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Autore: TheWhiteDoll    13/11/2013    2 recensioni
≪Lo Spazio-Tempo, Bobby, è quell'unico valore Infinito che in matematica consente a due rette parallele di incontrarsi. Quelle due rette siamo noi≫.
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Questa non è che una romantica storia di fantascienza, o, se preferite, una fantascientifica storia d'amore.
Tutto ha inizio nel 2000, in una cittadina qualunque del New Jersey. Emily sta uscendo dalla biblioteca pubblica dopo aver passato l'intera mattinata a spulciare gli scaffali per la sua ricerca: non sa che di lì a poco una tempesta di vento del tutto inaspettata investirà la città, con serie conseguenze... Almeno per lei.
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[STORIA MOMENTANEAMENTE IN STANDBY]
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Science fiction is the most important literature in the history of the world, because it's the history of ideas,
the history of our civilization birthing itself. Science fiction is central to everything we've ever done, 
and people who make fun of science fiction writers don't know what they're talking about.” ― Ray Bradbury

 



 


Quel giorno Emily aveva passato fin troppo tempo in biblioteca, ed era decisamente stanca. Ore ed ore a spulciare scaffali polverosi nell'angolo più dimenticato dell'edificio, in cerca di qualche saggio autorevole sulla letteratura fantascientifica per avvalorare la sua ricerca. Alla fine aveva concluso che la cittadina di Clareville, nella quale risiedeva ormai da quasi un anno, non aveva molto da offrirle, e che nei giorni seguenti avrebbe dovuto prendere il treno e andare direttamente a New York per documentarsi più approfonditamente.
Del resto, aveva proprio bisogno di riposare un po' la mente, in tutti i sensi. Il 2000 si era rivelato un anno piuttosto duro per lei: non era stato facile abbandonare l'Europa, con i suoi ritmi e le sue abitudini così differenti, e ancor meno lo era stato cambiare scuola, professori, compagni di classe, sistema di studio.

Emily era nata e cresciuta in Italia, ma il suo nome era di origini inglesi come la sua mamma. I suoi genitori, entrambi ricercatori - suo padre nel campo della fisica teorica e sua madre in quello dell'astrofisica -, si erano trasferiti nel New Jersey l'anno precedente per questioni di lavoro, e lei, per forza di cose, aveva dovuto seguirli: fortunatamente, essendo cresciuta bilingue, non aveva avuto alcun problema.
Così, a diciassette anni, si era ritrovata a Clareville, una cittadina della provincia americana come quelle che aveva visto centinaia di volte nei film: un piccolo centro di case bianche, tavole calde e fast food sparsi qua e là, negozi in vecchio stile, e una bella periferia intervallata da spazi verdi ben curati. Era riuscita subito ad ambientarsi, nonostante le radicali differenze tra la mentalità europea e quella americana, e perciò, anche se lasciarsi alle spalle la vecchia routine per ricominciare daccapo era tutt'altro che uno scherzo, la vita negli Stati Uniti aveva cominciato a piacerle.
Per l'appunto, la settimana precedente il suo nuovo professore di letteratura aveva assegnato a tutta la classe una ricerca, il cui esito avrebbe influito sulla valutazione dell'esame finale: ognuno avrebbe dovuto scrivere un saggio sul suo genere letterario preferito, argomentandolo sia dal punto di vista storico-sociale che da quello tematico. Emily era stata entusiasta del compito, perché finalmente avrebbe potuto approfondire uno degli argomenti che più amava: la fantascienza, un genere di cui era sempre stata appassionata, forse proprio per via del lavoro dei suoi genitori a cui aveva sempre guardato con curiosità e ammirazione. Fin da quando era piccola aveva ascoltato con interesse le discussioni di suo padre e sua madre sulla teoria delle stringhe e sui buchi di Worm, e sognato di poter arrivare su Marte, un giorno, con la prima colonia extra-mondo, o di possedere la sua personale Delorean per scoprire cosa sarebbe accaduto nel futuro: quale luogo migliore, dunque, per documentarsi su questo filone narrativo, se non proprio la patria di Asimov, Brown, Dick e Matheson? Era decisamente un'occasione d'oro.

Sapendo che avrebbe avuto bisogno di svagarsi un po' dopo tre ore ininterrotte di (inutili) ricerche, aveva portato con sè la sua Spirit 600, un vecchissimo modello di Polaroid rimediata per pochi dollari in un thrift shop, con cui amava scattare istantanee durante le sue escursioni urbane: avrebbe fatto una passeggiata fino a casa sua, a un quarto d'ora di cammino, facendo qualche foto per aggiornare il suo album. Così, uscendo dall'edificio, accese il suo preziosissimo lettore mp3 (un Nomad Jukebox da 8gb, uno dei primi, pionieristici dispositivi di archiviazione musicale digitale uscito in commercio proprio quell'anno, che aveva sognato per tanto tempo e che infine suo padre le aveva regalato per l'ultimo compleanno), infilò gli auricolari e prese in mano la Spirit, pronta a catturare qualche bella immagine durante la strada.
Quel mercoledì pomeriggio, quando si era recata in biblioteca, il sole splendeva alto e prometteva decisamente bene; appena si ritrovò fuori, però, notò che il cielo si era fatto inaspettatamente scuro e che si era alzato un vento molto forte: evidentemente, pensò, non era proprio il suo giorno fortunato. Ripose la Polaroid nella custodia e si disse che avrebbe scattato le foto in un momento migliore.
La ragazza si incamminò verso casa senza troppo entusiasmo; quel vento era davvero fastidioso, e per di più le stava completamente scompigliando i lunghi capelli, cosa che proprio non poteva sopportare: tirò su il cappuccio della felpa e affrettò il passo, pentendosi di non aver aspettato l'autobus che era appena sfrecciato alla sua sinistra. Negli auricolari risuonavano le note di "Destination unknown", una vecchia canzone degli anni '80 che faceva parte del suo archivio storico-musicale.
- Accidenti, è proprio vero, - pensò tra sé ironizzando sul ritornello della canzone, mentre cercava di ripararsi il viso con le mani - con questa bufera capisco a stento in che direzione sto andando... -
Stava attraversando il viale più in fretta che poteva, quando all'improvviso una folata di vento particolarmente forte le sfilò il cappuccio della felpa; solo allora, sollevando appena lo sguardo verso l'alto, se ne accorse: in lontananza si stagliava, come un solco tra cielo e terra, una tromba d'aria di proporzioni notevoli, e sembrava muoversi rapidamente proprio nella sua direzione.
- Oh mio dio... - si lasciò sfuggire la ragazza, bloccandosi in mezzo alla strada in preda al panico: non si era mai imbattuta in un ciclone, ma sapeva perfettamente che non sarebbe mai arrivata a casa in tempo per mettersi in salvo. Senza pensarci due volte, fece dietrofront per dirigersi di nuovo verso la biblioteca: si sarebbe rifugiata lì dentro finché il tifone non fosse passato del tutto.
Non appena si voltò indietro, l'aria si trasformò in una barriera impenetrabile: Emily iniziò a correre a perdifiato, ma più si sforzava, più aveva l'impressione di trovarsi sempre nello stesso punto. La borsa con i libri le pesava come fosse piena di mattoni, e la forza centrifuga della tromba d'aria, che stava risucchiando tutto quello che incontrava sulla sua strada, sembrava attirarla sempre più verso di sé.
Emily correva, mentre il vento continuava a sferzarle il viso con una forza spaventosa; la gente intorno a lei scappava in tutte le direzioni, sentiva delle grida nel boato ma era troppo terrorizzata per voltarsi da un lato o dall'altro: era la prima volta nella sua vita che si trovava in una situazione del genere, e in cuor suo cominciò a temere che avrebbe potuto anche essere l'ultima. Ormai si muoveva del tutto alla cieca, annaspando, sbattendo contro gli idranti, le panchine, i lampioni, e tutto ciò che la circondava. Ad un tratto, però, il suo piede si posò su una lastra di marmo: era finalmente arrivata nel piazzale davanti alla biblioteca.
La ragazza rallentò appena, cercando a tentoni i gradini dell'atrio per non inciampare: ce l'aveva fatta, nel giro di un attimo sarebbe stata dentro al sicuro, a guardare il ciclone dalla finestra insieme agli altri...
Improvvisamente, una spinta sovrumana le fece perdere il controllo dei movimenti, sbalzandola all'indietro con uno strattone: la tromba d'aria l'aveva raggiunta, e l'aveva risucchiata nel suo turbine senza via di scampo. Emily tentò invano di divincolarsi, ma in meno di un secondo si ritrovò a fluttuare a metri e metri da terra, mentre tutto ciò che era stato risucchiato lungo la strada, e che ora roteava con lei nel vortice, la colpiva a destra e sinistra, sballottandola in ogni direzione. Quando capì che era inutile lottare, la ragazza chiuse gli occhi, aspettando di venire scaraventata contro qualcosa, e convinta ormai che quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti sulla terra.



♬ Missing Persons - Destination unknown ♬



Nota: per chi avesse letto la prima stesura, ho dovuto modificare alcuni particolari della versione pubblicata inizialmente per via di un'incongruenza nella trama, tra cui l'età della protagonista.
Spero che questo capitolo introduttivo possa incuriosire qualcuno spingendolo a seguire questa fiction. Se avrò la costanza di continuare a pubblicarne i capitoli, lo farò documentandomi seriamente sugli elementi scientifici e fantascientifici che fanno da contorno, per rendere il racconto il più possibile realistico.
Nella storia, a partire dal titolo, sono presenti anche molti riferimenti musicali, perciò alla fine di ogni capitolo, se possibile, cercherò di inserire i link alle canzoni, essendo parte integrante della narrazione.
Ovviamente, se avete voglia di scrivere un commento, sarei contenta di sapere cosa ne pensate :)
  
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