Nickname: slytherin ele
Stagione e pacchetto: Primavera, 14
Titolo:
Don’t ruin my spring!
Genere: Comico
Rating: Giallo
Avvertimenti: Missing moment
Eventuali note dell'autore: Questa
è la prima storia che
scrivo sul fandom “Merlin”… La potremmo
considerare una missing moment (non
troppo “missing”! XD Nel senso che potevate farne
volentieri a meno… >.<).
Si ambienta all’incirca nella terza stagione, quando Arthur
non è ancora re. Non
scervellatevi inutilmente la principessa
nominata: l’ho inventata!
Scritta per strappare un sorriso,
niente di più! Spero
piaccia.
Don’t
ruin
my spring!
La
primavera
era da sempre stata la stagione che preferiva: la rinascita dei fiori
con il
loro profumo, le foglie verdi e vivaci, la temperatura tiepida che
rendeva le
giornate meno faticose.
Da
piccolo,
nel villaggio di Ealdor , giocava per ore con gli altri bambini nei
prati, nei
boschi. Non doveva preoccuparsi di nulla: era gioioso, spensierato,
felice. Al
castello di Camelot, la storia era tutta un’altra, ad ogni
momento del giorno e
della notte, doveva essere pronto ad intervenire per salvare la vita
del principe
scansafatiche, anche detto Arthur o solo per aiutarlo in una delle sue
numerose
mansioni da servo dell’erede.
Merlin
sorrise, guardando fuori dalla finestra. Quel giorno, non importava a
quale
arduo compito sarebbe stato sottoposto il suo corpo, a quale prova di
pazienza
la sua mente, era contento. La primavera era iniziata e riusciva a
dargli un
senso di serenità, proprio come quando era bambino.
Aprì
la
finestra, lasciando che il tiepido venticello entrasse nella sua
angusta camera
e espirò , affacciandosi per una attimo.
“Merlin,
Merlin!” sentì Gaius chiamare ad alta voce. Lo
sentì irrompere nella stanza,
spalancando la porta. Si voltò con un sorriso stampato in
volto, che sparì
subito dopo; dietro il guaritore si ergeva in tutta la sua
stupidità Sua Altezza
L’Asino. Sbuffò, pesantemente.
“Mah…
Bene,
Merlin! Sono contento di vederti appoggiato a un davanzale, mentre ti
fai i
tuoi comodi! Invece di essere nelle mie stanze per occuparti dei tuoi
compiti!”
Arthur sembrava più infastidito del solito quella mattina,
ma Merlin non se ne
curò più di tanto.
Fece
spallucce, incrociando gli occhi azzurri del principe con il solito
sguardo di
sfida e disse: “Mi sono incantato per qualche
secondo… Tutto qui!” Aprì le
braccia in segno di resa. “Vi avverto, Principe! Qualunque
cosa farete o mi
farete fare quest’oggi non cambierà il mio stato
d’animo. La primavera è
giunta, è sono felice!” Gli rivolse un sorriso a
trentadue denti, che non
dovette piacere molto all’erede Pendragon, che
ghignò ferino e sadico.
“Lo
vedremo,
Merlin. Io non la gradisco molto, preferisco l’estate, posso
allenarmi
liberamente e ci sono i tornei!” Disse, sbattendo una mano su
un tavolo, come a
volersi fare le sue ragioni anche in quella circostanza.
“Si
tratta
solamente di un opinione, non penso che Merlin volesse…
Farvi arrabbiare,
Arthur.”
Il
principe
ringhiò, frustrato, quel giorno si era svegliato di cattivo
umore e vedere il
servo così su di giri, lo mandava ai gangheri. Sapeva che
non era colpa sua, se
si era svegliato con la luna storta, ma doveva trovare un modo per
farsela
passare e non c’era, almeno nella sua mente, modo migliore di
torturare Merlin.
Sorrise
all’indirizzo del medico. “Merlin vieni con me, ho
una sorpresa!”
Merlin
gli
indirizzò un’occhiata dubbiosa, poi
sospirò. “Ve l’ho detto, qualunque cosa
farete, non cambierà il fatto che sono felice!”
La
gola si
chiuse, quando fuori dal castello, si ritrovò davanti una
gogna e una folla
gremita con frutta e verdura marcia in mano, prontissima al tiro al
bersaglio.
“Tu
dici?”
lo schernì il principe, facendo segno alle guardie di aprire
lo strumento di
tortura. Poi gli fece segno di accomodarsi, sorridendo beffardo. Merlin
non
protestò, non volendo che la punizione si prolungasse.
Lasciò che le guardie
mettessero il lucchetto e guardò fisso davanti a
sé, immaginandosi i prati
verdi della sua terra natale. Era quasi immerso nel suo mondo
fantasioso e
magico, quando il primo pomodoro, lo beccò dritto sul naso.
Fu in quell’istant
che la sua mente cominciò a escogitare una vendetta.
“Basta
Gaius! Questo è troppo!” disse il mago, rientrando
nell’alloggio che convideva
con il guaritore. Era completamente ricoperta di pezzi di frutta e
verdura
marci. Gaius si dovette trattenere dal ridere.
“Se
non gli
avessi detto che ero felice, non l’avrebbe fatto…
Quell’Asino, si diverte a
veder soffrire la gente… Ecco!” esclamò
furibondo.
Gaius
lo
raggiunse, cercando di evitare che si appoggiasse ai mobili,
sporcandoli tutti.
“Che
dovrei
fare, eh?!”
“Nulla,
lascia correre, Merlin…” disse, scuotendo la
testa, già pronto alla catastrofe
imminente.
“Sai,
ci ho
pensato…” disse il Mago. Gaius strizzò
gli occhi, sconsolato. “Tra qualche
giorno, arriverà al palazzo la principessa Meda, la promessa
sposa di Arthur…
Sarebbe molto indecoroso, se facesse una figura meschina davanti a una
tale
nobildonna, non credi?” Sorrise, maligno, incrociando le
braccia.
“Lascia
stare o verrai punito ancora…” provò a
dissuaderlo Gaius.
Merlin
fece
una smorfia, rifugiandosi nella sua camera; forse il suo maestro aveva
ragione.
Nutriva dei seri dubbi, sin dal principio su quell’idea.
Cercò
di non
pensarci più, archiviandola nei meandri della sua mente,
mentre si lavava e si
cambiava i vestiti ma ,durante la notte, il pensiero fisso di lui che
lanciava
un incantesimo contro Arthur facendolo finire con la faccia nel piatto
o con i
pantaloni calato oppure facendolo ruzzolare giù per le scale
non lo abbandonò
neanche per un momento.
Il
mattino,
quando si svegliò si accorse che la stanza era tutta
sottosopra, si mise a
ridere: doveva aver lanciato incantesimi a destra e a manca, durante il
sonno.
Si
alzò e
mentre metteva a posto l’intera camera, prese la sua
decisione.
Fu
così che
tre giorni dopo, nel bel mezzo del pranzo regale, con un centinaio di
ospiti,
Uther Pendragon assistette alla strabiliante performance del figlio,
tutto
intento a mangiare la sua zuppa di legumi freschi come un cane della
più bassa
lega.
Dal
suo
nascondiglio, Merlin se la rideva, mentre i suoi occhi passavano dal
darato al
blu.
Non sono stato poi così cattivo.
Si
disse. L’ho fatto sembrare
più
intelligente di quello che è in realtà. La
prossima volta lo farò ragliare!
Se
ne andò
soddisfatto, saltellando e canticchiando allegramente. Nessuno poteva
rovinargli il primo giorno di primavera e rimanere illeso.