«Allora io non sono tua madre?»
«Non lo sei.»
***
Non lo sei.
Tiene fra le mani una piccola sfera di luce incorporea, mentre quelle tre sillabe di veleno gli suonano più
dolorose della lancia che ha trafitto il suo petto.
Immagina ancora una volta di poterle fermare prima che giungano a destinazione, di convertire lo schiaffo
verbale in una carezza che sia un ricordo più piacevole da portare con sé nel viaggio dal quale non c'è ritorno.
«Mi dispiace.»
Ma chi è salpato non può sentire le parole di chi ha ancora del tempo da trascorrere a riva, né può, chi
percorre questi sentieri della terraferma, far sì che un fiore torni a sbocciare dopo che lo si ha calpestato.
A volte si comprende il male arrecato quando la nave dell'offeso ha già preso il largo.
La sfera ondeggia placida davanti a lui, carezzandogli i palmi rivolti verso l'alto, pronta a raggiungere le
sorelle invisibili all'orizzonte.
Una lacrima solitaria gli riga il viso mentre libera quell'ultima fiaccola d'addio e la guarda librarsi
nell'oscurità del cielo.
«Mi dispiace, madre» è tutto ciò che il dio degli Inganni riesce a bisbigliare, prima di trascinarsi al trono e
rindossare la maschera regale.
~fin~
Angolino d’autrice:
Solo poche parole: Frigga non doveva morire.