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Autore: Stregatta    27/04/2008    6 recensioni
Il tessuto sembrava avere la misteriosa capacità di attirare a sé quei pochi barbagli di luce che si infiltravano circospetti nella stanza, frutto dei lampioni che si occupavano di illuminare quell’elegante strada dominata giorno e notte da un incessante formicolio di gente.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seta Disclaimer e altro: Tutto falso, tutto senza scopo di lucro, tutto senza conoscere i diretti interessati.
Dai che lo sapete, su.

Comunque…Quanto tempo era che non mi cimentavo in una Mollamy? Troppo, troppo, signore mie. E’ giunto il momento di tornare sulla retta via, perciò…Voilà!

Edit:...cioè, ditemi quanto si può essere cretini...Ho scordato di fare una cosa fondamentale, ieri sera : dedicare questa fic a quella cosetta amorosa che è la mia Erisachan <3!
Perdonami, tessshoro!!




                     

Seta





Non aveva mai provato la sensazione di giacere fra delle lenzuola di seta. Aveva sempre pensato che si trattasse di un lusso un po’ effeminato, di un piacere troppo raffinato che non si abbinava molto bene alla sua personalità.
Chris e Dom avrebbero senz’altro riso, prendendolo in giro nel vederlo strofinare quell’impalpabile velo di stoffa sulla sua pelle nuda, appena più chiara di quel cangiante grigio perla che lo avvolgeva.
Il tessuto sembrava avere la misteriosa capacità di attirare a sé quei pochi barbagli di luce che si infiltravano circospetti nella stanza, frutto dei lampioni che si occupavano di illuminare quell’elegante strada dominata giorno e notte da un incessante formicolio di gente.
Matt aveva imparato in fretta a notare le differenze che intercorrevano fra qualsiasi metropoli del mondo e il piccolo, soffocante nido costituito dalla sua cittadina natia.
Teignmouth di notte era regno indiscusso delle tenebre, del silenzio, dell’immobilità appena infranta dall’incessante moto ondoso del mare.
Si poteva sperare in una minima quantità di luce solo nelle notti di luna piena, quando un pulviscolo argentato si posava su ogni oggetto, rendendolo chiaro e misterioso allo stesso tempo.
Erano notti che invitavano a dormire, a riposare serenamente, a cercare tregua dall’attività diurna.
In una metropoli quasi non si avverte il passaggio dal giorno al tramonto, riflettè Matthew, continuando pensosamente a giocare con il lenzuolo.
Troppe insegne, troppi lampioni, troppe auto girovaghe per le strade, troppi pedoni dall’aria assorta e dal passo celere a popolare i marciapiedi.
Le metropoli hanno sconfitto il buio, le stelle, il silenzio. E forse, nella loro frenetica iperattività, si illudono di poter anche sconfiggere la morte.

Un tremolio del materasso interruppe il flusso di pensieri del ragazzo.
Matt si voltò di scatto, notando che la figura addormentata dall’altro lato di quell’ampio letto matrimoniale si era mossa, mormorando qualcosa fra le labbra socchiuse e tornando poi a voltargli le spalle, sprofondando di nuovo nella quiete del suo sonno.
Gli occhi di Matt, ormai avvezzi alla penombra dell’ambiente, si posarono carezzevoli sulla pallida superficie di una schiena dalle linee armoniose, che si allargava in due spalle altrettanto ben fatte, fino ad arrivare ad una massa di disordinati capelli neri violentemente in contrasto con il rilucere fievole della carnagione chiara del resto del corpo.
Lasciò cadere la seta che lo aveva coccolato fino ad allora, scivolando piano all’interno del letto per avvicinarsi di più alla persona dormiente.
Avvertì la stoffa morbida e liscia farsi più tiepida, quando si trovò nei pressi di quelle forme così seducenti e provocanti anche nell’abbandono innocente del sonno nel quale versavano.
Matt sostò titubante per qualche istante davanti ad esse, prima di cedere finalmente alla tentazione.
Trattenne un sussulto quando il suo corpo aderì perfettamente all’altro, e allungò esitante una mano con l’intento di accarezzare una spalla dell’uomo, quell’uomo che mai avrebbe immaginato di poter toccare tanto intimamente, e lasciò che una ciocca dei suoi capelli sfiorasse la punta del suo naso, mentre si chinava ad aspirarne l’intenso profumo.
Oh, era così apparentemente fragile e delicato… Quasi non poteva credere che fosse la stessa persona che poche ore prima si era fatta prendere da lui con tanta irruenza, con tanta passione…
Sull’onda dei suoi pensieri divenuti ormai decisamente più impudichi, il giovane non potè trattenersi dal tracciare un bacio sulla curva del collo del compagno, mordicchiandone con tenerezza la superficie, mentre la sua mano scendeva lungo il suo braccio ed il suo gomito, infilandosi con sicurezza oltre la linea di confine delimitata dal lenzuolo che ricopriva il resto dei loro corpi…
- Cosa stai facendo, Bellamy?-
Matt smise immediatamente l’esplorazione del fisico di quello che a quanto pare non era un uomo addormentato, e si ritirò dal suo lato del letto, balbettando : - Scusa…Scusami. Non volevo svegliarti.-
L’uomo raddrizzò la schiena, stiracchiandosi pigramente ed accennando uno sbadiglio, e Matt sorrise lievemente nel pensare che in quel momento somigliava quasi ad un gatto, impressione non certo fugata dallo sguardo che gli rivolse nel chiedergli sommessamente : - Non hai sonno?-
Matt scosse il capo silenziosamente, provocando la risatina dell’altro, che rispose : - Vorresti dirmi che non sei nemmeno un po’ stanco, neanche dopo tutto quello che abbiamo fatto?-
Il ragazzo tornò a scuotere la testa, accorgendosi di sembrare quasi stucchevole in quell’atteggiamento un po’ da bambino… Stucchevole, e per nulla credibile, per giunta.
Non dopo quella notte passata con lui.
Non era in grado di stabilire cosa lo avesse portato a dribblare in toto i disponibili e seducenti corpi delle groupies che ingombravano ogni anfratto del labirintico backstage del festival, quella sera, per andare a fermarsi proprio lì, davanti a lui, esponendosi agli sguardi dubbiosi e perplessi dei suoi compagni di band, che lo osservavano parlare proprio con uno degli uomini che il buon senso ed una certa rivalità posticcia avrebbero dovuto imporgli di ignorare sdegnosamente.
E invece no. Matt aveva affrontato il rischio con uno stupido sorriso stampato sul volto ed una mano tesa fermamente ad imporre la propria volontà di fare conoscenza con lui, la checca isterica, la mina vagante, il bisbetico ed arrogante Brian Molko.
E questo era ciò che chi lo ammirava diceva di lui.
Brian poggiò la testa sulla spalliera del letto, con lo sguardo perso nel vuoto.
La scorta di temerarietà di Matt era stata esaurita tutta nel primo approccio, adesso poteva soltanto rimanere in silenzio per decifrare l’espressione ambigua sul volto del compagno, senza osare chiederne le motivazioni più profonde.
Voltandosi lievemente verso di lui, Brian fissò dolcemente il ragazzo sedutogli accanto, mentre quest’ultimo sentiva il proprio cuore mancare un battito, nell’udire la sua voce raggiungerlo flebile : - Matt…-
- Sì?- esalò il giovane, stringendo impietosamente la morbida superficie del lenzuolo che lo rivestiva per sedare la sua improvvisa agitazione.
- Ci sono le mie sigarette sul tuo comodino.-
- Oh…- mormorò Matt, affrettandosi ad arraffare con dita tremanti il pacchetto stropicciato che giaceva sul piano del piccolo mobile.
Si sentiva strano. Forse stupido, forse semplicemente…incantato.
Incantato dalla delicatezza con cui Brian aveva lentamente sfilato una sigaretta dal suo involucro di carta spiegazzata – quegli assurdi pacchetti morbidi…Ma a che servivano?
Incantato dal modo in cui aveva leggermente sporto le labbra per accogliere il filtro della sigaretta nel loro abbraccio languido – già, sembrava quasi che se la stesse pomiciando, quella sigaretta.
Incantato dal suo modo di aspirare ogni tiro, socchiudendo gli occhi e godendo del sapore del  tabacco come se si trattasse di un lungo, sensuale bacio.
Incantato da lui, semplicemente.
- Non dovresti fumare. Sei…Un cantante.- affermò Matt con tono assorto, senza staccare gli occhi dal filo di fumo sprigionato dalla brace rossa ed incandescente, che andava ad attorcigliarsi in tortuose volute traslucide proprio davanti agli occhi brillanti del suo interlocutore.
- Come se avessi fondato la mia carriera sulla mia voce.- replicò piattamente, ma senza sarcasmo Brian, allungando un braccio per raggiungere il posacenere sul suo comodino e depositarvi la piccola colonna di cenere andata a formarsi dopo qualche tiro.
- Bè, ma a me piace…- continuò Matt, grattandosi nervosamente la nuca, mentre arrossiva un po’ sugli zigomi.
Quel complimento impacciato gli fruttò un’occhiata di sbieco da parte del compagno, insieme ad un sorrisetto strano, enigmatico.
- Grazie. Anche la tua non è male.-
E anche qui, non c’era ombra di sarcasmo. Solo un pungente odore di eufemismo.
Ma Matt era troppo imbarazzato e confuso per accorgersene.
Confuso, perché solo in quel momento avvertiva la profonda assurdità di quella situazione.
Era assurdo il modo in cui era accaduto, il modo in cui quella sera, dopo essersi presentati, avevano cominciato a parlare tranquillamente del più e del meno, gironzolando per il backstage del festival.
Assurdo il modo in cui si erano ritrovati in una zona più tranquilla, fra i tourbus di chissà quali altre band, soli, senza nessuno intorno.
E, oh, erano assurdi i suoi occhi.
Caderci dentro, così. Rendersi conto che quella sfumatura di verde non l’aveva mai vista da nessuna parte, in nessun altro sguardo.
Spingerlo delicatamente contro la parete di un bus, avvicinandosi al suo volto. Non per baciarlo, non per trovare una posizione comoda per scoparselo.
Guardarlo. Solo guardarlo, nient’altro.  
Era stato lui poi ad accostarsi quel tanto che bastava per rendere nulla la distanza fra le loro labbra, come se fosse una tappa obbligata, arrivati a quel punto.
Non che non gli fosse piaciuto, certo.
Non aveva scordato i brividi di eccitazione che erano volati attraverso la pelle della sua schiena al sentirlo sussurrare : - Non mi piace farlo sul bus. Andiamo in un albergo.-
E che albergo. Lussuosissimo, e con un impiegato alla reception che li aveva fissati in malo modo, quando si erano fiondati da lui chiedendo se la suite imperiale fosse disponibile, reprimendo risatine eccitate da ragazzini in calore.
Bè, certo, in effetti quella sera lo erano. Sia ragazzini, sia in calore.
E come ragazzini, fregandosene di tutto e tutti, si erano lasciati andare ad una rumorosissima compilation di gemiti, di urla soffocate e sospiri, facendo l’amore.
Era stato intenso, particolare, eccitante, come tutte le prime volte…
Era stato sconvolgente il modo in cui Brian lo aveva guidato con dolcezza nel suo corpo, dopo che Matt gli aveva confessato, divenendo di fuoco per l’imbarazzo, di non aver mai avuto esperienze omosessuali prima di allora.
Come potesse accettare di lasciarsi possedere da un ragazzino che conosceva appena Matt non sarebbe mai riuscito a capirlo, e forse neanche desiderava farlo.
Si era semplicemente sciolto nella consapevolezza ardente del momento, aveva scordato che oltre a quel corpo selvaggiamente avvinghiato al proprio c’era tutto un mondo che avrebbe potuto giudicarli e biasimarli.
No. Oh, no. Non quella sera. Non in quel letto, in tutta quella morbidezza che lo avvolgeva, in quella calda, caldissima seta che era la pelle di Brian, e che sembrava anch’essa capace di catturare la luce su di sé, obbligando lo sguardo di Matt a posarsi su nient’altro tranne che sul suo rilucere.
Poteva davvero essere solo piacere fisico, quel calore improvviso che lo aveva preso ed obbligato a spingere ancora più forte dentro Brian?
E il bisogno spasmodico di non perdere il contatto visivo con lui, di non perdersi nemmeno una scintilla di quegli occhi verdi paurosamente grandi e pieni di desiderio?
Poteva semplicemente abbandonarsi all’improvvisa intuizione che forse…Forse… Non erano solo i loro corpi ad attrarsi irresistibilmente…
- Matt?-
Il giovane scosse il capo, cercando di riporre i recenti ricordi da parte per dedicare la propria attenzione all’uomo accanto a sé.
- Mhm?-
- Tu sai che da domani tornerà tutto come prima, vero?-
Cosa aveva detto?
- Sai, è stato bello…Davvero bello. Sei molto dolce, e molto…Accidenti, sei un bravo amante, va bene?- rise Brian, un attimo prima di concedere un ultimo bacio alla sua sigaretta ormai consumata, e schiacciarla contro la porcellana bianca del posacenere.
-… però domani tutto questo non esisterà più. Non ci saremo più solo noi due, e queste lenzuola di seta. Ci sarà il lavoro, gli amici, e i media. E io tornerò a buttare fango sulla tua musica, e tu tornerai ad ignorarmi.-
Matt era impietrito, accorgendosi di non avere poi molto da dire.
Aveva già detto tutto lui, con la sua voce tranquilla, come se fosse tutto già scritto e già deciso, come se non ci fosse spazio per variabili ed improvvisazioni sul loro cammino.
- Lo so.- ribattè Matt, meno freddamente di quanto avrebbe desiderato.
Brian sospirò, cominciando a sdraiarsi di nuovo fra le coltri del letto.
- Torno a dormire…Domani dobbiamo alzarci presto.-
Prima di dargli di nuovo le spalle e posare la testa sul cuscino, gli rivolse un “buonanotte” già carico del sonno che lo avrebbe intorpidito per ciò che rimaneva della nottata, e Matt non rispose, forse perché sapeva che per lui non lo sarebbe stata del tutto.
Nonostante questa consapevolezza, nel tentativo di dormire, sprofondò nel tepore delle lenzuola di seta, sentendo di odiarle già, loro e i ricordi che avrebbero intrappolato fra le loro  pieghe.
   
 
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