Genere: Fantasy Fandom: W.I.T.C.H. Personaggi : Elyon (la "Luce di Meridian"), Caleb, Miriadel. Rating: verde |
Dimenticare assieme
C’è un luogo, immerso nel verde, dove alberi maestosi
nascondono la vista del cielo, dove i fiori possono essere così
grandi e belli da far sembrare che ti guardino, e dove i rampicanti si
scostano da soli per permettere il passaggio alla loro padrona.
Questo luogo si estende attorno alle cinque torri che
costituiscono il Palazzo Reale di Meridian, ed
è ancora detto ‘il giardino di Phobos’, ricordando
il tiranno che lo ha fatto portare al suo splendore.
Anche se non è più popolato da esseri artificiali,
quali i mormoranti, questo giardino è ancora un inno al bisogno
di separarsi dal mondo reale.
Un angolo è ricoperto da piccoli fiori gialli
simili a campanule, dal profumo delicato. E’ l’angolo dove la giovane regina
passa la maggior parte del suo tempo. L’angolo dove legge, disegna, sperimenta
la magia. La sua vera reggia.
Oggi Elyon non fa eccezione. E‘ seduta sul terreno soffice
ed erboso, con un quaderno appoggiato sulle ginocchia.
“Elyon…”.
Da dietro ai rampicanti, vede arrivare la sagoma di una
donna dalla pelle color uovo d’anatra, con una lunga veste verdazzurra:
Miriadel. Non ha nessun legame di sangue con la casa reale, ma, per i quattordici
anni che Elyon ha passato sulla Terra, lei è stata al centro del
suo mondo di bambina.
“Ciao mamma! Sto scrivendo una serie di appunti. Su questa”.
Girando indietro le pagine del blocco, le mostra un disegno vivacemente
colorato. “Sarebbe la prima centrale geotermoelettrica di tutto il metamondo”.
“Bello, Elyon”, risponde indulgente. “Tu progetti in
grande. Però la corrente elettrica non è la nostra priorità.
Molte delle sue funzioni sono svolte da quel po’ di poteri magici che quasi
tutti gli abitanti del metamondo possiedono”.
La reginetta gonfia la guancia. Sono tutti discorsi già
fatti. Perché ripeterli? “Lo sai, la magia potrebbe non durare
per sempre. Dobbiamo differenziare le risorse”.
“Certo, cara. Nel frattempo è arrivata quella
delegazione. Non è il caso di farli aspettare”.
Elyon sbotta, impaziente: “Mamma, lo sai che io ho piena
fiducia in te, e in tutti quelli a cui ho delegato incarichi. Perché
non può occuparsene qualcuno di voi?”.
“Luce di Meridian, il popolo ha bisogno di vedere che
ti interessi di lui. Se lo deludi, prima o poi ciascuno comincerà
a pensare ed agire solo per sé”.
Elyon si alza sbuffando. “Hai ragione, naturalmente”.
Poco dopo, seduta sul trono, Elyon non riesce a prestare
più di tanta attenzione a ciò che i delegati le sottopongono.
Li osserva distrattamente. Il loro aspetto è molto disomogeneo,
alcuni sembrano degli uomini con la pelle verde, altri sembrano quasi a
lucertole. I suoi pensieri vagano.
Viene richiamata dalle sue fantasie dal capo delegazione:
“Luce di Meridian, cosa dovremmo fare in questa situazione?”.
“Eh?...”.
Miriadel è ancora lì vicino, e si è
accorta della sua distrazione; la reginetta percepisce sua disapprovazione
al di là dell’atteggiamento ossequioso.
Poi capta una vocina sepolta nella mente, un suggerimento.
Grazie!
Seguendo questa percezione, Elyon risponde: “Finora avete
agito correttamente, ma dovremo sentire la controparte prima di prendere
una decisione. Vi convocherò nuovamente tra dieci giorni”.
“Grazie, Vostra Altezza. I nostri omaggi”. I delegati
si ritirano, apparentemente soddisfatti. Se hanno percepito la sua estraneità,
sanno nascondere bene la loro delusione.
Appena il portone azzurro e dorato si richiude alle loro
spalle, Sua Maestà si volta verso il suo angelo custode. “E’
andata bene, mamma?”.
Miriadel esita un attimo, prima di rispondere. “Elyon,
le decisioni su queste cose le posso prendere io, ma la gente ha bisogno
di percepire la tua attenzione. E’ il collante della nostra società.
Tu dovresti percepire i loro bisogni prima ancora che aprano bocca!” .
Poi si volta verso la grande finestratura e guarda lontano,
al di là della città ai piedi del palazzo. “Ti parlerò
chiaro. Avevi iniziato bene, almeno si sentiva la buona volontà.
Invece, da un anno, vivi in un mondo tutto tuo. Ciò può essere
sopportabile per una nobilotta di campagna, ma se dovesse continuare così…”.
Si volge verso la regina. “… c’è in gioco l’unità di tutto
questo mondo!”.
Mentre Miriadel parla, lo sguardo di Elyon passa dallo
stupito allo sdegnato. “Ma… ti rendi conto di quello che stai dicendo?”.
“Certo!” Miriadel sostiene lo sguardo. “Il nostro mondo
ha molto più bisogno di una regina attenta di quanto abbia bisogno
di una grande maga o di una sperimentatrice di novità aliene. Conosco
anche io la tecnologia terrestre, il suo rovescio della medaglia, e so
che un tentativo di trasformare Meridian in una brutta copia della Terra
ci porterebbe ad una catastrofe!”.
La regina la ricambia con uno sguardo d’ira. “Capitano
Miriadel, non intendo parlarne più! Le ho delegato di trattare le
questioni di ordinaria amministrazione. Se le pesano, me lo faccia sapere,
e troverò un’altra persona di fiducia!”.
Detto questo, la Luce di Meridian svanisce con un baluginio
dalla sala del trono.
Un istante dopo, il giardino prende forma davanti ai suoi
occhi. Le felci verde brillante, l’erba morbida e soprattutto i suoi meravigliosi
fiori gialli, i Konnestras, sembrano aspettare la loro padrona.
Si siede sul pendio, fremendo di rabbia. Si rialza, e
cammina avanti ed indietro un po’ di volte. Come ha osato! E’ questo, ciò
che pensa di lei?
Si siede di nuovo, stringendosi le ginocchia al viso.
Come possono essere così ciechi? Se non sarà lei ad occuparsi
di quei progetti, nessun altro lo farà.
Respira a pieno il profumo di quell’angolo di paradiso.
Alza lo sguardo, verso le piccole chiazze di cielo tra le chiome degli
alberi giganti ornati di rampicanti. Questo posto riesce sempre a farla
stare meglio, a ridarle coraggio e convinzione.
La sua attenzione viene attirata da un sommesso parlare
al di là della cortina di rampicanti. Sono due uomini. Uno è
Daltar, il giardiniere. L’altro… Caleb! Caro!
Si sente combattuta. Riuscirà a consolarla, o
riprenderà il rimprovero di Miriadel? Ha detto già più
volte come la pensa.
Eppure lo adora. Lui è speciale. Quando ne tracciò
un ritratto a matita, tre anni prima, era solo un gioco tra ragazzine,
la sua interpretazione del ragazzo dei sogni della sua amica Cornelia.
Nessuna delle due si sarebbe mai sognata di trovarselo avanti in carne
ed ossa.
Bello, come solo un sogno può essere. Coraggioso,
come un principe delle favole. Capace di scrutarti dentro, e di parlare
alla tua anima. Misterioso, con quelle striature verdi che ti ricordano
che appartiene ad un altro mondo… Oh, cavolo, l’ho pensato ancora! A
questo mondo, non ad un altro!
Lui scosta prudentemente alcuni rampicanti. “Posso parlarti,
Luce di Meridian?”.
Gli fa un sorriso imbronciato. “Vieni, caro. Ma per te,
sono semplicemente Elyon!”.
“Non c’erano dubbi su dove trovarti!”, le dice avvicinandosi.
Lei gli fa cenno di sedersi accanto. “Conosci posto migliore,
in questo palazzo?”.
“Per una regina, sì”. Inarca un sopracciglio.
“Almeno, sei stata attenta a non respirare il polline?”.
“Ancora queste raccomandazioni?”, risponde imbronciata.
“Non sono una sprovveduta”.
Anche lui prende posto sul pendio, accanto a lei. “Miriadel
mi ha raccontato di poco fa. Ci è rimasta molto male”.
Elyon sospira. “Lo so. Le chiederò scusa”.
Prende fiato. “E’ che non capisco la sua insistenza! Io non so nulla delle
questioni su cui vuole farmi decidere! Sono sicura che tu, lei e cento
altri sapreste farlo molto meglio di me”.
Lui attende a rispondere. Alla fine, esala: “Su questo
hai ragione. Ma c’è un’altra cosa”.
“Come?”. Lo sguardo di Elyon è sorpreso. Non è
quello che si era sentita rispondere finora. “E allora, spiegami, perché
mi hai sempre detto le stessissime cose di Miriadel, prima di oggi?”.
Caleb si guarda attorno mentre cerca le parole. “Partirò
da lontano. Nella società di tutto questo mondo, ciascuno sa quale
è il suo dovere secondo le leggi e le convenzioni. Ma perché
deve attenersi?”.
E’ un indovinello? “Mah… per morale?”.
“Anche. Ma se uno volesse sgarrare?”.
“Per non essere punito… credo”. Dove vuole arrivare?
‘Eppure, quasi ovunque, le punizioni previste non sono così terribili’.
Lui riprende: “Eppure, quasi…” .
“Te l’ho già letto nel pensiero, Caleb, và
avanti”.
“Hai ragione, la faccio breve. Tutti stanno al loro posto,
perché il loro superiore può individuare ogni cattiva intenzione,
ogni malefatta, proprio leggendo il pensiero”.
“Opprimente!”, esala lei, alzandosi in piedi.
“No, se è usato bene. I capi non devono sapere
tutto dei loro sottoposti, ma sanno porre le domande giuste e scrutare
le reazioni. Sono capi anche per questo!”.
Elyon sbuffa. “Non ti è venuto in mente che tutto
ciò si presti ad una tirannia orribile?”.
“No! Io so bene cos’è la vera tirannia, e non
è questa! I controllori non possono abusare della loro posizione,
sono a loro volta controllati. Così, di gradino in gradino, si arriva
ai feudatari, ai conti, ai delegati della Luce di Meridian…”.
“… ed alla regina stessa. A me. Volevi arrivare qui?”.
“Sì. Lasciami continuare. Se uno qualunque degli
anelli intermedi non funziona, può essere individuato e sostituito.
Ma il gancio che tiene su tutto è proprio la Luce di Meridian. Le
persone si aspettano la sua attenzione, si aspettano che lei legga dentro
di loro per capirne le paure, i bisogni, ed apprezzarne la lealtà”.
“Caleb, anche tu sai leggere i pensieri. Anche Miriadel”.
Scrolla le spalle. “Quasi tutti lo sanno fare, chi più, chi meno”.
“Ma il potere psichico di una regina Escanor è
molto maggiore. Elyon, tu non lo hai ancora sviluppato pienamente, ma quando
ci sarai giunta, nessuno potrà sperare di ingannarti, come potrebbe
anche succedere a me ed a Miriadel.
Lei si tormenta le mani. “Potrei potenziare i vostri
poteri. Ho già letto come fare. Nella biblioteca segreta… ”.
“No, non basterebbe. Questa organizzazione può
funzionare bene se c’è un solo vertice. Immagina che due sottoposti
siano senza controllo, ed entrino in competizione per ottenere più
potere o vantaggi personali…”.
Lei sbuffa. Sente che, ancora una volta, la logica
ineccepibile del sistema la sta avvolgendo senza lasciarle uscita. “E se
fossi proprio io a volere più potere o vantaggi personali?”. Sa
già la risposta.
“Elyon, la Luce di Meridian ha già piena autorità
su tutto. Non può desiderare più potere di quello che ha.
Questo garantisce l’imparzialità del suo operato”.
“E mio fratello Phobos, allora?”, chiede lei, in un ultimo
tentativo di ribellione all’evidenza.
“Phobos era un usurpatore. Ha agito da tiranno proprio
perché ha voluto un potere che non gli spettava”, continua Caleb,
calmo e sicuro. “Poi ha guardato nelle coscienze dei suoi collaboratori
solo con il sospetto di trovarci critiche, ed ovviamente le ha trovate.
Così ha quasi distrutto una intera generazione di telepati di corte,
quelli che servivano per tenere unito questo mondo, e li ha rimpiazzati
con esseri artificiali, i mormoranti. Io ho assistito con i miei occhi
a tutto questo!”.
Elyon gli afferra convulsamente una mano. “Anche un mormorante
può avere una coscienza!”.
Caleb accarezza con delicatezza le mani di lei, finché
non sente la sua presa divenire più naturale. “Lo so, Elyon”. La
guarda, cercando di infonderle sicurezza. “Ma non ho ancora finito di spiegarmi.
Questo sistema gerarchico è stato quasi distrutto a Meridian, la
capitale, ma in tutto il resto di questo mondo funziona ancora, a livello
di contee. Ebbene, bisogna dimostrare ai conti che la Luce di Meridian
è tornata nel pieno delle sue funzioni prima che questi si macchino
di azioni che poi li rendano restii ad accettare un controllo: corruzione,
guerra, abusi. Devi riprendere il ruolo che fu di tua madre e di tutte
le regine Escanor del passato. Fallo subito, o l’esitazione di oggi sarà
la causa delle guerre di domani”.
Elyon tace a lungo, oppressa da un peso enorme. Alla fine,
esala, quasi inudibile: “Perché io?”. Sa già la risposta.
“Sei la sola che…”.
“Questo lo so, fin troppo bene!”, Elyon trattiene a stento
le lacrime. “Maledetta discendenza! Se non fosse per questo, noi due saremmo
liberi! Potremmo…”. Appoggia il viso alla sua spalla, cercando di nascondere
le lacrime.
“Elyon cara…”. La accarezza sulle guance, sul collo.
Gioca con le sue trecce. Quando lei alza il viso, le dà un bacio
sulla fronte, e le chiude le labbra sfiorandole con un dito. “Elyon, ne
abbiamo già parlato”.
“Ti prego, Caleb. Ti prego!”.
Lui scuote il viso tristemente. “Elyon, lo sai. Se fossimo
solo un uomo ed una donna, non esiterei un attimo. Ma io sono stato creato
come un mormorante, ed anche se ho voluto diventare un uomo, con tutto
me stesso…”.
“Non dirlo!”. Gli mette una mano sulla bocca. “Tu lo
sei! Hai l’aspetto, il cuore, il modo di sentire di un uomo. La tua forza,
il tuo…”.
Caleb scuote la testa. “Non basta, purtroppo. Lo sai
anche tu: volontà, amore, magia non hanno effetto fin dentro quelle
che tu chiami le cellule del corpo. Io non sarò mai in grado di
darti dei figli”.
“Figli… Ho pochi, troppo pochi anni per parlare di figli!”.
Si copre il viso. “Non so più neanch’io quanti anni ho. Per la Terra,
ne avrei sedici…”.
Caleb scuote il capo. “Elyon, la mia lealtà verso
la Luce di Meridian va al di là di questa persona -indica
sé stesso - che vorrebbe essere, e non lo sarà mai, un semplice
uomo come gli altri. Per il bene di questo mondo, tu dovrai generare quella
che sarà la prossima Luce di Meridian. La più potente regina
e maga della sua era”.
Lei alza il viso, cercando i suoi occhi. “Passeranno
anni, forse molti più di quello che possiamo immaginare ora. Perché
buttare via la possibilità di essere felici assieme?”.
“Il futuro ha radici nel presente. Questa sarebbe una
strada senza uscita, o ci costringerebbe a compromessi che ci peserebbero
troppo. Forse passeranno davvero moltissimi anni, ma ciò non toglie
che tu sei l’unica che può farlo. E non con me”.
Elyon china di nuovo il capo. “E questo sarebbe il potere
che mi spetta? Quello di cui non potrei desiderare di più?”.
“Sai che ho ragione. Mi costa dirlo, mi costa tanto.
Ma è meglio se usi il tuo stesso potere per dimenticare almeno un
po’ di ciò che proviamo”.
Alza gli occhi, quasi inorridita. “E tu?”.
“E io… non preoccuparti, resterò il tuo fedele
amico ed attendente”.
“No! Continueresti a soffrire!”.
Caleb respira a fondo. “Allora prepara una pozione anche
per me. Fallo, e domani saremo più sereni, tutti e due”.
Lei lo stringe a lungo. “Non posso, Caleb”.
Lui le accarezza i capelli. “Ti prego, Elyon. Fallo per
Meridian, e fallo per me”.
Elyon continua a stringerlo. Lentamente, i suoi sussulti
finiscono, ed alza gli occhi arrossati verso i suoi. Studia ancora il suo
sguardo deciso. Lentamente, fa un assenso con la testa. “Andiamo nel mio
laboratorio”.
Quando il giardino tremula e svanisce tutto attorno,
i loro sguardi restano fissi l’uno nell’altro.
L’ambiente che riappare ai loro occhi è immerso
nella penombra. In risposta ad uno sguardo di Elyon, i tendoni pesanti
si divaricano, facendo entrare la luce del pomeriggio nello stanzone bianco
e disordinato. Due grandi tavoli mostrano alambicchi e fornelli che non
stonerebbero in un laboratorio di alchimia. Alle pareti, otto grandi specchi
deformanti rimandano immagini grottesche. Su un lato, vocino ad una porta,
c’è una specie di salottino spartano con un divanetto, un tavolino
e due poltrone. Nelle vetrinette, teste di bronzo e di legno, monili e
ciondoli fanno compagnia a libri e a flaconi etichettati con gli antichi
caratteri di Meridian o con quelli, ancora più arcani, di un altro
mondo chiamato Terra.
Caleb conosce quel locale, e rabbrividisce. Prima che
della Luce di Meridian, questo laboratorio fu di Phobos.
Elyon va ad un armadietto, con il passo rassegnato di
un condannato a morte. Estrae due bustine di carta di un vivido colore
giallo. Le mostra a Caleb, studiandolo alla ricerca di qualunque segno
di esitazione, ma non ne vede. “Ecco, caro. Queste ci aiuteranno”.
Estrae due bicchieri, e li riempie d’acqua da una fiaschetta. Strappa le
bustine, versando la poverina, gialla come la carta che la contiene.
Caleb alza il suo bicchiere davanti agli occhi. Studia
come la polverina, sciogliendosi lentamente, evidenzia le minime correnti
nel bicchiere dividendosi in filetti colorati che si diffondono lentamente
nell’acqua, quasi come sottilissimi tentacoli. Qualcosa che afferra i ricordi
e li trasforma in…
Cerca di scacciare il pensiero amaro con una domanda
banale. “Così giallo… è fatto con il polline dei konnestras?”.
“Anche. Ma c’è ben altro”. Lei fa una smorfia
impercettibile, come se il pensiero la disturbasse ancora di più.
“Caleb, questo filtro funziona così: subito prima di berlo, e finché
non fa effetto, devi pensare al colore giallo, ed al tempo stesso ai ricordi
che vuoi dimenticare”. Allunga la mano verso una scatoletta, e ne estrae
una benda di trasparente tessuto giallo. “Questa può aiutarti a
visualizzare”.
Lui la prende in mano per un attimo, e vi guarda attraverso.
“Tu la userai?”.
“No. Sono allenata. La visualizzazione è il punto
di partenza di quasi tutte le magie”.
Lui rende la benda gialla con un gesto garbato. “Non
credo di averne bisogno neanche io, grazie”. Osserva che nella stessa scatola
ve ne sono anche di rosse, e alcune con una sottile fascia azzurra. “E
quelle, a cosa servono?”.
Elyon ne estrae tristemente dei lembi. “Questa pozione
funziona in modi diversi a seconda di cosa visualizzi mentre la prendi.
Giallo, per dimenticare. Rosso, per imprimersi un ricordo fasullo. Azzurro,
per ripristinare i ricordi originali”. Li ripone, sospirando. “Però,
oggi non ci serviranno”.
Lo guarda a lungo. Spera ancora di percepire un’esitazione.
“Sediamoci, amore mio. Questa roba ci farà addormentare come sassi
per un po’”.
Caleb si accomoda accanto a lei, sul divano. “Hai scelto
bene, regina. Domani staremo meglio, tutti e due”.
“Elyon! Per te, per sempre, solo Elyon”. Esita. “Caleb,
amore mio, è l’ultima volta… Non vorresti…”.
Lui le tiene una mano. “Elyon, ti prego, è già
difficile così. Non facciamoci mancare il coraggio, ora che lo abbiamo
trovato!”.
Lei assente. Il gesto di asciugarsi la guancia con una
manica vanifica il suo tentativo di espressione stoica. “Domani staremo
meglio… ma ora, è un po’ come un…”. Un groppo alla gola le impedisce
di completare la frase.
Prende fiato, e trangugia in un fiato il suo bicchiere.
‘E tu?’, sembra dire il suo sguardo di attesa, che in
pochi secondi sfuma in un sonno senza sogni.
Caleb attende ancora qualche istante, poi si alza a vuotare
il bicchiere nel lavello.
La guarda. E’ stata le scelta giusta, per lei.
Da parte sua, Caleb non vuole dimenticare. Chi vorrebbe
essere un uomo vero non ha il diritto di sfuggire questa prova.
Si china a sollevarla. Pesa poco, sembra più una
bambina che una donna. Si incammina verso l’uscita, per le scale che scendono
dalla torre.
Domani mattina la Luce di Meridian si sveglierà
nel suo letto, con un’angoscia in meno. Sarà lui a portare tutto
il peso di quell’amore impossibile, come ora porta lei, afflosciata, incurante
degli sguardi allarmati dei servitori.
Forse sarà l’ultima volta che la tiene tra le
sue braccia.
Questa storia è nata come una riscrittura,
non ancora pubblicata, del cap. 3 di Profezie. La prima pagina conserva
una certa somiglianza con l’originale, ma tutto il resto della storia è
assolutamente inedito, e costituisce un racconto autoconclusivo pubblicato
per partecipare ad un contest.
La memoria ed il ricordo, temi del concorso, sono
stati interpretati come una alterazione del ricordo di un amore impossibile.
Il colore, altro tema, è il giallo ricorrente
nei fiori, nella pozione, e nella tecnica di visualizzazione necessaria
a farla funzionare.
Ringrazio Eleuthera per il suo graditissimo aiuto
come beta-reader, e tutti i lettori che, come ha già fatto Crimsontriforce
: ), vorranno lasciare un commento.
MaxT