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Autore: SinisterKid    19/11/2013    3 recensioni
Clint urla, continua ad urlare il nome di Phil come se non conoscesse altre parole, come se non fosse in grado di dire altro. Quel nome, quel nome sarà per sempre sulle sue labbra nonostante tutto, nonostante l’inevitabile bisogno di voltare pagina.
Ma in quale modo può dimenticare l’uomo che ha raccolto e unito i disordinati pezzi della sua vita realizzando un capolavoro che non credeva potesse essere compiuto da alcun umano?
[Post The Avengers] [LMD!Coulson]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Give me hope in the darkness that I will see the light

Che rumore fa un’anima che cade a pezzi, sconfitta? Un’anima calpestata dalla vita, più e più volte. Un’anima privata della sua leggerezza e purezza, lasciata a marcire, dissolversi. Un’anima spenta che continua a fare domande alle quale sa non avrà mai risposta.
Perché proprio lui?
Immerso nelle tenebre di una casa non più degna di portare questo nome, giace ciò che resta di Clint Barton. Un corpo all’apparenza integro, in realtà dilaniato da innumerevoli ed invisibili graffi. Invisibili agli occhi, ma non alla mente, esasperano e bruciano ogni pensiero.
Clint è rannicchiato su se stesso, per terra: vorrebbe che una voragine si aprisse e lo inghiottisse. Ha esaurito la pazienza, quella maledetta speranza. Il suo orizzonte è vuoto, non c’è più l’ombra di un futuro. Di nuovo.
Clint urla, quasi spezza le sue corde vocali. Vorrebbe squarciare l’intero universo con il suo insopportabile male. Lo sente scorrere dentro di lui, quel maledetto. Scorrere nelle sue vene e articolazioni, insinuarsi tra i muscoli e intorpidirli.
L’energia fugge in groppa ad un moro destriero di nome Morte. Clint sa che sta spegnendosi secondo dopo secondo. Pensa che la consapevolezza sia la peggiore tra tutte le cose.
Sente mancare l’aria, prova un dolore atroce allo stomaco. Urla ancora: strazianti lamenti che escono incontrollati dalla sua bocca. Non può capacitarsi di quanto la vita sia stata crudele con lui, di quanto si sia accanita contro chi amava, di quante coltellate gli abbia sferrato senza che lui potesse difendersi.
Urla il nome di Phil, adesso. Una preghiera, una supplica, che si eleva oltre ogni dimensione terrena. E’ oppresso dalla disperazione: furente, scalcia e si dimena. Pretende con rabbia e arroganza che Dio prenda la sua carne e ne faccia ciò che voglia, ciò che crede sia più giusto. Clint non sa più che farsene di questo debole involucro mortale, di se stesso. Strapperebbe ogni singolo ricordo dalla sua mente e lo distruggerebbe con le proprie mani se solo potesse, se solo volesse.
Stralci impolverati di un amore ormai lontano lo hanno trafitto, il sadico disegno di qualcuno è stato portato a termine. Non c’è nessun eroe nel cielo di Clint che possa riportarlo a galla dall’abisso in cui è stato gettato. Nessuna speranza, nessuna misericordia grazierà la sua amara e vana esistenza.
Clint urla, continua ad urlare il nome di Phil come se non conoscesse altre parole, come se non fosse in grado di dire altro. Quel nome, quel nome sarà per sempre sulle sue labbra nonostante tutto, nonostante l’inevitabile bisogno di voltare pagina.
Ma in quale modo può dimenticare l’uomo che ha raccolto e unito i disordinati pezzi della sua vita realizzando un capolavoro che non credeva potesse essere compiuto da alcun umano?
Che queste pareti si distruggano in mille macerie e gli cadano addosso, schiaccino ciò che è rimasto del suo orgoglio. La morte non potrà mai far più male di tutto questo, una creatura disgiunta dal suo salvatore è destinata a soffrire fino alla fine dei suoi giorni.
Un ultimo urlo soffocato e il buio divora Clint.

Phil ha acceso la luce e ha visto, ha assistito a tutto. Alle sue orecchie sono giunte forti e chiare le sue urla di aiuto, il suo nome ripetuto come una supplichevole e patetica preghiera. Ha provato sulla propria pelle i calci, i pugni, che Clint sferrava alla cieca. Smorfie di dolore hanno attraversato il suo volto: è stato colpito violentemente più di una volta e non ha fatto nulla per difendersi. Malgrado la voglia di reagire lo stesse portando con le spalle al muro, ha sopportato in silenzio e con pazienza. Ha trattenuto tremendi singhiozzi che gli avrebbero lacerato il petto e ha permesso solamente a delle discrete lacrime di correre sulle sue guancie e bagnare il cuscino.
Ma a Phil non importa cosa ha subito. Il dolore più insopportabile resta quello di Clint, quello di cui lui crede di esserne causa e che non può placare. Non potrà mai estinguere il debito che ha nei suoi confronti, neanche tra un secolo. Non potrà mai dargli ciò che il suo cuore desidera più di tutto.
Lui si sente diverso, è diverso, e di Phil Coulson teme di averne solo le fattezze. Per questo accetta ogni percossa e non si oppone, restando inchiodato a quel letto. Crede che per Clint sia liberatorio sfogarsi in questo modo e lo lascia continuare, non potendo sapere cosa stia passando lui nel suo incubo. Non osa svegliarlo, è convinto che Clint non riesca ancora ad accettarlo al posto di Phil. È inevitabile per lui non pensarlo. Lo ama così tanto che se gli venisse chiesto di andare via, lo farebbe senza ripensamenti. Sacrificherebbe persino la seconda vita che gli hanno concesso per la felicità di Clint.
Lui si sente diverso, è diverso, ma non si rende conto di possedere ogni singola cosa di Phil Coulson, di essere sempre se stesso però in un nuovo corpo. Ha solamente bisogno che qualcuno lo induca a credere e se non sarà Clint ad inculcarglielo in testa, non lo capirà mai da solo.
Finalmente Clint si è calmato. L’incubo pare giunto al termine.

Quando Clint si sveglia nel proprio letto, il confine tra sogno e realtà è ambiguo, indefinibile. Tremante e spaventato, pensa subito ad uccidere l’oscurità accendendo la luce. Il cuore batte in modo irregolare, l’agitazione lo stringe a sé come un’affettuosa madre. Ansima fissando il soffitto, gli occhi svuotati e le guance segnate da un’umida scia di lacrime. Il dolore è rimasto vivo e bruciante, piangere è inevitabile.
“Clint”.
La voce di Phil irrompe nel silenzio e giunge alle orecchie di Clint. Malgrado trasudi angoscia resta il più meraviglioso e rassicurante dei suoni per lui.
Clint resta immobile, non riesce a scuotersi di dosso la spiacevole sensazione che quell’incubo gli ha donato.
“Sono qui, Clint”, gli sussurra Phil. “Sono qui, sarò sempre qui”, ripete con più convinzione.
Phil si avvicina a Clint, paralizzato e gli cinge le spalle con un braccio. Clint si accoccola contro il suo petto, rimpicciolendosi il più possibile.
“Ho sognato di perderti, di nuovo”, mormora con una voce apparentemente neutrale.
“Non accadrà più, lo sai”, si sforza di rispondergli Phil con comprensione.
“Come possiamo saperlo? Preferirei morire piuttosto che vivere senza di te, di nuovo”.
Clint viene lacerato da profondi e incontenibili singhiozzi e nasconde il volto nell’incavo della spalla di Phil. Phil gli pone una mano sul capo e, tremando, gli bacia la fronte con estrema delicatezza, come se Clint potesse rompersi da un momento all’altro. Sfila il braccio dalle spalle di Clint e con entrambe le mani afferra il suo volto smunto e chiazzato di rosso. Clint, gli occhi iniettati di sangue, sussulta e distoglie lo sguardo, privo di forze. Ora tocca a Phil supplicare e pregare Clint affinchè si persuada delle sue buone intenzioni.
“I fantasmi del nostro passato non ci perseguiteranno per molto, te lo prometto”, dichiara Phil appoggiando la propria fronte a quella di Clint, rovente. “Però ho bisogno che tu ci creda insieme a me. Io non andrò da nessuna parte senza di te, capito Barton?”
Di norma, Clint non si farebbe abbindolare da affermazioni del genere. Ha bisogno di certezze, lui. Tuttavia, nel momento in cui incrocia gli occhi fiduciosi e luminosi di Phil, sa di potergli credere, che nulla di ciò che dice è impossibile. Ha una voglia matta di ritrovare la fede perduta, di credere nella vita, nell’amore, in un nuovo inizio. E per una volta questi buoni propositi non finiranno nel dimenticatoio.
“Sì, signore”.
Phil gli sorride con tenerezza e lo abbraccia forte, ha qualcosa in cui credere anche lui. L’uomo che ama lo accetta per ciò che è diventato, se n’è finalmente convinto.
Clint ricambia con un sorriso tirato. Si affida totalmente a lui e lascia che il suo cuore venga scaldato dalla pace e della tranquillità che Phil emana. Il suo volto si rasserena, starà bene adesso.
“La senti?”, domanda Phil.
Per Clint è superfluo chiedere a cosa si riferisca. La sente scorrere dentro di sé quella meraviglia della speranza. Scorrere nelle sue vene e articolazioni, insinuarsi tra i muscoli e destarli dalla paura. Illuminare le tenebre e inghiottirle.
“Sì, la sento”.
   
 
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