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Autore: alivinghope    11/11/2013    1 recensioni
Il suo inconscio lo tormentava con un sogno – sempre lo stesso – che lo faceva sentire amato, rispettato e protetto.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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John non si era mai sentito così strano in vita sua. Certo, ricordava sempre ciò che sognava, soprattutto se si trattava di incubi concernenti la guerra. Ma questo sogno proprio non riusciva a ricordarlo: al mattino, quando finalmente si svegliava, sentiva addosso una sensazione di benessere che non gli apparteneva. E, puntualmente, cercava di ricordare gli eventi verificatisi nel mondo onirico, ma i suoi sforzi risultavano sempre vani. Andò avanti in questo modo per una settimana, ma doveva assolutamente ricordare. Sapeva che, se avesse lasciato in sospeso la situazione, avrebbe perso qualcosa. Un’occasione, forse.


Sherlock non dormiva quasi mai: era in grado di dormire anche solo per tre ore ogni paio di giorni ed il suo corpo non ne risentiva. D’altra parte, Holmes non era propriamente quel tipo di persona che si definisce “normale”. Anzi, tutto in lui gridava “straordinario”. Eppure, per cose inutili e noiose come i sogni era una persona comune. Il suo inconscio lo tormentava con un sogno – sempre lo stesso – che lo faceva sentire amato, rispettato e protetto. Si disse che erano idiozie: i fatti, mancavano i fatti. E lui era uno scienziato sposato col suo lavoro, a chi avrebbe dovuto credere? A qualche scherzo giocatogli dai suoi neuroni a riposo? Eppure. Eppure quella sensazione non se ne andava mai, ma tornava sempre, ogni mattino.

~
 
221B Baker Street, Londra.
03:30 a.m.


 – John? – mugugnò il detective con la voce roca di sonno.
Si alzò pesantemente dal divano in pelle e scosse i ricci, per togliersi quella sensazione di dosso che proprio non voleva andarsene. Le gambe lunghe ed agili lo portarono velocemente sulle scale, davanti alla porta socchiusa del coinquilino, dalla quale proveniva uno spiraglio di luce chiara.
Con due nocche bussò lievemente sul legno scuro e sentì la risposta immediata dell’altro, come se lo stesse aspettando.
La testa riccia fece capolino nella stanza e trovò un John immerso nei pensieri, appoggiato con la schiena contro la testiera del letto.
 – Cosa c’è che non va? – gli chiese il dottore.
Al che, Sherlock non sapeva cosa rispondere. La verità era che andava tutto bene, meravigliosamente bene.
 – Nulla, ma…mi sento strano. – riuscì a dire con voce incerta. Notò lo sguardo di John farsi più accigliato mentre lo analizzava accuratamente.
 – Per caso…per caso ti senti…uhm…sollevato? E altre cose simili? – chiese cauto John, mentre si gustava la scena di Mr. Ultima Parola che rimaneva immobile e completamente spiazzato dalla sua domanda.
 – Come fai a saperlo? – tipico di Sherlock rispondere con un’altra domanda. Ma il dottore se l’aspettava: non era una situazione normale quella, dopotutto.
 – Perché è esattamente come mi sento io. Forza, vieni qua. Dormiamo e cerchiamo risposte a mente fredda domani mattina. – la mano di John dava colpetti sulla parte di letto libera accanto a lui. Non si sentivano a disagio, avevano già dormito insieme prima. Per cui, Sherlock si stese sotto le coperte blu di John ed iniziò a rilassarsi quando sentì il respiro dell’amico farsi pesante e regolare.

La prima cosa a cui fece caso, era l’assoluta mancanza di luce. Tutto era nero pece e silenzioso. Non vedeva la strada sotto di sé, però poteva sentire il cemento solido sul quale aderivano i suoi passi man mano che avanzava. Non sapeva quanto ancora avrebbe dovuto camminare, ma avvertiva il bisogno pressante di farlo. I piedi sull’asfalto si rincorrevano in una danza senza fine e lui sentiva sempre più vicina una serenità smisurata. Pace.
Ed in quel momento lo vide: vestito completamente di bianco, gli veniva incontro e gli porgeva una mano, con un sorriso mellifluo sulle labbra e gli occhi lucenti.



Si svegliarono di soprassalto: gli occhi sgranati e i corpi intrecciati perfettamente. Non ebbero la forza di muovere un muscolo per i primi dieci minuti, nonostante avessero la consapevolezza di essersi destati improvvisamente entrambi.
 – John… – lo chiamò allarmato il moro.
Il medico deglutì senza nemmeno preoccuparsi di nascondere la sua sorpresa.
 – Si, Sherl? – la voce era roca e quasi stridula e non era certamente colpa della sveglia improvvisa, tutt’altro.
 – Ho capito perché mi sentivo sempre così…così. –  
 – Credo di averlo capito anch’io. – asserì John.
Un sorriso incerto andò ad increspare le labbra del detective prima che questo venne coperto da quelle esperte e sottili del medico. Rimasero così, quella domenica mattina di Novembre, cullati dalla pioggia che batteva insistente sui vetri della finestra. Rimasero così: un groviglio di gambe, braccia e coperte; labbra che si cercano e sorridono. Dita che si intrecciano strette, a proteggere un amore così intimo e speciale che poteva essere solo il loro.
 



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N.D.A.
Okay. Probabilmente non si è capita una cippa. Metto in chiaro un paio di cose:
- si tratta di un sogno sincronico, ovvero uno stesso sogno (oppure uno simile) che fanno due persone legate da una relazione particolarmente stretta.
- quel "lui" del sogno, per Sherlock è John e viceversa. Spero si capisca, ma meglio spendere due parole in più, no? x)

Mi vergogno anche a definirla one-shot. Chiamola one-mini-shot.
Ad ogni modo, mi mancava tartassare il fandom e siccome sto rivestendo tutte le mie energie in una storia di stampo decisamente diverso, avevo bisogno di una piccola distrazione. Et voilà! 
Sentirete presto parlare di me di nuovo, non vi abbandono mai anche se vi piacerebbe!
A presto cupcakes!





 
  
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