attimo la testa dal mio libro di testo ed è allora che la vedo. La ragazza che sta sempre vicina di banco a Yuma, quella con i capelli verdi che sorride sempre…
Tori. Anche lei è triste, ma in modo più definitivo degli altri, quasi come se fosse spenta, grigia. Senza energia, senza luce.
Sola.
E io non capisco perché. “Bè dai, su, chiedile informazioni su Yuma se tanto ti interessa! Quanto sei complicata!”.
Va bene, va bene, ma piantatela di farmi sempre da grillo parlante! Sento la campanella della fine delle lezioni suonare (quanto è passata in fretta questa giornata!) e subito mi dirigo verso il banco di Tori, con un groppo in gola.
Ehy, basta ridere voi! Sono un tipo piuttosto timido, sapete!
–Ehm… Tori, giusto?-.
La vedo alzare lo sguardo e guardarmi con tristezza mista a curiosità. Forse non vuole scocciatori come me.
Avanti su!”.

Va bene, va bene!
–Sì sono io. Tu sei Nakima?-.
–Sì sono io- rispondo, nervosa.
–Senti… tu sei una sua grande amica, o almeno credo ecco. Questa mattina non l’ho visto e di solito si sente sempre lui e bè… cioè…-. “DAI!”. –Tu sai che fine ha fatto Yuma Tsukumo?-.
Vedo il suo sguardo trasformarsi, diventando quasi implorante, disperato.
–Dov’è… che fine ha fatto…Yuma, dici?-.
E’ distante, la sento. Sta pensando a lui.
Gli occhi le si fanno lucidi e io mi sento in imbarazzo come mai in vita mia, nemmeno quando devo chiedere qualcosa ai semafori e vedo tutta la gente guardarmi con pietà. Mi liscio la maglietta, irrequieta.
–Ecco… sì. Quando lo vedo ogni mattina mi fa sempre in qualche modo sorridere e così… mi sono chiesta dove…-.
E’ un attimo.
Le lacrime le rigano le guance e mi salta al collo, letteralmente.
–Non lo so dov’è! E’ sparito, l’ho lasciato solo e forse non lo vedrò mai più!- piange, disperata.
Rimango immobile, non muovo un muscolo. Non c’è più nessuno nella classe, siamo sole.
“Abbracciala, non fare la maleducata!”.
Mi state dando sui nervi, con le vostre stupide frasi!
Piano, le metto le mie braccia intorno alle spalle e un secondo dopo siamo abbracciate, l’una contro l’altra. Quindi è questo quello che Yuma lascia nelle persone?
E’ così importante averlo come amico che le persone ne sentono la mancanza perfino dopo solo qualche ora?
Però c’è qualcos’altro sotto la reazione di Tori, qualcosa di più grave. Così mi limito ad abbracciarla, ma lei non si calma e il suo corpo continua ad essere scosso dai singhiozzi.
–Non lo vedrò mai più, mai più!-.
Basta.
Ho deciso.
No, no, state zitti voi!
Questa volta il salto lo voglio fare da sola!
Io non ho mai avuto nessuno a consolarmi quando ne avevo bisogno e probabilmente non ne avrò mai, visto che ormai ho imparato a mascherare i miei sentimenti. Ma non voglio che anche Tori diventi così. Io posso aiutarla ed è proprio quello che voglio fare!
Così le dico, stringendola forte –Se dici così non lo rivedrai davvero più. Non puoi mollare in questo modo, lui non vorrebbe-.
La sento sciogliersi dall’abbraccio e un attimo dopo vedo i sui occhi castani puntati nei miei.
Continuo, imperterrita.
–Non ci ho mai parlato, lui non sa nemmeno come mi chiamo, ma io so come si chiama lui. Lui è Yuma Tsukumo, il ragazzo più conosciuto della scuola a causa dei suoi ritardi clamorosi, dei suoi duelli catastrofici e deludenti, della sua immancabile energia.  Io lo vedo tutte le mattine arrivare a scuola trafelato, con le mani sulla pancia e l’espressione stravolta dalla fatica, ma sempre con il sorriso.
Sai, io non sono una persona che sorride molto. Anzi, io non sorrido quasi mai. Ma da quando mi hanno trasferita in questa classe, Yuma mi ha ridato quel sorriso che non ho mai avuto e che mi terrò per tutta la vita.
Quindi, non disperarti e vai avanti.
Come faccio io tutti i giorni, come hai sempre fatto, come fa lui!
Vai avanti Tori e vedrai che vi rivedrete, qualunque cosa gli sia successa, lui tornerà perché non si arrende mai! Questo lo so!-.
Mi fermo, il petto che si alza e si abbassa velocemente a causa del fiatone.
Tori mi fissa, esterrefatta. E’ rimasta senza parole.
E se è per questo pure io.
Non ho mai fatto una cosa del genere. Bè? Cosa c’è, state zitti ora?
All’improvviso sobbalzo.
Mi prende la mano e mi dice, con tono sereno –Grazie Nakima. Ti prometto che  come Yuma, nemmeno io mi arrenderò più. Grazie, grazie infinite. Mi hai ricordato chi sono io veramente.
Grazie-.
Giro la testa dall’altra parte, imbarazzata. Nessuno mi ha mai detto una cosa del genere.
“Bè, fai una buona azione e questa ti ritorna!”.
E va bene, questa ve la do vinta. Ma solo questa, sia ben inteso! Tori prende la propria cartella.
Si dirige verso l’uscita di scuola e mi chiede, sorridendo –Vieni?-.
Annuisco e mi dirigo anche io verso la porta.
Yuma Tsukumo.
Un ragazzo all’apparenza normale, ma che in realtà nasconde quanto di più magico possa esistere al mondo.
E mentre insieme a Tori attraverso il cortile della scuola illuminato dai raggi del sole, mi ritrovo a pensare alla frase che diceva sempre.
Uffa, non me la ricordo!
“Kattobingu-da ore!”.
Grazie.
 
  
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