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Autore: Tess98    11/11/2013    2 recensioni
Istituto di Vienna, 2011. Cinque adolescenti tra i 16 e i 17 anni, tutti cacciatori, tutti con la missione di uccidere i demoni e di tenere in riga licantropi, vampiri, stregoni e qualsiasi altra minaccia per i mondani. Loro non sono semplici umani: sono più forti, veloci, agili e soprattutto benedetti dall'Angelo. All'Istituto di Vienna vengono portati tutti i ragazzi orfani nei paraggi come Katrine, James, Liam e Alexej. La loro vita non è solo un susseguirsi di ronde e indagini ma è anche costellata dalle perle di saggezza di Liam, dagli sbuffi di Alexej, dalle battute di James e dagli sguardi infuocati tra quest'ultimo e Katrine. Negli ultimi tempi però fatti strani e inquietanti stanno accadendo… Tra cadaveri ritovati e viaggi nei ricordi, i cinque Nephilim scopriranno che niente nel loro passato e nel loro presente è come credono e Katrine si renderà conto di essere il pezzo mancante di un puzzle che se completato porterà l'inferno sulla terra.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Note dell'autrice: Salve
a tutti! Prima che voi cominciate a leggere questa storia, sperando che
qualcuno lo faccia!, volevo precisare alcune cose. I personaggi sono
completamente inventati da me e anche se ho mantenuto il mondo creato
dalla Clare, l'ho un po' modificato. Le cose più importanti
sono che nella mia storia Idris non esiste, così come le
spade angeliche: i nephilim per combattere usano sopratutto armi
bianche. Altra nota importante è che gli Accordi non ci sono
mai stati, per cui tra Cacciatori e Nascosti è guerra aperta.                                                                                                                                                  Ok non voglio annoiarvi ulteriormente, quindi... buona lettura!
P.S: Le recensioni sono mooolto gradite!

Il cimitero era immerso nel silenzio della notte. L'erba ben curata e le
lapidi
erano ancora bagnate dalla pioggia caduta qualche ora fa ma una leggera
foschia,
ora, si attacava alla terra e la ricopriva fino all'altezza degli
alberi,
sfumandosi man mano che saliva. Nel
cimitero, quella notte, c'era qualcuno. Un risuono di passi umani,
seppur
leggero, risuonava tra le lapidi.                                                                                                                                                                                          -Così quando sono entrata e ne ho chiesto un paio, la comessa mi ha guardata
e mi ha
chiesto se avevo "il porto d'armi"! Cioè capisci?! Ha
chiesto a me se
avevo il porto d'armi! la situazione sfiorava il ridicolo!                                                                                                                                                        Una ragazza bionda stava parlando concitata alla ragazza dietro di lei, che
aveva
l'aria di malsopportare le sue chiacchere. Aveva i capelli castani
raccolti,
con alcuni ciuffi ai lati del viso, indossava una giacca di pelle nera
piena di
tasche e aveva un paio di pantaloni aderenti, coperti in parte dagli
stivali di
pelle nera con il tacco. In mano aveva un paletto di legno dall'aria
appuntita. -Susanne,
taci!. Se parli non riesco ad ascoltare i rumori-, sbuffò Katrine, puntandole
contro il paletto. Si girò e abbandonò la
stradina, tagliando invece per il
prato. Adesso camminavano lentamente tra le lapidi, Katrine con il
paletto in
pugno, Susanne dietro di lei svogliata. Susanne detestava fare la
ronda,
soprattutto in inverno. Non le piacevano i cimiteri e tantomeno i
vampiri. Li
trovava disgustosi. Si sedette su una lapide, lasciando camminare da
sola la
compagna. Chiuse gli occhi e si stiracchiò e stava per
addormentarsi, quando
qualcuno alle sue spalle la lanciò in aria, sbattendola
violentamente contro il
tronco di un albero. Aprì gli occhi tramortita e con il
cuore in gola alzò lo
sguardo verso il suo aggressore. A pochi metri da lei, con i canini in
bella
mostra e gli abiti sporchi di terra, c'era un vampiro. Restò impietrita a
terra. -Oh-Oh,
Katrine!-, urlò con voce stridula. Si alzò di
scatto, mentre il vampiro si
avventava su di lei. Riuscì a schivarlo, ma sapeva che non
era in grado di combatterlo.
L'essere ghignò e con una velocità che solo una
creatura della notte poteva
avere, si avventò nuovamente su di lei e la
intrappolò a terra. In un'atto
disperato Susanne cercò di conficcargli le dita negli occhi
ma il vampiro
incombeva già sul suo collo. -Katrine,
aiuto!-. Poi, nell'esatto momento in cui sentì il freddo dei
canini sulla pelle
nuda, due mani afferrarono gli abiti laceri del vampiro e lo buttarono
in aria. -Dov'eri
finita?- urlò isterica la bionda alla figura in piedi, -
Stavo uccidendo un
demone-, disse sbrigativa l'altra. Mentre il vampiro si rialzava,
Katrine,
fulminea, recuperò un sottile paletto dallo stivale. Il
vampiro le tirò un
calcio ma lei si abbassò e con una capriola in aria sopra di
lui si portò; alle
sue spalle. Si voltò, e Katrine stava per piantargli il
paletto nel cuore, se
lui non l'avesse colpita. -Tu
non vuoi proprio morire, vero?-. Per tutta risposta un ringhio si
levò dalla
gola del mostro, mentre le tirava un pugno che lei parò senza fatica. Prese il
pugno e gli girò il braccio, mettendolo in ginocchio. Si
passò il paletto
nell'altra mano e mentre il vampiro si dibatteva, glielo
piantò nel petto,
proprio in mezzo al cuore. Ansimò e si alzò in pedi, sistemandosi i capelli che nel frattempo
le erano caduti
sulle spalle. Infine rimise il paletto nella cinghia dello stivale e
spazzò via
la terra dai pantaloni. -Oddio,
se solo fossi arrivata dopo...- sussurò scioccata
Susanne. La mora alzò gli occhi
al cielo. -Andiamo
abbiamo ancora un'ora e mezza prima dell'alba-. Poi risalì la stradina verso la
cripta maggiore

Era
da un'ora che erano sotto la pioggia senza nessun riparo. I capelli si
erano
tutti appiccicati alla fronte e gli davano un fastidio incredibile. Le
gocce di
pioggia gli finivano negli occhi e il pugnale bagnato scivolava alla
presa
della sua mano. Per un umano sarebbe stato impossibile vedere qualcosa,
ma lui
non era un semplice umano. Svoltò il vicolo e si
ritrovò in una strada stretta,
putrida e maleodorante. Dall'altro angolo uscì un'altra
figura, completamente
nascosta dall'oscurità. -Ho
controllato l'altro lato: l'unica via d'uscita è questa-,
affermò con sicurezza
il moro, - Allora muoviamoci, sono stanco di stare sotto la pioggia e
sento che
mi sta venendo il raffreddore-. Il
ragazzo biondo si scostò i capelli dalla fronte,
tirò fuori un coltello, più lungo del pugnale, e fece un cenno al ragazzo moro. Si misero ai lati
della
porta e il ragazzo dai capelli neri tirò fuori, dall'interno
della giubba, una
sfera, non più grande di un pugno di un bambino, color
argento, e se la rigirò tra le dita, in modo che il compagno la vedesse. L'altro, allora,
s'illuminò d'un sorriso furbo. -Ottima
idea, Liam-, disse. Liam
lanciò la sfera contro la porta e nell'esatto momento in cui
l'oggetto la
colpì questa esplose in mille pezzi. I due ragazzi corsero
dentro, il biondo
con le due armi, il moro con una Makhaira nella mano destra e due
Shuriken
nella mano sinistra. Entrarono
in un atrio buio da cui partiva una scala di legno, con ben pochi
scalini di
legno integri. Il ragazzo biondo, James, la indicò al suo
compagno e insieme,
con passo felpato, iniziarono a salirla, facendo attenzione a dove
mettevano i
piedi. Salirono fino al pianerottolo e poi percorsero un corridoio su
cui si
affacciavano tre porte. James indicò le prime due e si
portò un dito alle
labbra. Liam assentì e si mise difronte alla seconda, James
alla prima. Il
biondo mise il pugnale davanti a se, guardò Liam
e mosse le labbra.                                                                                                                                                                                                       Uno.                                                                                                                                                                                                                            Due.                                                                                                                                                                                                                           Tre.                                                                                                                                                                                                                               Al tre con un calcio le porte saltarono via e i due ragazzi entrarono
nelle
stanze. James guardò la camera: la finestra sprangata con
assi di legno, il
pavimento sporco di terra, le pareti spoglie. L'unica luce era quella
del
lampione, che entrava dalle fessure degli assi di legno.
Imprecò e uscì. Dall'altra
camera uscì Liam, che scosse la testa. Insieme si diressero
verso l'ultima porta
rimasta, ma era chiusa a chiave. James allora si allontanò di qualche passo e
poi si buttò di spalla verso il legno duro. Provò una, due volte, poi, alla
terza, la porta si spalancò. -Il
tre è sempre il numero perfetto- mormorò, restando sull'uscio. Dietro di lui,
Liam aprìuna tasca della giubba e tirò fuori un
accendino. -Da
quand'è che fumi?                                                                                                                                                                                                            -Io non fumo, semplicemente sono attrezzato-, gli rispose Liam, con un sorrisino.
Poi fece scattare la fiamma. Le
loro espressioni si irrigidirono. Al centro della stanza si trovava una
catatsta di cadaveri umani, tutti ammucchiati l'uno sull'altro. Ai
piedi del
mucchio, la pozza di sangue delle vittime, che si espandeva sempre di
più, imbrattando
gli stivali dei due cacciatori

Le due ragazze rientarono all'Istituto alcuni minuti dopo l'alba. Katrine
era
stremata e riusciva solo a pensare che avrebbe tanto voluto dormire per
dodici
ore di fila. Dietro di lei Susanne riusciva solo a pensare, invece,
alle
tremende occhiaie che avrebbe avuto quella mattina a colazione. Ma la
mora era
ormai abituata alle sue ciarlate e le risultava facile ora, distaccare
le
orecchie e non ascoltarla. Non le disse nemmeno buonanotte e si diresse
verso
la sua camera. Percorse la navata e le scale, trovandosi nel corridoio
centrale, quello che portava alla sala da pranzo e alla biblioteca, e
alla fine
di esso ne imboccò uno stretto, fatto praticamente tutto di
scale. A differenza
di Susanne e gli altri, non le dispiaceva il buio dei corridori
secondari. L'Istituto,
infatti, era talmente grande che non si potevano permettere di
illuminarlo
tutto. Le parti costantemente illuminate erano quelle frequentate da
tutti, o
quelle più grandi. Un altro problema era che l'edificio era
tremendamente
antico. Le sale avevano i lampadari, e anche il corridoio principale,
ma corridoi
angusti come quello non ne avevano ed erano talmente poco utilizzati
che
Elizabeth non si era disturbata a metterne uno. Così era
solo grazie alla luce
delle candele infossate nelle pareti che Katrine riusciva a salire gli
scalini.
Era stata lei a scegliere una camera così lontana.
Ovviamente l'Istituto
disponeva di migliaia di stanze, ma le più erano concentrate
al piano terra o
al primo, vicino allo studio, alla biblioteca, all'armeria e via dicendo.
Quando era arrivata li le avevano assegnato una camera vicino alla
biblioteca,
ma lei durante i suoi viaggi solitari aveva trovato quel corridoio e
alla luce
di una candela l'aveva percorso, scoprendo che alla fine di tutte
quelle scale
si trovava una delle camere più alte, se non la più alta. Le scale portavano infatti a un piccolo atrio su
cui
si aprivano due porte. La prima era la sua stanza, che con un piccolo
bovindo
dava sul giardino interno, e la seconda una vecchia soffita. Quella
camera da
letto si era insinuata dentro di lei giorno dopo giorno, senza neanche
che lei
sapesse perchè e alla fine aveva pregato Elizabeth di
fargliela sistemare. La
donna impietosita dalle sue preghiere l'aveva accontenta e per
facilitarle
l'arrivo aveva disposto quelle candele nelle piccole nicchie originate
ancor
prima del suo arrivo all'Istituto. Katrine
arrivò alla fine delle scale. Come sempre non
degnò neanche di un'occhiata la
seconda porta ed aprì la prima. Il letto era ben fatto,
sicuramente Nadja era
salita, lo scrittoio tra il bovindo e la finestra era come sempre
ordinato, ma
quella non era opera della governante. La ragazza si tolse la giubba,
si
slacciò gli stivali, operazione che le richiese diversi
minuti per via dei
lacci incrociati dietro e si cavò il maglione, restando in
pantaloni e
reggiseno. Si avvicinò allo scrittoio e da un cassetto
tirò fuori un cofanetto
sottile e rettangolare, di velluto bordeux. Non aveva voglia di
accendere la
luce e così, con la scatolina di fiammiferi sempre a portata
di mano, accese
una candela. La luce tenue rischiarava solo un'angolo della stanza,
producendo
un gioco di ombre che si allungavano e s'intracciavano allo spostarsi
della
tremula fiamma. Le dite di Katrine sfiorarono un'attimo la scatola,
prima di
aprirla con uno scatto. L'aprì un'attimo, giusto un secondo, per prendere qualcosa di
luccicante e poi
la rimise nel fondo del cassetto, coprendola con il pacco di fogli da
lettere. Alla
luce della candela, appariva una catenina finissima, a cui era appeso
un
ciondolo di argento. Una stella piena a sei punte, due delle quali
più lunghe,
che al centro aveva un piccolo diamante. Su ogni punta due zirconi
più piccoli,
incorniciati da decori incisi nell'argento. La ragazza si mise la
collana,
ammirando per un'attimo il ciondolo a contatto col petto nello specchio
appeso
sopra la scrivania. Poi, quasi si fosse svegliata da un sogno, con
gesti
automatici si mise il pigiama e s'infilò sotto il piumone.

Quando
la sveglia suonò alle sette e quaranta, Katrine era
già sveglia da venti
minuti. Aveva dormito solo tre ore, a dir tanto. Avendo fatto la ronda,
le
lezioni del mattino per lei e Susanne potevano essere sospese, ma la
ragazza si
era sempre presentata a lezione puntuale, alle otto e mezza. Si
alzò, indossò un paio di pantaloni di pelle e un
maglioncino nero, si spazzolò i capelli e li raccolse in uno chignon. Si assicurò di
indossare il suo
ciondolo e una volta messi gli stivaletti bassi uscì dalla
camera e scese le sette
rampe di scale. Arrivò in sala da pranzo che tutti erano già scesi per la
colazione, a parte Susanne, che
quel giorno, lo sapeva bene, non si sarebbe fatta vedere. Il tavolo
creato per
ospitare quindici persone ora ne ospitava solo otto, tutti seduti
vicino alle
porte della sala, intenti a chiaccherare pacamente. Al capotavola
più vicino
sedeva una donna bionda, sulla trentina: Elizabeth Wilson, il capo
dell'Istituto.
Accanto a lei, sul lato destro i professori Himach e Mosley. Sull'altro
lato
sedevano Alexej, Liam e James. Dopotutto a nessuno stava
così simpatico il
professor Mosley da sedercici vicino. Ma tra il professore e James,
Katrine
scelse il male minore. Così, sotto gli occhi degli altri,
prese posto difianco a
Mosley e iniziò a servirsi. -Buongiorno
a tutti. Gli
occhi grigi di James si posarono su di lei, accesi di una luce
maliziosa. -Buongiorno,
non dovresti essere a letto?-, la salutò lui. Per tutta
risposta la ragazza lo
fulminò e tornò a imburrare il suo cornetto.
Elizabeth Wilson, la
capo-Istituto, alzògli occhi difronte alla scena che vedeva
ogni qualvolta che
Susanne e Katrine facevano il giro dei cimiteri della città. -James,
per favore!, Katrine, ti prego, sono soltanto le otto meno dieci!-, li
riprese. James
rise, mentre Katrine strinse le labbra. -Dobbiamo
parlare di questioni più importanti-, continuò Elizabeth, - Voglio che mi
aggiornate su ieri sera. Katrine inizia tu. La
ragazza posò con cura il coltello sul piatto,
dopodichè, con una lentezza quai
esasperante per James, iniziò a parlare. -E' stata una
serata piuttosto interessante,
per essere una notte di ronda. Ho ucciso parecchi vampiri, almeno
quattro, e
dalle parti di Hietzing ho trovato un demone che commerciava veleni
vari per
uccidere umani. -Come
prego?- chiese stupito Liam. Katrine gli sorrise e scrollò le spalle. -Si.
Vendeva veleni, o forse sarebbe meglio dire sostanze, per paralizzare
gli
umani, cosicchè i vampiri potessero bere il loro sangue
senza preuccuparsi di
dover tenere ferma la vittima. Ovviamente erano veleni leggeri, che non
lasciavano traccia nel sangue. Sei
paia d'occhi la guardarono come per controllare che non fosse impazzita. -Che
volete che vi dica?, non esistono più i vampiri di una
volta- disse la
ragazza, per poi tornare a dedicarsi al suo croissant. Miss Elizabeth,
invece,
si passò una mano sugli occhi. -E
Susanne, cosa ha fatto nel frattempo?                                                                                                                                                                                -Stai scherzando, vero?, Cosa vuoi che faccia?, Stava seduta su una lapide al
lamentarsi
del freddo e dell'unghia rotta del suo indice- borbottò Katrine, in tono
accusatorio. Alle sue parole Elizabeth emise un gemito e si
passò le mani tra i
capelli. A quella vista, Liam si sporse oltre al ragazzo dai capelli
castani,
Alexej, e le posò una mano sul braccio. -Coraggio.
Sai com'è fatta Susanne. Non prende molto in considerazione
la missione, è vero, ma sono sicuro che nel suo profondo covi un vero spirito di
cacciatrice-,
le disse in tono consolatorio. -Si,
molto in fondo. Nei recessi della sua anima-, ribattè sarcastico James. Katrine
considerò l'idea di lanciargli un coltello, ma poi
rinunciò. Avrebbe dovuto dare
una marea di spiegazioni dopo. Così, nonostante Elizabeth
non fosse la sua
persona preferita nell'istituto, provò a cambiare discorso. -A
voi com'è andata la scorsa notte?- chiese a Liam. -In
effetti abbiamo parecchie cose da dirvi. Le scie di sangue dei cadaveri
trovati
ci hanno portato fino ad Albern, vicino al Danubio, in una casa
abbandonata.
Pensavo che dentro ci fosse qualcuno, abbiamo interrogato un lupo
mannaro, che
ci ha detto che nella casa c'erano movimenti fino al giorno prima. Ma
quando
siamo entrati era vuota. L'unica cosa che abbiamo trovato
è stata una catasta
di corpi mondai, mutilati, in una stanza-. Il
ragazzo si fermò un'attimo, guardò James, il suo
parabitai, poi tirò fuori un
foglietto dalla tasca dei jeans. -Indovinate
la caratteristica dei cadaveri-, disse, mettendo il foglietto al centro
del
tavolo. Sul bianco del foglio spiccavano delle linee nere. Una linea
retta e
orrizontale, con una X proprio nel suo centro. -Conosciamo
già questo simbolo. E' lo stesso dei due cadaveri che
abbiamo trovato io e
Alexej nel parco di Belvederegarden-, mormorò Katrine.                                                                                                                                                         -Le vittime stanno aumentando, dobbiamo avvertire il Conclave. Quel segno
non è il
simbolo di una semplice setta, me lo sento- disse poprio quest'ultimo.
Elizabeth assentì con aria grave. -Manderò io un messaggio al Conclave, oggi stesso-, sospirò, -nel
frattempo cerchiamo di
scoprire il più possibile, ma non correndo troppi rischi.                                                                                                                                                        Tutti
si voltarono vero di lei. -Le
lezioni sono sospese per oggi. Alexej, vai a svegliare Susanne. Oggi tu
e lei
passerete la giornata in biblioteca, a cercare informazioni riguardo a
quel
simbolo-. Il ragazzo aprì la bocca per parlare, ma la donna
lo fermò con un
gesto della mano. -Non
si discute, comando io qui. Intanto Liam e James cercaranno di scoprire
tutto
quello che possono tramite i Nascosti.                                                                                                                                                                            Tutti scattarono in piedi, mentre Katrine rimaneva li seduta, scoccando
un'occhiata furente
ad Elizabeth. -E
io cosa faccio?- le domandò.                                                                                                                                                                                              -Tu hai dormito appena tre ore. Dovresti essere a letto, a riposarti-, le
ricordò Elizabeth. Katrine si alzò in piedi. -Voglio
aiutare. Posso essere utile, lo sai. Troveranno difficilmente
informazioni. Io
posso portarli da Rec-, disse. Elizabeth la guardò. Sul viso
non mostrava
nessuna particolare emozione, ma qualcosa nel suo sguardo fece venire
voglia
alla ragazza di abbasare il suo immediatamente. Invece alzò il mento, in
segno di sfida. La donna
sospirò nuovamente. -Benissimo,
andrete con lei. Vi porterà da Rec, uno stregone-. A quelle
parole gli occhi
dei due ragazzi scattarono verso di lei: quelli di James, due fessure
color
ghiaccio che la guardavano intensamente, e quelli di Liam, blu, che
luccicavano
di curiosità.

Susanne
si svegliò di sopprasalto appena sentì la porta
della sua camera tempestata da
pugni. Intontita guardò la sveglia: le otto e un quarto. Con
un mugolio si tirò le coperte fino al naso e si girò dall'altra parte. Non
aveva alcuna intenzione
di andare ad aprire, per nessuna ragione. Non le interessava se
qualcuno stava
morendo, se in atto c'era un'apocalisse, o se l'istituto stava andando
in
fiamme: finchè non avrebbe dormito le sue nove ore
quotidiane, non si sarebbe
alzata dal letto. Dopo cinque minuti di fracasso infernale dovette
ricredersi.
In uno scatto di rabbia, scalciò via le coperte,
piantò i piedi sul pavimento e
arrancò fino al bagno per prendere la vestaglia.
Dopodichè si diresse a passo
di marcia verso la porta, pronta a cantarnene quattro a Katrine
-perchè era
sicura che fosse lei- per averla svegliata dopo neanche quattro ore di
sonno. A
porta aperta, però si trovò davanti una
sorpresa. Alexej era lì, rigido come
una statua, con il pugno alzato pronto a bussare ancora. La bionda si riprese presto:-Si
può sapere cos' hai da bussare?, non so se lo sai ma ho
appena fatto la ronda-
sbraitò furibonda.                                                                                                                                                                                                               -C'è un'emergenza-, la interuppe lui, imperturbabile. Susanne
sbuffò.                                                                                                                                                                                                 -Ma va?                                                                                                                                                                                                                           -Sono stati trovati altri cadaveri con lo stesso simbolo che abbiamo trovato
io e
Katrine. Elizabeth ha mandato ad indagare Liam, James e lei. Noi
dobbiamo
restare qua e cercare informazioni in biblioteca sul simbolo- disse
Alexej,
telegrafico. Susanne
lo guardo per un'attimo, indecisa se ignorarlo e tornare a
letto o alzarsi,
vestirsi e passare una noiosa giornata in biblioteca. Per un'attimo fu
tentata
di mettere in atto la prima ipotesi, ma poi si ricordò le
parole di Elizabeth,
quando lei era appena arrivata, e allora sospirò, si
passò la mano sulla fronte
e si fece coraggio.                                                                                                                                                                                                             -Ok, sono pronta tra quindici minuti.                                                                                                                                                                               D'altronde meglio
restare qui che tornare a casa.

  
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