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Autore: caly    22/11/2013    8 recensioni
Dal primo capitolo:
"Alejandro era assolutamente certo che se quel fottutissimo giorno non avesse avuto voglia di fare lo stronzo come suo solito tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ma era la sua cattiva attitudine.
Si era diretto spedito verso la vecchia macchina del caffè appoggiata a ridosso della parete
che segnava la fine dell'ufficio con l'intenzione di far innervosire la sua più grande rivale: Heather Wilson.
E l'avrebbe fatto, giuro, l'avrebbe fatto se solo quel qualcosa non fosse stato dipinto sul quel viso così perfetto.
[....]
Eppure l'aveva vista.
Aveva visto quella maschera da stronza cadere per un momento,
quella maschera su cui era dipinto un sorriso falso e due occhi neri come la pece capaci di stregare persino lui. L'aveva vista cadere e frantumarsi in mille pezzi su quella moquette sudicia mentre la giovane donna si rigirava la fede intorno al dito e un'espressione sostituiva il posto di quella maschera."
[DxG SxC BxG presenti in piccole dosi]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Altro personaggio, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Alejandro era assolutamente certo che se quel fottutissimo giorno non avesse avuto voglia di fare lo stronzo come suo solito tutto questo non sarebbe mai accaduto. Ma era la sua cattiva attitudine.
Si era diretto spedito verso la vecchia macchina del caffè appoggiata a ridosso della parete che segnava la fine dell'ufficio con l'intenzione di far innervosire la sua più grande rivale: Heather Wilson.
E l'avrebbe fatto, giuro, l'avrebbe fatto se solo quel qualcosa non fosse stato dipinto sul quel viso così perfetto. Si appoggiò alla macchina e diede uno sguardo all'interno dell'ufficio dell'asiatica che aveva sempre la porta aperta. Ebbe la fortuna di vederla in piedi di spalle che si dirigeva verso la sua poltrona in pelle dopo aver preso un caffè o forse un fascicolo o forse u- oh ma chi se ne frega?
Quel suo sedere così perfetto fasciato dal tailleur di una taglia più piccola del necessario gli stava ondeggiando a pochi metri di distanza. Era pronto a fare una battuta che alludeva a nonsapevaancoraqualemammifero dal grosso fondoschiena quando la vide. Per un momento rimase interdetto ma i suoi occhi non si erano sbagliati, avrebbe giurato sotto tortura che Heather si era accorta della sua presenza, eppure.... Eppure l'aveva vista.
Aveva visto quella maschera da stronza cadere per un momento, quella maschera su cui era dipinto un sorriso falso e due occhi neri come la pece capaci di stregare persino lui.
L'aveva vista cadere e frantumarsi in mille pezzi su quella moquette sudicia mentre la giovane donna si rigirava la fede intorno al dito e un'espressione sostituiva il posto di quella maschera.
Un'espressione mista a dolore e rabbia e... Una lacrima? Possibile? Per un solo momento provó pena per quella donna, uno solo, prima che lei si girasse verso di lui, rindossata la maschera, per rivolgergli un sorriso assurdamente falso.
"Non dovresti lavorare ogni tanto?" Fece con quella giusta punta di acidità che faceva impazzire il latino,che non perse tempo e rispose a tono "Mi diverto di più a guardare te lavorare". Mise su il suo sorriso sghembo migliore e bevve un sorso dal suo caffè fumante. "Spero che ti strozzi" disse, assottigliano leggermente gli occhi dal bel taglio. " Prima le donne" fece il latino alludendo al bicchierino ricolmo di caffè sulla scrivania della Wilson. Si scambiarono un ultimo sguardo d'odio puro e il latino ritornò sui suoi passi.
Quando si mise a sedere sulla sua poltrona di pelle, non bella quanto quella della rivale, chiuse gli occhi e si lasciò andare poggiando la schiena ma un'immagine continuava a tornargli alla mente. Una donna, bella, che guardava il pesante anello intorno al suo dito con aria di chi vorrebbe soltanto avere il coraggio di liberarsene. Una donna, nessuna in preciso eh.
Sbuffò per poi riaprire gli occhi, si sentiva così.... Strano? Era la parola adatta strano? Avrebbe voluto sapere cosa c'era che non andava in quel matrimonio, oltre al fatto che lei era così...sprecata per l'ubriacone che aveva l'onore di averla tutta per se tutte le santissime notti. Questo pensiero aveva sempre infastidito il latino, o almeno da quando aveva avuto la possibilità di conoscere un po' meglio la rivale, non direttamente ma osservandola. Il solo sapere che lei,dopo aver lavorato tutto il giorno in quella merda di posto in cui si ritrovavano, tornava a casa dove un uomo,che non era lui, l'abbracciava e la teneva con se tutta la notte, lo infastidiva non poco. Quando aveva visto quell'ombra di una lacrima non aveva saputo che provare. Non lo avrebbe mai saputo ma quel giorno, quel fottutissimo giorno, non era stato abbastanza pronto da capire che c'era qualcosa che non andava.
Quando il suo turno terminò raccolse le carte e i fascicoli che avrebbe dovuto esaminare a casa e si avviò verso l'uscita. Una presenza nell'ultimo studio, quello vicino alla macchina del caffè, attirò la sua attenzione. Heather era ancora lì, guardava avanti fisso con gli stessi fascicoli della mattina aperti sulla scrivania in mogano. Il latino si allentò leggermente la cravatta e si passò una mano tra i capelli lunghi che insieme al suo orecchino segnavano un'adolescenza degna di questo nome. Fece qualche passo verso l'entrata, si schiarì la voce e mise su un sorriso mozzafiato, come tutti gli altri del resto. La testa della donna si girò con la sua solita lentezza e grazia, dando il tempo al latino di osservare il bel volto incorniciato dai capelli lunghissimi. Lo fissò attendendo la domanda che non tardò ad arrivare "Come mai non sei ancora fuggita? Abbiamo finito" fece il latino con quella punta di acidità mista a malizia che solo lui era capace di utilizzare. La donna guardò l'orologio appeso al muro che l'era difronte e si girò nuovamente verso di lui. "Sai io mi impegno, preferisco finire un po' più tardi qui che dovermi portare le carte nel mio sudicio monolocale" sorriso, come da copione. "Ah no aspetta, quello che ha un sudicio monolocale sei tu". Alejandro sorrise e si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia sotto i pettorali con tutti i fascicoli. "Io avrò pure un monolocale ma il mio letto è a due piazze e mezzo se vuoi" sorrise e aspettò la tipica reazione dell'asiatica, infatti neanche due secondi dopo il sopracciglio sinistro della donna era alzato ed un'espressione piuttosto schifata dipinta sul suo volto. "No grazie, con tutte le ragazzine che ti porti in quel letto potrei rischiare di prendere qualche malattia seria" ripose a tono,si lasciò andare contro lo schienale e incrociò le braccia sottili sotto il seno prosperoso, cosa che non faceva altro che metterlo in mostra. "Ho le lenzuola pulite se vuoi" disse ammiccante. L'espressione schifata sul volto della collega, se possibile, aumentò. "Allora vieni?" Continuò mettendo non poca malizia in quella frase a doppio senso. "Ti piacerebbe" rispose non essendosi lasciata sfuggire i due significati. Il latino sorrise e la guardò alzarsi da quella sedia aiutandosi con le braccia. L'asiatica raccolse la sua valigetta e chiuse l'ufficio per poi dirigersi verso l'ascensore dove qualcuno le stava mantenendo la porta elettrica aperta. Quando il rumore dei tacchi bassi che portava entrò all'interno dell'abitacolo Alejandro premé il pulsante con scritto 'piano terra'. Si lanciarono varie occhiate, come tutte le volte, mentre l'ascensore percorreva i 12 piani che li separavano da terra. "Prima le donne" fece con falsa gentilezza quando il 'din-don' segnò la fine della corsa. "L'altro giorno non era 'Prima le balene'?" Riuscì a dire Heather prima che le porte si schiudessero per poi aggiungere "come se non sapessi che è solo un pretesto per guardarmi il sedere".
 Beccato.
Fece la sua uscita da diva ancheggiando a dovere e il latino dové premere per la seconda volta quel pulsante perché le porte gli si erano chiuse davanti mentre sbavava sul sedere di quella donna sposata.

Aprì la porta del suo sudicio monolocale e, cazzo, era proprio un sudicio monolocale. Lasciò andare le carte sul tavolo da pranzo/ scrivania e aprì il frigorifero che illuminò brevemente la stanza buia. Prese un sorso dalla birra guardando nella penombra i fascicoli con aria di sfida. Nel pomeriggio non era riuscito neanche ad aprirli per colpa di lei che sicuramente, a questo punto, si era portata avanti con il lavoro rispetto all'uomo.
In ufficio era una gara continua tra lei e lui, nessuno era più bravo di quei due tra tutti gli impiegati che abitavano quel piano del palazzo. Nessuno osava esprime la propria opinione su chi fosse il più bravo ma tutti si limitavano a ridere dietro un bicchierino di caffè quando quelli si insultavano. Alejandro non aveva mai voluto essere il migliore ma voleva-moriva tanto che lo voleva-battere lei. Non avrebbe mai dato a vedere che le assegnava tanta importanza ma era proprio così, la Wilson occupava perennemente i suoi pensieri tanto che, lo stesso Alejandro, si era ritrovato a chiedersi se non ci fosse qualcosa in più rispetto al semplice agonismo.
Buttò la lattina, ormai vuota, e di diresse verso la parte del monolocale che faceva da camera da letto. Lasciò scivolare gli indumenti formali che aveva addosso sul pavimento e si diresse verso il bagno, per poi gettarsi sotto la doccia. Dopo un buon quarto d'ora uscì dalla doccia e si asciugò svogliatamente per poi gettarsi sul letto, da due piazze e mezzo, con solo i boxer indosso. Affondò la testa nel cuscino e un odore nauseante gli fece storcere il naso. Il profumo della biondina, con cui si era divertito la sera prima, era ancora troppo presente per i suoi gusti. Scaraventò il cuscino a terra infastidito e non si alzò per recuperare quello di riserva troppo arrabbiato che il cuscino non fosse impregnato del profumo di lei. Si maledisse mentalmente per averle dedicato un ulteriore pensiero perché lo sapeva.
Sapeva che pensare a lei prima di dormire avrebbe portato a sogni in cui Heather poteva essere sua e sapeva che la mattina dopo avrebbe preso a pugni un muro pur di cancellare quelle immagini che, sapeva, non sarebbero andate via.

La mattina successiva si alzò con il solo obbiettivo di dare il massimo in ufficio, Heather o non Heather. Bevve il suo caffè del mattino e fece la ginnastica che gli permetteva di mantenere il suo fisico perfetto.
Stirò i vestiti che la sera prima aveva abbandonato sul vecchio parquet e li indossò. Addentò una fetta biscottata, l'unica cosa che si concedeva a prima mattina, e via verso l'ufficio.
Quando arrivò l'ascensore, secondo lui, ci mise più tempo del solito a portarlo proprio davanti al quell'ufficio.
"Buongiorno" la salutò affacciandosi nel suo ufficio. "Con te in mezzo ai piedi? Mi sembra difficile." Rispose Heather senza alzare il volto dalle carte.
Il latino sorrise e cercò di mantenere a bada il suo cervello che continuava a rievocare quelle immagini e le nocche gli facevano troppo male per dare nuovamente un pugno ad un muro.
Si diresse verso il suo ufficio mentre riviveva il sogno e sentiva le sue mani accarezzagli i pettorali e le sue labbra calde baciarlo. Scosse la testa e si dedicò al suo lavoro che neanche la sera precedente aveva svolto.

Heather sistemò ordinatamente il pranzo sulla scrivania, non aveva nessuna voglia di tornare a casa per la pausa pranzo, non dopo la sera precedente. Per un momento rimase a fissare la porta aspettando di vedere il latino apparire con il suo solito caffè e la sua solita mela ma niente. Aspettò un altro paio di minuti e poi decise di mangiar ugualmente, non poteva perdere il tempo della pausa pranzo perché dopo avrebbe dovuto rimettersi a lavoro. Aprì lo yogurt magro che le stava davanti ma non ebbe neanche il tempo di assaggiarlo che quella voce così seducente le arrivò alle orecchie. "Yogurt? Davvero? Non credi di essere già abbastanza acida?".
Alejandro entrò nella stanza addentando la sua mela e si gettò su una delle due poltroncine che erano davanti alla scrivania per poi poggiare i piedi su quest'ultima.
Heather lo fulminò con lo sguardo "  Non si è mai abbastanza acidi con il prossimo... Com'era il detto? 'Vivi e non lasciare vivere' giusto?" Prese una piccola cucchiaiata e la portò alle labbra. Il latino osservò il tutto con un sorriso malizioso ed Heather alzò gli occhi al cielo. "Non mi sembra che il detto fosse così mmh tuo stile ma se lo dice l'impiegata dell'anno, quello scorso ovviamente, dev'essere vero" riprese il discorso e addentò nuovamente il frutto.
"Che c'è? Ti brucia ancora?"
"Non poco ma... Che ci vuoi fare? Le ingiustizie capitano ogni giorno"
Disse alzandosi per poi buttare il torsolo nel cestino vicino alla porta, le lanciò un'ultima occhiata colma di soddisfazione e malizia e sparì verso il suo ufficio.
Un sorriso idiota si allargò sul volto di Heather che sparì solo quando, al termine della pausa pranzo, una sua quasiamica/collega entrò nel suo ufficio.
"Anche oggi pranzo in ufficio Heater?" Courtney.
Courtney Barlow. Una collega degna di questo nome, certo non brava quanto lei o quant-
Insomma non brava quanto lei. La giovane donna che le stava davanti aveva avuto una storia con il latino, come tutte le donne passabili dell'ufficio, ma lei la infastidiva particolarmente.
Certamente non per la storia che aveva avuto con Alejandro ma insomma...un fisico perfetto, forse un po' troppo bassa, ma ben proporzionata, una buona intelligenza e capelli niente male... Come poteva non infastidirla?
Cercò di mantenere il controllo sui suoi pensieri cercando di ricordare che la donna, adesso, era assolutamente e incondizionatamente innamorata di un bifolco dai capelli rossi.
Courtney gettò un occhio nel suo cestino e sorrise.
 La mela, cazzo.
"Si, oggi non mi andava di fare le corse per tornare a casa da mio marito" la voce le tremò sul l'ultima parola e la donna le sorrise non potendo neanche lontanamente immaginare il motivo per cui la voce della Wilson era tremata.
"E tu? Tornata a casa?" Disse cercando di liberarsi delle immagini della sera precedente mentre l'anello che portava al dito si faceva man mano più pesante.
"Certamente, Scott mi ha fatto una piccola sorpresa e mi ha cucinato il mio piatto preferito" disse mentre un sorriso imbarazzato si ampliava sul suo viso.
Heather si sforzò di sorridere mentre la gelosia si impossessava della sua mente e l'anello le impediva ormai di muoversi. Courtney le sorrise di rimando e sparì oltre la porta.

Alejandro odiava dover tornare a casa dopo il lavoro e non poter osserv- E dover tornare in quel monolocale.
Ma il venerdì non vedeva l'ora di uscire da quel posto per andarsi a fare una birra con gli amici. Inoltre la "chiacchierata" con la Wilson,all'ora di pranzo, l'aveva messo di buon umore.
Dopo aver lasciato l'ufficio corse verso casa con la sua BMW, l'unica cosa che era stato felice di pagare fino all'ultimo centesimo.
Indossò il suo 'kilt da rimorchio del venerdì sera' e risalì in auto. Arrivato al pub affidò la sua 'piccola bambolina' al parcheggiatore con tanto di raccomandazioni e si diresse verso l'entrata.
Appena la porta cigolò aprendosi venne travolto dall'abbraccio di uno dei suoi più cari amici. Duncan Nelson, nonché suo compagno di studi e compagno di rimorchiate.
"Hey abbiamo l'assicuratore qui!" Fece rivolgendosi agli altri amici d'epoca troppo impegnati a giocare a biliardo come ogni venerdì.
Alejandro gli rivolse un sorriso e gli diede una pacca sulla spalla mentre una ragazza-che conosceva bene-dai capelli verdi affiancava il suo amico. Gli piacevano come coppia ma... Questo non gli impediva di fare un po' lo stronzo.
"Duncan.. Lo sai.." Fece fintamente pensieroso con la mano ancora appoggiata sulla spalla dell'amico "... Courtney ti saluta."
Compagni di rimorchiate, appunto.
Il ragazzo dalla ex-cresta verde alzò gli occhi al cielo e strinse a se Gwen che lo tranquillizzò con un bacio sulle labbra.
"È inutile Al... Non riavrai il tuo compagno di giochi così facilmente" disse la ragazza per poi abbraciarlo.
Il latino rise di gusto e accettò l'abbraccio dell'amica. Gwen non fece in tempo a staccarsi che venne schiacciata da un altro corpo su Alejandro. "Aaaaaal!" Owen.
"Owen, trippone del cazzo, spostati... Non respiro." Il ragazzo si spostò imbarazzato guadagnandosi un pugno giocoso da Duncan.
"Allora? Dove sono Geoff e Trent?!" Fece il latino pregustando già l'eventuale preda della serata. "Geoff è stato imprigionato definitivamente da quella surfista. O è una fottuta maniaca o una dea del sesso." Rispose Duncan guadagnandosi uno schiaffetto dalla sua ragazza. "Trent non è venuto." Aggiunse Owen e Alejandro gettò uno sguardo all'amica che subito si incupì. "Di nuovo?! Aaah cazzo" Duncan gli porse una sigaretta e lui l'accettò di buon grado.
"Sono di nuovo senfa spalla?!" Domandò infastidito con la sigaretta leggermente stretta tra le labbra. "Da quando in qua hai bisogno di una spalla?" Lo stuzzicò Gwen cercando, in verità, di cambiar argomento.
Il latino le lanciò uno sguardo di sfida e incominciò ad esaminare la mercanzia.....
Bingo.

Heather raccolse le sue cose leggermente infastidita da come il latino se ne era andato senza aspettarla, come tutti i venerdì del resto.
Forse a darle fastidio non era il modo in cui l'aveva salutata o come si era dileguato, forse le dava fastidio che quella notte lui avrebbe stretto una ragazza tra le sue braccia muscolose.
Una ragazza di cui non si sarebbe neanche ricordato il nome, una ragazza diversa da quella precedente e da quella successiva. Heather avrebbe quasi detto una ragazza senza volto.
Perché per lei era così. Quelle ragazze non avevano un viso in particolare, il loro volto non sarebbe mai tornato alla mente il giorno successivo. Ma ogni venerdì provava comunque a immaginarne uno diverso.
Bionda,occhi azzurri, senza cervello o una rossa, cattiva ed eccitante?
La verità è che non le importava. No, no, non le importava affatto.
Si girò la fede intorno al dito, in un gesto che ormai le apparteneva. Era sposata da tre anni e mezzo con un uomo che amava. Un amore moderato, certo, ma pur sempre amore.
Quando le aveva chiesto di sposarlo era stata così felice, aveva persino pianto sul momento ma lui non era il ragazzo d'oro che si era dimostrato durante i quattro anni in cui erano stati insieme. Avevano avuto alti e bassi, come tutte le coppie, ma Heather non avrebbe mai potuto immaginare tutto...tutto quello che successe dopo il matrimonio.
Prese la valigetta e si diresse verso casa a bordo della sua Smart rosso mel- fragola, meglio rosso fragola. La parcheggiò nel bel vialetto della sua piccola e confortevole casa, che avevano comprato a fatica un anno prima del matrimonio, e si diresse verso la porta d'ingresso.
Inserì la chiave nella toppa e ordinò alla sua mano di non tremare senza risultati. Girò lentamente cercando di non fare rumore pronta ad affrontare quel weekend. Chiuse la porta alle sue spalle con un 'clack' che le sembrò fin troppo rumoroso e adagiò la valigetta a terra nell'ingresso. Subito la voce di suo marito le arrivò alle orecchie.
"Heater!" Stava urlando, di nuovo.
L'asiatica ingoiò a vuoto e si adagiò alla porta, pronta all'ennesima sfuriata del marito.
"Che cazzo hai fatto?!" Era ubriaco, di nuovo.
Una lacrima le corse giù lungo il viso, di nuovo.
Sapeva solo che avrebbe pianto...di nuovo.




**Angolo dell'autrice**
Buonasera a tutti :)
So che vi aspettavate il nuovo capitolo di "Una notte di mezza estate"
Ma mi è venuta fuori questa nuova long.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se volete che la continui :)
 
  
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