Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Norgor    12/11/2013    2 recensioni
Adorava tutto di lui. Dal gelo profondo dei suoi occhi al mento rude incorniciato da una soffice barbetta. Dalle spalle larghe e possenti al torace muscoloso e compatto.
Sapore di pergamena ingiallita e marmellata di fragole.
Il modo in cui camminava, felpato ma sicuro allo stesso tempo, la aveva affascinata sin dal loro primo incontro, mentre il suo sorriso dolce e rassicurante le aveva rubato il cuore. Il suo Ercole.

Gale viene frustato pubblicamente nella piazza del Distretto Dodici. Le reazioni dei suoi cari sono particolarmente evidenziate, ma come si sarà sentita la piccola Madge?
Madge Undersee, la bambina che sogna il principe azzurro e che vede questo sogno sgretolarsi nel palmo di una mano.
|Gale & Madge| |One-shot| |Rating verde|
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Madge Undersee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sapore di fragole.




 
Image and video hosting by TinyPic


 
  

 

I raggi del sole erano ormai deboli e giungevano fiochi nella sua piccola stanza accogliente, illuminando le pareti spoglie con cupi bagliori argentati. Il dolce e rassicurante imbrunire d’autunno aveva lasciato il posto alla foschia e al freddo dell’inverno, dipingendo le fronde degli alberi con piccoli fiocchi innevati.
  Chiudendo gli occhi, Madge riusciva ancora a sentire lo scalpiccio affrettato dei lavoratori delle miniere, che si premuravano di rientrare in casa, al sicuro dal gelo spigoloso che avvolgeva tutto il Distretto. Il tonfo sordo dei loro scarponi sbattuti sul terreno riecheggiava fra le mura di casa sua, e il sottile strato di polvere che si sollevava da terra finiva nel mezzo del suo allegro caminetto acceso.
  Madge aveva la testa appoggiata lievemente allo stipite della finestra, lo sguardo profondo e ricco di passione puntato verso l’orizzonte. Il canto delle ghiandaie imitatrici le arrivava ovattato ma insistente alle orecchie, e contribuiva ad aumentare l’ansia che la divorava già da un bel po’ di tempo.
  Le ombre scure della notte iniziavano a calare dal cielo, e pian piano il vento diveniva più pungente e penetrante. La sua mente correva veloce verso i ricordi, e si perdeva in fresche giornate primaverili in cui riusciva finalmente a gettargli qualche occhiata all’uscita di scuola, in cui titubante cercava di proferir parola ma alla fin fine si limitava ad abbassare lo sguardo timido a terra.
  Adorava tutto di lui. Dal gelo profondo dei suoi occhi al mento rude incorniciato da una soffice barbetta. Dalle spalle larghe e possenti al torace muscoloso e compatto.
  Sapore di pergamena ingiallita e marmellata di fragole. 
  Il modo in cui camminava, felpato ma sicuro allo stesso tempo, la aveva affascinata sin dal loro primo incontro, mentre il suo sorriso dolce e rassicurante le aveva rubato il cuore. Il suo Ercole.
  Madge attendeva con ansia il momento in cui il campanello sarebbe risuonato per tutta la casa, e lui sarebbe arrivato dalla quotidiana battuta di caccia. Fremeva al pensiero di poter finalmente rivedere quel ragazzo bruno che era riuscito a conquistarla con una semplice occhiata.
  Tic toc. Tic toc. Nei minuti seguenti l’unico suono che si udì per tutta la casa fu lo stridente ticchettio dell’orologio da pendolo, che le trapassava la carne come un trapano può trapassare una spessa parete cementata. Ogni secondo in più era una ferita più grande che le squarciava l’addome e le impediva di respirare. Dov’era il suo Ercole? Perché tardava così tanto?  
  Oramai le nubi avevano preso il sopravvento e il cielo si era dipinto di qualche sfumatura bluastra. Madge aveva la fronte corrugata per la preoccupazione e le sue fossette attorno alle guance si erano fatte più evidenti. Il timore cominciava a prendere possesso della sua mente e a scorrerle nelle vene come il sangue.
Cosa stava succedendo? 
  Fu l’improvviso anomalo silenzio, che le diede conferma che qualcosa non andava. Quando mai le ghiandaie imitatrici smettevano di cantare, nelle giornate freddolose?  Il pensiero che potesse essere successo qualcosa al suo Gale, da lontano e irraggiungibile divenne improvvisamente reale e tangibile.
  Fu come ricevere un sonoro schiaffo in piena faccia. 
  I suoi occhi divennero timorosi e lucidi, mentre velocemente si recava all’attaccapanni, recuperava l’unico cappotto che possedeva e usciva di casa con passo svelto ma strascicato. Il vento agghiacciante soffiava più violentemente del solito, e pareva scalfirla con le sue correnti taglienti.
  I vicoli che percorreva erano immersi nell’oscurità e, cosa ancora più strana, totalmente abbandonati. Sembrava che ad un tratto tutti gli abitanti del Distretto Dodici fossero scomparsi dalla circolazione. Non uno scricchiolio, non un fruscio, neanche il consueto odore di carbonella che solitamente invadeva il luogo. Solamente le sue impronte che si infrangevano sulla neve non ancora sciolta.
  Ad ogni passo in più, il suo fiato si faceva più corto e il cuore diveniva più pesante. Non sapeva dove si stesse dirigendo, ma tanto per cominciare avrebbe fatto un giro dalle parti della piazza, non molto lontano dal confine con i boschi. In quell’atmosfera carica di tensione e paura, perfino la famigliare fragranza del pane del fornaio non aveva il solito sapore. 
  Più si avvicinava al centro della città, più la confusione si impadroniva di lei e aumentava il terrore. Ma quando si trovava ormai a pochi isolati, l’eco fastidioso di un colpo secco iniziò a rimbombare fra i cunicoli che la circondavano. Fruscii percettibili che si ripercuotevano ad intervalli regolari, e che lei provava sulla sua pelle.
  Le sue gambe iniziarono a muoversi più velocemente, e a malapena si accorse di aver iniziato a correre. Nella sua mente riecheggiava ancora il rumore sinistro, mentre alla cieca metteva i piedi a caso e rischiava più volte di scivolare. Non poteva essere. Non era possibile. Come…? 
  Un tonfo, e un tremore più acuto. Le ossa di Madge vibrarono per la potenza del colpo.
  La piazza era ormai prossima e riusciva già a sentire le urla di dolore che le entravano nel corpo come proiettili infuocati. Non capiva più niente, non ragionava. Urtava la gente senza accorgersi e cercava di farsi largo fra la moltitudine della folla, mentre con le mani si tratteneva la testa e cercava di impedire a quel suono malvagio di penetrare nella sua mente.
  Ercole, dove sei? Perché mi hai lasciata da sola?
  
Dopo qualche attimo di incertezza, le sue iridi azzurre misero a fuoco la figura di un ragazzo piegato a terra in posizione fetale, la schiena piena di tagli profondi e sanguinanti. Ai lati, un omone nerboruto dalla tuta bianca, con una specie di frusta in mano.
  Le urla le uscirono di bocca prima che riuscisse a trattenerle.
  Il corpo del ragazzo, tremante, veniva scosso da penetranti fitte di dolore, ma il Pacificatore non se ne curava e con crudeltà assoluta maneggiava abilmente la sua arma fra le mani.
  Un altro colpo ben assestato, un altro schizzo di sangue che fuoriuscì dalla sua pelle torturata, un altro grido di sofferenza dalla gola di Madge.Ercole, perché sei accasciato a terra? Rialzati, ti prego. Non posso vederti così. Torna da me.
  
Il suo viso, solitamente fiero e altero, ora era piegato verso il terreno e immerso nell’ombra. Torna da me.
  
Il suo corpo, solitamente rigido e protettivo, ora era ridotto ad una massa informe di carne pallida e rovinata. Torna da me.
  
Il suo profumo, aroma di dopobarba e pino silvestre, ora aveva lasciato il posto all’odore di putrefazione. Torna da me. 
  La giovane Madge, con la bocca ancora spalancata e lo sguardo annebbiato, si accasciò lentamente al suolo, la guancia premuta contro il freddo terreno ricoperto di neve. Le sue ginocchia cedettero e la sua anima crollò a terra, priva di sostegno. Un gemito in più dalla bocca di Gale equivaleva ad un singhiozzo in più da quella di Madge. Il suo Ercole, così forte, così bello, così perfetto, giaceva immobile fra la polvere. Il suo eroe, il suo amore, respirava a fatica e rantolava lievemente. E lei non poteva fare niente per impedirlo, non riusciva a fare niente per impedirlo.
  
Il vento scuoteva ancora la chioma rinsecchita degli alberi, quando le frustate si interruppero. Lo sguardo di Madge, spento e lontano, si soffermò su una sedicenne minuta dalla treccia scura. Katniss.
  I loro occhi si incrociarono, in uno scambio di mille emozioni. E fu allora, con la consapevolezza di una flebile speranza, che la piccola Madge svenne in un turbinio di lacrime.
  L’ultima cosa di cui si rese conto, prima di perdere conoscenza, fu l’acre odore di fragole che riempiva l’aria e le inebriava i sensi.

 










 
Tana di Norgor.
Ave popolo, morturi te sa- ehm, no, d'accordo.
Lo so, so già cosa vi state chiedendo. Ma quando smetterà di scrivere minchiate?
Aspetta e spera.
La cosa comica è che all'inizio questa Gadge doveva essere una drabble. E vi giuro che non ho idea di come sia potuta diventare una one shot. O.O
Sono alquanto sconvolto.
Comunque, ho voluto rappresentare Madge un po' come una ragazzina che ha la prima cotta, che crede che l'amore sia qualcosa di fantastico, che sogna ad occhi aperti il principe azzurro e bla bla bla *cazzate*.
Quindi non punitemi, perché so che anche questa storia non ha ne capo, ne coda -letteralmente-.

Non so più cosa dire, quindi bao.
Pace a tutti, carots. <3
Recensite in tanti :3
Norgor.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Norgor