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Autore: mysterious    16/11/2013    2 recensioni
Per Patrick Jane si sta avvicinando il momento di apporre la parola fine al suo incubo. Uccidere Red John è da oltre dieci anni il suo unico scopo di vita, ma non tutti approvano la sua decisione.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I HAVE A SURPRISE FOR YOU, LISBON

 

Se credessi nell'esistenza di un Dio, oggi lo ringrazierei. Dieci anni di ossessionante attesa, ma ora, finalmente, sono vicino alla resa dei conti. Questa sera li avrò tutti e cinque davanti a me: Bertram, Haffner, Stiles, Smith, McAllister. Potrò guardarli ad uno ad uno, dritto negli occhi e, quando incrocerò lo sguardo di colui che sto cercando, saprò riconoscerlo e la farò finita. Coglierò nei suoi occhi la stessa aria di sfida che verosimilmente ostentava quella sera, quando uccise mia moglie e la mia bambina mentre io stavo tornando a casa per godermi, come sempre, il loro abbraccio. Gli punterò contro il fucile, che mi sono procurato non proprio legalmente, e farò fuoco, guardandolo morire soffocato dal suo stesso sangue.

Lisbon vuole accompagnarmi, stasera. Non avevo dubbi in quanto a questo. Teme voglia commettere un gesto inconsulto, anzi, a dire il vero ne è certa: le ho già mostrato la carabina, sarebbe stato inutile nascondergliela. In ogni caso, non le ho mai mentito sulle mie intenzioni. Le ho sempre spiegato che non mi sarei accontentato di trovare Red John. Dopo dieci anni trascorsi fianco a fianco sul lavoro, lei sa perfettamente che il mio obiettivo è strappare la vita a colui che ha distrutto la mia, uccidendo senza pietà la mia famiglia.

Posso comprendere le ragioni di Lisbon: in fondo, lei rappresenta la legge; insiste sul fatto che dovrei lasciare ad una giuria il compito di condannare Red John e magari assistere alla sua esecuzione da dietro quell'ampia, perversa vetrata, che separa i familiari delle vittime dagli ultimi istanti di vita dei loro carnefici. C'è chi ritiene che osservare il condannato, immobilizzato su quel lettino a forma di croce, che suda, grida o prega mentre la miscela letale di barbiturici e veleno lentamente e inesorabilmente scende lungo il cannello di gomma della flebo, possa ripagare chi ha subito un lutto di tutta l'angoscia, i tormenti, i pianti, la disperazione... ma chi pensa questo non ha mai perso un figlio per mano di un feroce assassino.

Sono più di dieci anni che aspetto: non voglio farlo ancora. Non attenderò i tempi tecnici del processo, i rinvii degli avvocati, dei giudici, le lungaggini della burocrazia... non lascerò che Red John trascorra altri anni tra i dead men walking di qualche braccio della morte, magari organizzando la propria fuga ad opera di uno dei tanti complici che da sempre assecondano la sua lucida follia. Lui merita di morire subito: ha già vissuto anche troppo.

Lisbon non vuole che lo uccida... ma è davvero un delitto liberare il mondo da un simile mostro? Legge e giustizia non sempre sono un binomio inscindibile, almeno non per me.
Il fatto è che... credo che lei tenga molto a me... No, in realtà non lo credo. Lo so. Se dovessi finire in galera, dovrebbe rinunciare ad avermi attorno... La mia presenza è stata spesso ingombrante e imbarazzante, è vero, ma forse non tanto quanto a volte, con falso cipiglio, pretende di farmi credere! 
Ed anch'io mentirei a me stesso se dicessi che non provo nulla per lei. D'altronde, come potrebbe essere diversamente? Lavoriamo a stretto contatto da oltre dieci anni. Un po' alla volta, le ho raccontato tutto di me: la mia storia, la mia tragedia, il mio crollo psicologico, l'internamento in una casa di cura... nonostante la riluttanza iniziale, mi ha aiutato a risollevarmi dalla condizione pietosa nella quale mi ero ridotto e mi ha restituito, insieme con la mia dignità, uno scopo per andare avanti. Certo, non ha mai inteso lasciarmi campo libero con Red John, ma... i nostri punti di vista sono inevitabilmente divergenti.

Le ho detto che potrà venire con me, stasera. Per convincermi, mi ha perfino assicurato che non tenterà di fermarmi, qualunque sia la mia decisione, ma... non parlava sul serio: l'ho letto nel suo sguardo, nella sua postura... come ha potuto pensare di darmela a bere? Al momento opportuno, cercherà di disarmarmi ed io, questo, non posso permetterglielo. Né voglio costringerla a spararmi per impedirmi di perseguire il mio scopo. Non mi importa di morire, ma lei sarebbe tormentata per il resto della sua vita dal tarlo del rimorso, e di certo non merita questo.

Ok, è l'ora.
Lisbon è appena venuta a ricordarmi che il viaggio è piuttosto lungo e sarebbe meglio avviarsi. Assento e, insieme, ci avviamo alla mia auto. Guido io. L'appuntamento con i cinque sospetti è a casa mia, a Malibu. E dove altrimenti? Ineluttabile cornice per l'ultimo quadro di un artista, anche se, nel mio caso, si tratta di un “artista della truffa”, perché questo ero e non posso nasconderlo, tanto meno a me stesso.

Non parliamo, durante il viaggio. Lei, ogni tanto, si volta verso di me e sento che mi osserva, con aria preoccupata. Forse si sta chiedendo che cosa stia provando in questo momento, ma non può capirlo, e mi auguro che non debba farlo mai. Tengo lo sguardo fisso sulla strada, ma la percorro meccanicamente, come un automa: non la vedo neppure. Mentre mi lascio alle spalle le ultime propaggini della città ed imbocco la salita che porta sulla collina affacciata sul mare di Malibu, la mia mente mi ha già preceduto alla villa e prepara l'incontro fatidico, cercando di vagliare ogni ipotesi.

Ma ho anche altro per la testa. Devo liberarmi di Lisbon.

Il sole sta calando. Il cielo si tinge di sfumature che vanno dal giallo al rosso acceso e il mare opportunamente si fa specchio per questo incanto che toglie il fiato. Si fatica a credere che un mondo che riserva simili spettacoli possa contemplare anche tanta malvagità. Mi accosto al ciglio della strada, in corrispondenza di un breve sentiero che porta ad un punto panoramico un po' appartato.
“Che stiamo facendo?” mi chiede Lisbon.
“Voglio guardare il tramonto”, le rispondo semplicemente, scendendo dall'auto e allontanandomi, le mani in tasca, verso quell'angolo di paradiso, dove spesso gli innamorati vengono a scambiarsi promesse per la vita ed effusioni romantiche sotto la luce calda del crepuscolo. Ma questa sera il luogo è deserto. Per fortuna.
Sento la portiera del lato passeggeri aprirsi e poi richiudersi. Poco dopo Lisbon è accanto a me e guarda anch'ella verso quell'orizzonte lontano, che sembra quasi voler prendere fuoco. E' bellissima. Forse non è mai stata più bella di stasera, o almeno così la vedo io.
“Devo dirti qualcosa, Lisbon.” Lei si volta verso di me e mi regala uno sguardo intenso, interrogativo.
“Voglio ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me”, le dico con un fil di voce.
Lei tenta di zittirmi: “Ci sarà tempo più tardi per i ringraziam...”, ma non le lascio terminare la frase.
“No, devo dirtelo adesso.” Faccio una pausa e cerco le parole giuste. “Tu non hai idea di quanto hai significato per me in questi anni, di quanto
significhi per me ora... Grazie, Lisbon.”
E la abbraccio come non l'ho mai abbracciata prima. La stringo a me, e non di sfuggita, come quando non sopportavo di essere toccato né di toccare a mia volta, ma con trasporto. Anche lei mi passa le braccia attorno al collo e, ad occhi chiusi, restiamo avvinti per alcuni interminabili istanti, così, quasi a formare un unico essere, come due metà che alla fine, necessariamente, si fondono e trovano la loro perfezione: yin e yiang.
Quando ci sciogliamo dall'abbraccio, Lisbon è visibilmente turbata. Sorride tra l'imbarazzato e il felice e questo mi fa sentire ancora più... vigliacco. Già, perché quei secondi mi sono serviti per sottrarle il cellulare dalla tasca della giacca.
La guardo negli occhi e sorrido: “Ah, dimenticavo. Ho una sorpresa per te! Aspettami qui!”, e mi affretto verso l'auto, come se veramente stessi andando a recuperare chissà quale regalo per lei. Lisbon resta lì, incredula, con gli occhi lucidi, il sorriso sulle labbra e una strana confusione in testa. Nell'arco di pochi attimi, vaglia ogni possibile ipotesi: “Che sarà mai? Che sorpresa può farmi? Forse... no, ma che penso?.... Però, in questa cornice meravigliosa... un... anello? Non vorrà farmi una dichiarazione d'amore proprio stasera?! Ma che mi passa per la mente? Jane non... forse...”

Il rumore dell'auto messa in moto interrompe i suoi sogni e la riporta bruscamente alla realtà. Quella era la sorpresa. Sono partito a tutta velocità, lasciandola sul ciglio della strada, che ha raggiunto di corsa, ma non abbastanza, mentre urlava invano il mio nome, anzi, il mio cognome.
Chissà perché non siamo mai passati ad usare i nostri nomi di battesimo?
Ma in questo momento non mi interessa. Poso sul sedile accanto al mio il cellulare di Lisbon. Non potendo avvertire nessuno, mi darà il tempo di fare ciò che devo. Che devo a mia moglie e a mia figlia. Che devo a me stesso, per sentirmi a posto con la mia coscienza, per potermi di nuovo guardare allo specchio senza vedere ogni volta nel mio sguardo quel velo di tristezza che non riesco a cancellare, per poter tornare a dormire la notte, anche se dietro le sbarre di una cella per il resto dei miei giorni.

Mi sento un verme per aver trattato Teresa in quel modo, ma non potevo permetterle di intromettersi nella mia battaglia finale. Ho creato in lei delle aspettative. Ho giocato con i suoi sentimenti e le ho lasciato intendere che tra noi stesse per sbocciare qualcosa, ora che finalmente sto per mettere la parola “fine” al capitolo peggiore della mia vita. Non le ho mentito però: è vero che lei significa molto per me; non può neppure immaginare quanto mi siano serviti, in tanti momenti, il suo incoraggiamento, le sue “sgridate”, le sue pacche sulle spalle, molto più efficaci di tante parole.
E non le ho mentito neppure sulla sorpresa, che in fondo... le ho fatto! A questo pensiero, mi concedo un sorriso appena accennato, un po' anche divertito. Se uscirò vivo dall'incontro di stasera, mi ucciderà lei, non ho dubbi!

Eccomi arrivato. La villa è ancora lì, come sempre, a ricordarmi un passato che non potrà tornare. A guardarla, mi appare sempre più vuota. Stasera, poi, ha qualcosa di spettrale. Accoglierò i miei “ospiti” nella dependance sul retro della casa. E' già tutto pronto. Li farò accomodare sui vecchi divani, coperti, da allora, da teli bianchi ormai ingialliti dal tempo e dalla polvere. E poi darò inizio al mio ultimo spettacolo. Niente pubblico, stavolta, nessuna esclamazione di stupore, nessuno sguardo meravigliato, niente applausi finali. Solo, se il destino vorrà, la fine di un incubo.

 

  
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