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Autore: _SillyLoveSongs_    20/11/2013    3 recensioni
Dal testo:
"-John, non c'è tempo, dobbiamo scendere! Mi sorprendi; non eri tu che ti preoccupavi così tanto della segretezza della nostra... relazione?-
-Ho trasgredito abbastanza questa notte da permettermi di rischiare ancora, non credi?-"
Un altro componente della mia famigliola di slash. spero davvero vi piaccia. Fatemi sapere! ;)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte!

Ecco a voi il terzo fratellino della mia famigliola di slash che, spero davvero, possa essere apprezzato.

Approfitto di questo piccolo angolo autrice per chiedere perdono a tutti gli autori che stavo seguendo ma la scuola mi sta portando via moltissimo tempo e non riesco a dedicarmi alla lettura e alla scrittura come vorrei. Ho degnato questo carissimo sito di qualche sporadica visita e sono riuscita a commentare alcune shot e davvero pochissime long già cominciate e a cui tengo davvero moltissimo.

Inoltre vorrei ringraziare colei che con una brillante idea mi sta facendo avvicinare al fluff. Ma, ti avverto, l'angst sta cercano di corrompermi, ma non cederò!

Spero solo che la lettura sia gradita e che qualcuno di voi che ha più possibilità di me di visitare il sito possa dirmi il suo parere :)

Grazie in anticipo!

Un bacio

Giulia

 

 

 

 

A Chiara

e a tutte le nostre piacevoli chiacchierate.

 

 

 

 

There's no time!

 

-Oh, andiamo... maledizione!-

Permetto ad un umano cedimento della mia pazienza di mostrare la propria presenza attraverso il mutamento delle dolci parole di incoraggiamento che avevo riservato ai bottoni dei polsini. Il mio sospiro rassegnato scuote il mio petto, provocando in esso un gemito irato che vibra contro la camicia, increspandone i lembi che fino a qualche istante prima ricadevano elegantemente lungo i miei fianchi.

Tale particolare, considerato dalla mia vanità motivo di disordine nella mia figura, viene immantinente notato dai miei occhi che rivolgono con un guizzo la propria attenzione al tessuto. Le mie unghie dimenticano il loro ruolo di abili torturatrici che hanno assunto nei riguardi dei bottoni dei polsini che non sono ancora risultati intenzionati ad unirsi in un abbraccio. Lascio scivolare le dita lungo gli avambracci nel tentativo di domare le pieghe assunte dalla camicia, simili al volto di un bimbo, distorto dai capricci e nascosto nelle vesti della madre.

Deglutisco nervosamente, percependo il pomo di Adamo replicare silenziosamente al nodo della cravatta, che allento sgarbatamente. Un lieve colpo di tosse provocato da quel movimento improvviso scuote la figura riversa fra le lenzuola che confondono il profilo del letto. La tastiera di quest'ultimo subisce passivamente carezza sempre più insistente del sole mattutino la cui nascita è stata ignorata dal mio ozio a cui ora rivolgo le mie imprecazioni.

La mia voce attutita dai numerosi sospiri spazientiti provoca un movimento repentino nell’individuo che giace sul materasso cigolante. I suoi brontolii lamentosi si disperdono nell’ampiezza della camera d’albergo, cercando rifugio nelle linde pareti riverniciate da una mano paziente così diversa da quella che ora si affaccenda lungo la mia camicia. La coltre delle lenzuola non paiono intenzionate ad interrompere il gemito del mio ospite che si ripercuote su di esse, provocandone una vibrazione lieve.

La stessa che ho osservato poche ore prima, il mio amorevole sorriso appena accennato che ostruiva il gonfiore del tessuto e ne percepiva l’allontanamento causato dal respiro a lungo trattenuto da John nel sonno. Quel sopore ora viene disturbato dai movimenti di John che con ostentata esasperazione ricercano una posizione da cui recuperare facilmente i sogni interrotti.

La voce petulante e tediosa del mio desiderio di rimediare ad un ritardo evidente viene prontamente zittita dal respiro di John nuovamente lento e regolare, che solleva un pulviscolo polveroso la cui danza è visibile unicamente grazie alla presenza di alcuni tremuli raggi solari. Percepisco il timido calore dell’alba nascente sfiorare le mie spalle che rilasso per un istante, schiavo dei miei occhi che paiono decisi a condurre ogni mia attenzione all’analisi del corpo di John.

Le membra del ragazzo, nonostante la loro contorta posizione, mostrano il loro profilo armonioso oltre le lenzuola. Risalgo con lo sguardo la sua schiena, candida quanto le coperte che scivolano sulla sua pelle con la stessa indolente rassegnazione di un amante infastidito da un abbraccio non ricambiato.

I capelli ramati improvvisano un’arte inaspettata, delineando complessi arabeschi lungo il collo di John che si inarca sul cuscino, premuto dalla fronte increspata.

Sorrido istintivamente del suo sospiro improvviso dettato dalla frustrazione per un sonno ormai perduto.

Uno repentino movimento si impadronisce delle mie labbra che interrompono il sorriso in cui si sono incurvate, esprimendo solo attraverso una rispettosa serietà quel sentimento che trovo sconveniente estraniare attraverso usuali atteggiamenti di affetto.

Indago con i miei occhi silenti la curva del naso di John attraverso il quale i miei baci sono giunti alla figura sottile delle sue labbra. Domo a fatica il piacere che colma improvvisamente il mio ventre al ricordo dell’unico mezzo che ritenevo appropriato alla condivisione del mio amore per lui con il mondo esterno: l’amore stesso. Quell’amore intimo e celato al giudizio incomprensivo, custodito gelosamente nelle pareti di quell’albergo che anche la notte appena trascorsa ha accolto la nostra passione.

I rimasugli del nostro invincibile consistono negli abiti di John, disordinatamente cosparsi sul tappeto, e nel sentimento affettivo che lo ha generato e che permane nel mio animo non più coì tormentato dalla fretta.

Abbandono lungo i fianchi le mani che fino a poche ore prima hanno saggiato avidamente quel corpo riverso accanto a me. Mi dirigo verso John, il cigolio del pavimento ad incentivare i gemiti infastiditi del ragazzo. La stessa stimolazione viene offerta dal mio affetto inspiegato verso John nei confronti del gesto che mi accingo a compiere.

 Affianco le mie labbra al suo orecchio, scostando con il respiro alcune ciocche di capelli che avrebbero disturbato il suo udito. Esprimo quella preoccupazione che fino a poco prima stimolava la mia irritazione attraverso parole amorevoli plasmate dal sentimento in grado di plasmare i contorni spigolosi di qualunque inquietudine giovanile.

-John… ehi, John… siamo in ritardo, dormiglione… pensi di restare qui tutto il giorno?-

John volta il capo verso il mio, una risata appena trattenuta mentre il suo naso aquilino sfiora il mio. John contribuisce a questo lieve contatto protendendo la bocca verso la mia alla ricerca di una bacio che non esito ad offrirgli.

Divengo per un istante preda del desiderio che ha lacerato la mia razionalità la notte precedente e intrappolo il suo labbro inferiore fra i denti. Il mio giovane amante risponde con un sorriso al mio istinto immorale, inclinando il mio capo incuriosito dalle mie parole o probabilmente dal mio personale tentativo di strapparlo al sonno.

-E per cosa saremmo in ritardo, scusa?-

Intreccia le braccia oltre la mia schiena, rendendo vano ogni mio tentativo di ordinare il tessuto della camicia. Cela il volto nell’incavo del mio collo, insinuando la punta del naso nel colletto inamidato e provocando in me una ristata spontanea alla quale tento di porre fine, rischiarandomi la gola. La razionalità varca la soglia dei miei pensieri con l’austerità di una padrona di casa ignara che la propria dimora sia occupata da estranei durante la sua temporanea assenza.

Scosto il viso di John tentando mentre la mia ragione allontana il mio impulso di avvolgerlo in uno di quegli abbracci travolgenti che hanno riscaldato il suo corpo poche ore prima.

-Ci aspettano nella hall dell’albergo alle otto, quelli del giornale devono preparare un’intervista… e siamo in ritardo!-

-Oddio, Paul! Ancora questa mania della puntualità? Cosa posso fare per guarirti da questo brutto vizio?-

La domanda di John viene attutita dal bacio che riserva al mento di Paul, fremente di un’eccitazione che il ticchettio incessante del suo orologio tiene a bada.

Il tono infantile della sua ultima domanda assume contorni maliziosi mentre John afferra poderosamente i miei fianchi e inarca il ventre contro il mio. Assaporo il calore del petto di John, tormentato dalla pulsione frenetica del suo cuore. Quell’organo impaziente e irrazionale dirige i propri battiti alle miei tempie, increspate dalla consapevolezza dell’ impossibilità di dedicare ancora qualche istante all’espressione di quella passione. Ne avverto l’irrefrenabilità nelle mani di John, le cui dita affusolate districano i miei capelli fino a qualche istante prima ordinatamente pettinati.

Approfitto della carezza avventata di John per allontanarmi dalla sua figura e affaccendare i polpastrelli lungo i capelli. Permetto all’ironia di vestire i panni di quell’orgoglio che da tempo risulta il vizio a cui cedo maggiormente.

-Dico, sei impazzito, Winston?! Non hai la minima idea di quanto abbia impiegato ad ordinare questa massa informe mentre tu poltrivi serenamente…. Maledizione…-

Recupero il pettine dal tavolo da toilette e alzo lo sguardo verso lo specchio, analizzando con una smorfia la scarmigliatura provocata dall’avventatezza di John. Il calore rovente donato dal ragazzo alle mie membra cede lentamente il posto al gelo della consapevolezza di un ritardo incalzante del quale rendo nuovamente partecipe John, sperando di sollecitarlo ad abbandonare le lenzuola.

-John, non c’è tempo, dobbiamo scendere! Se i ragazzi fossero già nella hall e venissero a cercarmi nella mia camera, non mi troverebbero e verrebbero a bussare alla tua porta. Mi sorprendi; non eri tu che ti preoccupavi così tanto della segretezza della nostra… relazione?- Fatico ancora a denominare chiaramente il sentimento che scuote ogni mio pensiero e che ora colma il mio animo di una preoccupazione concreta.

John volta il capo verso di me, celando la guancia nella morbidezza del cuscino e abbozzando un sorriso divertito.

-Ho trasgredito abbastanza questa notte da permettermi di rischiare ancora, non credi?-

L’imbarazzo inaspettato, provocato dal ricordo del nostro amore consumato lentamente, si esprime lungo il profilo arrotondato delle mie guance attraverso un timido rossore che John pare notare nella mia immagine riflessa nello specchio. Sorride del mio improvviso pudore, affatto adatto all’amante appassionato che ho dimostrato di essere.

-Ehi, non starai per caso arrossendo? Non credevo fossi così timida, principessa!-

Incurva il busto verso il bordo del letto, socchiudendo gli occhi nell’ironico tentativo di cogliere l’espressione della mia vergogna. Mi volto verso di lui, scuotendo le spalle, sorpreso da una piacevole esasperazione provocata dalle sue parole, quando un rumore fastidioso e repentino occupa la stanza e il mio udito. Trattengo a fatica l’istintiva risata provocata in me dall’immagine di John riversa sul pavimento, inseguita dalle lenzuola che sembrano ormai affezionate alla compagnia del ragazzo.

Un’imprecazione giunge attutita da quella coltre scomposta, mentre John rattrappisce le gambe, prive del calore di cui hanno precedentemente goduto. Il mio ribelle pomo d’Adamo guizza divertito a quella vista, liberando una risata argentina che ho invano tentato di trattenere rispettosamente.

A tale suono seguono le parole di John, accompagnate fedelmente dal fruscio del lino.

-Non azzardarti a ridere McCartney, non osare! Aiutami, piuttosto!-

La sua zazzera arruffata cattura i raggi del sole nel quale danza frenetico il pulviscolo polveroso alimentato dai movimenti scomposti di John. La frustrazione causata dall’inutilità dei suoi gesti procura una sottile soddisfazione nel mio animo, procurata dalla prigione in cui era racchiuso l’uomo che ha denigrato il mio imbarazzo. Riconosco facilmente in quel sentimento un piacere infantile, affiancato da un affetto inspiegato e disarmante che mi portò a recitare un ruolo offeso.

-Assolutamente no, Lennon! Magari sarà la volta buona che ti deciderai a darti una mossa e a preparati.-

Scuoto il capo, sorpreso dal desiderio che in situazioni differenti suscita in me quel corpo agitato sotto una coltre candida dalla quale sembra finalmente riuscire a liberarsi, probabilmente stimolato dalle mie parole.

Mi volto nuovamente verso lo specchio della toilette, analizzando quanto l’ordine ristabilito ai miei capelli sia stato mantenuto negli ultimi istanti.

Dirigo nuovamente le dita sul petto, intente ad appianare i rigonfiamenti lungo i lembi della camicia creati dal respiro affannoso provocato dalla mia risata.

Percepisco con un sobbalzo i polpastrelli di John ricercare i miei, avvolgendo con le braccia la mia vita e costringendomi a voltarmi verso i suoi occhi lucenti di malizia e il sorriso sincero.

Adagio le palme contro il suo addome nudo, percependo i muscoli rilassati quanto i miei pensieri.

Piombo nuovamente nella quiete armoniosa dell’amore che, con il suo assordante silenzio, assorda qualunque mia preoccupazione.

Le mie parole risultano poco convincenti persino alle mie orecchie.

-Non riesci proprio a capire, eh? Siamo… siamo in ritardo…-

-Mi hai deriso, James Paul McCartney. Pensi di potertela cavare così? Meriti una lezione…-

Strofina il naso contro la pelle del mio collo, che John sapeva sensibile, provocando una reazione cutanea improvvisa e solleticante che mi costringe ad implorare una tregua.

John acconsente all’armistizio con un bacio amorevole deposto con cura quasi materna sulle mie labbra. Sospiro, dimentico del ligio rispetto delle convenzioni che volevo mantenere e dell’appuntamento a cui non dovevo mancare.

Assecondo irrazionalmente le mani di John che incurvano i bottoni della mia camicia contro le rispettive asole. Le sue membra conducono le mie, ormai arrendevoli, lungo il pavimento dove le lenzuola si incurvano sotto il peso dei nostri corpi, assistendo silenziosamente lla massma espressione del nostro amore.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Ah, quanto mi era mancato scrivere un po’ sul sito!

Sono piuttosto fiduciosa in questa storia, spero di avere la vostra approvazione.

Vorrei ovviamente ringraziare Kia85, la generatrice della mia idea che, con una splendida fan art mi ha condotto verso la realizzazione di qualcosa più dolce del solito. Spero di essere migliorata e di essere risultata meno impacciata delle volte precedenti.

Ovviamente non posso non ringraziare anche JennyWren per il continuo sostegno; non immagini quanto sia importante per me.

Un bacio a tutti.

Giulia

 

 

  
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