Living, in the end.
If we shadows have offended,
Think of this, and all is mended,
That you have but slumbered here
While these visions did appear.
È
una stanza piccola e ingombra, polverosa di ricordi, di fotografie sbiadite e
libri mutilati. Pagine di poesia, di letteratura; immagini di una giovane donna
sorridente, nel suo sorriso più remoto, reso ancora più bello dall’immutabilità
del tempo stampato in bianco e nero. E lettere, e articoli di giornale. Nomi che
non sono stati dimenticati, anche se la stanza è così polverosa e ingombra e piccola...
Il vecchio ha saputo di essere solo fino al
momento in cui il freddo inverno è penetrato dall’unica finestra socchiusa – freddo
di un freddo umido, come la nebbia, come la brina, come il ragazzo. Il ragazzo
che col freddo è venuto a sedergli accanto, ancora una volta.
Il vecchio chiude stancamente gli occhi. Non è
sorpreso d’incontrarlo. È già accaduto, di frequente. Si chiede se il ragazzo sappia,
se sappia quanto si odiasse ogni
volta che l’ha visto – è cominciata allora, quando ha pianto sulle parole di
chi voleva succhiare la vita fino al midollo e nel pianto lo ha veduto, quando
gli altri sono saliti sui banchi e il
banco vuoto di colpo non era più vuoto perché lì lui lo ha veduto, quando ha
chiuso piano la porta dietro di sé e ha poi continuato a vederlo, tacito
monito, onnipresente appunto.
Non si odia più, ma non per questo fa meno male.
«Hai vissuto, alla fine?»
E il vecchio si chiede anche se il ragazzo non l’abbia
seguito, da lontano o da vicino, negli anni del rimorso e della perdita, nel
buio che solo i nomi gloriosi degli altri
sui giornali hanno saputo di tanto in tanto alleviare e schiarire, e in quelle
poche lucenti giornate d’estate in cui un giovane insegnante dall’aria timida è
venuto a dirgli quanto gli fosse grato, quanto gli dovesse, e che non è mai stata colpa sua. Probabilmente,
si dice, il ragazzo sa tutto – solo, vuole sentirglielo dire.
E forse, sì, così farà meno male.
«Non sempre» risponde, e la sua voce è appena un
soffio nel freddo che si fa più intenso.
«Bugiardo.»
Apre gli occhi e lo vede sorridere. È sempre lo
stesso, il sorriso del ragazzo, come se il tempo non fosse davvero mai passato,
come se non fosse polvere quella che permea l’aria di quella sua piccola
stanza. Bugiardo perché, è vero, ha vissuto, e negli anni della perdita e
del rimorso soprattutto, perché perdita e rimorso sono più che mai vita. Allora
sorride anche lui, dello stesso sorriso fiducioso che sussurrava carpe diem a un gruppo di ragazzi cui il
futuro, ignoto, sorrideva.
«So perché sei qui.»
Il ragazzo annuisce. «Non avere paura.»
Scuote il capo lentamente. Non ha paura. Per un
po’ l’ha aspettato, addirittura, non ha fatto altro che aspettarlo... Adesso è
soltanto sereno, e la sua unica aspettativa è che la foresta del suo sogno di
una notte di mezz’inverno sia bellissima e iridescente e quieta come la vorrebbe.
D’altro canto lui, venuto per guidarlo, lui è esattamente come lo ricordava...
Il ragazzo si alza, leggero come il vento quando
le foglie appaiono immote, e raggiunge la finestra e la spalanca e sale in
piedi sul davanzale. È un colpo colmo di emozioni quello che il vecchio avverte
in fondo al cuore esausto; è nostalgia, gratitudine, è un fiotto di
incommensurabile felicità.
Il ragazzo s’inchina, una mano al petto. «Sarà un
onore, mio Capitano.»
Il vecchio si solleva senza un dolore, senza un
lamento, pronto ad affacciarsi alla ricerca di un’ultima nuova angolazione.
Else the Puck a liar call;
So, good night unto you all.
Give me your hands, if we be friends...
Spazio
dell’autrice
Ho finalmente guardato L’attimo fuggente per la prima volta, e
ci ho lasciato quel po’ di cuore che Robin Williams non si era ancora preso. Sono
sopraffatta dall’emozione e perciò non mi dilungherò.
Con questo pezzo ho voluto
semplicemente riflettere su come debba aver vissuto, dopo, il professor Keating – inconfutabile il dolore di Todd e
degli altri, sì, ma anche lui deve essere rimasto segnato a vita. È difficile
tornare a guidare i giovani verso le proprie passioni, penso, quando si è visto
quelle stesse passioni giungere a ucciderli. Ho immaginato che si sia un po’
rinchiuso in se stesso, che solo i successi degli altri suoi studenti e di Todd
in particolare l’abbiano infine scosso... e che infine sia venuto lui, Neil,
Puck, a ricambiare il favore, a guidarlo alla fine della vita così come è stato
il Capitano a guidare lui all’inizio della sua. Perché, pur se per un poco,
tutti i Poeti Estinti hanno vissuto.
Le citazioni in incipit e
chiusura sono tratte dal monologo finale di Sogno
di una notte di mezza estate di William Shakespeare.
Aya ~