Tributi
Quella
mattina Enobaria aveva sopportato
pazientemente che sua madre le acconciasse i capelli, permettendole
addirittura
di truccarla un po’, poi aveva indossato il suo nuovo abito
bianco e si era
diretta al Palazzo di Giustizia. Aveva evitato con cura i suoi compagni
dell’Accademia.
Non aveva legato particolarmente con nessuno di loro, non le piaceva
dare
confidenza alle persone, e non aveva un carattere che invogliava la
gente ad
avvicinarla. Ma a lei andava bene così, se non altro non si
sarebbe vista
soffiare il posto come Tributo da qualcuna di quelle sedicenti
“amiche”.
Attese
pazientemente che il resto del gruppo di
adolescenti finisse di registrarsi e poi si sistemò il
più vicino possibile al
palco dal quale sarebbe stato fatto l’annuncio delle
estrazioni. Più stava
davanti e maggiori erano le possibilità che Deino, la
Capitolina del Distretto
2, si accorgesse della sua mano alzata.
La
chioma della donna, che per l’occasione era stata
tinta di uno sgargiante blu elettrico e cotonata
all’inverosimile, fece
capolino. La folla smise immediatamente di fare rumore. Era giunto il
momento.
-
Benvenuti e felicissimi sessantaduesimi Hunger
Games a tutti voi. – esordì con il suo solito
timbro cristallino.
Si
diresse verso l’ampolla contenente i nomi
femminili.
-
Come sempre, cominciamo dalle signore. –
Rovistò
tra i foglietti e, quando ebbe trovato
quello che faceva al caso suo, lo aprì con aria teatrale.
Enobaria
non la perse di vista per un attimo, pronta
ad alzare la mano per candidarsi. Con la coda dell’occhio
vide che anche altre
due ragazze avevano fatto lo stesso. Doveva essere incredibilmente
veloce se
voleva quel posto.
-
Enobaria Strongold. – sentenziò la Capitolina.
Cosa?
Era stata davvero estratta?
-
Mi offro volontaria! –
-
Anche io mi offro volontaria. –
Ecco
le due ragazze che aveva notato prima, decise a
sfruttare quel suo apparente momento di riluttanza.
-
Un momento, non ho detto che ho intenzione di rinunciare
al mio posto. – replicò ad alta voce, fulminando
le concorrenti con un’occhiataccia.
Deino
emise una risatina leziosa. - Ma certo, mia
cara, è bello vedere tutto questo desiderio di gloria in una
ragazza. Coraggio,
vieni avanti. –
Le
tese una mano per aiutarla a salire sul palco, ma
Enobaria la rifiutò sdegnosamente. Non aveva bisogno
dell’aiuto di nessuno, e se
era per questo non lo voleva neanche.
-
Che ragazza indipendente. – commentò Deino con
tono fintamente divertito. Tuttavia lo sguardo gelido con cui la
guardava
lasciava chiaramente intendere che non era affatto contenta del suo
comportamento.
Poco
male, anche Enobaria non era particolarmente
entusiasta di lei. Si sistemò accanto alla Capitolina e si
dipinse sul volto un’espressione
gelida e imperscrutabile. Sapeva che quelle riprese sarebbero state
guardate da
tutti i Tributi e aveva un’idea ben chiara di come voleva
risultare ai loro
occhi: fredda, calcolatrice, spietata e letale. Voleva essere temuta
ancor
prima di cominciare la preparazione per l’ingresso
nell’Arena.
-
E ora veniamo ai gentiluomini. –
La
voce di Deino la distrasse dalle sue
considerazioni. Lanciò un’occhiata ai ragazzi e
vide che anche loro si stavano
comportando nello stesso modo delle loro compagne.
-
Josh Harris. –
Era
stato sorteggiato un ragazzino di dodici anni,
stranamente gracile per essere uno degli abitanti del Distretto 2.
Decisamente
troppo insignificante per essere un Favorito.
-
Mi offro volontario. –
La
prima mano che si alzò fu quella di un ragazzo
dal fisico imponente, i capelli biondi e gli occhi di un gelido grigio
che
ricordava il colore dell’acciaio.
Enobaria
lo aveva visto durante uno degli
allenamenti nell’Accademia. Era un ottimo combattente e aveva
abbastanza
cervello da non pensare di fare affidamento solo ai muscoli per
sopravvivere ai
Giochi.
-
Sali pure, mio caro, e dicci come ti chiami. – lo
invitò
Deino, dopo aver notato che com’era prevedibile il dodicenne
non aveva
sollevato alcuna obiezione davanti alla prospettiva di essere
sostituito.
-
Jack Herondale. – replicò, prendendo posto
dall’altro
lato.
-
Bene, Distretto 2, salutate i vostri Tributi:
Enobaria Strongold e Jack Herondale. –
Centinaia
di mani si alzarono al cielo, salutando i
ragazzi con orgoglioso rispetto. Enobaria e Jack ringraziarono, si
scambiarono
una stretta di mano e lasciarono che i Pacificatori li scortassero
all’interno
del Palazzo di Giustizia per gli ultimi saluti con i propri cari.
Enobaria
fu la prima ad uscire e a raggiungere il
treno, in fin dei conti non aveva altre persone che tenevano a lei
all’infuori
di sua madre. Suo padre era morto quando lei aveva solo due anni, e suo
fratello Emil aveva fatto la stessa fine durante la cinquantanovesima
edizione
degli Hunger Games.
Prese
posto sul divano di pelle nera, ansiosa di
visionare le Mietiture degli altri Distretti.
Jack
la raggiunse dieci minuti più tardi,
affiancandola sul divano in religioso silenzio. Lo ruppe solo una
manciata di
secondi più tardi.
-
Sai che fine hanno fatto il nostro Mentore? –
Rispose
con un lieve cenno di diniego. Non ne aveva
la più pallida idea, ma cominciava a preoccuparsi. Sarebbero
stati all’altezza
di prepararli o erano un caso perso, reietti umani come quei due del
distretto
6?
-
Impazienti di andare al macello, ragazzi? –
Era
una voce familiare. Enobaria si voltò verso
l’angolo
del treno da cui proveniva e fu allora che lo vide. Alto intorno al
metro e
novantacinque, muscoloso, con un paio di occhi azzurri simili a schegge
di
ghiaccio e capelli scuri tagliati molto corti, come erano soliti
portarli i
Pacificatori. Lo riconobbe all’istante: Brutus Anderson, il
vincitore della
cinquantaduesima edizione degli Hunger Games.
-
Finalmente si è degnato di farsi vedere. –
borbottò Jack.
-
Chiedo scusa per il ritardo. – replicò
l’uomo, ma
era evidente che non lo pensava davvero, lo si leggeva nei suoi occhi
gelidi.
-
Io sono Jack Herondale. – si presentò, porgendogli
la mano, ma Brutus si accomodò sulla poltrona accanto al
divano senza degnarlo
di uno sguardo.
Enobaria
si lasciò sfuggire una risata. Se Jack
sperava di riuscire a impressionare Brutus così come aveva
fatto con i
preparatori dell’Accademia si sbagliava di grosso. Lui aveva
visto la morte in
faccia, aveva ucciso undici Tributi con le sue mani, non sarebbe
bastato un
ragazzino dal bel faccino per convincerlo a prenderlo sul serio.
-
Che hai da ridere? – ringhiò al suo indirizzo.
-
Credevo fosse evidente, sto ridendo di te. È un
problema, forse? – replicò imperterrita.
Jack
recuperò il coltello che era stato appoggiato
insieme al cibo sul tavolo ai loro piedi e fece come per tirarglielo
contro.
Enobaria però fu più veloce, con una mossa
repentina gli girò il braccio dietro
la schiena e lo costrinse a mollare la presa.
-
Devo portarvi vivi a Capitol City. – fece loro
notare Brutus, osservandoli con tiepido interesse.
Lo
lasciò andare, - Incapace. –, poi tornò
a
mettersi comoda.
Jack
le rivolse un’occhiata furiosa, ma la risata di
Brutus lo colse di sorpresa.
-
Accetta un consiglio, Herondale, lascia perdere la
ragazzina, è un osso troppo duro per te. –
Enobaria
lo guardò in malo modo, - Non sono una
ragazzina, ho la stessa età che avevi tu quando ti sei
offerto. –
-
Certo, certo, tesoro. – minimizzò, tornando a non
prestare attenzione a nessuno dei due e cominciando a smanacciare con
lo
schermo.
-
Vediamo le Mietiture? –
Annuì.
– Ovviamente, dolcezza. –
Il
riepilogo finì quando erano ormai arrivati a Capitol
City. Tra gli altri Tributi ne aveva individuati almeno quattro da
tenere d’occhio,
cinque se considerava anche Jack. C’erano i due ragazzi del
Distretto 1,
Charlotte dalla bellezza devastante e l’affascinante Julian,
Cyntia del 3
che sembrava incredibilmente sveglia, e anche Rob del 4 sarebbe stato
certamente un osso duro. Gli altri non la impensierivano più
di tanto, ma
avrebbe atteso il primo giorno d’addestramento per trovare
conferma delle sue
teorie.
-
Siamo arrivati a destinazione, coraggio, sono
sicura che a Capitol City vi adoreranno. – trillò
Deino, trascinandoli
praticamente in mezzo alla folla.
Jack
sorrise e salutò senza sosta, Enobaria si
limitò a non sembrare troppo imbronciata e lanciò
di tanto in tanto qualche
cenno del capo. Forse Capitol City li avrebbe davvero adorati, ma di
sicuro il
sentimento non sarebbe stato reciproco.
Spazio
autrice:
Eccomi
con un’altra long, questa volta sempre su una
dei Favoriti, ma che non viene nominata molto spesso nel fandom. Non so
perché ma
ho sempre immaginato che tra lei e Brutus ci fosse qualcosa,
perciò eccoci qui.
Spero che la storia vi abbia incuriosito e che vogliate lasciarmi una
recensioncina con il vostro parere. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt