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Autore: Hitsuki    25/11/2013    0 recensioni
{ introspettivo; accenni storici }
— E invece quel culto persisteva, come il Fuoco Sacro ossessivamente alimentato e venerato dalle monache - giovani e vecchie che fossero. ×
Yamaxanadu è una déa tanto idolatrata quanto cinica.
[ • Roman Empire!AU ]
[ • Yamaxanadu!centric ]
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shikieiki Yamaxanadu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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yamachan— angolo autrice Possiedo una specie di idolatria nei confronti di Touhou ;
 Buonsalve cari lettori, come potete notare ho cambiato grafica e questo è uno spazio autrice completamente differente dal precedente. Questo per il semplice motivo che ho preferito rendere l'aspetto della fanfiction mogliore e introdurre in questo spazietto la fanfiction a seguire. 
Innanzitutto, come avrete già letto, la storia è ambientata nell'Impero Romano e tratterà di Yamaxanadu nei panni di una déa imparziale e cruda nei confronti dell'Umanità e soprattutto dei Romani stessi. Ho cambiato rating dal giallo al verde, perché non lo trovo un testo particolarmente "scandaloso" se non per qualche accenno di certo non impressionante - poi ehi, vi ho avvisati. Saranno presenti delle note (che ho in parte modificato), in caso possediate qualche perplessità o dubbio; avvisatemi se è presente qualcosa d'errato e se Yamaxanadu è OOC, poiché ne ho il terrore. 
Null'altro, vi lascio alla lettura e cupcakes a voi.
{ Yamaxanadu, ho scritto la fanfiction che volevi - nonostante non mi soddisfi. Ora puoi abbassare la pistola e mandarmi in Paradiso...? }

 Dies Irae — Ricordi sepolti sotto tombe di falsa perfezione
{ si è vincolati alla crudeltà degli Déi. } 

«Ode alla grande déa Yamaxanadu!»
«Che Yamaxanadu sia sempre lodata!»
«Ave alla Déa dell'Equilibrio!»

 
Ah, Yamaxanadu odiava gli umani. 
Odiava tutto di loro.
Essere venerata in modo così disgustoso mai le era successo. Aveva visto morire migliaia di mondi[1], uno dopo l'altro quasi fossero tessere del Domino - gioco molto adatto agli uomini, pensò. Gli abitanti erano sempre stati scadenti e terribilmente noiosi, ma gli umani furono l'unico Peccato che ogni Dio fece. Ricostruire le macerie del mondo antico da quei barbari era stata davvero una pessima idea. In particolare odiava l'Impero Romano.
I romani avevano sempre immaginato una Yamaxanadu bella, i lunghi capelli verde foresta raccolti in una complicata acconciatura. L'avevano sempre sognata stupenda, femminile, dai lineamenti delicati. Yamaxanadu li maledì per ciò. Lei aveva i capelli corti, ribelli, soppressi da un elmo d'oro e dalle infinite piume cremisi. 
L'ordine di ogni mondo veniva dato con sicurezza, decisione, indiscretezza. Sacrifici.
E invece quel culto persisteva, come il Fuoco Sacro[2] ossessivamente alimentato e venerato dalle monache - giovani e vecchie che fossero. 
Gli uomini, che tentavano inutilmente di deliziare gli déi con riti e sacrifici umani e animali, loro che facevano ciò non per religione, ma per poter vivere felicemente nei Campi Elisi, l'Eliseo, il Paradiso dell'Eden fulcro di prosperità e perfezione. Gli uomini, che ostentavano una grande credenza, nascondendo sotto un velo sottile intrecciato dei fili della Falsità e della Bugia e della Calunnia le loro vere intenzioni: sfuggire al loro misero e crudo destino, sottoterra, nell'Ade, a bruciare e spalancare la bocca in urli disperati provenienti dall'oblio comandato da Plutone, figlio di Saturno e Rea - ma nessuno poteva udire le loro anime imploranti di pietà e chi ancora era un essere rigoglioso di vita continuava a pregare inconscio della decisione di Yamaxanadu, déa del Fato, da loro tanto perseguitato e bramato.
Loro, che tanto amavano il fondatore di Roma, Romolo, e sputavano commenti di disprezzo nei confronti di Remo; senza sapere che entrambi vivevano - o meglio, morivano - nel Regno dei Morti. E perfino il grande eroe dell'Eneide, Enea, e l'autore dell'epopea, il filosofo latino Virgilio. [3]
Che il Frutto dell'Eden sia benedetto perché mai raggiunto da quei romani, avidi di gloria e potere, che osavano sfidare i Corpi Celesti!
Mai uomini più cruenti ad assaporare lotte dissipate di sangue in un arena, o umili - ma comunque Peccatori - gladiatori intenti a sopravvivere, uomini che provocavano urli di approvazione e gusto lottando l'un l'altro per degli stupidi cavalli [4] nell'Anfiteatro Flavio! 
E pretendevano di poter toccare il Cielo, coloro che tradirono il loro stesso padre? [5] Che seminavano e raccoglievano avidità nei loro campi fintamente immacolati? 
Tutti i romani dovevano soffrire le pene inflitte alle loro vittime, dovevano pentirsi di cotanta bugiarda idolatria e della loro ambizione nel voler superare i loro stessi creatori!
Mai possano essere assolti dai loro innumerevoli peccati. Mai possano riposare in pace, gli uomini frutto del destino a cui tanto volevano fuggire.
~
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam, fato profugus, Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum saevae memorem Iunonis ob iram; 
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem,
inferretque deos Latio, genus unde Latinum,
Albanique patres, atque altae moenia Romae.
Musa, mihi causas memora, quo numine laeso,
quidve dolens, regina deum tot volvere casus  
insignem pietate virum, tot adire labores
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae? [6]
 
 
Notes;
[1] Non credo che i romani credessero in ciò, ma ho voluto affiancare la cultura Maya con quella dell'Impero Romano - ogni mondo veniva sostituito da un altro, per intenderci. In fondo, entrambe le religioni possedevano alcuni aspetti comuni.
[2] Per chi non lo sapesse, nel Tempio dedicato alla déa del fuoco Vesta - ormai distrutto - posizionato accanto al Colosseo, le monache alimentavano un certo "Fuoco Sacro". Si credeva che, quando si fosse spento, l'Impero Romano sarebbe crollato. 
[3] So che Romolo, Remo ed Enea sono personaggi di pura fantasia, ma ho preferito inserirli in questa storia come dei personaggi realmente esistiti ed affiancarli ad altri come Virgilio.
[5] Chiaro riferimento a Bruto, che complottò con i Senatori per uccidere il padre Giulio Cesare. 
[4] Corsa dei cavalli. L'auriga (immagino che il nome di colui che trainava i cavalli derivi dall'omonima costellazione) tentava di vincere, usando anche metodi scorretti. Inoltre molte "risse" si sono levate fra i tifosi e/o coloro che scommettevano - avete presente le scommesse ippiche? 
[6] Il testo è preso dal proemio dell'Eneide, che trovo adatto al testo e ho deciso di inserire.
La traduzione:
Canto le armi e l'eroe, il quale per primo dalle coste di Troia
giunse in Italia, profugo per volere del Fato, e alle spiagge
di Lavinio, egli che fu sballottato ampiamente per terra e per mare
e sopportò molto anche in guerra, pur di fondare la città,
e portare  gli dei nel Lazio, da cui la stirpe latina,
e i padri albani, e le mura dell'alta Roma.
Musa, ricordami le cause, per quale volontà divina offesa,
o perché addolorata, la regina degli dei costrinse un eroe
illustre per devozione ad affrontare tante vicende e
a subire tante fatiche. Così profonda l'ira nell'animo dei celesti? 
~
P.S.: voglio precisare che amo l'Impero Romano e che, nonostante le insidie e le calunnie e gli intrighi, possiede anche un lato glorioso, leale, colmo di luce e speranza. Inoltre il titolo deriva dall'omonima composizione ("Dies Irae" significa "giorno dell'ira") affermatasi nel Medioevo durante i funerali e poi ripresa dai famosi compositori Giuseppe Verdi e Wolfgang Amadeus Mozart - nel Requiem, per la precisione.
 
  
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