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Autore: Roro Ruu    15/11/2013    3 recensioni
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"Dopodiché spense la luce, facendo ritornare quel profondo buio all’interno della stanza.
E così, facendo ritornare anche quei spaventosi sorrisi.
Mentre la vera Aya, ormai, era al dì sopra di quella pallida luna."

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/One shot sul Bad End di Mad Father, il finale che più preferisco del gioco./
Genere: Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alfred Drevis, Aya Drevis
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era buio.
Solo buio, in quella stanza. E dei sorrisi.
Dei sorrisi sadici.
Sorrisi i quali, nonostante non si potessero vedere a causa della mancanza di luce, riuscivi a sentirne la presenza.
Sorrisi così inquietanti e immobili.
Però, perché dei sorrisi? Per felicità? Tristezza? O, semplicemente, per soddisfazione?
Qualunque fosse il motivo, l’inquietudine di quei sorrisi non diminuiva.
Solo una, in quella stanza, sembrava non sorridere. Anzi, era triste. Se ne avesse avuto la possibilità probabilmente si sarebbe messa a piangere.
Lì, su un trono, illuminata dalla pallida luce della luna che attraversava quella grande finestra alle sue spalle, mentre il resto era completamente buio.
Lì stava la padrona, la regina di quella stanza.
 
Improvvisamente si sentì il lento scricchiolio di una porta, e fu così che quegli inquietanti sorrisi scomparvero.
La luce proveniente dal corridoio si infiltrò in quella stanza illuminando la parete e il pavimento, facendo così intravedere un’ombra.
Poco dopo, una mano uscì allo scoperto, per poi spostarsi verso l’interruttore che stava alla sua destra.
In un battibaleno la stanza fu avvolta dalla luce di quel grande lampadario, e ormai ciò che stava all’interno era ben visibile, e forse era meglio non sapere cosa effettivamente ci fosse.
Su dei banconi erano allineate delle bambole con addosso vestiti eleganti e ricchi di decorazioni come pizzi e fiocchi, i loro volti così pallidi, ed ognuna era di un colore diverso.
Erano bellissime e così dettagliate.
Già. In particolare una dai lunghi capelli neri…
 
Da quella porta fece ingresso una persona dal lungo camice bianco, anzi, non proprio bianco, essendoci anche qualche macchia di rosso.
E il suo sguardo. Lo sguardo di quella persona era completamente spento, sembrava non ragionare, sembrava da…
pazzo.
E con quello stesso sguardo, guardava quella bambola in particolare, quella bambola dal viso triste.
Quelle bambole non contavano nulla paragonate a lei. Non erano belle come lei.
Lei e solo lei era la bambola più preziosa.
 
Si avvicinava sempre di più, i suoi passi rimbombavano in quella stanza così come rimbombava il ticchettio del pendolo.
Sorpassava le altre senza neanche guardarle, osservava solo lei in tutto il suo splendore, e più la guardava più si ripeteva come avesse fatto un ottimo lavoro.
Si ritrovò faccia a faccia con essa, e oh, come avrebbe voluto restare ad ammirarla per tutta la notte…
Ma, purtroppo, aveva ancora del lavoro da sbrigare.
Continuava a guardarla, e si limitò a dire “Aya, questo vestito ti sta alla perfezione.”
Aya. Questo era il nome di quella che, prima, era una bellissima bambina. Una bambina che, nonostante sapesse in cosa consistesse il lavoro di suo padre, continuava ad amarlo. Una bambina che, nonostante avesse scoperto chi, realmente, avesse tolto la vita a sua madre, continuava ad amarlo. E una bambina che, nonostante fu trasformata in una bambola, continuava sempre ad amarlo.
Ora era morta. Era diventata una dei tanti soggetti di suo padre, anzi, lo era sempre stato.
Quella che aveva davanti non era più Aya, ma solo un involucro vuoto.
Ma a lui non importava. Continuava a dire che andasse fatto per preservare la sua bellezza, ed era ciò che aveva davvero importanza.
Avvicinò il volto al suo, e, facendo attenzione, le diede un leggero e freddo bacio sulla fronte. Un bacio che non aveva alcun valore.
“Adesso devo andare, Aya.” disse.
Girò i tacchi, e cominciò ad incamminarsi sempre senza fretta verso la porta della stanza.
Prima di far cessare nuovamente la luce sussurrò un’ultima cosa, che probabilmente non ha avuto valore né allora come ora.
“Ti voglio bene.”
Dopodiché spense la luce, facendo ritornare quel profondo buio all’interno della stanza.
E così, facendo ritornare anche quei spaventosi sorrisi.
Mentre la vera Aya, ormai, era al dì sopra di quella pallida luna.
  
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