•Senseless Words•
Parlano, parlano, parlano ma
in realtà non dicono niente.
Nulla di nulla.
E’ aria.
Parole vuote che rimbombano in una stanza
vuota.
Vuota la stanza perché noi, figli, siamo stanchi di
sentire sempre le stesse cose, tanto che ora non ascoltiamo
più.
Vuote le parole, perché sono state ripetute così
tante volte che non sembrano più avere un senso.
Guarda.
Ripetono ogni volta.
Già ma cosa devo guardare?
L’abilità di mio fratello nello
sport?
I voti eccellenti di mia sorella a
scuola?
Bello. Grazie Mamma.
Era questo di cui avevo
bisogno.
Era questo che volevo sentirmi
dire.
Sono stupida, è dunque questo che
pensi?
Sono andata a scuola a cinque anni perché volevi
che la tua figlia perfetta si distinguesse dagli altri.
Nessun problema, non saranno certo quei ventun
giorni di differenza tra i cinque e i sei anni a cambiarmi la
vita.
Non sarà nemmeno quella scuola privata tanto
prestigiosa dove hai insistito per mandarmi affinché ricevessi una preparazione
perfetta.
Forse sarà quel liceo classico al quale mi hai
costretta ad iscrivermi perché potessi seguire le tue
orme.
E’ quello?
Ah, mamma.
Inutile che ti lamenti se vado
male.
Odio questa scuola.
Odio il greco, con quell’alfabeto così diverso dal
nostro.
Odio il latino, è una lingua morta non vedo
l’utilità nel tradurlo.
Oh ma certo, lui aveva tutti 8, mia sorella tutti
10 addirittura.
E tu, tu eri come lei, e io, che in comune con vuoi
non ho nulla se non un gruppo di geni, io che odio questa scuola fino allo
spasmo, io devo essere come voi.
Perché tu l’hai deciso, perché tu lo
vuoi.
Vuoi sapere una cosa mamma?
N o n
è c o s
ì.
Io non sono te, né Lucrezia, né
Giorgio.
Io sono io!
I miei gusti sono differenti dai
vostri.
Io non amo la medicina, né la giurisprudenza o
l’economia.
Non passerò dieci anni a studiare come avete fatto
tu e papà, ne mi arrovellerò con la statistica come ha fatto Giorgio, o con la
legge come Lucrezia.
I miei interessi sono altri.
E se non riesci a capirlo, bè mi dispiace dovrai
farlo.
Non ho intenzione di seguire una facoltà che non mi
interessa per tuo piacere personale.
Non arriverò a quarant’anni piangendo, con la
schiena rotta e gli occhi gonfi per colpa di un lavoro che non
sopporto.
Ho già dato.
Il liceo, questo liceo classico che mi hai
costretto a frequentare è stata la mia tomba.
Con esso una parte di me è
morta.
E’ morta la parte gentile, affettuosa e
servizievole.
Non esiste più l’Irene di un
tempo.
E’ morta in quella classe angusta e soffocante,
calda d’estate e fredda d’inverno.
L’allegria le è stata succhiata via insieme con la
gioia e l’ottimismo.
-Perché sei così acida?-
Non sono acida mamma.
Questo è realismo.
Sono stata abituata alla vita vera tutto d’un
colpo.
Mi hai gettato in pasto ai leoni senza darmi nessun
preavviso, nessun aiuto.
H.S.L.
Hic Sun Leones.
La ci sono I leoni.
Vero, peccato che nessuno me lo avesse detto
prima.
Cresciuta nella bambagia della mia famiglia e della
scuola privata fino ai tredici anni e poi gettata senza alcun problema tra la
gente normale.
Quella vera.
Quella che soffre.
Quella che non arriva a fine
mese.
Che manifesta per le proprie
idee.
Addio confortante intimità della scuola privata
dove tutti conoscevano tutti.
Addio vestiti firmati e auto di
lusso.
Addio ragazzi figli di ricchi, che non faticheranno
mai nella vita.
Si è aperto un nuovo mondo.
Ostile.
Ingannatore.
Fatto di verità e menzogne.
Eppure dovresti essere abituata a
ll’ipocrisia.
Ci hai vissuto per anni.
Non lo ero.
Ho odiato i compagni.
Ho odiato i professori.
Sono stata male cinque fottutissimo
anni.
I cinque anni che sarebbero dovuti essere i
migliori della mia vita io li ho passati a piangere.
Buttati nel cesso.
-Non esci mai-
-Non hai amici-
Lo so papà.
Lo so mamma.
Fatemi pesare anche questo.
Fatemi pesare tutte le mie
scelte.
E poi ancora.
Lei. Lei. Lei.
Lucrezia, Giorgio, Giorgio,
Lucrezia.
Basta!!
Io sono io.
Mi chiamo Irene.
Sono così perché le conseguenze delle vostre azioni
mi hanno portato ad esserlo.
Il cinismo è nato dalle botte che ho preso cadendo,
dai calci nel sedere ricevuti, dalle delusioni subite.
E no, mamma, non ti chiederò scusa per essere
così.
Se non mi accetti come sono, bè tanti
saluti.
Ho tentato di compiacerti in tutti i
modi.
Ho tentato di essere la figlia perfetta che
volevi.
Mi dispiace.
Non ci sono riuscita.
Ci ho provato.
Ma la verità è una sola.
Nessuno è perfetto.
Ne tu.
Né Giorgio.
Né Lucrezia.
Né Papà.
E io non posso essere la figlia
perfetta.
Non posso esserlo senza uccidere prima il mio
io.
Senza smettere di essere
Irene.
Perdonami mamma.
Ma da adesso in poi la mia vita la decido
io.
Non più lei.
Io.
E se questo non ti sta bene, bè mi
dispiace.
Sono maggiorenne e sono abbastanza matura da poter
decidere della mia vita da sola.
Si, perché questa è la mia vita, non la
tua.
Non è l’ennesimo riflesso di ciò che saresti potuta
essere.
Non ti sono bastati Lucrezia e
Giorgio?
No mamma non farò medicina.
E nemmeno giurisprudenza o
economia.
Farò lingue orientali.
E’ la mia vita.
E tu non puoi fare più niente per rovinarla
ulteriormente.