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Autore: SpaceDementia    01/05/2008    4 recensioni
Fa caldo, sono in canotta. Dalla finestra semiaperta entra un dolce e leggero vento, asciutto. Fa aumentare il sudore sulla mia fronte, sul mio collo, sul mio corpo. Il mio sguardo rivolto al soffitto, che fissa il bianco, si perde in esso. Il mio respiro sempre più pesante, sempre più profondo.
Mi volto lentamente verso te, amore mio.
Guardo il tuo viso, sudato, stanco, perso chissà dove. Hai gli occhi chiusi, la tua pelle lucida è diventata ancora più bianca. Accarezzo i tuoi capelli neri e lunghi.
Cosa siamo Gerard? Cosa siamo diventati amore mio? Dipendenti da quelle sostanza, che lenta entra nel nostro braccio, dolce come una ninna nanna. Quella che ora ci fa star bene, come mai nessuno a riuscito a farci sentire, come nemmeno il nostro amore ci fa sentire.
Alla fine del mondo, l’ultima cosa che vedo, sei tu.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita.
Dono perfetto, complicato, bellissimo.
Cosa siamo noi per meritarci di vivere?
Chiusa in questa stanza, col tuo corpo accanto al mio.
Cosa siamo Gerard?
Fa caldo, sono in canotta. Dalla finestra semiaperta entra un dolce e leggero vento, asciutto. Fa aumentare il sudore sulla mia fronte, sul mio collo, sul mio corpo.
Il mio sguardo rivolto al soffitto, che fissa il bianco, si perde in esso.
Il mio respiro sempre più pesante, sempre più profondo.
Mi volto lentamente verso te, amore mio.
Guardo il tuo viso, sudato, stanco, perso chissà dove. Hai gli occhi chiusi, la tua pelle lucida è diventata ancora più bianca.
Accarezzo i tuoi capelli neri e lunghi.
Cosa siamo Gerard? Cosa siamo diventati amore mio?
Dipendenti da quelle sostanza, che lenta entra nel nostro braccio, dolce come una ninna nanna. Quella che ora ci fa star bene, come mai nessuno a riuscito a farci sentire, come nemmeno il nostro amore ci fa sentire.
Alla fine del mondo, l’ultima cosa ce vedo, sei tu.
Una strada senza ritorno la nostra.
Viviamo nella dipendenza Gerard.
Cosa siamo?
Sento una lacrima rigarmi lenta il viso, mentre con la mente vago. Vedo posti che ho sempre sognato, che ho sempre desiderato, quando volevo scappare via di casa, quando mio padre, ogni notte violava avidamente il mio corpo, la mia innocenza.
Oh Gerard, sei la mia salvezza, sei la mia rovina.
Tu che quel giorno come un uragano sei entrano nella mia vita, travolgendola, stravolgendola.
Insieme siamo entrati in un mondo che non ci apparteneva, per dimenticare, per scordare, per vivere.
Oh Gerard… cosa siamo?

 

Diciotto mesi fa.

 

Evelyn Pov

“Evelyn?” qualcuno mi chiama. Mi volto e lo vedo là, Mike.
Il mio ragazzo.
E’ notte fonda, è buio.
Ci troviamo poco distanti da casa.
Viviamo in una sottospecie di casa, un monolocale squallido, senza luce.
Ma almeno ho un tetto sopra la testa.
Avevo diciotto anni quando scappai di casa, quando varcai quella soglia, quando decisi di dire basta a un padre violento, a un padre che non sapeva nulla di me, violento, non solo con mia madre, ma anche con me.
Lei? Non mi difendeva, non gli diceva nulla, rimaneva in camera sua, quando la notte veniva a bussare nella mia.
Vedeva i mai lividi, le mie lacrime, non mi difendeva, mi guardava con aria seria, impassibile.
Lo guardava tornare la sera ubriaco, e non faceva nulla.
Così dissi basta e nel buio della notte, una notte come questa, fredda, scappai dalla finestra senza dare più miei notizie.
Ora ho ventidue anni.
“Hey, tutto okay?” la sua voce mi riporta alla realtà.
“Si…” punto i miei occhi azzurri nei suoi occhi neri.
“Andiamo.” mi dice conducendomi in un vicolo cieco, buio.
L’eco di nostri passi è l’unico rumore. La strada è bagnata a causa della pioggia e l’aria è umida.
Cammina dinanzi a me, silenziosamente, quasi voglia anche passare inosservato a me.
Mike è il mio fidanzato, Mike è il mio fornitore.
Mi stringo nella felpa mentre i capelli biondi mi ricadono sul viso coprendomi un occhio.
Mentre il mio respiro caldo si condensa nell’aria fredda di febbraio, vedo una figura, poggiata ad una scala d’emergenza.
Il suo volto è nascosto da un cappuccio.
Il silenzio ci circonda.
Guardo Mike.
I suoi capelli castani erano coperti da un cappello, ormai, viviamo di notte, viviamo nel buio.
Ci avviciniamo a quella figura che, non appena ci vede, si mette dritto.
Si avvicina con passo lento e cauto.
Si sposta il cappuccio dal viso scoprendo due occhi verdi, lucenti come smeraldi.
Il viso spento, bianco, stanco.
La sua voce.
Un brivido mi percorre la schiene non appena emette un suono.
“Dove sono i soldi?” chiede Mike dopo averli dato una piccola bustina bianca.
L’afferra.
“Li ho.” risponde in un sussurro.
Guarda per un attimo me.
Sorride.
Un sorriso strano il suo, tirato, falso. Il sorriso di chi sa che si sta rovinando con le proprie mani, che vorrebbe dire basta ma non ci riesce. Un sorriso, come il mio.
E nell’oscurità della notte lo vedo andar via, lo vedo voltarsi e camminare con le mani in tasca.
Rimango lì a fissarlo finchè non sento il braccio di Mike posarsi sulla mia spalla.
E’ l’ennesima persona che vedevo allontanarsi da quel vicolo, qualcosa mi dice però, che quel ragazzo non è uno come tanti, che quel ragazzo è… diverso.
Mi allontano.
Non lo rivedrò mai più.

Fisso il soffitto.
Bianco e candido come la sostanza che ho appena aspirato.
Guardo con occhi vuoti ciò che mi accade in torno.
Ci sono altre persone nella stanza con me, forse sono cinque, non lo so, non riesco a distinguere chi siano.
Sudo freddo.
Sorrido, cazzo se sorrido.
In un mondo tutto mio sorrido, sognando il mare, sognando una vita felice.
Il trucco ormai sciolto sporca il mio viso di nero.
I miei occhi rossi e stanchi.
Chiudo gli occhi gridando a coloro che sono con me in quella stanza di abbassare la voce.
E’ la mia unica via di fuga, per scappare via, anche solo per un momento, tutto questo, in verità, è solo un stronzata.
Apri gli occhi, poi, tutto si oscura.

Le sue mani calde accarezzano la mia schiene nuda.
Accarezzano il mio corpo mentre dalle finestre il sole illumina fastidiosamente il mio viso.
Bacia la mia pelle bianca, morbida.
Dice di amarmi, dice che senza di ma non vive.
Dice che li sto cambiando la vita.
Tutte bugie Mike.
Tu ami solo quella roba.
Giro la testa dal lato opposto poggiandole sulle mie braccia.
Reduci da una lunga notte.
Stesi su un letto che non è il nostro.
“Tesoro, devi are una cosa per me.” la sua voce, calda e affascinante, mi fa sentire al sicuro.
Mi volto per guardarlo.
Con lui, di certo, tutto puoi sentirti, tranne che al sicuro.
“Cosa?” gli chiedo voltandomi e guardando i suoi occhi chiusi, le sue labbra distese in un sorriso.
“Devi potare la roba a un tipo.”

 

Gerard Pov

“Gee, esci da quel cazzo di camerino!” continuano a gridare e io continuo a ignorarli.
Fra poco dovremmo andare in scena, cominciare un altro concerto.
Non voglio.
Voglio restare qui, con la mia bottiglia, la mia polvere.
Voglio rimanere qui, ad annegare nel mio dolore.
“Gerard!” è inutile Frank.
“Dobbiamo cominciare.” è inutile Mikey, non verrò, no, non ora.
Vado in bagno.
Portando con me quella piccola bustina comprata questa sera.
Mi guardo allo specchio.
Sorriso amaro.
Cosa ti succede Gerard, cosa stai diventando?
Una lacrime mi riga il viso bianco e stanco.
I capelli scompigliati mi ricadono su di esso.
Mi poggio al muro lasciandomi scivolare lentamente.
Mi siedo sul pavimento freddo, come il mio cuore.
Sono pronto.
Sento il naso bruciarmi.
Sto bene, ora sto bene.
Passano interminabili minuti,  prima che smettano di bussare alla porta del mio camerino.
Guardo un insetto sbatte ripetutamente alla lampadina che pende dal soffitto. Un rumore costante, che non cessa.
Mi alzo e barcollando vado verso la porta.
Tutto è sfocato.
Ritorno in bagno e mi bagno il viso.
Strizzo un paio di volte gli occhi prima di uscire dal camerino.
Tutto intorno a me si muove.
Si va in scena Gerard.

“Cazzo Gerard! Ma ti sembra normale!” è appena finito il concerto. Frank mi ha preso per la maglia e mi ha sbattuto contro il muro.
Non ho il coraggio di guardare i suoi occhi. Di guardare i suoi occhi nocciola riempirsi di lacrime, verso il suo migliore amico che lentamente sta bruciando.
“Cazzo Gerard, guardami!” mi urla.
Alzo lo sguardo e vedo i suoi occhi, vedo esattamente ciò che temevo.
Sento le lacrime spingere per uscire. Sfuggono al mio controllo.
Scuote la testa, molla la presa e si allontana lentamente.
“Sono stanco. Ti stai rovinando e lo sai anche tu. Se tu non lotti con me…” non finisce la frase. Ha la voce incrinata. Si volta e va via.
No Frank, non odiarmi, non andare via.
Mi lascio scivolare lungo il muro mentre cominciò a piangere, mentre i miei singhiozzi si diffondono in questa stanza.
Perdonami Frank, perdonami.

 

Evelyn Pov

Esco dalla doccia.
L’aria fredda mi fa rabbrividire.
Le goccioline sulla mia pelle nuda mi provano una serie di brividi e i denti cominciano a sbattere.
Mi vesto velocemente.
Trucco i miei occhi azzurri dopo essermi vestita.
Mi allaccio le converse scolorite e logore.
“Mike.” dico con voce ferma. E’ davanti il televisore. Ha una birra in mano.
Sono le nove di sera.
Mi sorride e mi siedo accanto a lui. Mi bacia le labbra.
Mi da un foglio con su un indirizzo.
“Ti aspetta.” un sorriso tirato il mio.
Mi alzo e senza dire nulla apro al porta.
“Ti amo piccola.” dice con quel suo tono tranquillo.
Non rispondo, chiudo la porta ed esco.
 Mi metto in testa il capello di lana in testa ed esco dall’edificio.
L’aria fredda è tagliente e subito mi assale.
Prendo la metropolitana. Ci sono ragazzi esattamente come me, ragazzi che si rovinano la vita con la droga.
Mi siedo guardando un ragazzo.
Ha gli occhi fissi nel vuoto.
Una vita vissuta a metà, una vita non vissuta affatto.
Una vita del cazzo la mia, un’infanzia che mi ha portato inevitabilmente a questo.
Quello stesso ragazzo ora si alza e va via.
Uno zombie, come me.
E’ poco il tempo che passa prima che arrivi in quella strada, quaranta minuti, rispetto alle altre volte in cui cin impiegavo poco più di un’ora.
Suono il campanello.
Un’altra persona questa, un’altra che si rovina l’esistenza con questa roba.
Sento dei rumori. Sento una bottiglia cadere e rompersi sul pavimento.
La serratura scatta.
Quegli occhi.
Rimango lì a fissarli incantata.
Mi sorride.
“Entra.”





Allora gente, i My Chemical Romance non mi appartengono e non lo conosco. Questa storia è solo frutto della mia mente malata.
Il tema è molto forte e pesante a parer mio.
Scrivere questo primo capitolo è stata un’ impresa.
Spero comunque vi piaccia.

Ringrazio con tutto il cuore la mia Greta, che sa donarmi in ogni momento un sorriso. Ti voglio un’infinità di bene Honey, non scordarlo mai.
E la ringrazio per l’enorme aiuto… senza lei probabilmente starei ancora cercando un nome e un titolo.

Baci, Rò.



                                                                    

  
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