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Autore: flamin    18/11/2013    2 recensioni
[Lunabeth] [Minuscolo accenno Percabeth] [Annabeth-centric] [Prima fic in questo fandom, date un'occhiata, se vi va c:]
La ragazza scosse la testa, scossa, e lo fissò mestamente. «Non ho intenzione di-»
«-Uccidermi? Beh, dovresti.» replicò Luke, con voce beffarda; il suo volto rilassato da un po’, tornò immediatamente segnato dalla paura. Fece un altro passo avanti e si fermò proprio di fronte a lei, con gli occhi imploranti, azzurro cielo. «Ti prego, Annabeth. Vieni via con me. È l’unico modo, l’unica soluzione.»

Conteggio parole: 1749.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lightweight.
 
 
 
 
 
 
 
 
Una fioca luce rosea dalle striature rossastre si fece avanti tra la penombra del soggiorno ingombro di diversi modellini aerei.
Annabeth era lì, distesa sul divano, con una piccola lampada accesa, intenta a leggere il libro che era riuscito a distrarla per un paio di ore, dopo il suo risveglio, di soprassalto, nel cuore della notte, a causa degli incubi che da sempre la tormentavano.
Erano circa le sei e mezza del mattino, e lei ancora non riusciva a prendere sonno, quando sentì un leggero bussare alla porta di ingresso.
Con un cipiglio piuttosto insospettito, la ragazza prese il suo coltello dal tavolo da caffè proprio accanto a lei e si alzò di soppiatto, lasciando “Orgoglio e Pregiudizio” sulla superficie di pelle del divano.
Si avvicinò con cautela alla porta, tenendo la sua arma – che sarebbe risultata letale – ben vicina e pronta a scattare, poggiando una mano sulla maniglia. Esitò per una frazione di secondo. Era una semi-dea, dopotutto, e una visita così mattiniera non era normale per nessuno. A meno che non fosse qualche mostro in vena di scherzare.
Scosse la testa, richiedendo a sé stessa più concentrazione e fece scattare la serratura, aprendo la porta.
Quando alzò lo sguardo verso la persona che stava sulla soglia di casa sua, le mancò un battito. I suoi lineamenti le saltarono subito all’occhio e si distinsero. Non sorrise e non cercò di captare le emozioni dell’altro, semplicemente cercò di chiudergli la porta di pesante legno di mogano, in faccia; ma lui fu più veloce e la bloccò, afferrando la superficie venosa del legno, impedendole di chiudersi.
Lei maledisse, per la prima volta, il suo aver sempre ragione: Luke Castellan era vivo e vegeto, come aveva saputo, dentro di sé, negli ultimi mesi. Ed era di fronte a lei.
La figlia di Atena avrebbe voluto sprofondare nel Tartaro, piuttosto che confrontarsi con lui, dopo tutto quello che era successo.
«Per favore, voglio solo parlare con te.»
Annabeth aguzzò per una frazione di secondo l’udito, stringendo gli occhi e riconoscendo una punta diversa e criptica nel tono di voce assunto dal biondo.
«Hai perso questo privilegio.» ribatté ella, con tutta la calma che riuscì a radunare nel suo essere; semplicemente non voleva dar sfogo a tutto quello che pensava, in una sola volta. Spinse nuovamente la porta, nella speranza di riuscire a rendere definitiva la distanza tra loro due, anche se solo di qualche centimetro concreto. Ma Luke la ignorò ed aprì. Fremente di rabbia, Annabeth, puntò il coltello verso di lui e, digrignando i denti, ringhiò «Cosa vuoi?»
Il ragazzo esitò, facendo un passo indietro e alzando le mani. Un sorriso sornione, quasi sarcastico, gli comparve – paradossalmente – sul volto, marcando la sua cicatrice.
Nonostante tutto, osservò la Chase, sembrava ansioso.
«Solo parlare. Una tregua, cinque minuti. Ci stai?»
Consapevole che ne avrebbe rimpianto le eventuali conseguenze, abbassò il pugnale, riconoscendo che, quello che un tempo era stato suo amico, aveva ancora una certa influenza su di lui e di certo non avrebbe potuto dirgli di no. Ma non era esattamente vero, Luke non è mai stato solo “un amico”, ormai lo avevano capito tutti. Il sentimento di Annabeth variava, nel corso degli anni da un certo rispetto ed ammirazione ad una vera e propria infatuazione che, perfino dopo essere stata delusa, rimaneva disperatamente appigliato alla sua mente.
Notò che l’espressione negli occhi di lui non lasciava tradire ansia. Era più come… paura? Disperazione? No, qualcosa di ignoto persino alla piccola parte del suo cuore che ancora si ostinava ad amarlo ed a preoccuparsi per lui.
Ma nulla, nemmeno la grande delusione che aveva suscitato in lei il ragazzo, le impedì di acconsentire ed ascoltarlo.
La semidea lo lasciò entrare, chiudendosi il portone alle spalle e voltandosi, cercando di captare un movimento o un rumore che le suggerisse che la sua famiglia si fosse svegliata.
Incrociò le braccia al ventre, mentre vedeva il figlio di Ermes che si accomodava sul divano, impugnando strettamente il suo pugnale in mano e costruendo un’espressione neutra, con l’intento di tenerla per tutta la durata della conversazione, pregando che Luke non avrebbe capito che avrebbe potuto ancora esercitare la sua influenza; ma nessun Dio sarebbe riuscito ad impedire al ragazzo di leggere negli occhi della figlia di Atena, che aveva imparato a codificare nel corso di tanti anni passati insieme.
«Allora?» chiese allora.
«Annabeth…»
Incredibile come, con una sola parola, fosse riuscito a buttare giù gran parte delle sue certezze. Ma sembrava così affranto.
«Devi aiutarmi» continuò Castellan, alzando lo sguardo su di lei «Ora che Thalia è diventata una Cacciatrice… tu sei l’unica che può farlo. Crono… ha intenzione di usarmi per conquistare il mondo. Vuole usarmi come trampolino fino a quando non sarà pronto per qualcosa di più grande per vincere. I-io…» balbettò disperatamente, stringendosi le mani convulsamente. Il labbro gli tremò leggermente quando Annabeth lo interruppe freddamente.
«Pensavo che fosse quello che volevi», commentò, infatti. «Vincere.»
«Voglio scappare!» latrò Luke, che si alzò dalla seduta, facendo qualche passo avanti, per poi bloccarsi e valutare le azioni, lanciando un piccolo sguardo al pugnale. «Ho bisogno di scappare. Tu… Tu non capisci! Ha intensione di usarmi, Annabeth. Voglio fuggire via con te. Per ritornare a vivere proprio come ai vecchi tempi!»
Sarebbe sembrato tutto meraviglioso, naturalmente, ma anche – e soprattutto – in quella situazione, suonava come infido. Per un momento prese davvero in considerazione la possibilità di tornare tra le sue braccia. Ed era sciocco, da parte sua, credere di poter tornare ai vecchi tempi, soprattutto senza Thalia, dopo che Annabeth era cresciuta e Luke… beh, non aveva nessuna garanzia che lui non stesse mentendo per attirarla in una trappola. Di nuovo.
E poi perché egli continuava a ripetere e sottolineare mestamente la parola usare? Insomma, lei stessa aveva testato quanto corrotta fosse stata la mente del ragazzo.
«Non ci penso nemmeno.» mentì Annabeth, con tono perentorio.
«Annabeth, per favore. Tu mi puoi aiutare. Puoi salvarmi.»
Lei sbuffò rumorosamente, iniziando a strepitare. «No, non posso! E non verrò via con te. Non dopo tutto quello che hai fatto. Pensi che io possa fare una cosa del genere?»
Qualcosa cambiò negli occhi di Luke, inondati da un’ombra improvvisamente ostile. Sembravano riempirsi sempre di più disperazione, forse panico, mentre il suo viso lasciava intendere una smorfia di ira. Nonostante tutto l’espressione rimaneva, per lei, indecifrabile.
«Allora dovresti uccidermi ora.»
Annabeth aggrottò la fronte e Luke si fece avanti, aprendo le braccia. «Tanto vale. Questa sarà la tua ultima occasione, quindi fallo! Tu hai il tuo pugnale, io non ho nulla. È la tua ultima possibilità, perché ha intenzione di usare me, non ci sarà un’altra possibilità da sfruttare così, contro il Signore dei Titani, Annabeth. Credo che tu lo sappia, sei intelligente.»
La ragazza scosse la testa, scossa, e lo fissò mestamente. «Non ho intenzione di-»
«-Uccidermi? Beh, dovresti.» replicò Luke, con voce beffarda, ma il suo volto rilassato da un po’, tornò immediatamente segnato dalla paura. Fece un altro passo avanti e si fermò proprio di fronte a lei, con gli occhi imploranti, azzurro cielo. «Ti prego, Annabeth. Vieni via con me. È l’unico modo, l’unica soluzione.»
Il modo in cui parlava, il suo tono di voce… La sua mente fece scattare un caleidoscopio di pensieri confusi e, per un certo senso, orrendi: avrebbe voluto avere veramente la possibilità di scappare con lui e riuscire a dimenticare tutto; avrebbero potuto scappare abbastanza lontano da iniziare una vita nuova, senza che nessuno li ritrovasse; lasciare la guerra agli altri. O magari fermarla, prima di scomparire. Annabeth non poteva negare assolutamente che, anche se in minima parte, fosse stata tentata di tenersi Luke tutto per sé, e sembrava così affranto e ferito che credette di scambiare il suo sentimento per semplice compassione. Ma proprio all’ora, un’immagine balenò nella sua mente e lei indietreggiò, finendo contro la porta. «Non posso.»
Il semidio agganciò il suo sguardo, con il volto contorto in un’espressione di dolore. La ragazza scosse la testa, sconvolta, e lo fissò mestamente. «Perché non puoi lasciare Percy.» Non era una domanda. Annabeth sgranò gli occhi, sentendo l’affluenza di sangue ed un formicolio all’altezza delle guance, che iniziarono ad imporporarsi.
«Perché non posso lasciare il campo e voltare le spalle ai miei amici, come hai fatto tu! Io non sono una che molla, io non ho intenzione di tradire nessuno. Sto combattendo al loro fianco!»
«Al suo fianco.» la corresse lui.
«Sì!» gli si scagliò contro, la ragazza. «È un dato di fatto, lo sono! Si dà il caso che Percy non mi ha mai tradita, né ha mai tradito nessun altro, al contrario di te, che stai portando tanti semidei alla morte, solo perché non sai affrontare la tua vita!»
«Gli Dei mi hanno manipolato, Annabeth, proprio come stanno manipolando te proprio adesso! A loro non importa nella di noi.»
«Oh, e a Crono importa?» lei alzò un sopracciglio, con enorme scetticismo. «Non eri tu quello che mi ha pregato di aiutarlo a scappare via dalle sue grinfie?» fece una pausa per prendere un respiro profondo. «Sai che non posso venire con te. Non riusciremo mai ad essere nuovamente come ai vecchi tempi. Troppe cose sono cambiate, soprattutto tu
Un clima di tensione si stabilì tra loro, Luke serrò la mascella, impallidendo ed Annabeth sentì i brividi percorrerle lungo la schiena.
Gli occhi di Luke si oscurarono; qualcosa, dentro di lui, gli faceva comprendere quanto la risposta della sua Annabeth suonasse definitiva. Il che lo fece sentire come trafitto da una coltellata.
Nessuno osò respirare, per una frazione di secondo che sembrò interminabile. Nessuno osò fare la prima mossa, fino a quando Luke fece un passo indietro, con un’espressione fredda in viso. «Bene- Ma ti ho avvertita.» esalò con voce piuttosto tremante, per poi uscire dall’abitazione, allontanandosi.
Annabeth rimase lì, a fissare la sua figura che si allontanava, finché il puntino indistinto della sua persona sparì. Allora la ragazza tornò dentro, lasciando finalmente che le lacrime, calde ed amare, scorressero dalle sue gote arrossate. Osservò con circospezione il corridoio, ben contenta di notare che – grazie agli Dei – non avevano svegliato nessuno. Si trascinò in salotto, abbandonandosi sul divano con le braccia penzoloni; voltò lo sguardo verso il suo caffè, ormai freddo, e sulla finestra, dalla quale entrava una luce talmente leggera da sembrare quasi eterea.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
nda.
salve a tutti! beh, questa è la mia prima fanfic sul fandom di percy jackson e non penso nemmeno che sarà l’ultima.
parlando della one shot in sé, so bene che non è molto, avrei potuto fare anche di meglio; l’originalità è stata messa un attimo in discussione, perché ho pensato che fosse un po’ banale, ma andiamo. non ho notato fic simili, così ho deciso di farne una io. c:
e poi, mi sono sempre fatta un sacco di trip mentali, immaginando cosa avrebbero potuto dirsi, in quella situazione.
spero comunque che sia stata di vostro gradimento –anche se credo che qui shippiate tutti percabeth e con un debutto del genere sono riuscita a non piacervi, uh.- anche perché, da lunabeth shipper, ce l’ho messa tutta per far qualcosa di decente. :’
un bacione,
                                      
   
 
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