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Autore: Violet Sparks    12/11/2013    3 recensioni
Chi disse: "Preferisco avere fortuna che talento" percepì l'essenza della vita.
[Seblaine, MatchPoint!AU. Per la sfida di Fiby_elle]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Match Point
È incredibile come cambia la vita
se la palla va oltre la rete o torna indietro,
no?
 

La casa dei Clarington era immensa, arredata con lusso, a dimostrazione di tutta l’opulenza che contraddistingueva i suoi proprietari. Consisteva in una di quelle tenute in campagna di fine ottocento, dalle rifiniture classiche e le scalinate di marmo, probabilmente appartenuta a qualche personaggio della nobiltà inglese, il cui nome restava tutt’oggi impresso sui libri di storia.

Per Sebastian, piccolo istruttore di tennis dalle modeste origini francesi, era quasi un onore poter entrare come ospite in quelle stanze meravigliose, stanze di cui pensava avrebbe continuato a leggere solo nei suoi numerosi romanzi o a vedere nei quadri ornamentali di qualche negozio di antiquariato.

Mentre accettava l’ennesimo bicchiere di prosecco, annuì brevemente ad un commento del signor Clarington sull’Aida di Verdi, argomento che stavano affrontando da più di mezz’ora.

Non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe stato invitato ad una festa così esclusiva, in mezzo al fior fior dell’alta società inglese, tra uomini d’affari delle più alte sfere e nobili decaduti dalla tradizione antichissima. Aveva lasciato il tennis professionistico da un paio d’anni, Sebastian, dopo una carriera soddisfacente, ma non certo brillante. Si era trasferito a Londra coi soldi che aveva accumulato negli anni, grazie al suo agente e qualche sponsor fin troppo generoso, con una buona dose di fortuna aveva trovato lavoro come istruttore quasi subito, in un club esclusivo dove veniva pagato più per far vincere i suoi soci presuntuosi e aver pazienza con le loro mogli, che per insegnare realmente qualcosa.

Era stato lì, tuttavia, che aveva conosciuto Hunter Clarington.

Hunter era figlio di famoso imprenditore inglese, uno di quegli uomini di polso che dal nulla erano riusciti a creare un impero e per questo, secondo Sebastian, meritavano tutta la sua stima. Con Hunter era stato piuttosto facile creare un legame d’amicizia: dopotutto, il ragazzo sembrava essere il suo unico coetaneo lì al club – nonché l’unico ad essere in grado di tenere in mano una racchetta e avere la minima idea di come utilizzarla- così si erano trovati più di una volta a chiacchierare e a uscire insieme dopo gli allenamenti, finché una sera Hunter non l’aveva invitato a teatro con la sua famiglia.

I signori Clarington erano dei grandi appassionati di opera classica, tanto da aver un balconcino riservato appositamente, durante tutta la stagione e Sebastian s’era sentito un po’ in imbarazzo quando aveva preso posto sugli alti sgabelli dietro di loro -soprattutto perché Hunter aveva deciso di mollarlo lì, per andare a prendere il suo fidanzato, un certo Blaine, rimasto a piedi alla stazione -ma alla fine era riuscito a rilassarsi non appena aveva stretto la mano di Quinn.  

Quinn era la sorella adottiva di Hunter. Sebastian era rimasto immediatamente colpito dalla bellezza della ragazza e dal suo charme invidiabile, con quel sorriso scintillante e gli occhi dolci, era riuscita immediatamente a metterlo a proprio agio in quella imbarazzante situazione e a giudicare dagli sguardi che si erano scambiati tutta la sera, accompagnati dai successivi tentativi della ragazza di incontrarlo, fin anche a seguire una lezione di tennis, Sebastian intuì che il sentimento doveva essere reciproco.

Anche adesso, mentre da bravo gentiluomo si congratulava con la signora Clarington per il superbo rinfresco e le versava un bicchiere di vino, Quinn non faceva altro che lanciargli sguardi neanche troppo velati dall’altro lato del giardino e sorridergli con garbo, salutandolo con la mano come una bambina alla recita delle elementari.
Sebastian, che la trovava adorabile, le rispondeva gentilmente e intanto si appuntava di chiedere ad Hunter il permesso di invitarla per un appuntamento, magari da soli e lontani da tutta quella gente.

Con un impellente bisogno di raggiungere il bagno, il giovane si congedò momentaneamente da un diplomatico australiano con cui aveva intrapreso conversazione e si addentrò nella casa. Nonostante le sue origini, Sebastian aveva sempre tenuto ad avere una buona istruzione, si era scoperto un amante del teatro e della letteratura e fin da bambino aveva speso tutti i suoi risparmi in libri e strumenti musicali, per accrescere la sua cultura.

Era uno di quelli che credevano che ognuno era artefice del proprie destino, Sebastian e non si vergognava nel cercare costantemente di dare una mano allo svolgersi degli eventi, impegnarsi per migliorare la propria situazione e non sprecare neanche una possibilità. Mentre osservava i preziosi quadri che adornava le stanze di villa Clarington, pensò che gli sarebbe piaciuto un giorno possedere un’abitazione del genere, avere a disposizione una libreria così ampia da passare la vita a riempirla con i migliori romanzi e se il suo lavoro d’istruttore di tennis gli rendeva impossibile ambire a posizioni simili, era sicuro che l’interesse di Quinn –se avesse giocato bene le sue carte- avrebbe potuto dargli una mano.

Distratto da quei pensieri, svoltò sulla destra, convenendo ormai nell’essersi perso tra gli intricati corridoi e finendo quasi per ruzzolare giù dalla scalinata che improvvisamente si era ritrovato davanti. Ancora un po’ scosso e divertito, si appoggiò alla balaustra, con l’intenzione di riprendere la sua ricerca della toilette, ma non appena mosse un passo, un strano rumore giunse alle sue orecchie, un rumore decisamente inusuale nell’austero silenzio di villa Clarington, tanto che Sebastian ci mise qualche secondo a riconoscerlo e accettare che fosse ciò che pensava.

Una pallina da ping pong.

Incuriosito come non mai, scese i gradini, sperando almeno di trovare qualcuno a cui chiedere informazioni per trovare il bagno, eppure, non appena fu entrato nella piccola saletta su cui si apriva la scalinata, egli non riuscì a spiccicare una parola.

A un tavolo verde da ping pong, infatti, vi erano a giocare due uomini; uno allampanato, biondo, assolutamente irrilevante e un altro più piccolo, bassino, coi capelli ricci lasciati liberi sulla fronte, vestito di una camicia sgualcita e riposta malamente dentro i calzoni e un bicchiere di vino, in bilico, abbandonato all’angolo del tavolo. Sembrava annoiato, quasi passivo, i suoi movimenti erano indolenti e Sebastian si chiese come diavolo riuscisse a giocare con quel bicchiere prezioso piazzato in modo così pericolante, in procinto di cadere al minimo scossone.

Ma il ragazzo non sembrava affatto preoccupato da quel dettaglio e anzi, con una sferzata improvvisa, lanciò la pallina al suo avversario, il quale non riuscì neanche a muoversi per cercare di prenderla. Con quello che probabilmente doveva essere l’ultimo punto, il biondino lasciò la sala sconfitto, rivolgendo a Sebastian un cenno desolato e piuttosto imbarazzato.

Sebastian avrebbe tanto voluto rispondere al poveretto, magari rivolgergli almeno una pacca di incoraggiamento, ma la sua attenzione venne calamitata sul collo del ragazzo indolente, teso a godersi un sorso del suo vino incredibilmente incolume.

“Chi è la mia prossima vittima? Tu?” chiese quello a bruciapelo, rivolgendo a Sebastian un sorriso di traverso, estremamente sensuale.

L’altro non si scompose, sorrise a sua volta, assottigliando gli occhi per quel tono apertamente di sfida dell’altro ragazzo e “È da un po’ che non gioco a ping pong…” disse, mentre si avvicinava al tavolo e recuperava la racchetta.

“Ti va di giocartela per mille dollari?” propose lo sconosciuto, da sotto le ciglia folte, inchiodandolo con due occhi dorati profondi come l’oceano.

“In che guaio mi sono cacciato…” rispose Sebastian e aspettò che l’altro tirasse la pallina e cominciasse la partita. Non appena arrivò nella sua parte di campo, tuttavia, azzardò un tiro di rovescio, preciso e potente, simile a quello eseguito dal suo avversario in precedenza.

Il ragazzo si limitò a voltarsi verso il punto in cui era scomparsa la pallina, poi si voltò lentamente verso di lui.

“In che guaio mi sono cacciato io…”

Sebastian rimase a contemplare le sue labbra assurdamente morbide e sensuali sollevarsi in un mezzo sorriso, sentiva il cuore battergli all’impazzata contro la gabbia toracica e quasi avvertì le sue mani cominciare tremargli dalla voglia di toccare quella pelle lucida e bronzea al di sotto della camicia sgualcita.

Senza neanche rendersi conto di ciò che stava facendo, si avviò verso l’altra parte del tavolo, fino a trovarsi a pochi passi dallo sconosciuto.

“Permetti?”

“Ti prego…” gli concesse l’altro con una lieve nota ironica e Sebastian si sistemò dietro di lui, stringendo la sua mano insieme alla racchetta e facendo aderire i loro corpi. Avvertì il respiro del ragazzo interrompersi per un millesimo di secondo e mormorò contro il suo orecchio, premurandosi di sfiorargli il lobo, nascosto dai suoi ricci scuri.
“Il segreto sta nella posizione del corpo, devi inclinarti completamente, vedi…” spiegò riproponendo a rallentatore il suo colpo a rovescio e spingendosi contro quel corpo caldo, invitante, senza alcun pudore. Lo sconosciuto voltò il capo lentamente, fissandolo dritto negli occhi, da quella distanza irrisoria in cui ogni sfumatura dei suoi occhi pareva riconoscibile e Sebastian fu costretto a lasciare la presa sui suoi fianchi per evitare che il solletico dei loro respiri caldi lo facesse andare fuori di testa e lo portasse a mordere quelle labbra rosse come fuoco, invitanti come una mela da cogliere.

“Me la cavavo benissimo, finchè non sei spuntato tu…”

“La storia della mia vita…” disse Sebastian, scuotendo la testa “Dì un po’… che cosa ci fa un bel giocatore americano di ping pong in mezza all’alta società britannica?”

Lo sconosciuto lo guardò di traverso in quel modo sensuale e un po’ svogliato con la quale lo aveva incastrato la prima volta e cacciando una sigaretta dalle tasche dei pantaloni, la poggiò in mezzo alle labbra, accendendola in una nuvola di fumo.

“Te l’ha mai detto che nessuno che giochi molto pesante?” chiese, mentre sputava fuori un rivolo di nebbia grigia.

Sebastian sbuffò fuori una specie di risata, ma subito tornò serio, inchiodando l’altro coi suoi occhi verdi.

“Te l’ha mai detto nessuno che hai delle labbra molto sensuali?”

“Estremamente pesante…” si corresse lo sconosciuto, con un mezzo sorriso.

“Ho la competizione nel sangue… ti disturba?”

“Devo pensarci un po’ su…”

Sebastian continuò ad osservarlo anche attraverso la sottile nebbia di nicotina che fuoriuscì dalla sua bocca. In quel secondo di silenzio, la sua mente partorì talmente tanti sceneri… scopò quello sconosciuto un numero così spropositato di volte… che si sorprese nel constatare di essere rimasto ancora lì, immobile, invece di essere sudato e ansimante.

Mosse un passo verso di lui senza sapere esattamente le sue stesse intenzioni. Il ragazzo non arretrò, probabilmente curioso di sapere come sarebbe andata a finire, ma non appena Sebastian fece per sollevare una mano e stringere la nuca dello sconosciuto per baciare finalmente quelle labbra d’inferno, una voce li interruppe seguita da un rumore concitato di passi.

“Blaine! Sei qui!” esclamò Hunter e Sebastian non ebbe neanche il tempo di incanalare quell’informazione che il nuovo arrivato si avvicinò al ragazzo di fronte, gli cinse la vita e lo baciò dolcemente.

“Speravo proprio di presentarvi! Sebastian, questo è il mio fidanzato, Blaine Anderson.”

Blaine gli lanciò giusto un’occhiata fugace da sotto al mento di Hunter, contro la quale era abbarbicato.

Sebastian sorrise al paradosso di quella situazione, senza sapere di star sorridendo all’inizio della sua fine.  
 
 



 
   
 
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