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Autore: redeagle86    24/04/2008    7 recensioni
Un breve scorcio nel passato di Kei su cui domina un solo colore...il rosso!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rosso…

Rosso

 

Nel solito belvedere in cui si svolge praticamente il 90% dell'anime, Kei Hiwatari si interroga sul passato, che lo raggiunge in brevi flash rievocati da delle parole. E si accorge che su tutto domina un solo colore…il rosso.

 

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La fanfiction ha partecipato al concorso "La memoria e il ricordo" indetto da Izumi e Nanochan.

 

(Non pensate che lo scriva per vantarmi…ma dovevo farlo per poterla pubblicare…-__- NdA)

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Rosso…

È questo il colore dei miei ricordi.

Rosso su ogni cosa…rosso ovunque.

Rosso.

L'unica tinta netta in quel passato confuso.

L'unica cosa che ricordo senza alcuna esitazione.

Rosso vivo, che imbratta la pelle e non va più via.

E quell'odore… Metallico, acre, come quando si tengono in mano delle monete. Quell'odore che si attacca addosso e lì resta, eterno promemoria di un incubo.

Un macabro post-it. Questo è il mio trascorso, ciò che mi sta alle spalle.

Com'era quella frase? Ah, già…

"Noi possiamo chiudere con il nostro passato, ma il nostro passato non può chiudere con noi"…

Quanta verità in poche parole.

Non per niente quel colore è sempre lì, davanti ai miei occhi.

Rosso…le piume di Suzaku.

Rosso…il fuoco vivo.

Rosso…inevitabilmente…il sangue.

Rosso…solo e soltanto rosso.

Una persecuzione. Una crudele eternità. Una fuga senza speranza.

Fuga…

Anche questo fa scorrere all'indietro il nastro della mia vita.

 

Il bambino che corre per i corridoi, svoltando ad ogni biforcazione, affannato… Negli occhi il terrore, sulle mani ancora quel maledetto rosso. E il labirinto di pietra che apre le sue fauci davanti a lui e lo inghiotte, incurante della sua paura, del suo tentativo di fuggire da quei piani di potere che non gli appartengono.

 

No, non erano miei quei piani di gloria, anche se hanno tentato di convincermene.

Erano le fantasie di chi non si faceva scrupolo ad usare innocenti come gradini per giungere alla tanto sognata vetta.

Perché i loro progetti si nutrivano della nostra fantasia.

Per quanto mi riguarda, la fantasia non me l'hanno strappata le violenze. Non con le torture.

Solo con un colore.

Solo quando mi sono reso conto che anche il mondo al di là del vetro era di quel colore.

Rosso…violento, intenso.

Rosso…rivoli che scorrono lungo le pietre, quasi fosse il pavimento stesso a generarlo, troppo impregnato di quel liquido.

Rosso…quello che non ho provato sulla mia pelle.

Rosso…un cognome che ne aveva fatto scorrere a fiumi.

Altri ricordi…altro dolore.

 

Le punizioni che non vengono inferte a quel bambino. Le punizioni che subiscono i suoi compagni. Anche per colpa sua.

Il bambino intoccabile, per via del cognome che porta.

Il rosso che lo raggiunge, lo sfiora, sporca la sua anima candida.

Caldo, pesante, accusatore.

Quel colore sembra in grado di trapassare la pelle e giungere al suo essere, marchiandolo come un animale.

 

Animale…le bestie al macello sono certo trattate meglio.

Eravamo vittime sacrificabili sull'altare del successo, per riempire con il nostro sangue il calice della gloria.

Questo è il mio passato, ciò che la mia memoria conserva.

O forse sarebbe meglio dire che i miei ricordi sono inchiodati nella mia mente, in fila uno dietro l'altro, come in esposizione. Tutti lì, cupo museo degli orrori. Una storia di vita che cancellerei volentieri.

Nemmeno il paesaggio sereno del belvedere di Tokio concede un minimo di pace al mio animo logoro e consumato. Niente mi libera dal rosso.

Guardo il mare. È calmo, tranquillo. La sua superficie piatta dovrebbe trasmettermi almeno un po' di serenità.

Invece non ci riesce.

Perché i miei occhi non lo vedono. Vedono le bianche distese russe.

E i corpi abbandonati sulla neve. Il bianco che diventa rosso.

Non c'è una sola immagine di gioia nei miei ricordi.

Solo fotogrammi sfocati, su cui il rosso cola le sue tinte.

Non c'è che dolore.

Tranne…

Un dubbio.

 

Yuri, ferito. Il lupo stanco che non ha più bisogno di combattere ancora.

Il rosso che impregna la sua tuta chiara.

E una luce nei suoi occhi. Una luce che Kei non riesce a spiegarsi.

 

Cos'era quella luce?

Io non lo so.

Davvero non ne ho idea. Il ricordo dei suoi occhi celesti, illuminati da qualcosa che mi è indefinibile, è una foto che mi accompagna da quando ho lasciato la Russia.

Cos'era quella luce?

Ogni risposta che posso concepire mi pare troppo assurda e inverosimile per corrispondere al vero. Speranza? Può davvero esistere per chi come noi è sceso all'inferno e ne è tornato?

Possibile che il Signore del ghiaccio abbia nel cuore più calore della Fenice? Io, che ero tornato in quell'oblio per sete di potere, che conosco il mondo al di là delle mura del monastero, non ho alcuna visione rosea del futuro…

Lui, che non ne è mai uscito, vede il mondo al di fuori come un paradiso di occasioni e di opportunità.

Forse sta lì il problema, forse proprio perché ancora non sa che dentro o fuori non c'è differenza, che il colore che domina è solo uno. Ed è lo stesso.

È come un bambino che vede il mondo per la prima volta.

Tra qualche settimana ripiomberà nel gelo che gli appartiene, che ha costruito negli anni per difendersi da Borgof e dagli orrori che lo circondavano.

Eppure non può essere tutto così orrendo…

Deve pur avere un senso questa vita…

Altrimenti perché ci è stata donata?

 

°*°*°*°*°

Un suono rompe il silenzio del belvedere.

Qualcosa batte leggermente contro la mia scarpa.

Abbasso gli occhi: un beyblade si è fermato ai miei piedi.

Lo raccolgo e mi volto: alle mie spalle i Bladebreakers si stanno avvicinando a me.

Takao ha quel suo solito sorriso raggiante, quel sorriso che fa pensare ad una giornata di sole.

Che ti fa credere che non abbia mai incontrato un problema o un'avversità.

Ma so che non è così. so che quello è il suo modo per lasciarseli alle spalle.

Mi tende una mano…

 

-Kei…

Yuri lo sta chiamando. Il bambino dagli occhi purpurei si gira e vede il compagno aprire la porta della cella e tendergli una mano, con un sorriso.

-Cosa fai qui?

-Ti tiro fuori dai guai…è a questo che servono gli amici, no?- risponde l'altro.

-Ti puniranno…

-Non importa. Andiamo.

Un attimo di esitazione, poi Kei la afferra.

Ghiaccio e fuoco…bianco e rosso…un'amicizia sincera…

 

Questa volta sono io il ghiaccio e Takao è il fuoco.

E con questo contatto, capisco che il rosso può essere cancellato, che non è il solo colore nella mia esistenza.

Non lo è mai stato.

Ed è lì che ritrovo anche dei ricordi sereni, in mezzo al dolore.

Lì, dove il mondo, per me, ricomincia.

 

Fine

 

 

Lo so che sembra strano ma a volte riesco anche a scrivere qualcosa di diverso dalla KxH o dalle mie solite storie sentimentali. Chi meglio di Kei può parlare del passato?

Bhe, aspetto i vostri commenti…anche per dirmi che è orribile…

Baci!

  
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