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Autore: theOldEnnui    24/11/2013    5 recensioni
Sherlock annaspa, anche se non è sorpreso, quando percepisce la bocca di John posarsi sulla propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note random: questa (quasi) flash è nata perché un bel mattino, girovagando per il forum di EFP, mi sono imbattuta in questo contest. Francamente avevo zero speranze di riuscire a consegnare in tempo, perché sono davvero lumachisssssima e bla bla bla, ma alla fine ce l'ho fatta, quindi urrà!
Il titolo è una citazione di ASIB (e un omaggio a questa bella ficcy). Quanto detesto scegliere i titoli, gaah.
Quasi quanto detesto scegliere i generi, ora che ci penso. Che genere è questa roba? Ne ho messi due a caso, ma seriamente. Ci ho impiegato venti minuti, a deciderli. Non sto scherzando. Help.
Sì, ho una cosa per le mani di John, ok? u___ù
I tempi verbali sono un po' gestiti ad mentula canis, ne sono consapevole. Potete sputarmi in un occhio, se ne sentite la necessità.
Grazie a chiunque si fermerà a leggere! <333  




THE CHEMISTRY IS INCREDIBLY SIMPLE

 

Doveva succedere prima o poi, lo hanno sempre pensato tutti, e non è che Sherlock abbia mai risposto grande fiducia nella capacità di giudizio dell’uomo medio, ma in questo caso è diverso, perché doveva succedere: l’evidenza della cosa è sempre stata così sfacciata, che nemmeno quel sovradimensionato esemplare di ameba antropomorfa che è Anderson, è riuscito a non coglierla. Doveva succedere e ora, in questo momento, solo una manciata di passi oltre la soglia del 221B, in una notte uguale a tante altre, adesso – proprio adesso – sta succedendo.

Sherlock annaspa, ma non si può certo dire che sia sorpreso. Sono più di quattro mesi che John non si impegna per procurarsi una nuova fidanzata; senza contare la vicinanza, la complicità, la tensione, l’irrefutabile affetto reciproco: doveva succedere, prima o poi, e sta succedendo ora, come succedono tutte le cose inevitabili. Come succede una reazione chimica: le molecole del reagente John Watson si scontrano con quelle del reagente Sherlock Holmes e boom— era solo una questione di tempo e di energia da accumulare e adesso Sherlock annaspa, anche se non è sorpreso, quando percepisce la bocca di John posarsi sulla propria.

Il contatto è tutto, fuorché inaspettato: nemmeno un tostapane avrebbe avuto difficoltà a diagnosticare i sintomi dell’intenzione nascosta dietro a ciò che sta accadendo, mentre sul volto di John quella procedeva a spogliarsi di ogni carattere velleitario e, con inedito slancio, si risolveva ad assumere le sembianze e la consistenza inamovibile di una decisione. Il respiro irregolare, le pupille dilatate, l’aumento della pressione sanguigna, il conseguente rossore diffuso su guance e collo, un lievissimo cambio nell’espressione: insieme di granito inscalfibile e morbida, più di quanto Sherlock avesse mai osato immaginarla, diretta verso di lui.

Si stanno baciando solo da pochi minuti, ma sembrano trascorse ore; sembra che le loro labbra si siano appena incontrate. Sherlock ha l’impressione di essere stato risucchiato dentro a un buco nero; le leggi dello spaziotempo si accartocciano e, come ogni cosa del mondo che non è John Watson, perdono ogni significato. Riesce quasi a percepire i confini del proprio corpo che sbiadiscono: è tenuto insieme soltanto dalle mani di John che si muovo sui suoi fianchi, che si intrecciano fra i suoi capelli, che precipitano lungo la sua spina dorsale.

Un istante fa John lo ha guardato negli occhi, una luce sconosciuta e liquida nelle iridi, come se da qualche parte dentro di lui un argine avesse finalmente deciso di cedere e Sherlock non ha potuto che annaspare, travolto in pieno. I polmoni si svuotano, il cuore manca un battito quando realizza che questo è il momento in cui l’inevitabile ne ha abbastanza delle loro giravolte e decreta di non voler più essere evitato.

Ma John è il solito: immancabilmente morale e premuroso e cieco. Non si concede di essere sopraffatto e esita a una manciata di centimetri e un milione di anni luce dalle sue labbra, per dargli la possibilità di ritirarsi. Se il desiderio non fosse un tarlo così vorace e non avesse già eroso tutte le sue forze e metà del suo genio, Sherlock gli avrebbe riso in faccia perché, davvero— quale pachidermica specie di folle ottuso deve essere John Watson, per credere che Sherlock sceglierebbe mai sottrarglisi?

Quando il beneplacito del grande detective avrebbe potuto essere più evidente soltanto attraverso una notificazione scritta, John gli ferma il viso fra le dita e lo attira verso il proprio.

Le sue mani tremano appena, sulla pelle di Sherlock.

Sono le stesse mani ferme e letali del soldato che può uccidere un uomo a un edificio di distanza, le mani imperturbabili e sicure del dottore che fra le bombe hanno rattoppato infinite esistenze, le mani esperte dell’amante – il famigerato Three Continent Watson – e ora tremano per Sherlock, e Sherlock trema per loro.

Il suo sistema nervoso bulimico non fa che vomitare ormoni e neurotrasmettitori. La chimica non è difficile da comprendere: mentre il suo copro freme, il suo cervello annaspa fra dopamina e endorfina e ossitocina e feniletilamina. Conoscere in dettaglio ciò che gli sta succedendo non lo aiuta a fare ordine nel caleidoscopio di sensazioni e sentimenti e pensieri che dentro di lui si arrampicano gli uni sugli altri, lottano confusamente per la supremazia e si scoprono improbabili alleati nell’impresa di spogliarlo di ogni logica residua.

John sospira e senza allontanarsi mormora il suo nome; il tono caldo e umido e a tal punto incredulo che Sherlock vorrebbe fermare tutto solo per guardarlo negli occhi e chiamarlo idiota, ma non ne ha il tempo. Ora che John si è liberato di ogni titubanza, spinge la lingua oltre le sue labbra e per una volta il grande detective è felice di lasciarsi invadere e esplorare e dedurre.

Il sapore di tè è forte. Sono appena rientrati da un caso e Sherlock non ha idea di quando John abbia trovato il tempo di bere un tè, ma il gusto è così familiare, così incontrovertibilmente John, da fargli realizzare in un lampo che qui e ora, proprio in questo momento, sta succedendo. Annaspa, anche se non è sorpreso, mentre il cuore gli esplode nella cassa toracica e, all’improvviso claustrofobico, si dimena cercando di guadagnare spazio a scapito dei polmoni. Tutta l’aria rimasta nel mondo sembra trovarsi nella bocca di John, che ora morde e succhia e lecca, e non gli lascia il tempo di riprendere fiato.

Respirare è noioso, ma indispensabile.

Sherlock non riesce a mettere in fila i pensieri.

Una mano si sposta, scorre fino al suo collo, si ferma sopra la carotide; il contatto è incandescente. Riesce a sentire l’eco del proprio battito impazzito che riverbera contro il palmo di John. Il sangue che pulsa lì sotto si infiamma, arriva al cervello ancora bollente, gli scotta i neuroni, gli causa un capogiro.

Gli sembra di precipitare, ma le mani di John scivolano sul suo petto e si fermano sui suoi fianchi, salde e rassicuranti, e John non lo lascerebbe mai cadere. Sherlock non ha paura.

Sherlock ha paura.

Sherlock si stringe contro al corpo di John, l’unico punto fermo in tutto l’universo.

Questa notte non è davvero dell’umore giusto per lasciarsi morire soffocato e c’è questa cosa – chiamiamola istinto di conservazione – che gli ruggisce feroce nel petto e Sherlock Holmes, il cervello, soccombe. Resta solo Sherlock Holmes, l’animale, che sta cercando un modo per sopravvivere e afferra il viso di John fra le mani e si avventa sulle sue labbra per bere disperato ogni suo respiro e adesso è il turno di John di annaspare, anche se Sherlock ne è quasi certo— nemmeno lui è sorpreso.









 

  
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