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Autore: arashi17    18/11/2013    6 recensioni
"Quando un essere umano si toglie la vita, molte sono le cose che non ha più la possibilità di compiere. Il suicidio è peccato, il suicida è maledetto.
Quando un uomo si toglie la vita, una maledizione è pronta ad incombere sul suo spirito. Catene invisibili lo trattengono sul mondo dei vivi e la sciagura lo colpisce. Finché qualcuno non romperà la maledizione, lo spirito sarà intrappolato a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Finché qualche cuore puro non spezzerà le catene, non ci sarà pace per lo spirito.
Ma se anche quel cuore puro venisse trafitto e macchiato per sempre, non ci sarebbe rimedio. Né per il suicida, né per lui."
-BaekYeol- accenni TaoRis.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Kris, Kris, Tao, Tao
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Legend


Lo aveva ritrovato in quella vecchia biblioteca nei pressi della ferrovia. Era malconcio, consumato e dal colorito sbiadito; le pagine color ocra e caffè andavano ad incrinarsi verso il centro e gli angoli, formando piegoline smangiate e talvolta strappate. Il libro che Tao stringeva avidissimo tra le mani, all’altezza del suo torace, era un qualcosa di tanto fragile quanto maestoso e ricercato. Peccato che lo avessero dimenticato tutti.
“Yifan sarà felicissimo! L’ho trovato! L’ho trovato davvero!!!”
Continuava a ripetersi il ragazzo dai capelli rosso fuoco, mentre correva svelto verso la casa del proprio migliore amico.
Era una fredda mattina di Dicembre, Londra sotto la coltre pallida della neve appariva un mosaico fatto di fiocchi perlati, interrotti ritmicamente da luci al neon le quali in lontananza apparivano come soffuse, e dai cappottoni felpati degli abitanti che, incuriositi dal ragazzo, si voltavano per guardarlo straniti. Tao era un ragazzo di vent’anni, alto e muscoloso, dagli occhi ipnotici e i lineamenti facciali accentuati e anormali. Il suo volto richiamava il timore negli animi di chi lo incrociava. Solo Wu Yifan vedeva in quegli occhi la creatura più bella e dolce che fosse mai venuta al mondo. Ed era proprio da Wu Yifan che Tao stava correndo a perdifiato, con un sorriso assurdo dipinto sulle labbra.
   Quando Tao entrò nella camera del ragazzo, lo trovò come al solito steso nel letto, apatico e con gli occhi socchiusi, persi in un ghigno di malinconia e tristezza.
-Kris, ho una sorpresa per te! Non crederai ai tuoi occhi.- disse Tao tutto concitato, nascondendo il grosso libro antico dietro la schiena. Yifan sollevò gli occhi, sorrise a stento all’amico e attese. Non una parola, non un sussurro.
-Per te! Lo desideravi da parecchio, no?- gridò Tao tirando fuori l’ammasso di cellulosa consumata mentre si avvicinava a grandi falcate verso quel letto. Yifan sgranò gli occhi e lo stupore si impossessò di lui.
-Come... dove... Tao! Non posso crederci... lo hai trovato davvero...- la voce di Yifan era un tiepido venticello primaverile, che portava dietro di sé il profumo misterioso e profondo delle notti invernali appena trascorse. Afferrò il libro tra le mani grandi e gentili, e ne percosse il titolo inciso a basso rilievo sulla copertina con le dita.
-Legend.- sussurrarono le sue labbra serie mentre le mani si apprestavano ad aprirlo. Leggende metropolitane, leggende tramandate da generazioni, leggende struggenti e meravigliose, che Yifan amava leggere. Quel libro era un mistero comunque, poiché racchiudeva in sé alcune leggende antichissime, che si diceva fossero state davvero storie reali.
   Passarono quindi le ore, persi in quel ventaglio sconfinato di emozioni suggestive, correndo dietro quei personaggi che popolavano il grande libro consumato, mentre le loro pelli si accapponavano e vibravano durante determinate letture. Tao si strinse più forte nelle lenzuola cobalto dell’amico, sfiorandogli il busto ed il petto. Yifan lo avvolse tremante con il suo braccio sinistro e, sorpreso, appurò che Tao aveva gradito il gesto, accoccolandosi contro la sua spalla, tenendo gli occhi curiosi ben proiettati verso il libro.
-Cosa stai facendo, Kris?- tuonò Tao, chiamando l’amico con il secondo nome, notando come le sue mani affusolate si agitassero esperte sulla copertina nel retro, sollevandone la carta opacizzata con estrema meticolosità.
-Lo sapevo. Questa è la storia che cercavo... la leggenda per eccellenza. È stata bannata da ogni sito internet e ogni libro dopo che alcune persone morirono avendola letta... ma, come vedi, sapevo che questo libro contenesse la leggenda originale.- Yifan parlò risoluto, serio e con un pizzico di adrenalina guizzante nelle sue iridi luminose.
-Morte... ? Non vorrai leggere quella storia spero.- Continuò Tao, allarmato, cercando di dimostrarsi forte e senza timore.
-Non mi dirai che ci credi seriamente? È solo una leggenda metropolitana.- Ghignò Yifan, accarezzando la pagina segreta. Tao sussultò appena, aggrappandosi al braccio dell’amico senza quasi rendersene conto. L’altro sorrise e puntò lo sguardo sul foglio.
“Chiunque leggerà di queste righe, verrà colpito dalla maledizione abbattutasi su Chanyeol e Baekhyun. Mai innamorarsi. Mai innamorarsi dell’ignoto. Mai innamorarsi dell’impossibile.”
   Wo Yifan rabbrividì leggendone le prime frasi ed i suoi occhi cinesi deviarono al lato opposto del quale sedeva l’amico.
-Dai, leggiamoci questa cazzata. Devo riportare il libro prima che si accorgano che manca nell’archivio. È solo una leggenda metropolitana, no?- rise Tao, nascondendo il batticuore accelerato nel petto e dandosi un contegno. Yifan sospirò e tornò a voltarsi verso il ragazzo dai capelli rossi e cominciò a scorrere gli occhi sulla prima frase che apriva la storia, la quale li catapultò lì, in quel tempo, in quella vita, in quell’amore proibito.

Winter Soul
Silenzio. La quiete dopo la tempesta che aveva reso Londra la più bella delle regine bianche, era qualcosa di anormale. Un silenzio simile, nessun umano lo aveva mai percepito sulla propria pelle. Il freddo pungente di quella notte invernale irradiava i muscoli dei viandanti, bloccandoli e atrofizzandoli in una morsa di dolore pacato. Ancora poche carrozze traballavano sulla lunga e sdrucciolevole strada che percorreva Westminster. Le ventitré di quella lunga e dannata giornata erano ormai giunte da poche manciate di secondi, e la vita notturna della Londra ottocentesca iniziava a prender respiro.
Le urla divertite e goduriose degli aristocratici e della borghesia si miscelavano insieme, in un tutt’uno ovattato dalla candida neve che aveva coperto dolcemente la città. Le locande traboccanti di boccali di vino e birra, accoglievano uomini e donne che ricercavano un minimo di pace e stravaganza nelle loro esili e vuote vite.
In una di quelle cantine stracolme, vi sedeva un giovane asiatico, figlio di migranti in cerca di fortuna. Rizzò le orecchie quando un uomo, che reggeva sulle proprie cosce la sgualdrina di turno, non cominciò a raccontare di una diceria recente, che stava spaventando l’intera Londra. 

“Ve lo dico per davvero! Nella ferrovia vi è intrappolato lo spirito infelice di quel suicida! Avanti signori, non venitemi a raccontare fandonie. Ricorderete di quel ragazzo che anni fa, si uccise facendosi travolgere da una locomotiva!” tutti annuirono alle sue parole concitate e la donna sul suo grembo strinse le gambe non appena avvertì le dita dell’uomo sfiorarle l’interno coscia indifferente.
“Vi dico, signori, che quel fantasma è lì e le notti si aggira per la ferrovia, facendo riecheggiare il suo lamento agognante nell’aria londinese! Io l’ho sentito.” 
“L’avete sentito voi? Suvvia, quante pinte avete trangugiato per tirar fuori simili sciocchezze? I fantasmi non esistono.” Il giovane seduto al tavolino accanto si sollevò in piedi, barcollando lievemente a causa dell’alcool assunto e puntò il dito contro l’uomo. La donnicciola sghignazzò divertita per poi gemere dal piacere quando l’uomo, probabilmente un vecchio barone nullafacente, le intrufolò appena le dita nell’intimità.
“Non ridere di me, puttana.” Ringhiò il ragazzo, allarmando il  tavolo accanto, lasciando alcune sterline sul legno massiccio del tavolo sul quale era adagiato. Sgattaiolò via da quella locanda e cominciò a percorrere la lunga strada, intrufolandosi poi in alcune viuzze secondarie, dove gatti randagi guizzavano, giovani amanti consumavano la loro passione, e mendicanti tremavano e morivano di freddo. 
Affannato si fermò, giungendo i palmi delle proprie mani alle rotule delle ginocchia, reclinandosi in avanti come a riprender fiato dopo l’estenuante corsa verso l’ignoto. Sollevò lo sguardo incuriosito e, quando si rese conto di essere giunto alla ferrovia, tremò.
Senza pensarci due volte scavalcò il cancello in ferro battuto e ricadde sulla fragrante neve, che prese la forma delle sue suole malconce. Rabbrividì per il freddo pungente e si strinse le braccia con le mani, come ad attutire la temperatura sconfortevole, proseguendo verso le rotaie.
Notò il diramarsi delle nuvole fioche altissime nel cielo blu scuro, lasciare un lembo limpido di quel cielo e scagliarsi verso le estremità, come a volerlo liberare almeno in una piccola quantità. Quella notte il cielo appariva strano, tanto strano da far impallidire anche la neve stessa. La stazione era completamente vuota; nessun treno, nessun uomo nei dintorni, solo un gattino scarno ed infreddolito spulciava tra alcuni cespugli ricoperti di candida coltre bianca, in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa. Baekhyun fissò l’animale continuando ad avanzare leggero e silenzioso, avvolto dal suo cappotto di stracci e dall’incessante paura che quella solitudine gli arrecava.
Il freddo, pungente e fastidioso, lo spinse ad avventurarsi nella carrozza riparata di una locomotiva a pochi metri da lui, ma parecchio distante dall’entrata della stazione. Vi salì e si acquattò sul divanetto, sfregandosi energicamente le braccia con l’ausilio delle nivee e belle mani, per attutire il gelo che l’alcool non era riuscito a scacciar via.
Un brivido lo avvolse per un istante e la sua pelle tremò di nuovo quella notte.
Sollevò gli occhi scuri e piccini, focalizzò più e più volte tutto ciò che in quella carrozza poteva trovare e rimase deluso. Il brivido poco prima provato non apparteneva all’inverno e al suo freddo tipico, bensì a qualcosa di cui non avrebbe saputo spiegarne la natura. Non era un tocco freddo quello che avvertì, nemmeno caldo, né tenue, dolce o malinconico. Semplicemente un velo come trasparente lo aveva sfiorato, e la presenza di qualcosa aleggiava nell’aria fitta della carrozza.
Gli occhi di Baekhyun continuarono a guizzare seppur lenti, lungo il perimetro che lo accerchiava e nuovamente rimase deluso. Il micio comparve di colpo tra le sue gambe e Baekhyun sussultò appena, imprecando contro l’animale che aveva preso a strusciare il suo pelo ramato lungo i suoi calzoni. La sensazione era pressoché simile. 

“E poi dicono che ci sono i fantasmi qui...” 
Sussurrò placando il suo timore, spiegando a se stesso che era quel micio, la fonte della sua paura temporanea. Si dovette ricredere quando di nuovo si sentì toccare, ed il gatto se ne stava appallottolato davanti a lui, a qualche centimetro di distanza. Lo guardò con stizza, farfugliando qualcosa tra le labbra serrate per poi giungere le ginocchia al viso, tenendole ferme con le braccia. Se ne rimase appollaiato sul divanetto per qualche tempo, mentre ombre di luci e fruscii del vento lo facevano sobbalzare di tanto in tanto.
Scattò del tutto in piedi quando avvertì, nei suoi padiglioni, un rumore vuoto, che rimbombò nell’aria circostante. Voltò a destra e a manca gli occhi, sbirciò fuori dalla cabina e non vide nulla, se non qualche ombra guizzante. Poi, di nuovo, un altro rumore; poi un altro e dopo ancora una sorta di sussurro, come se qualcuno si lamentasse del freddo, tremando e arrancando aria. Baekhyun trasalì ma tentò di imporsi dell’autocontrollo e, soprattutto, del coraggio.

“Chi è là?!?” 
Urlò tradito da una vocina flebile e poco virile. Le gambe che tremavano, e non dal freddo.
Nessuna risposta riecheggiò nella locomotiva e Baekhyun ripeté la domanda. Al quarto tentativo, sentì qualcosa tagliargli l’aria da sotto il naso. Nuovamente trasalì, cadendo a terra, sul sedere dolorante. Aveva visto qualcosa, lo aveva percepito e anche sentito con le sue orecchie, peccato che quel qualcosa non aveva colori umani o un aspetto umano.
Passarono una manciata di minuti nei quali Baekhyun si convinse di aver troppo dato peso a quella storia nel locale e che la suggestione ed il luogo macabro gli avevano giocato brutti scherzi. Ma quando si alzò dal pavimento sfregando le mani sulla stoffa del pantalone, qualcosa stava sbirciando da dietro la porta della cabina. Due grandi occhi scuri ma pallidi, scrutavano la figura longilinea ma invitante del giovane, e una mano tanto grande quanto incolore, stringeva forte la porta; il corpo era nascosto dalla parete.
Baekhyun notò che poteva vedere il mogano del legno della porta dietro quella persona che lo fissava e si rese conto che no, quella non era di certo una persona. Non all’apparenza almeno. I peli sulle braccia del giovane si rizzarono, la pelle rabbrividì e impallidì più di quanto pallida già non fosse e il corpo intero di Baekhyun cominciò a tremare. Sgranò lo sguardo e urlò terrorizzato, sentendosi in trappola nelle mura chiuse di quella cabina e mai quanto allora, desiderò di essere in quella locanda ad ascoltare fandonie fuoriuscire dalla bocca di ubriaconi. Si dimenò e camminò indietro fino a toccare la parete con le mani e, sentendosi letteralmente con le spalle al muro, si lasciò scivolare lentamente a terra, singhiozzando.

“Non ti avvicinare!!!” 
Strillò arpionando le proprie mani a terra, e se solo avesse potuto, ci avrebbe conficcato le dita per sentirsi o illudersi di essere protetto. Quella cosa si era mostrata completamente e minacciava di avvicinarsi.
Aveva una alta statura, lunghi capelli chiari –o almeno così parevano essere- che coprivano delle orecchie leggermente allungate, due occhi grandi e suggestivi, parevano illuminare con la luna l’intera ferrovia, un viso asciutto così come tutto il corpo snello, e vestiva uno strano trench che gli copriva per metà le cosce. Tutto di quell’essere lo faceva apparire un giovane uomo, ma il pallore della sua pelle e l’evanescenza intorno al suo corpo rendevano l’idea perfetta di cosa in realtà fosse. 

“Stai lontano da me!!!”
Gridò Baekhyun vedendoselo a pochi passi e sudando freddo per la paura. Urlò ancora, disperato e contando ormai i secondi che gli mancavano prima che quell’essere lo uccidesse o impossessasse, ma con sua sorpresa, il ragazzo arrestò ogni movimento, contrasse le labbra come a dirgli un vago e leggero “sì” e arretrò, scomparendo nella penombra. Pochi istanti e la sensazione di irrequietezza sparì sia dalla locomotiva, sia dalla pelle di Baekhyun.
Corse via, rapido e goffo come mai lo era stato e quando scavalcò la cancellata, non si fermò per riprender fiato, giurando a se stesso che non avrebbe più messo piede in quel posto. E mentre sfrecciava sulla neve sporca, il suo cervello roteava solo e sempre la stessa domanda:

“Ho davvero visto un... fantasma?”

La mattina dopo, Baekhyun giaceva nel suo letto con occhi serrati e le dita ben issate al lenzuolo. Non era riuscito a riposare bene, troppo preso dall’incontro avuto la notte prima, e quindi si alzò dal suo involucro di stoffe e calore, andando dritto nel bagno. Si credette pazzo quando nello specchio oltre alla sua figura vide il fantasma della ferrovia. Si credette pazzo quando avvertì nuovamente l’aria mancargli, come se qualcuno la bloccasse prima che potesse giungere alle sue narici. Si credette pazzo quando, in cucina, cadde una mela dal tavolo e pensò nell’immediato che fosse opera di quello spirito. A metà giornata, Baekhyun se ne stava disteso sul suo letto, le mani tra i soffici capelli, gli occhi socchiusi e malinconici, la consapevolezza di starsi ammalando di pazzia. 
Le cinque del pomeriggio erano giunte e, quanto è vero che Byun Baekhyun credeva in Cristo, si trovava alla stazione ferroviaria, convinto che, se mai davvero ci fosse stato un fantasma, si sarebbe manifestato anche tra la folla, nel giorno pieno. Camminò per tutto il tragitto della ferrovia, arrivò alla locomotiva e vi entrò dentro trovandovi solo il solito gatto randagio. Non un sussurro, non un’ombra, nulla di nulla. Sollevò un sopracciglio e mosse i passi per tornare indietro, ma qualcosa sfiorò la sua spalla e lui tremò. Era strana quella sensazione senza temperatura né sostanza. Era strano come lo facesse tremare e non di paura, ma che in qualche bizzarro modo lo rilassasse quella sorta di tocco. Si voltò piano e di nuovo lo vide. Trasalì, sta volta di paura.
“Non scappare.”
Lo pregò il fantasma, tenendosi a debita distanza. La voce come un sibilo, tremante come il lume di una candela, ma profonda come l’amore di una madre. Baekhyun ne rimase affascinato e, quasi senza rendersene conto egli stesso, fermò il suo movimento e gli si paralizzò dinnanzi, incuriosito e rapito da quella voce.
“Mi ucciderai? Ti impossesserai del mio corpo?”
Il fantasma rise appena e Baekhyun constatò quanto eleganti e belle fossero quelle labbra increspate in quella smorfia felice. 
“No. Non saprei nemmeno come entrare in te. Non voglio farti del male.”
Nuovamente quello strano tepore nell’udire quella voce che pareva solo una dolcissima melodia. Come avrebbe mai potuto essere una fonte maligna, quell’essere, Baekhyun non sapeva spiegarselo. 
“Posso, avvicinarmi a te?”
Domandò il fantasma, la voce più leggera, lo sguardo più dolce e curioso. Baekhyun si ritrovò a mimare un sì con il viso e quello gli si fece meno distante, senza farselo ripetere due volte.
Da vicino, si poteva notare il dislivello d’altezza che i due giovani andavano a formare. Eppure, appariva tutto come calcolato, come fatto apposta. Se solo si fossero stretti in un abbraccio, i loro corpi avrebbero aderito alla perfezione. Ma come poteva Baekhyun abbracciare uno spirito? E come, uno spirito, poteva abbracciare Baekhyun?

“Chi sei tu?” 
Domandò il più basso dei due, con voce flebile, mentre sollevava lo sguardo e lo arpionava negli occhi del fantasma davanti a lui. Lo spirito sorrise e rispose che il suo nome era Park Chanyeol, che aveva ventidue anni se avesse contato anche gli anni dopo la sua morte, che si era suicidato all’età di vent’anni e che da allora, era sempre rimasto solo.
“E tu? Chi sei tu?”
“Io? Sono Byun Baekhyun, ho ventitré anni e lustro scarpe a Westminster road.”
Chanyeol parve pensarci come per ricordare la figura del ragazzo intenta nel lavorare in quella che, quando ancora era in vita, era una delle strade che più calpestava. Sorrise di nuovo quando focalizzò, al bordo del marciapiede, un ragazzo ricurvo sui piedi di un barone, sorridente mentre illuminava la sua scarpa costosa.
“Come mai sei qui?”
Ruppe il silenzio Baekhyun, chiedendo per quale motivo la sua anima non trovasse pace.
“Potrei farti la medesima domanda, Baekhyun.”
Rispose il ragazzo evanescente, con uno strano sorriso dipinto sulle labbra spente. Baekhyun sussultò e con una scusa si dileguò da quella carrozza, abbandonando la ferrovia e correndo verso la propria casa. Chanyeol non aveva insistito, lo aveva lasciato andare tranquillamente, tornando così a svolazzare intorno quello spazio costellato da treni e valige, consapevole che nessuno, oltre a quel ragazzo, lo avrebbe visto. 

“Tesoro, perché tremi così? Non ti sarai preso un malanno?”
Domandò dolcemente la madre del giovane ragazzo non appena lo vide rientrare. Lui la fissò, non sapendo cosa avrebbe potuto rispondere, non una parola gli annebbiava tiepida la mente e allora si limitò a chinare il capo, stringere il suo cappotto e agitare la testa in senso negativo. Camminò qualche passo in avanti e poi fuggì, rintanandosi nella sua piccola stanza costituita da un letto scomodo e improvvisato, alcuni –pochissimi- indumenti e una sedia. Era spoglia quella camera, ma a Baekhyun piaceva da morire e non esisteva giorno in cui non ringraziava Dio per ciò che possedeva. Ma in quel momento era diverso, lui non fece caso alla sedia e ai vestiti sparsi, vide solo il suo letto mentre vi si fiondava sopra e stringeva il guanciale sul viso, affogandosi quasi.
Non capire cosa gli stesse succedendo lo attanagliava, non comprendere come fosse possibile per lui l’aver visto e parlato con uno spettro, lo rendeva nervoso e incerto. Ma stranamente non sentiva l’emozione del terrore invadergli il corpo, bensì un tepore ed una sicurezza che non si spiegava, come tutto il resto. Si addormentò pensando a Chanyeol, si addormentò sognando un inverno gelido che però a lui riscaldava il cuore, o meglio ancora l’anima. L’anima... la materia di cui era formato Chanyeol. E nel sognare tutto ciò, sorrise senza rendersene conto. 


Il giorno seguente, Baekhyun era di nuovo lì, in quella carrozza abbandonata. Il sole splendeva sulla neve morbida, colorandola di un candore che trasudava pace e serenità; non faceva nemmeno così freddo e Londra era splendida sotto quel tiepido tocco del cielo.
Chanyeol apparì dopo che l’umano lo nominò e cominciarono a parlare. Parlava tanto Chanyeol, parlava di ogni cosa, di ogni ricordo e Baekhyun lo ascoltava perso, posseduto dalla curiosità di conoscere quel ragazzo bellissimo che adesso era solo aria nell’aria. Gli sorrise sorreggendosi la guancia con una mano annuendo ad ogni parola che Chanyeol aveva da tirar fuori. Era anche simpatico e timido quello spirito che gli ondeggiava sempre un po’ a distanza, per evitargli il freddo, tipico del suo corpo senza consistenza. Non ci volle molto per  Baekhyun imparare ad odiarla, quella distanza. 


Passarono giorni interi, mesi forse, da quando Baekhyun si presentò alla ferrovia e vide Chanyeol. Giorni in cui Baekhyun non faceva altro che contare i secondi passare, avvicinarsi all’orario prestabilito, l’ora in cui avrebbe rivisto il suo spirito.
Il rapporto tra loro era maturato, si era solidificato e Baekhyun poté giurare di non riuscire più a trascorrere un solo istante senza sentirne la presenza. Era una fredda notte di fine inverno, quando Chanyeol non si presentò all’appuntamento e Baekhyun tremò ancora più forte, per la temperatura gelida, per la solitudine, per la paura di non vederlo. Attese tutta la notte fino a che l’alba non lo cullò con il suo calore tenue. Era rimasto sveglio tutta la notte ad attenderlo ma non successe nulla. Nessun freddo particolare, nessuno sguardo malinconico ma dolce e profondo, nessuna risata rimbombante. Chanyeol non si vide, né quella notte, né le notti seguenti. 


Una mattina di primavera Baekhyun si svegliò sentendosi debole, stanco, strano. Il freddo lo distruggeva, eppure faceva abbastanza caldo. Tremava, la sua pelle era congelata, il battito del cuore accelerato bruscamente e la vista si annebbiava considerevolmente secondo dopo secondo. Non vedeva Chanyeol da circa due mesi, ormai credeva che non lo avrebbe mai più rivisto e gli si strinse lo stomaco quasi da sembrare una tortura estenuante.
“Mi sono innamorato di uno spirito”
Sussurrò tremante tra le coperte fin troppo leggere del suo letto sgualcito. La sua voce era un fremito che avrebbe messo paura anche a Chanyeol e, non appena realizzò di star continuando a pensare a lui, si coprì interamente con le coperte lasciandosi andare in un pianto disperato.  
Non passò un giorno in cui la famiglia di Baekhyun non si preoccupò del cambio repentino del figlio che continuava a restare taciturno, perseguitava a non mangiare e silenziosamente sputava lacrime senza ritegno. Non passò giorno in cui sua madre, preoccupatissima, non gli domandava cosa lo affliggesse, ricevendo solo e sempre la stessa inesistente risposta. 


Una mattina, Baekhyun si svegliò all’alba e, nonostante il freddo, corse via da casa ignorando gli strilli della madre, e raggiunse affannato la ferrovia. Rabbia, speranza, desiderio, terrore. Erano queste le emozioni che sentiva trapelare nel suo corpo con una rapidità frenetica, tanto da renderlo nauseabondo. Corse alla locomotiva abbandonata e urlò.
“Park Chanyeol!!!”
Nessuna risposta.
“Park Chanyeol! Vieni fuori! So che ci sei!”
Sentì un sussulto e si voltò scattante alla sua sinistra, per non vedere altro che la tenda del finestrone svolazzante a causa del vento impavido.
“Chanyeol fatti vedere! Ti scongiuro! Perché ti comporti così? Cosa ti ho mai fatto? Chanyeol! Chiedo solo di poterti vedere... anche un’ultima volta se è questo che desideri!” 
Cadde sulle proprie ginocchia arrecandosi un profondo dolore che non durò più di due minuti, ma non era di certo il male fisico a renderlo furioso e disperato.
Poi il gelo.
Un gelo a lui conosciuto e tanto, tremendamente desiderato, lo avvolse e sollevò verso il tetto la testa, schiuse le labbra e chiuse debolmente gli occhi. Inspirò quella sensazione eterea, la fece sua e mosse il volto, come a strusciare la propria guancia sulla mano che lo accarezzava. Ma non vi era nessuna mano, nessun uomo, solo uno spirito a due passi dal ragazzo, ed il suo manto gelido stuzzicava la pelle di Baekhyun, gli attivava i sensi.
Un qualcosa di morto, riusciva a farlo sentire vivo. 

“Chanyeol...”
Sussurrò in quello che parse un ansimo. Sospirò e piccoli distinguibili gemiti apparvero dalle labbra del ragazzo che continuava a muovere il capo contro la sensazione che, dolcemente, avvertiva sulla propria guancia. Sorrise e in un nonnulla cominciò a piangere. 
“Baekhyun non...”
“Dillo ancora.”
Chiese il giovane che mai prima d’allora aveva notato quanto bello potesse essere il proprio nome.
“... Baekhyun...”
“Ancora... ti prego Chanyeol...”
“Baekhyun...”
Fu un solo istante, semplice e fugace. Baekhyun balzò in piedi e fece uno slancio verso Chanyeol come per poterlo stringere. Lo spirito non si mosse, restando volutamente poggiato alla parete mentre Baekhyun lo trapassava lievemente. 
“Non puoi abbraccia-”
“Ti amo Park Chanyeol. Ti amo...”
“Lo so... ma sono un morto.”
È per questo motivo che non ti sei mostrato per due mesi? È per questo vero?”
Chanyeol rimase in silenzio mentre il volto supremo del ragazzo pareva sfiorargli le labbra incolore. Come avrebbe potuto far questo ad un ragazzo di così pochi anni? Come avrebbe potuto lasciar passare, farlo innamorare fino alla disperazione di un morto? Come avrebbe potuto fare tutto ciò alla persona che anche lui si era scoperto di amare?
“Chanyeol non sparire mai più. Non importa se sei uno spirito! Ti amo! Io posso vederti! Posso sentirti! Posso amarti!
“No Baekhyun... è una condanna. I vivi non si mettono con i morti.”
“Morirò per te.”
“Ragiona piccolo stolto... hai una vita davanti. Potrai trovare la donna giusta là fuori. Potrai toccarla, baciarla, avere dei figli da lei! Potrai-”
“SMETTILA! AMO TE, SOLO TE, TU SEI IL SOLO, PARK CHANYEOL!!!”
Il cuore ormai sopito dello spirito parve pulsargli di sangue fresco. Le sue labbra gentili sorrisero a quella dichiarazione e il suo corpo fatto di nulla tremò. 
“Vorrei poter piangere adesso, Baekhyun...” 
“Mi ami. Non è così anche per te, Chanyeol? Provi questi sentimenti anche tu?
“... Sì Baekhyun... provo amore per te... sono innamorato di te.” 
“Vorrei baciarti...”
“Mi dispiace non poterti soddisfare...”
Baekhyun sorrise dolce, dolce come le lacrime che gli solcavano il viso. Poi, guardò la sua mano nivea e affusolata. La portò lungo le gote trasparenti del fantasma, le accarezzò lentamente soffermandosi laddove delle carnose ma vuote labbra stavano debolmente tremando. Le toccò, le sfiorò, tremando spudorato finché la sua mano si bloccò all’altezza del cuore di Chanyeol.
“Qui c’è il tuo cuore.” 
Sussurrò sorridente mentre poggiava il palmo aperto sulla sostanza di cui era fatto lo spirito. Lo penetrò con lo sguardo, divenne serio e si mosse. Trapassò con la sua manina il torace trasparente di Chanyeol e si fermò quando, come per magia, avvertì del calore. Abbracciò con la mano il cuore del ragazzo e chiuse gli occhi, sfiorandogli le labbra e tremando dal freddo.
“Stiamo facendo l’amore. Lo senti, amore mio?”

Le persone lo guardavano con spregio, disgustate, incapaci di comprendere. Baekhyun camminava verso la ferrovia, in braccio un cesto colmo di frutta e un pane, addosso un pesante cappotto a coprirlo dal freddo del nuovo inverno che aveva popolato le strade di Londra. Mentre tutti gli riservavano sguardi orripilati, lui dondolava sulla neve con in volto un tenero sorriso stampato. Correva da ciò che lo faceva sentire vivo, da ciò che nemmeno la morte era riuscita a portargli via. 
Se solo Chanyeol avesse avuto consistenza umana, si sarebbe potuto scrivere di loro sul divanetto della locomotiva, abbracciati, abbandonati l’un l’altro, l’uno nell’amore dell’altro. Chanyeol che lo stringeva al petto, Baekhyun che poggiava la sua testa nell’incavo del collo del proprio amore e si accucciava su lui. 
“Perché sei qui, Chanyeol?” 
“Aspetto, amore.”
“Cosa aspetti? C’è qualcosa che dovevi fare e non hai fatto?”
“C’erano tante cose che dovevo fare... mi sono suicidato, Baekhyun.”
“Mi sono sempre chiesto il perché.”
“Semplicemente ero stanco di vivere. La fame, la peste che colpì i miei familiari facendomi restare solo... la disperazione... non volevo più vivere.” 
“... Non credo riuscirei mai a suicidarmi.”
“Non farlo mai. È una condanna... non trovi pace”
“Non ci sono modi per trovarla?”
Chanyeol sorrise e lo invitò a mangiare le sue belle mele, cominciando a parlare d’altro, di tutt’altro. Non poteva dire a Baekhyun qual era la punizione per essersi tolto volontariamente la vita. Non poteva dirgli quale avrebbe dovuto essere il suo atto di redenzione. Non poteva lasciare che la sua maledizione si abbattesse anche su di lui. Peccato che era già successo.

Quando un essere umano si toglie la vita, molte sono le cose che non ha più la possibilità di compiere. Il suicidio è peccato, il suicida è maledetto.
Quando un uomo si toglie la vita, una maledizione è pronta ad incombere sul suo spirito. Catene invisibili lo trattengono sul mondo dei vivi e la sciagura lo colpisce. Finché qualcuno non romperà la maledizione, lo spirito sarà intrappolato a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Finché qualche cuore puro non spezzerà le catene, non ci sarà pace per lo spirito. 


Successe tutto troppo rapidamente perché Baekhyun potesse capire quale fosse la sua reale colpa. 
“È LUI! Lui è l’impostore! Diceva di non saperne nulla invece ci parla! È lui il posseduto! È lui lo stregone! Prendiamolo!” 
Era questo che una mattina di Dicembre, gelida e nuvolosa, riecheggiava per le strade londinesi. Il popolo intero contro un ragazzo. Londra intera contro Baekhyun.
Corse veloce, più che poté, rivedendo quali errori aveva commesso per meritarsi un tale odio da parte del suo stesso popolo. 

“Lasciatemi in pace! Non ho fatto niente! Lasciatemi stare!” 
Urlava disperato Baekhyun mentre calde lacrime di terrore gli affioravano sul viso, appannandogli la visuale, facendolo inciampare sulla neve fresca, rendendolo una pedina meno lontana dagli altri pezzi degli scacchi. 
“Non lasciamolo scappare! Deve morire!!!”
“CHANYEOL!!! AIUTAMI CHANYEOL!!!” 
Baekhyun scavalcò rapido il cancello della ferrovia e cominciò a correre verso la locomotiva, il fiato inesistente, niente più aria nei polmoni, i muscoli doloranti, il cervello spento. Il suo corpo si muoveva in automatico, ormai troppo abituato a quella stradina, a quel posto, troppo abituato a incontrare il suo fantasma. 
“Corri! Corri! Corri Baekhyun maledizione! AIUTO CHANYEOL!!!”
Continuava a ripetersi Baekhyun che sentiva le forze abbandonarlo sulla neve fresca e fredda e più rallentava, più le persone armate dietro di lui, si facevano vivide e concrete.
Chanyeol si manifestò lì, disperato, preoccupato, sentendosi in colpa, una colpa distruttiva che però non poteva contemplare e odiare in quel momento. La persona che amava stava per essere brutalmente uccisa. Dei pazzi scettici e terrorizzati gli davano la caccia, lo avrebbero lacerato, quel corpicino splendido... ridotto in brandelli. 

“Baekhyun corri!!! Vai oltre la locomotiva! Scappa Baekhyun! Non fermarti ora! Scappa! Baek- BAEKHYUN!!! BAEKHYUN NO!!!”
Tutto si fermò. Anche la neve stessa e le nuvole parvero fermarsi. Londra non fu mai così silenziosa, o per lo meno nessuno la ricordava così. Il frastuono della locomotiva che correva sul binario si perse lentamente nell’atmosfera e l’urlo di Chanyeol si consumò, privo di suono, nell’ampiezza terrena. 
L’aveva ucciso. L’aveva ucciso con il suo stesso amore, con la sua stessa presenza. L’aveva perso per sempre, schiacciato da un treno sferragliante, irriconoscibile in alcuni tratti del corpo, ma pur sempre bellissimo, puro, eterno. L’aveva perso così come lo aveva incontrato. In un giorno buio e silenzioso, avvolto dal freddo pungente dell’inverno. 
Baekhyun se n’era andato, portato via da un qualcosa che nemmeno lui voleva, da un qualcosa che non l’aveva nemmeno visto e che non aveva fatto in tempo a frenare, togliendogli la vita, quella stessa vita che, Chanyeol era sicuro, non avrebbe lasciato neanche per liberarlo della sua misera e atroce maledizione. 

Quando un essere umano si toglie la vita, molte sono le cose che non ha più la possibilità di compiere. Il suicidio è peccato, il suicida è maledetto.
Quando un uomo si toglie la vita, una maledizione è pronta ad incombere sul suo spirito. Catene invisibili lo trattengono sul mondo dei vivi e la sciagura lo colpisce. Finché qualcuno non romperà la maledizione, lo spirito sarà intrappolato a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Finché qualche cuore puro non spezzerà le catene, non ci sarà pace per lo spirito. 

Ma se anche quel cuore puro venisse trafitto e macchiato per sempre, non ci sarebbe rimedio. Né per il suicida, né per lui.
La maledizione dice che lo spirito di Chanyeol avrebbe dovuto vagare senza pace finché qualcuno, qualche cuore puro, finché Baekhyun non lo avesse trovato e amato. Finché il loro amore bruciante non li avrebbe uniti. Finché Baekhyun non avrebbe accettato di morire, di lasciare la propria vita, per poter vivere per sempre al canto di Chanyeol. 
Finché Byun Baekhyun non si fosse tolto la vita. Volontariamente. 
Adesso, Byun Baekhyun e Park Chanyeol non sono altro che un’anima libera, un’anima dei cieli che ha trovato pace e uno spirito rinchiuso nell’involucro del mondo, costretto a portare il peso del suo suicidio e la colpa di aver spinto la persona amata a continuare ad amarlo. La colpa frustrante di averlo portato alla morte dolorosa. 
E chissà, forse Baekhyun avrebbe anche accettato di togliersi la vita per stargli accanto, e ora si starebbero amando come due semplici amanti, tra le stelle immacolate, tra le nuvole. 

 
Non si videro mai più. Un’anima pura non incontra le anime macchiate. Ma si dice che nelle fredde notti invernali, si possa sentire il lamento dolce di Baekhyun che, furtivo e segreto, è scappato dalla sua casa per cercare Chanyeol, per amarlo ancora. E il vento gelido pare attenuarsi, pare librarsi nell’aria, dinnanzi all’amore. L’amore vero.”
 

 
Tao se ne restava lì immobile a fissare quella vecchia ferrovia dalla quale passava spesso per accorciare la strada quando andava a trovare Yifan. Se n’era appena andato via da casa del migliore amico e stringeva tra le mani quel grosso libro, tremando, perso nella serietà più assoluta. Inspirò, con gli occhi socchiusi e rivolti alla coltre di nubi pallide, l’aria fresca che aleggiava nei dintorni.
Poi il gelo.
-Baekhyun...- mormorò tra sé e sé, stringendosi il libro al petto e inspirando più che poté. Il vento freddissimo che si era sollevato di colpo, fischiando un tenero lamento, lo aveva magicamente riscaldato anche se Tao si era ritrovato a sorridere lieve, tremando sotto i suoi pesanti e modaioli vestiti. Che fosse realmente l’animo di Byun Baekhyun scappato per ricongiungersi al suo amato?
-Oh andiamo Tao! Che cavolo stai facendo? Tanto, è solo una stupida leggenda...- 

Non sense
Ciao ciao a tutti non ci credo nemmeno io ma sto pubblicando o_o Allora vi narro u.u Questa storia mi è venuta in testa circa un mesetto fa se non più... ero in stazione di sera per andare all'università e booom mi viene in mente sta cosa. Naturalmente ci ho messo un mese a scriverla ^^'' mi odierete anche qui lo so... 
Ci tengo a precisare che scriverò una B-side TaoRis -avrete notato loro due messi nella storia e vi sarete chiesti "ma che cazz- c'entrano?- e spero di farla per la settimana prossima u.u
Ci tengo molto a questa storia anche perché io in primis sono appassionata del genere che ho trattato e spero voi sarete gentili da lasciarmi qualche commento o farmi sapere ovunque vogliate cosa ne pensate... sapete che mi sto piano piano riprendendendo dal blocco dello scrittore e il vostro appoggio è gradito e speciale... 
Beh, vi lascio con questa storia... non vi nascondo che ho l'ansia quanto oggi e domani. Un bacio <3 
Grace
 
 
   
 
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