Sfiorò
la pelle candida
del ventre di lei con la punta
delle dita, godendo del sentire i suoi gemiti trattenuti,
impossessandosi delle
sue labbra con violenza.
Nonostante il bisogno fisico lo facesse staccare dalle percezioni della realtà, poté sentire chiaramente il sussurrò che uscì dalle labbra di lei.
“ Vegeta… Ti amo…”
Due
giorni. Erano passati due maledetti giorni dalla sua
decisione di allontanarsi da lei.
Due giorni dalla prima azione vigliacca della sua vita.
Aveva avuto paura dei suoi stessi sentimenti, aveva avuto
paura di quella donna dai capelli turchini che in una notte era
riuscita a far
cadere le sue difese più nascoste.
Quella strega dagli occhi color del cielo che era riuscita a
indebolire la sua volontà.
Colpì con violenza un masso, disintegrandolo, cercando di
dimenticare quel viso con la fatica ed il dolore fisico.
Le nocche si spellarono leggermente per il colpo violento ed
improvviso, ma il principe dei Sayan continuò a colpire
ciecamente tutto quando
c’era intorno, in preda al dolore dei ricordi.
La ritirò leggermente sporca di sangue, e
realizzò con un
secondo di ritardo che quel sangue proveniva da un taglietto sulla
tempia,
causato probabilmente da una scheggia di roccia.
C’era sangue nel letto anche quella notte.
Ne
aveva avvertito
il calore sulla gamba ancora prima di vederlo.
“Ma
te…”
Lei lo aveva guardato con gli occhi ancora pieni di lacrime di dolore,
poi
aveva coraggiosamente annuito.
“Sì
Vegeta… Sei
stato il primo per me.”
Il Sayan era incredulo. Il peso dell’accaduto l’aveva schiacciato, e lui si era alzato dal letto ancora nudo, allontanandosi da lei.
Maledetta
terreste. I suoi
occhi turchini avevano sciolto il suo cuore reso di pietra da una vita
difficile e crudele, dalle mille battaglie e dalle vittime che aveva
mietuto
negli anni.
Era diventato debole,
schiavo di quel sorriso e di quei capelli dal profumo di mare, il suo
corpo
nonostante gli allenamenti continui pareva sfinito lontano da lei.
Lo aveva lentamente
avvelenato con le sue gentilezze, con le loro discussioni, con la
statuaria
bellezza delle curve del suo corpo.
E ora lui soffriva lontano
da lei, ne soffriva ma non voleva ammetterlo.
Non voleva ammettere
nemmeno con sé stesso di aver sbagliato quella notte ad
andarsene.
Non voleva ammettere di
aver fatto il più grande errore della sua vita
allontanandosi da lei.
Si era allontanato dal letto, da quegli occhi che imploravano un nuovo contatto.
Aveva cercato i suoi vestiti nel buio della camera poi era uscito dalla finestra.
Lei l’aveva inseguito in giardino, l’aveva fermato prendendolo per un braccio, puntando al suolo tutto il suo peso per cercare di trattenerlo.
“Cosa stai facendo Vegeta?”
Lui se l’era scrollata di dosso come avrebbe fatto con un animale fastidioso ed aveva continuato a camminare.
“Dove pensi di andare Vegeta?”
“Via
di qui.”
L’aveva stupita, era rimasta immobile mentre delle lacrime
cominciavano ad
apparire agli angoli dei suoi occhi
turchini, di quei piccoli cieli in miniatura.
“Questo significa che per te questa notte non è stata niente? È stato solo sesso quello che c’è stato tra di noi?!”
Il Principe aveva distolto gli occhi dal viso di lei, pronunciando delle parole che non sarebbero mai potuto uscire dalle sue labbra se avesse continuato a guardarla negli occhi.
“Sì,
è stato solo
sesso.”
Poi era volato via nella notte, allontanandosi dalle sue urla di
dolore,
cercando di dimenticare quelle scie argentee che le lacrime avevano
disegnato
sulle sue guance.
Basta,
doveva distrarsi,
doveva dimenticarla. Ma è forse possibile dimenticare una
persona che popola
ogni tuo sogno più segreto?
Per giorni Vegeta continuò
a lottare contro sé stesso, superando i propri limiti,
rincorrendo il sogno
irraggiungibile di superare Son
Goku.
A volte si illudeva di
essersela lasciata alle spalle, poi un piccolo dettaglio, lo scintillio
del
sole sulla superficie argentea di un lago, il cielo senza nuvole, una
risata
portata dal vento, lo riportavano inevitabilmente alla
realtà, al pensiero di
quel sorriso dolce eppure amaro, al ricordo inesorabile di quel periodo
trascorso alla Capsule Corp.
Che era successo in quel
periodo? Perché gli risultava così difficile
adesso dimenticare ciò che era
stato?
Eppure non aveva mai avuto
una casa, era sempre passato da un pianeta all’altro, da una
missione
all’altra, da una donna all’altra.
Per quale motivo adesso
quella donna che aveva avuto tra le braccia, quella strega dagli occhi
di
angelo, era riuscita a fargli tutto questo?
Due lacrime scesero dagli
occhi di ossidiana del Sayan, seguite da altre e altre ancora.
Stava piangendo come un
bambino, proprio lui che si era sempre vantato di avere un cuore
insensibile a
tutto adesso soffriva come un dannato per un’insulsa donna
terrestre.
Decise di tornare alla
Capsule Corp. Solo per una notte, solo per vederla.
Non aveva intenzione di
rientrare nella sua vita, proprio no, ma solo di mettere a tacere i
fantasmi
del proprio passato guardandola un ultima volta.
Era quasi notte quando
arrivò, e si nascose tra i rami dell’albero che
davano sul balcone della camera
di lei.
Non dovette attendere
molto prima di vederla entrare.
Immediatamente percepì
un’altra aura oltre a quella della donna e credette che lei
lo avesse già
rimpiazzato con un altro uomo, ma non vide nessuno assieme a lei.
Con sguardo nostalgico la
osservò spogliarsi e prepararsi a dormire.
Ne seguì ogni movimento
con occhio attento e affettuoso, poi appena fu certo che si fosse
addormentata
entrò con un soffice balzo nella stanza.
Con passo felpato si
avvicino al letto osservando il lento abbassarsi ed alzarsi del suo
petto al
ritmo continuo del suo respiro. Ne percorse con lo sguardo
l’intera figura,
soffermandosi sulle sue labbra prima e sul suo ventre che la coperta
leggera
lasciava scoperta poi.
Lì il suo cuore
perse un battito. Il ventre di lei era
leggermente ingrossato, e da lì sentiva provenire
un’aura leggera eppure
persistente.
“O accidenti” mormorò tra
i denti il principe.
Bulma era incinta. Quella
notte insieme aveva lasciato nella donna un segno che non avrebbe mai
potuto
cancellare.
Silenzioso come era venuto
tornò sul balcone e spiccò il volo nella notte.
Per tutte le notte dei
nove mesi successivi continuò ogni notte a tornare da lei.
Aspettava che lei fosse sprofondata nelle tenebre del sonno e poi le
stava
vicino qualche minuto, semplicemente guardandola o sfiorandole il
ventre.
Vide nascere loro figlio,
un bimbo piccolo con del soffici capelli viola e degli occhi azzurri
uguali a
quelli della madre.
Sentiva ogni parola che lei gli diceva, le ninne nanne sciocche che si
dicono
ai bimbi piccoli ed i vezzeggiamenti che lei gli rivolgeva.
Ogni notte lui era lì,
vicino a lei, senza che Bulma lo sapesse o intuisse nulla.
Poi un giorno prese una
decisione, la decisione che avrebbe cambiato il corso della sua vita in
modo
pressoché totale.
Quella notte, mentre Bulma
era sveglia, seduta accanto al piccolo Trunks, Vegeta entrò
silenziosamente
nella stanza.
Ne sostenne lo sguardo
stupito mentre avanzava attraverso la stanza, diretto alla culla del
piccolo.
“Cosa vuoi fare a mio
figlio?”
Bulma si frappose tra lui
e Trunks con l’istinto protettivo che ogni madre ha per la
propria creatura,
credendo chissà quale malvagio intento da parte
dell’uomo.
“Togliti donna. Voglio
solo vedere mio figlio?”
”Tuo figlio? Non credevo lo considerassi tuo figlio visto
come mi hai
abbandonato!”
Vegeta non rispose, non sapeva che dirle, si sentiva troppo in colpa
per quanto
era successo ed uno strano ma piacevole nodo alla gola gli bloccava le
parole.
Rimase in silenzio,
sopportando la valanga di accuse che la donna gli vomitò
contro, poi, appena
ebbe finito, la prese tra le braccia senza dirle niente, tenendola
semplicemente a contatto con il proprio corpo.
“Tu hai avvelenato il mio
cuore di ghiaccio con quel sentimento che voi umani chiamate amore e
che io non
credevo di poter provare… Ma adesso non me ne
andrò mai più da qui Bulma… Sono
legato a te e non posso liberarmi dalla trappola in cui i tuoi occhi
color del
cielo mi hanno fatto cadere…”
Poggiò le labbra su quelle
di lei, cercando di trasmetterle tutto quello che non era capace di
dirle a
parole attraverso quel contatto.
Anche il piccolo Trunks
sorrise in quel momento, quasi avesse capito che tutto si era
finalmente
sistemato.
Tempo
dopo Vegeta
fronteggiava Majin Bu, guardando negli occhi la propria fine.
Si chiese, un attimo prima
della fine, come fosse giunto ad un punto simile, a sacrificarsi per
altre
persone.
Uno sghembo sorriso gli
increspò le labbra, mentre il ricordo di Bulma e del piccolo
Trunks gli
invadeva la mente.
“Tu hai avvelenato il mio cuore di ghiaccio con quel
sentimento che voi umani chiamate amore”
Lei lo aveva avvelenato
d’amore, ma quel veleno era diventata la sua forza
più grande.
Niente rende un uomo più
forte della consapevolezza di dover difendere qualcuno, Vegeta ne era
convinto.
“Addio Trunks, addio
Bulma… Ed addio anche a te, Kakaroth!”