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Autore: LadyMintLeaf    14/11/2013    3 recensioni
La mia prima storia in EFP è stata ispirata dal libro ma sopratutto dal film Lo Hobbit.
Nessuno di voi si è mai chiesto perchè Bilbo Baggins non avesse mai preso moglie in tutti i suoi centoundici anni?
A me è venuta l'idea di spiegarne il motivo proprio in questo racconto ambientato pressappoco alla fine del film, in una foresta non ben specificata oltre le Montagne Nebbiose, prima di Bosco Atro.
Frammento tratto dal primo capitolo:
< Non poteva semplicemente uscirsene sulla soglia di casa e mettersi a blaterare delle ragioni per cui lui era uno dei pochi Hobbit a non aver mai preso moglie.
Sapeva benissimo che se l’avesse fatto i cari Hobbit della Contea sarebbero rimasti scandalizzati da quella notizia e nessun banchetto per quanto abbondante e gratis potesse essere, avrebbe mai potuto fari dimenticare loro quella nuova notizia, che di certo avrebbe conferito definitivamente a Bilbo la notorietà di matto per eccellenza.
Soprattutto non poteva parlare di “lei” perché ella non era mai stata effettivamente la solita gioviale, allegra e paffutella Hobbit. >
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Ottimo lavoro, Frodo! Anche lei sarebbe fiera di te! >>, esclamò Bilbo, posando una mano sulla spalla del giovane nipote, tuttora indaffarato nel giardino di casa Baggins.

<< Lei, zio? A chi ti stai riferendo? >> domandò Frodo stupefatto dall’affermazione del vecchio parente, sollevando lo sguardo dal vaso pieno di margherite che stava riponendo al suolo: << Parlavi di mia madre, forse? >>.

<< No. Non stavo parlando di Primula. >> scosse il capo Bilbo: << Io intendevo dire…. >>, esitò solo un istante, mentre improvvisamente il suo sguardo si faceva lontano, quasi distante e la sua voce si riduceva ad un sussurro: << Intendevo…. >>.

<< Che cosa? >> lo incalzò il nipote, sollevandosi di nuovo ritto accanto a lui.

Sembrava che quella fosse una delle cose che Bilbo non aveva ancora raccontato e lui era curioso come non mai di conoscere ciò che quella semplice frase poteva nascondere.

Sovente parecchie delle storie dei tempi andati narrate dallo zio avevano avuto inizio con semplici osservazioni simili a quelle ed erano sfociate in racconti avventurosi, pieni di maghi, draghi e terre selvagge.

Tuttavia quella volta, Bilbo sembrava davvero non avere nulla da raccontare e, mentre la sua espressione di solito allegra si tramutava in un leggero cipiglio, esso tornò a scuotere il capo, borbottando: << Nulla. Lascia perdere, mio caro Frodo. Non so neppure più di che cosa stavo parlando. Mi è completamente passato di mente….>>, ridacchiò alquanto impacciatamene, grattandosi la nuca: << Ma guarda un po’…bé, poco importa. D’altronde le mie sono solo le farneticazioni di un vecchio Hobbit con la testa fra le nuvole. >>.

Frodo non era affatto d’accordo con lui riguardo quel ultima affermazione, tuttavia non fece neppure in tempo ad aprire la bocca per replicare, quando Bilbo tornò a parlare, facendogli ingoiare di nuovo ciò che aveva sulla punta della lingua.

<< Piuttosto, fa il bravo ragazzo e và a comprare un po’ di mele al mercato. >>.

<< Mele?! >>, quella insolita richiesta da parte dello zio non lo faceva certo sentire meno sbalordito di poco prima. << Ma….. Sono certo di averne vista una buona scorta in dispensa. >>, replicò.

<< Ed io sono quasi certo che tu ti stia sbagliano. Forse hai guardato con poca attenzione. >>, ebbe da ridire Bilbo, parlando con convinzione e posandosi le mani sui fianchi con aria decisa.

<< Ma no. Le ho contate l’altro ieri con tutta calma, quando ne ho presa una per me. Ne ho viste ancora otto sugli scaffali più alti. >> asserì Frodo, giocherellando distrattamente con una delle bretelle legate ai calzoni blu che indossava.

<< Otto? >>, questa volta fu Bilbo ad apparire alquanto spiazzato dalla risposta del nipote, tuttavia parve riprendersi immediatamente per replicare: << Ah, già, che sbadato. Temo di averle mangiate io l’altro giorno. >>.

<< Tutte e otto, zio? >>, mentre poneva questa domanda sul volto di Frodo apparve un sorriso divertito.

<< Avevo molto appetito. Dopo aver fatto la prima colazione, non mi sentivo sazio, così ho deciso di fare anche la seconda e la terza colazione…. Eh, già, è successo proprio così, e le mele, sono finite tutte quante qui. >>, si posò una mano sul panciotto di seta rossa con i bottoni d’oro.

Per un breve attimo i due Hobbit restarono a fissarsi senza dire una parola, Bilbo sperando segretamente che il nipote abboccasse a quella sua piccola e innocua bugia e Frodo continuando a sorridere poco convinto di ciò che lo zio gli aveva appena raccontato.

Era risaputo che gli Hobbit erano dei buongustai, ma di rado Bilbo consumava tutte e tre le colazioni, e se lo faceva, preferiva le torte alle semplici mele.

<< Bé; che c’è? >>, sbottò tanto repentinamente da far sobbalzare Frodo, che per poco non perse l’equilibrio dal gradino più alto che portava alla loro abitazione.

<< Smettila di guardarmi in quel modo. Ed ora su, su, và a comprare le mele. >> continuò Bilbo, agitando la mano destra come se così facendo avesse aiutato il nipote a sbrigarsi ad obbedire.

<< Io ti aspetto qui. >>, concluse poi con maggior calma.

<< D’accordo zio, come vuoi. Mi sbrigherò presto. >>, annuì Frodo di rimando, pur continuando a sospettare che il parente gli stesse nascondendo qualcosa e pensando che forse, quando sarebbe tornato dal mercato con le mele, Bilbo sarebbe stato un po’ più accondiscendente nei suoi confronti ed in vena di qualche racconto dei suoi.

Così, con questi ottimi auspici per la mente, il giovane Hobbit trotterellò giù per la collina, diretto ai piedi di questa, dove in un vasto spiazzo erboso, ogni sabato si svolgeva il piccolo ma variopinto e animato mercato di Hobbiville, con le sue bancarelle multicolori e gli ombrelloni, dove ogni abitante della pacifica cittadina ai confini della terra di mezzo, poteva trovare tutto quello di cui aveva bisogno, dalle ceste piene di frutta, di verdura o di dolciumi fatti in casa dalle donne, ai barili di birra e agli animali come galline, mucche e maiali. 

Per un breve attimo, Bilbo rimase a guardare il nipote che saltellava giù per la via sterrata, salutandolo con un lieve cenno della mano quando questo si voltò verso casa Baggins ancora una volta, prima di riprendere in fretta il cammino.

Quindi, quando Frodo si fu allontanato abbastanza, Bilbo si affrettò a rientrare in casa, spingendo la grande porta tondeggiante verso l’interno per poi richiuderla veloce alle proprie spalle, senza scordarsi di far ruotare la chiave nella serratura in modo che nessuno potesse entrare, se non fosse stato lui a decidere il contrario.

Aveva imparato a stare molto attento a chi bussava alla sua porta, da quando i dodici nani della compagnia di Thorin Scudodiquercia erano praticamente piombati dal nulla in casa sua, mangiandosi a sbafo la sua cena e svuotandogli totalmente la dispensa.

Ora, prima di aprire a chicchessia, si premurava bene di guardare dalla finestra, onde evitare altri incontri tali, anche se era sempre disponibile ad accogliere dei vecchi amici e non capitava di rado che alcuni nani andassero ancora a trovarlo per parlare con lui di vecchi ricordi o di novità che giungevano dall’esterno della Contea.

Accertandosi un’ultima volta che la porta d’entrata fosse ben chiusa, Bilbo sospirò e si volse ad osservare l’interno tanto familiare di casa sua, in via Saccoforino, Sottocolle.

Aveva trascorso un sacco di tempo lì dentro, dapprima da solo e poi, assieme a Frodo, da quando lo aveva preso con sé dopo la morte di Drogo e di sua moglie Primula.

In quelle stanze aveva raccontato al nipote ed al suo amico Sam, giardiniere di casa Baggins, un sacco di storie prese dalle sue avventure nelle terre selvagge al di là della riparata e solare Contea.

Aveva parlato loro degli elfi di Gran Burrone e di quelli di Bosco Atro, di Beorn e del drago Smaug, ma non aveva mai parlato loro di un pezzo della storia di quel suo viaggio. Un pezzo di storia che parlava di quella “lei” che, per errore e sbadataggine, aveva menzionato poco prima in compagnia di Frodo.

Allora si era giustificato dicendo al nipote che le sue erano solo farneticazioni di un vecchio Hobbit con troppi anni sulle spalle e la testa fra le nuvole, ma in realtà non era così.

Bilbo sapeva benissimo di quale “lei” stesse parlando, così come sapeva altrettanto bene che, come giustamente aveva detto Frodo, nella dispensa c’erano ancora otto mele, ben riposte sullo scaffale più alto, nel loro cesto intrecciato.

Non le aveva mangiate tutte quante ed in qualche modo avrebbe dovuto riuscire a sbarazzarsi di loro prima del ritorno di Frodo dalla sua piccola escursione al mercato.

In quel momento però aveva ben altro per la testa.

La semplice frase che aveva pronunciato quasi soprappensiero osservando il buon lavoro svolto dal giovane nipote in giardino, gli aveva fatto tornare alla mente lontani ricordi che spesso, forse persino anche troppo, durante la sua lunga vita nella Contea, aveva tentato di soffocare e allontanare da sé, ma che mai era veramente riuscito a scordare.

Molte volte aveva pensato che, se avesse evitato di parlare di quel breve tratto del suo viaggio per le terre selvagge, esso avrebbe potuto alfine affievolire e sbiadire dalla sua mente come un dipinto troppo antico e logoro per poter essere ammirato come dovuto, ma questo non era mai accaduto, forse anche perché quei ricordi erano per lui continua fonte di dolore e contemporaneamente di felicità allo stato più puro, che andavano a mescolarsi nella sua anima in un vortice tortuoso e inestricabile.

Mentre rifletteva su questo, Bilbo si avviò nei corridoi della casa in cima alla collina, oltrepassando il salotto, per recarsi in cucina e poi nella sua stanza da letto.

Qui, si affrettò a raggiungere lo scrittoio e osservò con aria distante il libro rosso che era poggiato con cura sul piano di legno.

Quelle erano le sue memorie; il racconto del viaggio che tanti anni prima aveva affrontato e condiviso con Gandalf lo Stregone Grigio e i nani guidati da Thorin Scudodiquercia, alla ricerca del tesoro accumulato da suo nonno; l’antico Re Sotto la Montagna.

Con il trascorrere dei mesi Bilbo stava narrando sin nei minimi particolari le gesta che lui e gli altri compagni d’avventura avevano svolto durante quel lungo anno trascorso lontano dalla sua adorata e familiare Contea.
Nei minimi particolari, tranne uno.
Ancora una volta aveva deciso di omettere un tratto di quella storia.

Giustificava questa sua azione, ripetendo più volte a sé stesso che quel pezzo del viaggio poteva non essere raccontato perché, in termini di eventi importanti, non ne conteneva, ma forse mentiva semplicemente a sé stesso per fare a meno ancora una volta di dover svelare agli altri di quella “lei” che teneva tanto misteriosamente celata nel profondo del suo cuore.

Quella “lei” di cui non aveva saputo svelare il ricordo neppure al suo caro nipote Frodo.
Quella “lei” per cui non aveva mai amato e sposato nessun altra donna.
Già la pacifica ma un po’ troppo ficcanaso gente della Contea lo considerava un tipo strano, da quando era tornato sano e salvo e con una piccola cesta piena di oggetti preziosi dal suo viaggio con Gandalf.

La sua reputazione di Hobbit dabbene era andata perduta, e se ora avesse improvvisamente deciso di raccontare a tutti quella parte, breve ma intensa della sua vita, avrebbe solo finito con il peggiorare la sua situazione, diventando agli occhi di tutti ancora più insolito di quanto già non fosse.
Aveva sempre ignorato le critiche degli abitanti della Contea, ma questa volta preferiva tenere quei ricordi solo per sé.

Non poteva semplicemente uscirsene sulla soglia di casa e mettersi a blaterare delle ragioni per cui lui era uno dei pochi Hobbit a non aver mai preso moglie.

Sapeva benissimo che se l’avesse fatto i cari Hobbit della Contea sarebbero rimasti scandalizzati da quella notizia e nessun banchetto per quanto abbondante e gratis potesse essere, avrebbe mai potuto fari dimenticare loro quella nuova notizia, che di certo avrebbe conferito definitivamente a Bilbo la notorietà di matto per eccellenza.

Soprattutto non poteva parlare di “lei” perché ella non era mai stata effettivamente la solita gioviale, allegra e paffutella Hobbit.

Non era mai stata il tipo di donna che un rispettato Baggins o persino un Tuc; la cui parte più spericolata ed avventurosa viveva in Bilbo grazie alla madre Belladonna, avrebbe mai desiderato prendere in moglie o avrebbe mai lontanamente pensato di poter amare.

In effetti “lei” non era del Decumano Nord, del Decumano Sud, Est o Ovest.
Non proveniva da Hobbiville, da Tucboro, o da Pietraforata, né aveva mai vissuto in un abitazione Hobbit scavata nella terra.
Non faceva di cognome Bolgeri, Soffiatromba, Boffin o Serracinta, e non portava il nome di un fiore come quasi tutte le donne della Contea.

Se avesse dovuto dire tutta la verità, “lei” non era esattamente una Hobbit.
Apparteneva alla gente alta……Era un umana.
L’umana più bella che Bilbo avesse mai visto ed ai suoi occhi era sempre apparsa più splendida persino di un elfo; e questo era tutto dire, perché Bilbo adorava gli elfi e tutto quello che li riguardava.

Il suo nome era Elian; o almeno lei aveva detto di chiamarsi così.
Bilbo rimembrava ancora quando l’aveva incontrata per la prima volta.
Lo ricordava come se fosse accaduto solo il giorno prima……
  
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