Blue
Lo trasportava lentamente quasi con dolcezza e il colore si
lasciava guidare, depositandosi tra le pieghe della tela, andandosi a unire con
gli altri toni che adesso danzavano nei suoi occhi. E sorrideva perché un blu
così, un blu di quella tonalità mai, l’avrebbe trovato sul volto di
qualcuno; e il sorriso si spezzava perché sapeva, lei, che quel colore esisteva
solo nel profondo del mare.
Ma continuava, tra i fili di un pennello, a scivolare lento
il blu su quella tela, incancellabile.
E se lo sentiva già sulla sua pelle e poi più giù, fin dentro la sua anima.
Impregnandola
di Blu.
**
Si maledì. In piedi, su quei tacchi, davanti a tutte quelle
persone pronte, per l’ennesima volta a giudicare e a riflettere su cosa
nascondevano le sue pennellate a volte fluide, altre volte in contrapposizione
perfino con il tempo stesso (ed una tela invece
dovrebbe imprigionarlo il tempo). Si maledì ma, era pronta, davvero, per
rispondere a quella sorta di malinconia e di incompletezza che raggiungeva l’anima di chi osservava.
Era pronta mentre, il proprietario della galleria d’arte dove
esponeva lasciava cadere il telo (leggermente azzurrino) che copriva il suo
quadro.
**
“Questo quadro…”
Lei sobbalzò, accorgendosi che un paio di occhi azzurri si
erano fermati criptici sul suo lavoro. Il cuore batteva forte e dovette
ricorrere a tutto il senso di equilibrio di cui disponeva per non cadere dai
tacchi.
“…È incompleto”, terminò di dire lo sconosciuto e lei,
sentendosi piccata, si azzardò ad intervenire.
“No, è completo”
Lui la guardò e il cuore smise di battere per qualche
istante, affogato da quell’azzurro profondo e critico.
“Manca qualcosa, invece. O forse vuoi che rimanga la solita
pennellata d’inchiostro su una tela anonima?”
La domanda la colpì e la ferì, insieme, ma lei non era brava
con le parole né a trattenere le lacrime che si affollavano agli spigoli degli
occhi castani. Si morsicò il labbro, le mani intrecciate e tormentose nel
tentativo di emarginare la ferita. Davvero, era sin troppo facile ferirla.
“Io… N- Non voglio ch- che rimanga anonimo”
Lui la fissò ancora per qualche istante, facendola sentire
incredibilmente nuda e spoglia sotto quegli occhi perfetti. Poi, alla fine,
accennando ad un sorriso sospetto le poggiò la mano sulla spalla. E lei si
stupì, di riuscire a provare altre emozioni indipendenti dalla pittura.
“Posso insegnarti io. Stasera, a cena”, e due mondi
s’incrociarono, così, in una galleria d’arte come potevano essercene tante
altre in una città grande come Tokyo.
**
“Non sei fragile come vorresti farmi credere”
Gli occhi si bloccarono in quelli di lei e un brivido netto
le percorse la schiena. “In che senso?”
“Il tuo quadro, è un quadro incompleto eppure… non sembri
fatta così Hikari Kamiya”
Lei aggrottò leggermente le sopracciglia sfuggendo a quel
blu, quasi insopportabile (quel tono esisteva solo nella sua tela, dentro i
suoi tubetti). Posò i suoi occhi nocciola, caldi, sui bicchieri che avevano
davanti seduti in quel locale.
“Mi conosci da poche ore, Takeru. Chi ti credi di essere, per
pensare di avermi capito così bene?”
Lui sorrise quasi senza accorgersene, inquadrando e fissando
bene nella sua mente i tratti di quella giovane donna, di quell’artista. Sembrava
così diversa, sembrava sfuggire ad ogni regola. “Ho visto la tua arte, questo mi
basta per cercare di capirti”
“Ma questo non ti autorizza a dirmi queste cose!” Chiuse
leggermente il pugno, obbiettando come una dolce bambina lei, il tono però non
era minaccioso né prepotente. Takeru senti un calore strano nascergli da dentro
e avvolgerlo nel momento esatto in cui, la sua mano sfiorò il braccio di lei,
senza volerlo.
“Sei così diversa, Hikari Kamiya”
**
“Bene, bene”
Due occhi castani squadrarono delle iridi azzurre. Takeru
aggrottò le sopracciglia mentre, uno strano ragazzo in tenuta da chef lo
guardava. “…ci conosciamo?”
Hikari fece un gesto disperato contro se stessa. Sospirò, battendosi
una mano sulla fronte, avrebbe dovuto riconoscerlo quel locale.
“No, ma io conosco Hikari”
Annaspò e arrossì insieme, non sapendo più per quale
recondito motivo, si dovesse sempre ritrovare in quelle situazioni.
“Daisuke!”
Il castano, tanto per cambiare, si inchinò gentilmente al
suono di quella voce. “Madame”
Esagerato come al solito, nell’intento sempre di strapparle
un sorriso. Poi, cambiò repentinamente espressione fulminando con lo sguardo il
biondo, che guardava la scena con una goccia in testa. “E lei… guai se non mi
tratta bene Hikari, oppure io e Taichi le giureremo eterna vendetta. Giuro che
userò quella sua capigliatura, per adornare uno dei miei piatti. Per non
parlare delle torture che subirà da parte di Taichi. – Si avvicinò al suo
orecchio con un tono che non poteva non essere frainteso: era una allegra
minaccia di morte- Perché le torture a cui la sottoporrà, nemmeno la sua più
fervida immaginazione potrebbe partorirle”
Poi sorrise mostrando trionfalmente la portata che un
cameriere stava per consegnarli.
“Buon Appetito”
**
Una risata nervosa le sfiorò le labbra. “Oh…quello è Davis.”
E davvero bastava solo il nome, per poter racchiudere e circoscrivere
quell’uragano.
Takeru rimase ad ascoltarla, celando le sue emozioni e i suoi
pensieri. Così lei si sentì in dovere di aggiungere qualcos’altro.
“E…Taichi è mio fratello… sono molto… come dire.. protettivi,
ecco”
Solo allora, il biondo le sorrise, uno strano luccichio negli
occhi.
“È perché in modo diverso, sono entrambi innamorati di lei”
E Kari abbassò il volto, improvvisamente arrossato.
“Daisuke è un amico d’infanzia, mi conosce dalla prima volta
che sparpagliavo tutti i miei colori a pastello sul divano. Ricordo che da bambino
mi nascondeva i pastelli a cera, in modo che potessi giocare solo con lui.”
Non sapeva perché in quel preciso istante gli avesse
confidato quelle cose. Come, in che modo e per quale ragione, lei si stesse
aprendo a lui, a lui, uno sconosciuto in fondo, che pretendeva di insegnarle
qualcosa dell’ arte. Era uno sbruffone, ecco, con le iridi di una tinta
improbabile.
Eppure, alzarono gli occhi nello stesso momento. Eppure le
mani si cercarono improvvisamente. Si sfiorarono le dita e lui le prese il
palmo delicatamente, come se avesse paura di ferirla da un momento a un’altro.
Hikari, lo vide arrossire, levandosi quella sicurezza che forse non gli
apparteneva. Il modo in cui la cercava con gli occhi le fece capire, senza
l’uso delle parole, che anche lui era disposto a rinunciare a quella maschera,
che lo proteggeva dal mondo.
La sua parte razionale le diceva che non esistevano i colpi
di fulmine.
Credeva nel destino, che il corso stesso fosse influenzato dalle
sue decisioni (perché non usare il giallo o il rosso al posto del blu?) ma
qualcosa dentro di lei in quel momento, prendeva improvvisamente vita.
“…Hikari Kamiya è come se non avessi aspettato altro che
questo.”
E diceva davvero tutto quella frase? Hikari non saprebbe
tutt’ora rispondere. Sa solo, che le sue labbra si poggiarono delicatamente su
quelle di lui, che si sentì come immersa in uno stato di felicità assoluta;
mentre, qualcosa dentro –il suo cuore- prendeva a battere velocemente. Hikari ignorava
che quel cuore batteva, in quel momento, esattamente come quello di Takeru
Takaishi. Non sapeva che così aveva intrecciato le loro vite, come due colori
complementari che si esaltano a vicenda e che da soli non valgono nulla.
**
Il pavimento era freddo ma lei poteva sopportarlo mentre si
avvicinava per istinto alla tavolozza da disegno che aveva portato con sé. La
recuperò e in un baleno era di nuovo sul letto, accanto a lui. Che strano
ragazzo, pensò mentre lo sguardo accarezzava i suoi capelli dorati.
Lo conosceva solo da poche ore, eppure già sentiva che lui la
capiva meglio di chiunque altro.
Non le era mai capitato prima, con nessuno.
Rabbrividì e, folgorata da un’improvvisa ispirazione, aprì la
tavoletta e ne estrasse un foglio lindo.
Aveva pochi colori a disposizione, ma non aveva voglia di
alzarsi a prendere gli altri. Anche perché aveva la netta sensazione di non
doverne usare poi molti.
Intinse il pennello nel nero e poi, come guidata da una mano
divina, iniziò a macchiare il foglio di linee precise, crogiolandosi nel caldo
tepore che solo il dipingere sapeva darle. Esclusivamente, prima di incontrare
quel ragazzo.
Takeru Takaishi – sorrise – persino il nome, suonava bene.
**
Takeru si svegliò di soprassalto, quasi fosse stato chiamato
all’improvviso alla realtà da uno dei suoi sonni senza sogni.
Impulsivamente il suo sguardo ricadde a sinistra e sorrise,
poi, nel ritrovare il corpo dormiente della piccola Hikari. Suo fratello poteva
stare tranquillo, pensò nel rialzarsi per prendere un goccio d’acqua dal frigo.
Almeno per quella sera, la sua sorellina non era andata oltre i semplici baci.
Anche se quei semplici baci erano valsi più di mille altri atti d’amore.
Mentre superava la porta della camera, il suo sguardo ricadde
sulla tavolozza abbandonata sulla sedia.
Non si accorse neppure di essersi avvicinato se non avesse
notato la propria mano spingersi a recuperarne il lembo di foglio che
fuoriusciva da essa.
Sgranò gli occhi, cercando per una frazione di secondo di
nuovo il viso addormentato di Hikari Kamiya, prima di tornare di nuovo
sull’immagine sapientemente raffigurata nel foglio.
E sorrise, mentre il cuore si riscaldava di un calore che
aveva sempre pensato di non saper provare.
“Questo sì, che è un quadro”
Spazio Saemi (ovvero: dediche necessarie!)
Tanti auguri a teee!
Tanti auguri a teee!
Tanti auguri Fedeee!
Tanti auguri a teee!
[Memi e Sae battono le mani, euforiche,
nonostante la dolente stonatura!]
Scherzi a parte, tesoro, questa qui è per
te e per i tuoi 17 anni! TANTI AUGURI FEDERICA (alias, HikariKanna)!
Non è molto, scusaci, ma come al solito
abbiamo confuso le date e ci siamo ricordate che il tuo compleanno era il 27
solo quattro giorni fa! Potrai mai perdonarci?
Le solite ritardatarie croniche, eh! Ç. Ç
Ma noi ti adoriamo proprio perché riesci
sempre a perdonarci, in un modo o nell’altro, e perché in qualsiasi fandom
sbarchiamo, il tuo sostegno è sempre immancabile. Grazieeeee! *-*
Perciò questa specie di Takari te la sei
proprio meritata e anche se non è moltissimo, ci ha fatto piacere scriverla per
te e dedicartela. Te l’abbiamo detto: te la meriti! Un Takeru tutto per te! ^-^
Ti vogliamo bene tesoro, sinceramente.
E grazie ancora a tutti coloro che
leggeranno (eventualmente?) e recensiranno questa storia. Lo sapete, no, che il
vostro sostegno è sempre prezioso! *-* Grazieeeee! A tutti quanti, davvero, per
il supporto che ci date ad entrambe, costantemente. Siete fantastici, tutti!
Okay, bando alle ciance, e al prossimo
sfornato Saemi! ^.-
Baci!
Sae & Memi (alias, Saemi! XD)