Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: Wren    29/04/2008    7 recensioni
*Spoilers sulla fine del manga*
L'ultimo compito, l'ultimo incontro. Un'ultima questione da sistemare e poi sarà davvero tutto finito.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Near, Teru Mikami
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Betata ed approvata dalla meravigliosa Shu, un'autorità in fatto di Desu! u__u
Mi prostrerei ad adorarla pubblicamente, ma poi Kira-sama si risente e uccide la mia linea telefonica (è già successo!!!)... XD



*Spoilers sulla fine del manga*





“…ALFA ESSE ZERO RHO UNO SETTE BLU NOVE OMEGA TI.”
Il ragazzo fece una pausa quando ebbe finito di scandire il codice, non un cenno di insicurezza aveva toccato la sua voce o la sua memoria.
“Codice di identificazione: N.”
Quello non era più il suo nome da diverso tempo, aveva finalmente ereditato quello del suo predecessore, andando ad occupare la posizione che gli spettava, ma durante le sporadiche occasioni nelle quali lasciava il Quartier Generale non riteneva saggio legare il proprio aspetto al nome di L.
“Password: accettata. Riconoscimento vocale: confermato. Accesso consentito.” gli comunicò una voce sintetica proveniente dall’altoparlante incastonato sul muro.
La pesante porta produsse un stridio metallico ed i meccanismi che la tenevano ermeticamente sigillata si misero al lavoro. Al ritmo dello scattare degli ingranaggi, la porta si aprì, rivelando un corridoio asettico, quasi irreale.
Due guardie abbandonarono la loro scrivania per venire incontro al visitatore con uno sguardo ostile, che però si sgretolò rapidamente non appena riconobbero chi era il loro ospite.
La porta blindata si richiuse dietro di lui, una volta che l’ebbe varcata, ed il ragazzo non perse tempo a parlare, consegnò immediatamente alle guardie un plico di documenti firmati, controfirmati, timbrati e bollati che, ne era certo, i due avrebbero a malapena sfogliato.
“Cosa possiamo fare per lei, signore?” domandò uno, dimostrando di non avere effettivamente voglia di consultate i fogli che si stava facendo velocemente scorrere sotto le dita.
“Detenuto di massima sicurezza K4. Ho necessità di parlare con lui in privato.”
“K4” domandò perplessa l’altra guardia, cercando risposte nel suo collega.
“Il detenuto in isolamento…” spiegò quello con i documenti in mano, mentre occhieggiava il visitatore con sospetto. “…quello al quale nessuno dovrebbe avvicinarsi…”
“In uno di quei fogli…” replicò il ragazzo, accennando pacatamente al plico appena consegnato. “…c’è la firma del presidente degli Stati Uniti d’America. Controllate se non ci credete.”
I due fissarono il blocco di scartoffie con sorpresa ed una punta di soggezione.
“O preferite che gli telefoni, così potrà confermare il suo permesso a voce?” suggerì lui ancora, con tono perfettamente casuale.
“Non ci permetteremmo mai di mettere in dubbio la sua parola, signore…” rispose un delle guardie, ora decisamente più convinto.
“Perfetto. Gradirei ora che mi indicaste la porta e mi lasciaste entrare.” proseguì perentorio il visitatore.
Le due guardie si affrettarono a condurlo lungo il corridoio illuminato dalla ronzante ed eccessivamente intensa luce delle lampade al neon, fino a quando il percorso si infranse contro un muro ed una porta, massiccia quasi quanto quella d’ingresso. Il visitatore aveva notato che lungo le pareti le altre aperture si erano fatte più rare man mano che ci si avvicinava a quest’ultima.
“Ecco! Detenuto di massima sicurezza K4…” una delle guardie aprì un pannello sul muro, rivelando una complicata tastiera, e cominciò a digitare, ma dopo svariate cifre e lettere si interruppe. “Signore… è sicuro di non preferire che uno di noi venga con lei?”
“Solo io ho il permesso di avvicinarmi al detenuto.” lo bloccò seccamente il ragazzo. “Voi mi aspetterete fuori e sorveglierete la porta. Uscirò quando avrò finito. Se entro un’ora dal mio ingresso non sarò ancora uscito, siete autorizzati ad entrare per indagare. Se il detenuto lascerà questa stanza, con o senza di me, siete autorizzati a sparare. Ora, gradirei entrare.”
La guardia ed il suo collega lo fissarono, il dubbio che ancora aleggiava nei loro occhi, ma ciò nonostante il codice venne completato e la porta emise il tonfo sordo degli ingranaggi sbloccati. Senza più dire niente, il visitatore afferrò la maniglia ed aprì la porta della cella.
Erano trascorsa circa una settimana dal giorno dell’arresto e quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta che Near rivedeva Teru Mikami.

*

La cella non era molto più che uno striminzito cubicolo di metallo, differente rispetto al corridoio solo a causa dell’illuminazione ben più scarsa. Quando Near entrò e richiuse la porta, Mikami non fece cenno di muoversi, non alzò neppure lo sguardo. Stava seduto in terra, abbandonato contro il muro, le spalle incurvate e la testa a ciondoloni da un lato. Un pesante e sofisticato paio di manette rigide gli impedivano i movimenti, schiacciando le braccia verso il pavimento, probabilmente uno dei motivi per cui stava rannicchiato in quella scomoda posizione.
“Questo posto viola almeno una decina di leggi sui i diritti umani.” constatò il prigioniero, come se fosse un argomento che non lo riguardava affatto.
“È per questo che l’esistenza di strutture di detenzione come questa viene tenuta segreta.” rispose pragmatico Near.
Mikami rise. Una risata asciutta ed amara.
“Come stai?” gli domandò Near, non appena il silenzio fu di ritorno. La domanda sarebbe anche potuto suonare colloquiale, quasi una compassionevole cortesia, se non fosse stato per l’agghiacciante tono completamente disinteressato con la quale era stata posta.
Mikami non ci fece caso, oppure, dopo mesi in silenzio, non parve importargli un gran che del suo tono, e rispose lo stesso. “Non ci sono finestre.”
“È quella l’idea delle celle d’isolamento.” Non c’era scherno nella voce di Near, aveva solo fatto una neutra constatazione.
“Mi manca il cielo
* .” continuò Mikami, ignorandolo. “Una volta pensavo che fosse da lassù che Dio mi guardava.”
Near fissò il capo chino dell’uomo, soppesandone le parole.
“Onestamente, non penso che rivedrai mai più il cielo.”
“Già… nemmeno io. Ma in fondo non credo che cambierebbe qualcosa se potessi rivederlo ora.”
“No. Probabilmente no.” confermò Near, senza molta emozione.
Aspettò che l’altro dicesse qualcosa, ancora una volta non per qualche caritatevole intento di portare il conforto di una chiacchierata al prigioniero, ma Mikami non aggiunse altro, dandogli la possibilità di svolgere il compito per il quale si trovava lì quel giorno.
“Hanno finalmente eletto una commissione speciale che giudicherà il tuo caso. Stanno ancora discutendo su quale sistema giudiziario sarebbe meglio basarsi, ma immagino che tu abbia abbastanza chiara la situazione. Eri un avvocato.”
La voce di Near, priva di qualsiasi inflessione emotiva, trovò risposta in un’altra stanca risata senza sentimento.
“Non meno di un anno.” decretò Mikami, ancora preda del suo cupo divertimento. “Mesi e mesi durante i quali verrò lasciato a marcire qui dentro mentre quei pomposi imbecilli ipocriti si perdono in inutili discussioni, per poi decidere di farmi sparire comunque... Il mondo è nelle mani di un branco di idioti.”
“Non potrei essere più d’accordo.” replicò Near, appoggiandosi pacificamente al muro. “Se fosse stato per me, ti avrei già fatto giustiziare.”
Il detective osservò il volto di Mikami alzarsi ed il suo sguardo incontrare il proprio. Cercò di capire, più per curiosità che per vero interesse, se la sua opinione avesse innervosito il suo interlocutore, ma questi gli parve completamente tranquillo.
“Mi avresti fatto un favore.”
“Se ci tieni tanto a morire subito, puoi sempre smettere di mangiare.” gli suggerì Near.
Mikami distolse lo sguardo, ma non lo abbassò di nuovo, rimase a fissare un angolo imprecisato della sua cella, i suoi occhi osservavano un ricordo lontano.
“Un anno fa lavorai al caso di un uomo che aveva rinchiuso la madre anziana in cantina e l’aveva lasciata morire di fame, solo perché si era rifiutata di dargli i soldi della sua pensione per comprare droga. Dopo aver visto il volto del cadavere, non sono più riuscito a saltare un pasto.”
Si interruppe per far scrosciare ancora quella risata ruvida tra le pareti della cella e Near si domandò se ridere in quel modo assurdo fosse un effetto collaterale del Quaderno della Morte, della vicinanza con gli Shinigami o semplicemente una caratteristica di tutti i pazzi, ma nel frattempo Mikami aveva ricominciato a parlare.
“Nonostante i miei sforzi, il tribunale lo riconobbe incapace di intendere e di volere e dopo due mesi era già libero.” Un sorriso sincero, folle, felice illuminò per un attimo anche i suoi occhi spenti.
“Dio lo giustiziò nel giro di pochi giorni.”
Cadde ancora il silenzio nella piccola cella, mentre Mikami continuava a contemplare le immagini lontane della sua memoria e Near lo osservava, per nulla impressionato dal suo racconto.
“Non ti è passata la voglia di fare questi discorsi dopo la fine che ha fatto Light Yagami?” gli domandò, quasi per provocarlo.
Il commento sortì il suo effetto, per un istante gli occhi del prigioniero lampeggiarono furiosi verso il detective, ma la rabbia che li animava si spense subito, lasciando il posto ad uno sguardo stanco.
“Non voglio giudicare Dio per la sua sconfitta. È stato un salvatore ed ha fatto moltissimo per questo mondo… per me…” Un barlume di sfida animò ancora gli occhi di Mikami. “Scommetto che la situazione ricomincerà a peggiorare ora che lui non c’è più.”
“Ho stimato un aumento del tasso di criminalità del 37% nel giro del prossimo mese.” confermò Near, per nulla preoccupato.
“Lo sai e non ti penti nemmeno un po’ di aver fermato Dio?” domandò il prigioniero senza trattenere l’astio che provava.
“Light Yagami non era Dio. Anche tu lo sai ora.” replicò freddamente Near. “Smettila di far finta di niente perché ti dà fastidio l’idea di aver creduto in qualcuno che alla fine ti ha deluso.”
Lo sguardo di Mikami si infiammò d’odio.
“Tu non sai niente! Tu non hai mai creduto in niente! Non darti tante arie, tu non sai niente!
“Io so esattamente cosa si prova a credere ciecamente in qualcuno e scoprire che si è lasciato sconfiggere da un pazzo esaltato.” lo zittì Near, senza alzare la voce. “Conosco la sensazione di tenere qualcuno su un piedistallo e vederlo cadere insieme all’ammirazione che gli avevi riservato.”
Mikami parve riacquistare il controllo, anche perché continuare ad infuriarsi contro una persona che non aveva la minima intenzione di perdere la calma era uno sforzo senza senso.
“E cosa hai fatto tu? L’hai rinnegato e ti sei dimenticato di lui?” domandò con una nota d’accusa nella voce. Dimostrami che mi sto sbagliando davvero, sembrava dire, fammi vedere quanto sei risoluto tu, al posto mio.
“…no.” ammise tranquillamente Near. “Ora porto il suo nome.”
“Se nemmeno tu riesci a liberarti dei tuoi fantasmi, non dovresti cercare di convincermi a scacciare i miei.” gli recriminò Mikami.
“È fastidioso continuare a rimuginare se sia più importante il ricordo dell’ammirazione ed il motivo per cui era nata, oppure la delusione che si è provato alla fine.”
La voce priva di intonazione di Near acquistò una debolissima nota di umanità. “Davvero fastidioso.”
“Tanto ho parecchio tempo da occupare, prima che si decidano ad ammazzarmi.” rise ancora Mikami.
“Già…” Near lasciò scivolare nel silenzio quello scambio di battute, come se stesse ponderando cosa dire.
“Morirai comunque… Non preferiresti morire subito?”
Mikami gli lanciò un’occhiata dubbiosa.
“Persino tu potresti avere dei problemi se mi ammazzi.”
“Prendi la mia domanda per una… amichevole speculazione?”
Il tono ironico di Near suggeriva tutt’altro, ma il prigioniero stette al gioco.
“Sì… se devo morire, preferisco che sia subito… e preferirei togliervi personalmente la soddisfazione di farmi fuori.”
Near soppesò le sue parole per qualche momento, poi infilò una mano in tasca, ne estrasse una penna ed un pezzetto di carta minuscolo e si avvicinò al prigioniero.
“Non sarei venuto soltanto per dirti come avevano deciso di procedere con il tuo caso. Come ti ho già detto, sapevo che ne avevi già un quadro ben preciso in mente.” gli rivelò, dispiegandogli il fogliettino davanti agli occhi.

Teru Mika__ arresto cardiaco
Il giorno ___ alle ore ___ lo coglie un improvviso malore e nel giro di pochi istanti il suo cuore cessa di funzionare.


“È quello che penso?” domandò Mikami ad occhi sgranati.
“Tutto quello che ne resta. Pensavo di usarlo per eliminarti, ma ho pensato di farti una visita prima…”
Mikami continuava a fissare, intontito dallo stupore, l’ultimo pezzetto del quaderno che aveva usato per tanto tempo. Il quaderno che gli aveva concesso Dio.
“Visto che sembravi tenerci, puoi anche completare tu il tuo nome…” suggerì Near. “Tanto non c’è abbastanza spazio per scrivere nient’altro.”
Mikami alzò lo sguardo sul detective, fissandolo con diffidenza.
“Perché tanto riguardo?”
“Mah… forse solo perché non ho voglia di sporcarmi le mani con te…” rispose evasivo Near, lasciando cadere la penna accanto alle sue mani.
Mikami l’afferrò con tutta la fatica che la sua condizione di reclusione comportava e fece forza sulle braccia per sollevare le pesanti manette.
Completò la sentenza sul foglietto meccanicamente, come quando lo faceva per onorare il volere di Dio, ed in qualche modo, pensò, forse lo stava facendo anche quella volta.
“Non ti spaventa conoscere il momento in cui morirai?” chiese Near recuperando il pezzetto di carta e riponendolo in tasca con la penna.
“No. Così so quanto tempo mi resta per prepararmi.”
Il detective già si stava avviando alla porta, aveva ormai concluso tutto ciò che gli interessava fare in quel luogo, ma si sprecò comunque a fare un’ultima domanda prima di uscire.
“Prepararti per cosa?”
Mikami si lasciò sopraffare ancora da un sorriso folle e felice e pieno di fede.
“Ad incontrare ancora una volta Dio.”

*

7 febbraio 2010
Alle ore 10.32 del mattino Teru Mikami, pluriomicida e coinvolto in primo grado nel caso Kira, muore per arresto cardiaco.
I responsabili della sua custodia decidono che non è il caso di allarmare i loro colleghi e superiori col sospetto che un nuovo Kira sia in circolazione e nel rapporto parlano di suicidio.
Near brucia l’unica prova rimasta che il quaderno della morte sia mai esistito sulla terra alle 10.33 di quello stesso 7 febbraio, chiudendo così definitivamente ogni questione legata alla vicenda di Kira.

L’ultimo tassello del puzzle è stato sistemato.



Owari

* Il riferimento al cielo è una spudorata citazione ed un umilissimo omaggio alla splendida fic su Mikami scritta da Shu: Il colore del cielo


Vieni a trovarmi su The Fangirl Within!
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Wren