Forse sono solo un bambino viziato, si, ecco quello che sono.
Troppo orgoglioso per ammettere che gli manca la sua felice infanzia.
Distrutta completamente quell’infausto giorno in cui qualcuno, a cui infliggerà lo stesso dolore che lo attanaglia, distrusse tutto il suo gioioso passato con la facilità con cui si abbatte un castello di carte.
Trasformandolo in un ragazzino, forse cresciuto troppo in fretta.
E così rifletteva il giovane Conte Phantomive, solo, seduto in poltrona nel lussuoso salotto intento a fissare la raffinata scacchiera lievemente impolverata.
Chissà da quando non ci giocava.
Poi ad un tratto si ricordò.
Dal giorno in cui anche l’ultimo affetto che gli era rimasto era stato spazzato via come una pedina di quel gioco che tanto amava.
Lei, la sua adorata zietta,Madame Red; uccisa dal suo stesso maggiordomo per la sua umana fragilità.
Allora prese una scatola ove ripose con cura l’ultimo regalo ricevuto da lei, posizionando al suo posto sul tavolino la solita scacchiera, quella che era stata acquistata dopo l’incendio.
Quella stessa mattina aveva ordinato di staccare il grande quadro che era situato nella parte antistante l’ ampio atrio.
Raffigurava i suoi genitori, Rachel seduta su un divano con il fidato cane Sebastian accoccolato ai suoi piedi mentre Vincent si trovava dietro il divano con una mano poggiato su esso.
Aveva detto che ora era lui il Signore del Casato Phantomive con arroganza ed orgoglio per nascondere il dolore, a chi? Agli altri? Si, ma non a se stesso.
E così ripensando al passato sentì due calde lacrime rigargli il volto seguite subito dopo da altre che non si curò di asciugare.
Solo prima di presentarsi a cena si sciacquò il viso cercando di alleviare il rossore, ma non il dolore, quello era impossibile toglierlo con della semplice acqua, neanche la vendetta sarebbe servita.
Così dopo aver mangiato si ritirò nella sua stanza, fattosi preparare per la notte,si addormentò come un bambino triste e solo, abbandonato al suo destino.