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Autore: Fflang    12/11/2013    0 recensioni
Il tempo può guarire, ma le cicatrici possono nascondere come ti sei sentito

Ed è dura dimenticare che ti ho fatta aspettare.
Quando tutto è stato detto, io avrò dei rimpianti,
Pensavo di potercela fare ma poi ho visto il tuo viso e non sono riuscito a fingere.
Dimenticheresti ogni cosa se solo trovassi un modo, e io riporterei indietro ogni cosa se potessi farlo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Every Rose
Has
His Torn



Capitolo 1 Life After You

 

Ci sono delle notti in cui mi sveglio all'improvviso e credo che la mia vita sia stata solo un brutto sogno, dal quale, finalmente, mi sono svegliata. Poi gli occhi si adattano al buio, il buio della mia vita e a quello della mia stanza, e allora realizzo che è tutto vero. Che non sarà più come quando ero piccola, che le cose non andranno bene per magia, che le cicatrici che ho nel cuore continueranno sempre a fare male come se le ferite fossero ancora aperte e continuassero a sanguinare. 

Il sonno scompare e i pensieri iniziano a soffocarmi come se avessi un sacchetto sulla testa. Il respiro inizia a mancare e a volte vorrei davvero smettere di respirare perché il dolore al petto smetterebbe, ma alla fine il mio corpo si ribella a ciò che voglio fare e si alza dal letto all'improvviso.

Fuori dalla mia camera c'è il silenzio più assoluto, solo il rumore dei miei passi sul pavimento. E' una casa grande per tre persone, tra un po' quattro. Ma a papà piace. Piace a tutti. Per me è solo un posto dove stare.

Scendo le scale lentamente per non fare rumore e non svegliare gli altri. 

Mi dirigo verso la cucina, dopo apro il frigo e prendo il latte per poi versarmelo in un bicchiere. Guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che non è poi tanto buio come mi aspettavo, il sole sta per sorgere. Esco dalla cucina, mi dirigo verso la terrazza e apro le finestre. Il freddo vento autunnale mi investe facendomi rabbrividire. Mi porto il bicchiere alle labbra e mi siedo sul dondolo guardando davanti a me.

 Tre anni. Sono a NewYork da tre anni. Tre anni che non torno a Londra. Tre anni che non vedo mia madre, mio fratello e i miei amici. Tre anni che Tu non ci sei più. Tre anni che sono scappata dal mio passato come una codarda. Tre anni che il mio passato mi insegue come un’ombra. Che schifo.

Sospiro. Chiudo gli occhi.

-Dovresti dormire, domani sarà una giornata lunga.- sorrido. 

O almeno ci provo. Stefanie, la moglie di papà. All'inizio non sapevo come comportarmi con lei. Si comportava come se dovesse prendersi cura di me solo perché stava con papà, solo perché le facevo pena. Poi un giorno mi ha preso in un angolo e ha iniziato a parlarmi come se fossi sua amica, voleva provare a capirmi. Voleva una famiglia unita. E così anch'io ho provato a capire lei. 

-Quella che dovrebbe riposare sei tu. Sei incinta.- le rispondo guardando il suo pancione di otto mesi. Lei ridacchia venendo a sedersi vicino a me, con non poca fatica. E' enorme e faccio seriamente fatica a pensare che lì dentro c'è ne sia solo uno. 

E' proprio perché sono incinta che non riesco a riposare. Tua sorella non ha fatto altro che muoversi e scalciare per le ultime due ore.- dice accarezzandosi la pancia dolcemente. Mia sorella. Chissà come sarà. Gli occhi azzurri di papà e i capelli biondi di Stefanie. 

-Allora sei eccitata per domani?- mi domanda lei indicando un punto indefinito davanti a noi. Scuoto la testa negativamente. 

-Non so ancora come mi sento.- rispondo sincera. Domani torno a Londra dalla mia famiglia. Jeremy, il mio fratellone, si sposa fra tre settimane, vorrebbe che ci fossi.

Credo che sia giusto, Stefanie e Papà potranno godersi la nuova arrivata come una vera famiglia senza avere casini per la testa. 

-Vedrai che andrà bene.- dice accarezzandomi la spalla. Le voglio bene. E non so come lei faccia a volerne a me con tutti i guai che ho causato da quando sono qui. Davvero è un mistero questa donna.

 

-Non mi sembra vero che tra poche ore non ti vedrò in giro per casa a ciondolare.- mi dice ridacchiando. Sorrido. 

-Io dico che ti piacerà un sacco.- dico ironica.

-Oh avanti, non è vero. Ti vogliamo bene, anche quando esci di casa senza dirlo, quando non ci torni per due giorni e quando fai danni a scuola.- dice imbronciandosi leggermente. Rido e dopo poco anche lei.

-Scusa.- dico facendomi seria. Lei mi sorride dolce.

-E di che? Movimenti le giornate, e anche se tuo padre non lo dice si diverte.- dice sorridente.

-Davvero?- domando confusa. Non mi sembra che ogni convocazione dal preside si presentasse ridendo, anche se dopo un po' ha smesso di chiedere cosa fosse successo e si scusava semplicemente.

-Beh no, ma immagino che lui facesse anche di peggio alla tua età.- mi risponde allegra. -E pensa che adesso arriverà un altro tornado a rompergli le scatole. Di questo passo gli diventeranno tutti i capelli bianchi- dice ridendo sguaiatamente. Povero papà. Le donne della sua vita lo uccideranno per i troppi colpi che gli faranno venire.

-Di pure che diventerà completamente calvo.- dico io ghignando.

-Che state facendo voi due qui fuori?!- urla guardandoci male. Noi ci voltiamo e lo osserviamo sorridenti. Lui scuote la testa e sospira. Bravo papà, sta imparando.

-Stavamo solo chiacchierando, Charlie.- dice Stefanie, alzandosi ad abbracciarlo. Lui le sorride e l'accarezza sul ventre tondo. 

-Alle cinque del mattino, si dorme. Inizio a pensare che voi non siate normali.- dice tornandosene dentro borbottando. Lei si gira ad osservarmi sorridente. Mi alzo anch'io e rientriamo in casa.

-Preparo la colazione, voi andate a vestirvi, tra tre ore hai l'aereo.- dice lei entrando in cucina, riferendosi a me. Annuisco e mi dirigo di nuovo in camera mia.

Le valige sono già pronte. I vestiti da mettere anche. E io? Io spero tanto di esserlo.

Sospiro entrando nel mio bagno per lavarmi. Ah se si potessero lavare via di dosso i ricordi! L'acqua diventa calda in pochi secondi. Prendo lo spazzolino e vi metto il dentifricio sopra, poi dopo essermi tolta il pigiama, entro nel box doccia infilandomi sotto il getto bollente dell'acqua.

 

Cosa succederà quando l'aereo atterrerà? Cosa risponderò quando mi chiederanno come sto? 

 

Qui è sempre stato facile. Nessuno sapeva,a scuola sono sempre stata per conto mio, niente amici, solo conoscenti con qui stare durante la pausa pranzo e uscire qualche volta. Nessuno sapeva, nessuna faceva domande, io stavo meglio, se stare così poteva definirsi meglio. 

Risciacquo i capelli dallo sciampo e chiudo il rubinetto uscendo gocciolante dalla doccia avvolgendomi solo in un piccolo telo. 

Mi guardo allo specchio. Cazzo, sono stravolta. 

Scuoto la testa e decido di non guardarmi più allo specchio. Prendo i miei vestiti e li indosso velocemente. Qualcuno bussa.

-Avanti.- dico cercando le mie scarpe sotto il letto. Le prendo.

-Bea..- mi chiama mio padre. Alzo la testa, torno in piedi sedendomi sulla sedia della scrivania.

-Che succede?- chiedo guardandolo. Siamo più simili di quanto credevo. E'  preoccupato. 

-Sei sicura di voler andare? Voglio dire, puoi stare cui, se ti fa star bene.- mi dice mettendosi la mano tra i capelli. Mi alzo ancora senza una scarpa e mi avvicino a lui. 

-Mi manca la mamma, e Jeremy si sposa, voglio esserci per lui.- Annuisce incerto. 

-In qualsiasi momento, chiamami, e torni a casa. Capito?- mi dice poggiandomi le mani sulle spalle. Annuisco.

-Fa la brava, ti prego, non voglio rischiare di perderti ancora.- mi sussurra all'orecchio. Oh papà. 

-Ti voglio bene anch'io.- gli dico per poi staccarmi e iniziare a mettermi l'altra scarpa. Non lo guardo. Lo sento semplicemente sospirare, i suoi piedi dirigersi verso la porta che si chiude lentamente.

 

Sono pronta. Pronta per partire, pronta per rientrare a casa. 

 

Nella terra di Dei e Mostri, Io ero un Angelo che viveva nel giardino del Diavolo.

 

   
 
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