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Autore: AeneadumGenetrix    15/11/2013    0 recensioni
Alec camminava.
Non sapeva dove né perché, e nemmeno da quanto lo stesse facendo, ma camminava.
Intorno a lui c’era una landa desolata, brulla.
Nessun arbusto, nemmeno un ramo secco.
Nessun animale, nessun insetto.
Nessun uccello volava nel cielo.
*vi avverto che questa storia non ha alcun senso, nel senso che proprio non ne ha >.< perciò poi non vi lamentate se avete perso tempo a leggerla perchè io vi ho avvertito x.x
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Alec camminava.

Non sapeva dove né perché, e nemmeno da quanto lo stesse facendo, ma camminava.
Intorno a lui c’era una landa desolata, brulla.
Ciuffi di erba secca ondeggiavano nel vento, anche se di vento non ce n’era.
C’era un sacco di luce, ma il sole non si vedeva da nessuna parte.
Il cielo era di un azzurro smorto, sereno ma marcio.
Faceva caldo.
Alec sudava.
Stava calpestando una strada di pietra grigia, che ustionava i suoi piedi nudi.
Non c’era vita.
Nessun arbusto, nemmeno un ramo secco.
Nessun animale, nessun insetto.
Nessun uccello volava nel cielo.       

Ma davanti al ragazzo una elegante pantera dal manto completamente nero camminava senza che Alec la potesse mai raggiungere, ma sempre in vista. Ogni tanto si voltava a controllare che il Nephilim la seguisse.
Come se il ragazzo potesse fermarsi, lasciando che i propri piedi friggessero, o anche solo provare a entrare nell’erba secca, perdendo il suo unico punto di riferimento in quello strano posto monotono e privo di vita.
E poi, la bestia era magnifica, regale, di un nero appagante, e aveva occhi di un verde così stupendo, intelligenti e saggi…
E poi era l’unica cosa che poteva fare.
Camminare e guardare la pantera.
Guardare la pantera e camminare.
Camminare, cercando di dimenticare il bruciore ai piedi, il caldo e il sudore, e guardare la pantera.
La bestia si girò l’ultima volta, lo fissò un momento e poi tornò a guardare avanti, accelerando all’improvviso e sparendo dalla vista.

Alec andò nel panico, e si mise a correre.
Senza capire come, si trovò davanti a un immenso specchio d’acqua, liscia e senza onde, quasi innaturale.
La strada diventava gradualmente di vetro, mentre si tuffava in quello strano mare limpido.
Alec non esitò.
Continuando a camminare, si immerse in acqua.
Non era fredda, ma nemmeno calda.
Era liquida, ma non bagnava.
Un serpente d’acqua, nero, con occhi verdi, lo aspettava paziente.
Il ragazzo continuò ad andare avanti, in quell’acqua trasparente e morta, simile in tutto e per tutto al deserto che aveva appena attraversato.
E continuava a seguire quella creatura.
Ma non camminava.
Stava nuotando, e respirava, nonostante fosse sott’acqua.
Sembrava quasi aver sviluppato delle branchie. Ma non se ne curava.
Nuotava, semplicemente.
Intorno alla strada vitrea, la sabbia si estendeva all’infinito, dorata e silenziosa.
Si vedeva tutto, anche se in effetti non c’era molto da vedere.
Il paesaggio era monotono, infatti il ragazzo non lo guardava.
Aveva occhi solo per la splendida bestia che nuotava davanti a lui, lunga flessuosa, estremamente elegante.
E continuava a nuotare.
Non pensava a niente, non ci riusciva.
Quegli occhi verdi l’avevano stregato, erano come una droga.
Li aveva visti molte volte, per pochi attimi, e ogni volta non faceva che desiderare di perdercisi dentro, restare per sempre intrappolato in quello sguardo selvaggio, affascinante, fin troppo attraente.
E il serpente si fermò.
Si fermò, si girò e lo aspettò, allungando quel corpo nerissimo, portando la testa ad almeno tre metri dalla strada.
Alec lo raggiunse, nuotò verso l’alto come in trance, e arrivò a fissarlo negli occhi da vicino.
La bestia lo guardò a sua volta, e Alec tese la mano per toccarla.
Immediatamente il serpente scattò verso l’alto muovendo rapidamente la coda, per raggiungere la superficie.
Solo quando non poté più distinguere la forma scura che si agitava ormai fuori dall’acqua, il ragazzo la seguì.
Iniziò a mancargli l’aria, e sentì per la prima volta l’effetto della pressione.
Sbucò in superficie e salì nell’aria ansimando e volando.

Due candide ali da angelo sostenevano il suo corpo, e sopra di lui un maestoso drago nero lo attendeva, le imponenti vele membranose che sbattevano lente reggendolo in aria.
Alec lo raggiunse ancora una volta, e il drago, stufo di fissarlo negli occhi, gli sbuffò una fiammella azzurra in faccia.
Il Nephilim non si ritrasse, affascinato, e il fuoco non lo bruciò.
Anzi, lo riscosse dall’ipnosi.

Davanti a lui c’era una strada d’oro.
Vuota, luccicante, sospesa nell’aria.
Infinita.
Forse la strada per il Paradiso.
Alec stava per imboccarla, e mettercisi a camminare sopra.
Forse per sempre.
Ma si fermò.
Aveva davvero intenzione di passare l’Eternità a camminare su una strada dorata?
Il drago lo aspettava galleggiando nell’aria a poca altezza dalla sottile lamina aurea, e quando vide il ragazzo esitare i suoi ferini occhi verdi luccicarono.
Assunse un’espressione minacciosa, e Alec si decise.
Aprì le ali e spiccò il volo.
Ma non verso la strada e il drago.
Fece un salto mortale all’indietro (si possono fare salti mortali quando si sta già volando? o.O) e volò via.
La bestia abbozzò un rozzo sorriso, sempre che i draghi possano sorridere, e si lanciò verso di lui.
Lo raggiunse, ma non gli fece del male. Gli girò intorno, sputandogli giocosamente addosso fiammelle viola.

Sotto di loro la strada d’oro si incendiò, ardendo di un fuoco dorato e rosseggiante.
Una voce imponente tuonò:-Pagherai per questo, Alexander Gideon Lightwood!
Alec rise.
-Non me ne frega niente!- urlò di rimando.
Il drago si aprì in una gutturale risata, poi soffiò una fiamma blu elettrico nell’aria, e si materializzarono due porte.
Una era un cancello d’oro, scintillante e invitante, e l’altra una semplice porta di legno, il banale e abituale ingresso ad una casa qualunque, con tanto di targhetta.
Alec capì che avrebbe dovuto scegliere il cancello d’oro, era per quello che era arrivato lì, e lo voleva.
Sì, voleva vedere cosa c’era oltre la porta d’oro.
Si avvicinò.
Tra i riccioli e le decorazioni d’oro c’era un elegante scritta, incisa ovviamente su un pannello aureo:”TUTTO HA UN PREZZO”.
Il ragazzo guardò con aria interrogativa il drago.
La bestia assunse un’espressione mortificata e lo invitò muovendo il muso a guardare meglio.
Alec riguardò il cancello e la scritta.
Sotto la tavola incisa c’era un piccolo ripiano mimetizzato con il resto del cancello, e sul ripiano un elegante pugnale dalla lama argentea scintillava.
Il drago si avvicinò, gli sbuffò in faccia una fiammella affettuosa e protese il lungo collo in avanti, rassegnato.

E Alec capì.

Arretrò, allontanandosi dal cancello maledetto,e il drago si allarmò.
Ruggì, ma il ragazzo non capì.
Allora la bestia lo afferrò con le poderose zampe e lo depositò di nuovo davanti alle due porte, mentre un rombo per nulla rassicurante giungeva dall’orizzonte alle sue spalle.
Il Nephilim, iniziando a preoccuparsi, lesse velocemente la targhetta della porta di legno.
Non c’era alcuna frase altisonante, nessun avvertimento o consiglio.
Solo la semplice scritta:”BANE”
Il ragazzo aprì la porta e tutto divenne buio.

-Amore, che fai, calmati- sussurrò una voce sensuale nelle sue orecchie.
Alec aprì gli occhi.
Era sdraiato su un comodo e morbido letto, le gambe intrecciate ad altre, due mani affusolate che gli accarezzavano il petto.
-Magnus- sospirò il ragazzo, sollevato.
-Sono qui, dolcezza- rispose lui piano, girandogli il corpo per guardarlo in faccia.
E nella penombra quegli occhi verdi, felini, luccicarono maliziosi, prima che la sua bocca lo attaccasse e lo facesse sciogliere nel calore dei suoi baci.
Le gambe dello stregone stringevano forti le anche del Cacciatore, le sue labbra e la sua lingua non stavano ferme un secondo, e il ragazzo prima di essere risucchiato del tutto nel vortice d’amore del suo ragazzo pensò che quella vita valeva quanto altre mille eternità in Paradiso.


*Note dell'autrice
se siete davvero arrivati fin quassotto, io ve l'avevo detto che non aveva alcun senso. per cui questa nota è fuori luogo. non ha senso, e basta.
non c'è niente da dire :'')
grazie se avete davvero letto fin quaggiù.
dai, almeno ho la scusa che è un sogno...
ciao :''')
P.S. vi prometto che non scriverò più niente di così insensato o.O

  
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