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Autore: Diemmeci    24/11/2013    3 recensioni
«Hai bisogno di aiuto?», un ragazzo mi sta venendo incontro, ma non riesco a vedere il suo volto per via del sole che mi sta accecando.
«Sono caduta e temo di essermi slogata la caviglia», informo il ragazzo, il quale riconosco all’istante e sobbalzo per la sorpresa.
Jensen Ackles. Seguo Supernatural da una vita ed ho sempre avuto una cotta per lui. Sento le guance prendere fuoco ed abbasso lo sguardo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventiquattresimo capitolo

Appena dopo aver messo piede fuori casa di Camilla, il mio cellulare inizia a squillare. Non ci bado più di tanto, infatti perdo la chiamata e decido di richiamare più tardi. Sto camminando a passo decisamente equiparabile di quello di una lumaca, ma a anche a questo dettaglio non do peso. Ho dato una mano a Camilla per il discorso e nell’insieme non è niente male, anzi. Abbiamo inizialmente buttato giù le solite frasi, i soliti ti amo e le solite smancerie e non andava bene, troppo prevedibile. Alla fine, quando stavamo entrambe per cedere, Camilla ha scritto di getto alcune frasi che sono risultate giuste, romantiche non troppo e che facevano capire quanto amasse Josè. Quest’ultimo, poi, è sbucato improvvisamente dietro di noi e abbiamo fatto in tempo a nascondere tutti i fogli sparsi sul tavolino prima che li vedesse.
L’insistente suoneria del cellulare riprende, quindi lo cerco frettolosamente nella borsa e lo porto all’orecchio.  «Chi è?»
«Jensen» riconosco subito la voce. «Dove sei? Mi sono svegliato e non ti ho trovata. Potevi almeno lasciare un biglietto».
Roteo gli occhi. «Io te l’ho detto che stavo andando da Camilla, sei tu che non hai badato alle mie parole» lo accuso. Anche prima di uscire di casa ero certa che non mi avesse realmente ascoltato e, a quanto pare, non mi sono sbagliata.
«E perché sei andata da Camilla?» il tono della voce è più moderato, probabilmente ha capito di essere in torto. «C’è qualcosa che non va con Josè?»
«No, tutto bene» faccio appena in tempo a schivare un palo che non avevo visto. «Ho aiutato Camilla con il discorso. Sai, le promesse che devono farsi due promessi sposi, hai presente?» ridacchio.
«Certo» lo sento sbuffare. «Tra quanto torni?»
«Cinque minuti, se tutto va bene».
«Attenta a non inciampare» si raccomanda, trattenendo una risata.
«Ho quasi sbattuto ad un palo della luce» comunico ridendo.
«Come?» il suo tono si alza.
«Se sto parlando a telefono con te, vorrà dire che l’ho evitato, no?»
«Mmh».
Sospiro. «Mi sembra un buon inizio» chiudo la chiamata e ripongo, senza molta attenzione, il cellulare nella borsa.
Per quanto possa sembrare ridicolo, è veramente un ottimo inizio aver schivato un palo della luce. Ho sempre attirato i guai, al liceo mi hanno persino soprannominata “Calamita di disgrazie”.
Raggiungo velocemente casa mia, salendo le scale altrettanto velocemente ed aprendo la porta per poi trovare Jensen disteso sul divano, immerso nella lettura di un libro. Lo sguardo ammirata, non sapevo che leggesse. «Bentornata» distoglie gli occhi dal libro e li posa su di me.
«Da quand’è che leggi?» gli chiedo, inarcando un sopracciglio per poi sfilare la giacca e buttare le ballerine in un angolo.
«Da…» lancia un’occhiata all’orologio appeso al muro, «da circa mezz’ora, direi».
Roteo gli occhi. Sono certa di non aver mai roteato tante volte gli occhi in vita mia da quando sto con Jensen. «Non intendevo adesso, stupido».
«Potevi specificarlo, allora» ribatte, poggiando il libro sul tavolino di fronte sé. «A proposito, ho una notizia da darti».
«Spara» lo incito, sedendomi accanto a lui e distendendo le gambe sulle sue. «Basta che non sia una cattiva, sono felice oggi».
«I miei genitori vogliono conoscerti» annuncia qualche istante più tardi. «Ho parlato loro di te e sono più che entusiasti di fare la tua conoscenza».
«Dici sul serio?» sono sorpresa da questa notizia.
«Si. C’è qualcosa che non va?»
Scuoto la testa. «No, è che sono sorpresa. Non credevo che avrei mai fatto la loro conoscenza».
«E perché?»
Mi stringo nelle spalle. «Non sono la solita ragazza che un attore della tua fama porta a far conoscere alla famiglia» spiego in parole semplici.
«Solita ragazza?» sembra schifato nel pronunciare quelle parole. «Quando capirai che non sei una delle tante e che ti amo così come sei? Preferisco avere una ragazza come te, semplice e senza troppe pretese, invece che una schizzinosa che pensa solo a farsi la manicure».
Rido, sollevata. «Una pretesa bella grande ce l’ho» ci penso su. «Desiderare te, ogni parte di te, è parecchio. Non credi?»
«La mia stessa pretesa» sorride. «Tu sei parte di me, puoi avere tutto di me».
«E tu sei parte di me» concludo, prima di baciarlo.

I genitori di Jensen hanno chiamato di nuovo e hanno informato che sarebbero arrivati verso le cinque del pomeriggio. Sono arrivati ieri sera proprio per conoscermi. Adesso, mentre li attendiamo, dentro di me l’ansia sta iniziando a prendere il sopravvento e Jensen lo nota immediatamente. Mordo il labbro insistentemente, il primo sintomo che manifesto in queste circostante.
«Stai calma» sussurra, poggiando entrambe le mani sulle mie spalle. «Respira, molto lentamente» continua.
Faccio come mi dice. Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro. «Va meglio» ammetto infine, provando un senso di beatitudine. «Molto meglio».
«Devi stare calma» prosegue, «non c’è niente di cui preoccuparsi. A loro piaci già e sono sicura che non cambieranno opinione».
«Ora capisco cosa provavi l’altro giorno». Inspiro ed espiro. «Ho persino pensato che fossi uno sciocco ad essere nervoso. Ora capisco» ripeto.
«Tranquilla» sorride, stringendomi in un tenero abbraccio. Continuo a respirare regolarmente per non farmi prendere dal panico.
Il campanello della porta suona, quindi, continuando a respirare, mi stacco da Jensen che va ad aprire. Sulla soglia, un uomo e una donna gli sorridono e, senza dire una parola, lo abbracciano forte. Che bel quadretto familiare.
«How are you, mom?» Jensen si rivolge in inglese alla madre. Come stai, mamma?
La madre continua a sorridergli. «I’m fine, honey». Sto bene, tesoro.
Il padre si rivolge in italiano. «Jensen, che bello vederti!»
«Anche per me, papà».
La madre di Jensen si avvicina a me, porgendomi una mano, la quale stringo. «Nice to meet you, dear. I’m Donna». Piacere di conoscerti, cara. Sono Donna.
«Nice to meet you too» le sorrido, «i’m Rachel». Il piacere è mio, sono Rachel. Mi rendo conto che il mio inglese è arrugginito, non parlandolo quasi mai, e me ne vergogno profondamente.
«Io sono Roger, cara» il padre di Jensen mi abbraccia affettuosamente. «Fortunatamente io parlo bene l’italiano, avendo passato parecchi anni».
«Infatti lo parla davvero bene» mi complimento. «E sua moglie, invece? Mi dispiace che le dovrete fare la traduzione in continuazione».
«Non sarà un problema» mi fa l’occhiolino, facendomi ridacchiare.
Ci andiamo a sedere sul divano e passiamo un bel po’ a parlare (e a tradurre per Donna), e noto con piacere che l’ansia e la paura sono andate via. Passiamo dei bei momenti, colmi di risate e allegria, e questo non fa altro che farmi piacere di più i genitori di Jensen. Sono davvero simpatici.
Purtroppo, un paio d’ore più tardi, ci informano che hanno l’aereo alle dieci di sera e quindi devono andare. Sono proprio venuti qui per me, per conoscermi, e questo mi lusinga molto.
«Non immagini quanto piacere mi ha fatto conoscerti» Roger mi abbraccia nuovamente. «Spero verrai a farci visita a Vancouver, prima o poi».
«Ci conti» affermo.
«Ferma!» esclama, ridendo. «Potrai entrare in casa mia solo se mi darai del tu. Dandomi del lei mi fai sentire più vecchio di quanto lo sia già».
«Okay, Roger, ti darò del tu» ridacchio. «E verrò il prima possibile, non preoccuparti».
«Lo spero».
«Goodbye, honey» Donna mi abbraccia. «You’re beautiful, damn». Arrivederci, tesoro. Sei bellissima, dannazione.
«Thank you» le sorrido.  «Goodbye». Grazie. Arrivederci.

Sono ancora immersa nel sonno quando mi sento scuotere. Borbottando qualcosa di incomprensibile, mi giro bruscamente sull’altro lato e immergo il viso nel cuscino. Mi sento di nuovo scuotere. «Rachel, svegliati!» una voce maschile, non di Jensen, mi urla nell’orecchio. «Forza, sono le dieci!» continua.
Indignata, mi tiro a sedere. «Ma che diamine succede?» mi stropiccio lentamente gli occhi, mettendo poi a fuoco la figura di Josè, il quale è seduto sul letto e mi fissa con aria scocciata. «Che ci fai qui?»
«Anche a me fa piacere vederti, Rachel» mantiene un’espressione seria, ma i suoi grandi occhi nocciola lo tradiscono.
«Sei terribile» scuoto la testa. «Ovviamente sono felice di vederti, ma sai che adoro dormire e avermi svegliato in quel modo è un punto a tuo svantaggio».
«Lo so» si stringe nelle spalle, fregandosene. «Posso permettermelo dopo dieci anni di amicizia, non credi?» un radioso sorriso si fa spazio sul suo viso.
«Credo tu abbia ragione» affermo, ridacchiando. «Non mi aspettavo di vederti oggi, tutto qui. Hai bisogno anche tu che ti aiuti con le promesse?»
«No» inarca un sopracciglio. «Aspetta, Camilla ti ha chiesto di aiutarla con le promesse?» trattiene una risata.
«Già» annuisco. «Non dirle che lo sai, ti prego».
«Sospettavo che avrebbe chiesto aiuto. Non è mai stata bravissima ad esprimere i propri sentimenti» sorride. «Starò zitto, comunque».
«Okay» sorrido. «Ti ha aperto Jensen? Credevo che stesse ancora dormendo».
«Si, è andato a fare un giro in centro» riferisce. «Ad ogni modo, non sono venuto qui per parlare di Camilla, di Jensen o qualsiasi altra persona. Sono venuto qui a solo scopo egoistico».
«Uhm» incrocio le gambe, ancora immersa sotto le coperte. «E quale sarebbe questo scopo così grandiosamente egoistico?»
«Passare del tempo con la mia migliore amica» dice, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Quale, altrimenti? Non stiamo insieme da un’eternità, mi sembra di ricordare. Mi manchi, Rach e non voglio che il nostro rapporto cambi».
«Anche tu mi manchi» ammetto, slanciandomi in avanti e attirandolo a me per abbracciarlo. Solo adesso mi rendo conto di averlo trascurato e mi dispiace, lui è il mio migliore amico e voglio averlo accanto sempre. C’è stato in ogni tappa della mia vita e così continuerà ad essere, per sempre.
«A quanto pare sei dolce solo appena sveglia» ridacchia tra i miei capelli. «Dopo aver preso il caffè torni ad essere acida».
«La vita» canticchio, alzandomi dal letto per infilarmi le ciabatte e un vecchio cardigan bianco che uso per casa da parecchio tempo. «Ho voglia di caffè, quindi preparati ad accogliere la Rachel acida di sempre».
Ci rechiamo in cucina e metto sul fuoco la macchinetta del caffè. Mi siedo poi su una sedia e poggio il mento sulle mani, tentando di rimanere lucida.
«Hai dormito poco stanotte?» il suo tono prende una piega maliziosa e, infatti, sul suo viso spunta un sorriso altrettanto malvagio.
«Non sono affari tuoi» avverto le guance bruciare, quindi nascondo il viso tra le mani e sbotto a ridere. «Non prendere questi argomenti, ti prego».
«Era solo una domanda, tranquilla» stringe leggermente la mia mano, allontanandola dal viso. «Sta uscendo il caffè» mi avvisa.
Verso il liquido caldo in una tazza ed aggiungo del latte. Appena sveglia necessito di un buon cappuccino, altrimenti avrei le sembianze di uno zombie per tutto l’arco della giornata. E non posso permettermelo. Non oggi.
«Cosa avevi intenzione di fare, comunque?» chiedo.
«Non saprei» sospira. «Avevo pensato di andare a pranzo fuori, ne ho parlato già con Jensen e lui ha detto che non ha problemi nel restare a casa per un giorno».
«Andiamo a La parolaccia?» domando improvvisamente, ricordando le innumerevoli volte in cui abbiamo mangiato in quel ristorante.
Noto una scintilla nei suoi occhi. «Mi hai letto nel pensiero».
Finisco di vedere il cappuccino velocemente. «Perfetto, corro a prepararmi e usciamo, poi andiamo al ristornate. Sarà una bella giornata».
«Già» afferma. «E stasera avrò il mio Addio al celibato».
«Sarà una giornata indimenticabile, insomma» riassumo, sorridendogli per poi scomparire in bagno e fare una doccia veloce.


Spazio autrice:
Rieccomi appena dopo quattro giorni.
Questo non è l'ultimo capitolo, bensì il penultimo.
L'ultimo (quante volte lo sto scrivendo?) è in fase di scrittura e sarà terminato a breve.
Spero vi piaccia, a presto!
  
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