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Autore: LaMicheCoria    11/11/2013    5 recensioni
«Ma guarda cosa ci ha portato la marea.»
Il commento lo colpisce nell’esatto momento in cui Steve è sul punto di colpire la macchinetta perché gli dia l’espresso richiesto –O era un cappuccino? O un caffè macchiato? Latte? Importa davvero cercare la scusante per un semplice pretesto? Perché non è altro che un pretesto, quello, per far rimbombare di suoni il vuoto che lo sta divorando da dentro.

[ Pre-Avengers] [Steve-Tony, Pre-Slash]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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wbki

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
La storia è scritta senza fini di lucro.

 

 

 

 

A MogliaH
E alle mie Massoni ~

 

 

 

 

 

 

 

We Both Knew It

 

 

«Mi parli ancora della voce che dice di aver sentito…»
A Steve il tono dell’uomo non piace. Lo trova fastidioso, accondiscendente alla maniera che si usa coi malati di mente, e come si fa coi malati di mente gli rivolge un sorrisetto saputo, nascosto a metà dai baffi spioventi, un’occhiata saccente da dietro le lenti ovali, cerchiate di corno e filo d’oro. Dovrebbe essere lì per aiutarlo a superare la rabbia, la furia, l’ira collerica che gli fa ribollire il sangue nelle vene e lo porta al punto di non ritorno, a contenere il desiderio implacabile, inconfessabile di tirare un pugno al muro in un canto gorgogliante di calce che esplode, pelle che si lacera, nocche che si disintegrano. Dovrebbe essere lì per calmarlo, ma tutto ciò che l’uomo riesce a fare è renderlo ancora più arrabbiato, ancora più furioso, ancora più irato e collerico.

Dice di aver sentito.
Come se non fosse vero. Come se fosse un’invenzione, una burla. Niente più che un’allucinazione.
Ma no, Steve lo sa, la voce è vera, lui l’ha sentita. Soffice, soffocata, un soffio appena, un’unica parola, eppure gli è penetrata nelle ossa, gli ha dato uno scossone, l’ha scrollato, lo ha convinto ad aprire gli occhi quando il resto del mondo era una gabbia, coltre infrangibile di ghiaccio e buio.
Se non ci fosse stata quella voce, molto probabilmente avrebbe continuato a riposare di un sogno senza sonno, a metà tra presente e passato, punto fisso in equilibrio tra tempo e gelo. Però è arrivaao e i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni gli sono rovinati addosso e Steve ha annaspato, boccheggiato nella marea crescente, montante, senza nulla cui aggrapparsi se non l’impronta di un nome marchiato a fuoco dietro le palpebre, entro l’orbita, nella memoria.
Però nessuno gli crede. Tutti gli sono superiori.
Pare una caratteristica del nuovo millennio, quella di conoscerlo senza averlo mai conosciuto davvero. Sanno ogni cosa di lui, lo osservano e sono convinti di non aver bisogno di parole, né di storie o spiegazioni. Hanno la presunzione di capirlo e capire ciò che ha vissuto, ciò che ha perso, pur non avendo vissuto mai, per non avendo mai perso nulla.
Quando si chiude la porta alle spalle, il gemito dei cardini copre la protesta allibita dello psicologo. Il Capitano lo ignora come ignora la realtà che lo circonda, il corridoio imbastito di metallo e di luci rettangolari agganciate al soffitto, di tubicini filiformi, palpitanti, allungati pigramente sulle pareti a spandere soffusi pigmenti azzurrini all’intorno. C’è chi lo chiama, chi cerca di fermarlo, chi chiede una spiegazione o solo un motivo per rivolgergli la parola, ma Steve scansa, svicola, fugge, e il cassone di lamiere che gli hanno detto essere una Macchinetta del caffè rimbalza alla vista più o meno come un’epifania divina.
Non collabora, però, l’aggeggio infernale, coi suoi pigolii e la richiesta di monete, o forse è lui, il Capitano, a non collaborare affatto con gli altri –Glielo hanno detto in molti,  invitandolo caldamente a non cadere nel baratro della sociopatia. Sociopatia. Che termine altisonante, che definizione a loro dire così azzeccata. Peccato che lui non sia sociopatico, nemmeno è sua intenzione diventarlo: non hanno compreso che le uniche persone con cui vorrebbe tornare a vivere molto probabilmente non vivono più da anni.
«Ma guarda cosa ci ha portato la marea.»
Il commento lo colpisce nell’esatto momento in cui Steve è sul punto di colpire la macchinetta perché gli dia l’espresso richiesto –O era un cappuccino? O un caffè macchiato? Latte? Importa davvero cercare la scusante per un semplice pretesto? Perché non è altro che un pretesto, quello, per far rimbombare di suoni il vuoto che lo sta divorando da dentro.
Il Capitano solleva la testa e per un istante la vista sfoca, rimbalza tra ieri e oggi, ed è un po’ Howard e un po’ un’altra persona, un po’ seppia, un po’ a colori, Anni Quaranta e Ventunesimo Secolo. Ma non è Howard, alla fine lo nota, l’uomo che gli si è avvicinato baldanzoso, un sorriso irriverente di trasverso sulla bocca sogghignante: ha il volto più squadrato, per iniziare, le orecchie più piccole, il taglio degli occhi meno allungato; porta la barba in modo diverso, il pizzetto risale ridacchiando dal mento a circondare gli angoli delle labbra, per poi ricongiungersi alle due ali sottili proprio sotto le narici. Le iridi, però, sono le stesse –Forse quelle dell’uomo sono più maliziose, forse più testarde, forse più…sole-, così come le sopracciglia spigolose, il gusto nel vestire, il taglio ricercato dei capelli e l’indolenza dell’andatura.
«Dubito che un pugno sia il modo più indicato per blandire questa mostruosità, Capitano.» e l’uomo che non è Howard, tlong tlong, picchietta l’indice contro il fianco dell’affare. Un ghigno insolente e gli tende la mano, il polso bianco fa capolino dalla manica nera del completo «Anthony Stark –Tony» specifica «Credo che lei abbia avuto un paio di occasioni per fare comunella con mio padre.»
Steve ricambia la stretta, ma non dice nulla, perché Tony lo fissa e gli parla in modo totalmente diverso da come il resto dello S.H.I.E.L.D. abbia anche solo mai osato fare. E’ un piacere conoscerla, sono così onorata, sa, mio nonno mi ha parlato così tanto di lei, lei è il mio idolo, la mia fonte di ispirazione---Non c’è traccia di ossequio nel tono di Stark, gli si rivolge come se l’avesse già conosciuto, lo guarda come se l’avesse già visto. Il ritrovamento di Capitan America, il suo risveglio, Rogers lo sa, è stata una sorpresa per il mondo, ma non sembra esserlo poi così tanto per il figlio di Howard.
«Siamo di poche parole, vedo.» Tony schiocca la lingua contro il palato, tentennando tra soddisfazione e presa in giro. Si prende ancora un attimo per squadrarlo da capo a piedi e Steve, che non è mai indietreggiato, nemmeno davanti all’HYDRA, prova l’impulso irrefrenabile improvviso di allontanarsi –E al contempo di rimanere, di farsi osservare, di instaurare un dialogo, un contatto. Il che ha dello strabiliante: da quando si è risvegliato, il dialogo ed il contatto gli sono sempre stati imposti, una sorta di terapia di recupero o una cura, arrivando al punto di dargli la nausea. Ora, invece, li brama, li anela, perché davanti a sé non c’è un ammiratore, un lezioso fanatico pronto a pendergli dalle labbra, uno psicologo che forte dei suoi studi ritiene poco produttivo o professionale tenere il grande, ma malato Capitan America sullo stesso piano dei comuni mortali. Tony Stark lo sta sfidando mentre lo mette alla pari di chiunque altro lì dentro, cerca di metterlo alla prova, in silenzio lo invita a dimostrargli qualcosa. E anche se Steve non sa esattamente cosa, è convinto che adoperarsi per trovare la risposta non sia un’idea così malvagia.
Stark fa scivolare indietro il polsino e lancia un’occhiata all’orologio con uno scrollare noncurante delle spalle.
«Oh, bhè. Sarà meglio che vada, avevo un appuntamento un’ora fa e la ramanzina di Mace Windu  tende a diventare più cospicua ed insopportabile ogni minuto che passa.»
Rogers annuisce e ancora sta in silenzio –Che dire, poi? Gli sovviene allora il pensiero che, forse, salutare potrebbe essere un gesto educato, umano, ma il figlio di Howard è già lontano, un braccio sollevato e le dita che s’agitano al vento.
«Ci vediamo, Steve
Il Capitano spalanca gli occhi. Il cuore singhiozza tra le costole.
Tony è ora soltanto un’eco di passi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Sto cercando di superare il blocco dello scrittore, già.
Scusate se non ha né capo né coda.
Il titolo viene da questo stupendo video:

http://www.youtube.com/watch?v=Lsyz0gTujM4

   
 
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