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Autore: Muffin    29/04/2008    3 recensioni
Tentativo, forse goffo, di scrivere una ff sul celebre Dr. House. In elaborazione per mesi, pubblico ora il primo capitolo, sperando che giunga l'ispirazione per continuarlo. In questo testo abbiamo l'arrivo di un nuovo personaggio che lo costringe a guardarsi dentro, fino a dove nessuno ha mai guardato, fin dove nemmeno lui ha mai cercato.
Genere: Commedia, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Caddy, ma che piacere vederti

"Caddy, ma che piacere vederti." Una voce si era intromessa nel silenzio dello studio luminoso, interrotto solo dai bassi rumori che provenivano dal corridoio.

Lisa alzò la testa dalla cartella in cui si era tuffata da circa mezzora, si trovò davanti una figura magra e sgraziata, appoggiata ad un bastone.

"House, non si usa bussare?" domandò indispettita.

"Oh scusa, chissà quale rito mattutino avrò mai interrotto. Poiché non sei l’unica che si deve dedicare ad importanti occupazioni qui, sii veloce nell’espormi il motivo per cui mi hai fatto chiamare. Si uscirò con te sabato sera. Ora se non ti dispiace vado, così ti lascio alle tue scartoffie e io posso tornare al mio Gameboy, sono quasi al nono livello."

La donna alzò un sopracciglio curato, le piaceva farlo, mentre si lavava i denti la mattina si divertiva a provare le espressioni che il suo viso poteva assumere, inoltre riteneva che il taglio che avevano le sue sopracciglia fresche di estetista risaltasse i suoi occhi ammalianti.

"Mi dispiace deluderti ma sabato sera ho già un appuntamento. In ogni caso questo è il fascicolo del tuo nuovo caso."

Il dottore si sporse sghembo per afferrare la cartella che la collega gli porgeva. Diede una rapida occhiata ai dati che contenevano le varie schede.

"Che sarà mai di così particolare, vuoi farmi perdere il mio preziosissimo tempo?"

"Leggilo. Vai ora." Lo congedò Lisa Caddy.

Gregory House se ne andò lasciandosi alle spalle l’eco delle solite battute sarcastiche.

Zoppicando si avviò nel suo studio, adiacente alla sala di diagnostica dove la sue equipe si stava prendendo un caffè. Su una poltrona dello studio sedeva una figura con lunghi e mossi capelli castani.

"E quella chi sarebbe?" esordì senza salutare i suoi sottoposti indicando con il bastone la stanza accanto, perfettamente visibile attraverso i muri di vetro.

"Quella ragazzina ha detto che ha urgenza di vederti e alle nostre obiezioni si è limitata a rispondere che se non fosse stata una cosa importante non si sarebbe mossa da casa sua." Rispose Foreman versandosi una tazza di caffè dalla macchinetta.

"Tu, vai a chiederle che diavolo vuole da me. Così poi possiamo cominciare a fare le persone serie." Ordinò a Allison Cameron.

Lei, scambiò un rapido sguardo con il biondo collega, Robert Chase, poi si alzò, aprì la porta che separava le due stanze e sorridendo la videro parlare con quella che si rivelò una ragazzina.

Quella si voltò verso i tre rimasti nella stanza, fissò lo sguardo su House. Si alzò, rivelandosi poco più alta di un metro e mezzo. Ignorando Cameron, spalancò la porta e piantò gli occhi scuri in quelli glaciali del dottore.

"Cosa ci fai qui?" domandò impassibile lui.

La sua squadra ora spostava lo sguardo dall’uno all’altra.

"Cerco aiuto. Per lei." Rispose lei. Aveva un forte accento straniero.

"Dobbiamo lavorare, resta di là. Fa quello che ti pare intanto, tornerò tra un po’."

La ragazza rimase in silenzio, inaspettatamente sorrise spontanea ai tre che la guardavano allibiti, tornò nello studio, estrasse un lettore MP3 e iniziò ad ascoltare la musica, da uno zaino prese un quadernetto e cominciò a scrivere con una delle penne che trovò sulla scrivania.

"Ha preso la mia penna preferita." Commentò prendendo in mano il pennarello e sistemandosi davanti alla lavagna bianca.

"Toglietevi dalle facce quelle espressioni allibite, non sono fatti vostri di chi sia e perché sia qui, ma tanto prima o poi lo scoprirete, ma voglio godermi i vostri visetti curiosi ancora per un po’.

Dunque, abbiamo vomito, emicranie, perdita occasionale dei sensi. Fatele tutti i test necessari così la rimandiamo alla Caddy con un antibiotico per l’influenza intestinale."

Cameron e Chase si alzarono, le cartelle sotto un braccio per andare a fare i prelievi del sangue, Foreman andò dalla parte opposta per prenotare la tac allo stomaco e alla testa.

House sospirò passandosi una mano nodosa sul viso. Poi entrò nel suo ufficio.

La ragazza sedeva sulla poltrona con la musica nelle orecchie, e finse di non notarlo.

"Togliti le cuffie."

Lei lo guardò sorridendo spegnendo l’apparecchio.

"Che diavolo ci fai qui?"

"Si, grazie, sto bene, anche il viaggio è stato tranquillo." Rispose sarcastica.

"Ti ho fatto una domanda, ora se il tuo cervello adolescenziale non è in preda a un bombardamento ormonale tale impedirtelo, esponimi il motivo per cui ti trovi nel mio ufficio, e stai usando la mia penna preferita ragazzina!"

"Mi chiamo Linda."

"Mi chiamo Linda" la canzonò House. "Credi che mi interessi? Dimmi quello che devi e poi torna a giocare con le bambole."

"Il mio cervello ha il tuo stesso quoziente intellettivo, riesco perfettamente a capire per cosa sono qui. Ma, tanti anni fa, forse te ne ricordi, sai quando gli ominidi cominciarono a vivere in agglomerati familiari? Ecco più o meno in quel periodo, iniziarono a crearsi delle convenzioni che si chiamano buona maniere. Non credo che tu le abbia ancora imparate nonostante il notevole numero di anni che hai trascorso qui."

Gregory House rimase interdetto, quasi. Lui. Zittito da una sedicenne, nemmeno per sogno.

"Ma forse la demenza senile ti impedisce semplicemente di applicare ciò che hai imparato. Quindi ti farò la cortesia di sorvolare. Sono qui, Greg, perché mamma sembra essere cardiopatica e il mio caro zio di Chicago ha chiesto di venire al tuo cospetto per farci indicare un buon cardiologo. Ecco tutto."

Un silenzio strano si impose tra loro. House pensò che fosse tremendamente somigliante a sua madre, con cui aveva intrattenuto dei rapporti più che amichevoli poco meno di vent’anni prima. Tra Gregory e Silvia era sempre rimasto il tacito patto di verificare il possibile legame di parentela tra Linda e lui, ma la donna era partita pochi mesi dopo la nascita della piccola. Senza più farsi viva.

Non era certo che Linda sapesse, ma avrebbe sfruttato la sua presenza per fare il test.

"Parlerò con alcuni conoscenti. Dove sei alloggiata?"

"Da Allison."

House sgranò gli occhi azzurri.

"Intendi dire uno dei membri del mio staff?"

"Si, hai presente la ragazza che ti fissa sempre con quello sguardo adorante? Proprio lei. Ero partita con l’idea che mi avresti ospitata tu, ma vista l’accoglienza mi sono, come dire, parata il culo." Linda sorrise.

"Si, forse è meglio. Almeno per oggi, poi domani credo avrò la casa sistemata, se vorrai potrai venire. Ora vai a chiamare tua madre."

La ragazza si alzò uscendo dalla stanza. "…e salutamela." Aggiunse lui, in un sussurro abbastanza forte perché lei potesse udirlo prima che scomparisse tra gli avventori del corridoio.

  
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