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Autore: vero_91    18/11/2013    4 recensioni
Dimmi di sì. Dimmi che sono uno stronzo e che non posso più entrare nel tuo letto.
Dimmi che non merito di rifarmi una vita, perché ne ho rovinate troppe.
Dimmi che non mi vuoi, perché nessuno amerebbe mai una persona così egoista e irascibile.
Dimmi che abbandonerai per sempre questa casa, così io potrò tornare a crogiolarmi nell'apatia e nell'indifferenza.
Dimmelo così potrò togliermi questa maledetta spina.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fuoco e Cenere '
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Senso di colpa. Non c'è altro modo per definire quel peso che grava tra lo stomaco e il cuore, un misto di dolore e disgusto verso me stesso.
Senso di colpa per aver fomentato una guerra, senza pensare alle conseguenze.
Senso di colpa per aver ucciso persone innocenti, non ricordando che anche loro avevano una famiglia.
Senso di colpa per non essere riuscito a fermarmi in tempo, trascinato dalla rabbia e dal rancore. Senso di colpa per aver ucciso la sorella dell'unica ragazza che abbia mai amato, la sorella che avevo giurato di proteggere.

Di notte ho la sensazione che questo sentimento si amplifichi. Se durante il giorno riesco a tenerlo a bada, a rilegarlo in un anfratto nascosto del mio corpo, appena prima di addormentarmi ritorna più prepotente che mai, lo sento uscire dal suo nascondiglio e premere come una spina dolorosa. E più passano le ore più la spina entra in profondità, e brucia. Brucia terribilmente. Alcune notti sono fortunato, e la stanchezza delle infinite ore di lavoro prevale sul dolore, altre notti come questa invece, sono costretto ad alzarmi e a cercare qualcosa da fare aspettando l'alba.

“Hawthorne sai che sono le due di notte vero?” Johanna è sulla soglia della cucina, appoggiata allo stipite della porta con un espressione accigliata.
“Si Johanna lo so, ma grazie per avermelo fatto notare.” dico, ritornando a controllare i documenti del nuovo progetto edilizio per il distretto 2.
“Meno male, temevo fossi diventato sonnambulo.”
Fingo di non aver sentito la sua battuta ma dovrei sapere che ignorare Johanna non è una buona tecnica per farla desistere; infatti dopo un paio di minuti di silenzio si avvicina e si siede tranquilla sul bordo del tavolo, buttando con noncuranza i fogli a terra.
“Non hai qualcosa da fare? Tipo dormire?” chiedo esasperato. Ma quando alzo lo sguardo su di lei e la trovo seria a fissarmi, capisco cosa sta pensando.
“Non ho avuto incubi.” dico, interrompendo il contatto visivo. Scosto un po' la sedia per guardarla meglio ma la visuale delle sue gambe nude, lasciate scoperte dalla misera sottoveste, mi provoca uno strano attorciglio alle viscere e sono costretto a cercare di nuovo i suoi occhi per non distrarmi.

Senso di colpa. E' un sentimento che lacera, corrode, logora, e più cerchi di ignorarlo più questo ti entra nella carne.
Senso di colpa perché sono sopravvissuto, anche se avevo detto di essere pronto a morire per la causa.
Senso di colpa perché tutti mi vedono come un eroe di guerra, ma in realtà sono un assassino.
Senso di colpa perché dopo la fine della guerra ero convinto che non sarei più riuscito a riprendermi, invece ho ricominciato a vivere.
Senso di colpa perché non merito di essere felice, ma negli ultimi mesi è così che mi sono sentito.
Senso di colpa perché amo Catnip, ma ora provo questo fastidioso calore al petto per un'altra donna.

“A cosa stai pensando?” chiede, con un tono più gentile del solito.
“Al senso di colpa.” rispondo, incapace ormai di mentirle.
Dalla sua espressione capisco che non se l'aspettava. Rimane un attimo in silenzio, come a soppesare la mia risposta, e poi un ghigno beffardo le appare in volto. “Davvero Hawthorne? E a che cosa dobbiamo questa crisi di coscienza? Se è perché vieni a letto con me sappi che dopo tutti questi mesi è un po' tardino.” Johanna si protende verso di me, e sia dalla sua voce che dai movimenti del suo corpo traspare sarcasmo e sicurezza, ma ormai la conosco troppo bene per non vedere quel velo d'ansia che oscura i suoi occhi.
“Dovrei Johanna?” chiedo stancamente.

Dimmi di sì. Dimmi che sono uno stronzo e che non posso più entrare nel tuo letto.
Dimmi che non merito di rifarmi una vita, perché ne ho rovinate troppe.
Dimmi che non mi vuoi, perché nessuno amerebbe mai una persona così egoista e irascibile.
Dimmi che abbandonerai per sempre questa casa, così io potrò tornare a crogiolarmi nell'apatia e nell'indifferenza.
Dimmelo così potrò togliermi questa maledetta spina.

“Non ancora, Gale. Non ancora.” Johanna posa una mano sulla mia guancia e il suo tocco è delicato ma saldo quando mi solleva il viso per cercare il mio sguardo. “Potrai sentirti in colpa solo quando tutto le morti della guerra saranno state inutili, quando gli Hunger Games ritorneranno e Capitol City tornerà a governare, quando i nostri figli saranno costretti a massacrarsi in un'arena.
E tu nel frattempo sarai chiuso in questa casa a goderti la ricchezza accumulata e indifferente alle sofferenze altrui. Solo in quel momento ti permetterò di sentirti in colpa.”
Il mio corpo e la mia mente assorbono le parole di Johanna come un antidolorifico, e pian piano sento il peso sullo stomaco alleggerirsi, mentre un sorriso spontaneo mi incurva le labbra.
“Tutto ciò mi sembra alquanto improbabile.” dico, appoggiando la mia mano sulla sua.
“Meglio per te allora.” conclude con una scrollata di spalle. Stringe la mia mano e con un gesto felino scende agilmente dal tavolo. “Andiamo a letto ora. E gli esami di coscienza, la prossima volta, cerca di farteli di giorno per favore. C'è gente che lavora qui.”
Alzo gli occhi e cerco di nascondere un sorriso divertito mentre mi trascina per il corridoio. “Guarda che hai sbagliato camera.” dico, quando mi accorgo che siamo nella sua stanza.
“Ho detto a letto, Hawthorne, mica a dormire. Devo proprio spiegarti tutto eh?” Troppo buio per vedere la sua espressione, sento solo il suo corpo premere contro il mio.
“Non proprio tutto.” sussurro sulle sue labbra mentre afferro i lembi della sua sottoveste.
Le viscere si contorcono di nuovo ma non c'è traccia della sofferenza di prima. E' stata sostituita da uno strano calore che a che fare con Johanna, ma a cui ancora non voglio e non so dare un nome.

 

 

 

--- angolo autrice ---

Lo so un'altra Ganna, ma non posso farci nulla se tutte le idee che mi vengono riguardano sempre loro! (ammetto però che vedere quel figo di Liam nei vari trailer ha invogliato il mio desiderio di scrivere su di lui).
Comunque spero si sia capito che quello che parla è un Gale post guerra, ancora traumatizzato ma che cerca pian piano di ritornare a vivere, anche se lui sente di non meritarselo. Ho già scritto di un Gale in questo stato, quindi mi sembrava più interessante concentrarmi su questo particolare sentimento, che secondo me si adatta bene al suo personaggio. Spero di non aver trattato il tema con superficialità, anche le ripetizioni sono volute ovviamente, perché volevo si capisse quanto per lui fosse una specie di ossessione ormai.
Se vi va ditemi cosa ne pensate, leggere i vostri pareri (o insulti) mi fa sempre piacere! :)
A presto spero
Vero

p.s: prima o poi riuscirò a scrivere una Ganna a rating rosso, lo giuro!

  
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