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Autore: Ste Wittelsbach    25/11/2013    1 recensioni
La vita della signorina Rottenmeier cambia radicalmente non nel momento in cui diventa la governante di casa Sesemann, ma quando viene costretta a civilizzare una ignorante bambina proveniente dalle Alpi. Questa storia è narranta dal punto di vista di "Fräulein", dettato dai costumi e dalle regole sociali del secondo Reich, in pieno contrasto con quel sentimento di libertà e innocenza che Heidi, l'antagonista, vuole trasmettere in casa Sesemann.
Questa è la mia prima fanfiction. Siate il più critici possibile, ve ne prego.
Genere: Comico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Heidi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE– Misericordia!

L'ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa.”
(Cesare Pavese)



Klara Sesemann e Fräulein Rottenmeier sedevano nello studio accanto alla sala da pranzo, dove normalmente la figlia dei Sesemann prendeva lezioni dal maestro privato; la seconda sedeva impettita accanto al tavolo da lavoro, con la sua bella crocchia marrone sulla testa, china ma ben composta, e avvolta in una sciarpa così grande che sembrava una cappa. I suoi occhiali erano fissi sul tamburello sul quale stava ricamando, e sembrava così assorta nel suo passatempo che non sentì la domanda impaziente della sua protetta, la quale in tutto quel tempo fissava l’orologio in segno di impaziente attesa. Infatti l’ospite tanto atteso, la ragazzina di cui si era presa l’impegno di cercare, doveva arrivare proprio oggi, tuttavia era in ritardo, giacché a momenti era ora di cena. Klara chiese di nuovo insistentemente:
«Manca ancora molto, Fräulein? ». Alla seguente domanda, Fräulein Rottenmeier non rispose ma attendeva con pazienza, e la sua momentanea occupazione serviva ad allentare questa visita.
Poco dopo, si sentì bussare alla porta: era Tinette, la cameriera giovane, lenta e fredda - anzi, definirla fredda era dir poco: aveva un espressione quasi assente - che annunciava alle signorine l’arrivo degli ospiti. Fräulein Rottenmeier levò gli occhi dal suo ricamo, guardò Klara che si rizzava impazientemente sulla sedia a rotelle, e rispose infine a Tinette di farle accomodare. Questa rientrò poco dopo con le due ospiti: Fräulein Dete, la cameriera che aveva contattato, e la futura compagnia di giochi di Klara.
«Le chiedo scusa per il ritardo, Fräulein Rottenmeier: le ho portato mia nipote» annunciò Dete con una modesta riverenza.
Fräulein Rottenmeier si alzò dal tavolo da lavoro, vi poggiò sopra il ricamo e si tolse la sciarpa; dopodiché, si diresse verso le due nuove arrivate e aggiustò gli occhiali per studiare quella bambina. Il primo particolare che notò era il suo aspetto spigliato ed esclusivamente mondano: saranno i suoi vestiti o l’aspetto trasandato che la rendevano estremamente paffuta e bassa rispetto a quanto immaginasse? La mondanità e la trasandatezza non rientravano nei suoi gradimenti: l’aspetto esteriore e il modo di presentarsi erano particolari importanti di cui Fräulein Rottenmeier voleva ben accertarsi, e passavano oltre allo stato di buona salute della bambina, la quale presentava un colorito molto roseo e fresco e due belle guancie paffute e rossicce, tipiche della gente che vive in zone salubri e fresche. Salute che contrastava quella di Klara, ma questo non aveva importanza: il modo di presentarsi della bambina non poteva passare inosservato, ed ella  rimase lì qualche secondo ad osservarla, e la bambina dal canto suo era attratta dalla crocchia che troneggiava sulla testa della governante. Il silenzio fu rotto da Dete, che bisbigliò nelle orecchie della nipotina:
«Beh, che aspetti? Fai l’inchino: questa è Fräulein Rottenmeier, la governante»
«Silenzio Dete» rispose Fräulein Rottenmeier «Le presentazioni spettano a me.». Detto questo, il suo sguardo scrutatore ritornò sulla bambina: «Dunque, qual è il tuo nome?»
«Heidi» rispose prontamente la bambina.
«Heidi? Misericordia!» rispose Fräulein Rottenmeier, leggermente indispettita «Ti pare un nome da cristiano? Questo deve essere un volgare vezzeggiativo. Con quale nome sei stata battezzata?»
«E che ne so?» rispose la bambina, come prima.
«Che modo di rispondere, misericordia!» disse di nuovo Fräulein Rottenmeier, ancora più indispettita di prima «Vorresti forse prendermi in giro, bambina?». Detto questo si rivolse a Dete:
«Questa ragazza è impertinente, stupida o presuntuosa?»
Dete diede una gomitata alla nipote e rispose:
«Nessuna delle tre scelte, Fräulein: è solo una bambina che dice sempre quello che le passa per la testa, e non essendo mai vissuta in una casa signorile non sa come ci si comporta bene e si sente imbarazzata»
La risposta non era gradita a Fräulein Rottenmeier: già la caratteristica sfacciataggine dei bambini di allora era una peculiarità che non le andava a genio. Dete tentò di rimediare all’imbarazzo creato dalla nipote:
«Comunque il nome di battesimo di mia nipote è Adelheid, come quello di mia sorella, sua madre. Tuttavia l’abbiamo sempre chiamata con questo vezzeggiativo ed è sempre stata convinta di chiamarsi Heidi»
Anche questa risposta non le piaceva affatto: non era tanto il nome che non le andava a genio - nonostante Adelheid avesse un suono particolarmente plebeo - quanto l’assurdità che un vezzeggiativo potesse sostituire un nome di battesimo al punto di scordarsene. Tuttavia decise di passare sopra a questo dettaglio ed arrivare al dunque.
«Temo che dovrà riportarla indietro, Dete » annunciò Fräulein Rottenmeier, osservando un certo stupore sul viso di Dete «La bambina mi sembra alquanto strana e soprattutto piccola. Avevo specificatamente richiesto che la compagna di studi di Klara fosse all’incirca della sua stessa età, dodici anni, e che perlomeno fosse sul suo stesso piano di studi, per poter così condividere studio e passatempo. Quanti anni ha la bambina? » e si rivolse a Dete per paura di una nuova strana risposta da parte della bambina.
«Ne ha più di quanti ne dimostri, Fräulein: se non ricordo male ha dieci o undici anni» rispose Dete
«Non è vero» osservò la bambina «Il nonno ha detto che ho otto anni»
«Cosa sento? Otto anni?» rispose stupita Fräulein Rottenmeier «Dete, la bambina ha quattro anni in meno della signorina Klara: come pretende che possano seguire lo stesso programma di studio?»
«Vede, Fräulein, mia nipote è piuttosto brillante per la sua età, e impara le cose molto in fretta rispetto a qualunque semplice bambino di otto anni» rimediò Dete tirando una seconda gomitata a sua nipote.
Comunque, Dete  le aveva mentito lo stesso: la bimba non sembrava all’altezza di Klara. E per scoprirlo definitivamente, Fräulein Rottenmeier decise di approfondire un altro particolare: lo studio.
«Dimmi, Adelheid, quali studi hai seguito? Che libri hai utilizzato?»
«Nessuno» rispose la bambina
«Nessun libro?» il suo stupore si fece sempre più acuto «Vorresti dirmi che non sai né leggere né scrivere?»
«Neanche Peter lo sa» rispose la bambina.
Ma che razza di risposta era ? Cosa c’entrava questo Peter? Più scioccante ancora era il fatto che la bambina non solo non era mai andata a scuola, non sapeva nemmeno l’alfabeto.
«Questo è troppo, misericordia!» strillò con grande irritazione «Significa che non sai fare niente, bambina!»
«Non è vero!» rispose la bambina «So fischiare, badare alle capre e mungerle!»
Quello era proprio il colmo! Capre, mungere, fischiare: la bambina era una misera popolana di montagna, ignorante e stupida. Con un sospirato “Misericordia!” Fräulein Rottenmeier tirò fuori dalla manica un fazzolettino di stoffa pulito e se lo passò sul viso.. Cominciava a sentire i nervi pulsarle nelle giovani esili tempie e disse, ignorando lo sguardo supplicante di Klara:
«Questi non erano i nostri accordi, Dete: si può sapere che razza di bambina mi hai portato?»
Dete cercò ancora di rimediare all’irreparabile danno commesso da sua nipote:
«Se mi permette, la bambina che le ho portato è quella che lei stessa mi ha descritto, Fräulein: una bambina vivace, obbediente e sincera, dal buon carattere e svelta ad imparare. E questa descrizione si adatta molto a mia nipote, Fräulein; la prego, la metta alla prova e vedrà che non ne rimarrà delusa, davvero.»
Fräulein Rottenmeier scosse la testa: non poteva assolutamente accettare questa selvaggia in casa e con un “no” secco invitò Dete ad andarsene via con la bambina; allora Dete si licenziò con una riverenza dicendo:
«Sono spiacente per il disturbo, si è fatto tardi e devo tornare al mio lavoro. Purtroppo non posso trattenere la bambina in casa del mio padrone: la lascio qui e domani verrò a riprendermela. Arrivederci Fräulein »
Lasciare la bambina in questa casa? Mai: non lo avrebbe permesso! Fräulein Rottenmeier corse dietro a quella spregevole donna che stava lasciando la casa senza quella selvaggia, decisa a fargliela pagare: che figura ci avrebbe fatto lei, davanti a Herr Sesemann, se egli avesse scoperto che genere di compagnia era stata scelta per Klara? Per quanto corse più veloce che poteva, inciampando più volte nelle pieghe del suo vestito e rischiando di spezzarsi l’osso del collo scendendo le scale, non riuscì a raggiungere quella Dete, la quale, svelta e astuta, prese la prima carrozza e tagliò la corda, lasciando secca la povera Fräulein Rottenmeier davanti all’uscio di casa Sesemann.

Fräulein Rottenmeier era lì, davanti alla porta principale di casa Sesemann, e guardava quella spregevole donna che l’aveva ingannata , quella donna che le promise un’ottima compagna per Klara e che invece le ha portato una selvaggia ignorante che ha vissuto otto anni in mezzo alle capre. Quella Dete non aveva nemmeno preso il compenso; ah, ma non l’avrebbe certo preso:  venisse pure a chiederlo, non avrebbe ricevuto neanche mezzo centesimo! Fräulein Rottenmeier era sì una donna sagace, ma anche battagliera: non permetteva a nessuno di prendersi gioco di lei, che per anni ha saputo comandare abilmente nel palazzo in assenza del padrone. Questa popolana invece aveva osato usufruire della sua pazienza: gliel’avrebbe fatta pagare cara, eccome! Risalì le scale con moto indispettito, con i nervi che le pulsavano sulle tempie senza lasciarle pace: doveva sfogarsi o il suo malumore si sarebbe propagato per tuta la sera; e non poteva certo permetterlo, doveva far capire a quella selvaggia che in questa casa lei (Fräulein Rottenmeier) comandava e lei (Adelheid, si chiama così no?) doveva obbedire. Si diresse subito nella sala da pranzo per osservare la servitù e notò con grande stupore che la tavola ben apparecchiata era ancora vuota di qualsiasi pietanza. Strillò:
«Sebastian, dov’è la cena? Sono le sette passate, e in casa Sesemann si cena esattamente alle sette!»
«Infatti la cena è pronta da un pezzo, Fräulein» rispose Sebastian, il maggiordomo, con un tono quasi indifferente. A Fräulein Rottenmeier scappò una grossa smorfia:
«Allora porta immediatamente qui Klara e quella selvaggia, svelto!» poi si rivolse a Tinette, la domestica fantasma: «E tu Tinette, hai controllato se la stanza dell’ospite è pronta? Esigo che sia tutto a posto»
«Non ne vale la pena, Mademoiselle Rottenmeier» rispose apaticamente Tinette, portando la cena.
Non solo doveva badare a quella selvaggia, ma anche a questa servitù impertinente e dalla lingua tagliente. Fräulein Rottenmeier sedette a capotavola, in attesa delle due bambine. Poco dopo arrivò Sebastian con la carrozzella della signorina Klara e con la piccola montanara che lo seguiva con uno sguardo scrutatore; la teneva osservata, pronta a intervenire ad ogni errore: e il primo di una lunga serie arrivò in quel momento.
«Allora, cosa ho di straordinario perché mi guardi in quel modo?» chiese il maggiordomo alla bambina, mentre teneva Klara in braccio per metterla a sedere sulla sedia da pranzo.
«Assomigli tanto a Peter» rispose la bambina con uno sguardo contento «Hai gli occhi tondi come lui»
Fräulein Rottenmeier alzò le braccia al cielo:
«Misericordia! La piccola selvaggia si rivolge ai servitori con il “tu”!»
La vivace bambina guardò la governante con uno sguardo stupito, come se non capisse cosa ci fosse di  sbagliato nel dire a quel signore che assomigliava al suo amico Peter. Klara infatti stava sorridendo, mentre Fräulein Rottenmeier fece cenno a Sebastian di far sedere la bambina sulla sedia accanto a lei, e non aveva fatto ancora in tempo a ordinare di servire il cibo che questa scattò in piedi sulla sedia e si allungò sul tavolo per acchiappare il cesto del pane. Fräulein Rottenmeier si alzò all’istante e con uno schiaffo secco colpì la mano della bambina, sotto le risa e le smorfie sommesse del maggiordomo.
«Adelheid, da quando ci si lancia sul tavolo per prendere da mangiare? Non siamo in una stamberga alpina, ma in casa di signori! Siediti subito. Se non riesci a prendere il pane c’è apposta la servitù!»
«Ma non era per me.» rispose la bambina «Era per la nonna di Peter.»
Ancora questo Peter? Ma chi diavolo era: un altro selvaggio? Fräulein Rottenmeier poggiò la testa sui dorsi delle mani e bisbigliò sottovoce: “Con che genere di bambina ho a che fare? Misericordia..” e intanto non si accorse che quella bambina pregò il maggiordomo di porgerle un panino bianco e se lo intascò di nascosto. Non si accorse nemmeno delle risa che Sebastian cercava di sedare: o meglio, di quelle se ne accorse, ma non ci fece molto caso; è sempre stata impertinente la servitù di casa Sesemann.
Sebastian arrivò sempre ridente con il piatto di portata: una squisita e delicata carne sugosa tagliata in fette piuttosto sottili, con un buon contorno che faceva leccare i baffi. Fräulein Rottenmeier non rifiutò il piatto, e con il suo fare elegante ma rigido prese la forchetta e il cucchiaio dal piatto di portata, prese due belle fette di quella carne e ripose le posate affinché anche le due bambine si servissero. Klara non prese più di una fetta piccola, ma Fräulein Rottenmeier non insistette più di tanto: convincere a mangiare quando non si ha voglia non concerne a migliorare la salute; per guarire, Klara aveva già le sue medicine. Dopo aver assaggiato un boccone di questa carne, la donna volse lo sguardo alla piccola Adelheid, che guardava la carne come se fosse una pietanza celeste. Chiese al maggiordomo se doveva servirsi lei da sola e al cenno affermativo di quest’ultimo, prese una fetta di carne con la mano. Questo era troppo, troppo!
«Adelheid!» urlò Fräulein Rottenmeier «Cosa stai facendo?» si rivolse poi a Sebastian e gli ordinò di venire presso di lei, dopodiché tornò a rivolgersi alla selvaggia, cercando di ricomporsi «Mia cara Adelheid, dobbiamo ricominciare da zero con te. La carne e ogni altra pietanza la si versa nel proprio piatto con le posate che ci vengono offerte: in questo caso si prendono le fette di carne con la forchetta e il cucchiaio, in questo modo, fetta per fetta; non mi sembra difficile.» e dopo la dimostrazione, licenziò Sebastian fino a nuovo ordine, e continuò con la sua predica finché la nuova arrivata non avesse capito bene proprio tutto.
«Tornando a noi, ho notato che parli al personale con la servitù: a loro ti devi sì rivolgere con il tu, ma solo quando ti serve qualcosa e non c’è bisogno di ringraziarli per ogni favore: è un loro dovere lavorare per noi. Sebastian è il maggiordomo, e compie servizi quali offrire il pranzo, portarti da una stanza all'altra, procurarti da bere e da mangiare, aprire le porte e altre azioni del genere; Tinette è la cameriera, e si occupa delle nostre stanze, della pulizia e dell’ordine generale. Se mancano al loro dovere, non esitare a farlo presente: bisogna essere severi con la servitù, e se c’è bisogno di qualcosa basta semplicemente dire “Mi serve questo, mi serve quello” senza troppe spiegazioni; non siamo tenuti a rispondere a loro delle nostre azioni.
In quanto a te, verrai chiamata Adelheid perché questo è il tuo nome di battesimo, non quel vezzeggiativo con cui ti hanno sempre chiamata. Io per te sono Fräulein Rotenmeier, ma se ti risulta difficile chiamami semplicemente “Fräulein”. E la signorina Klara, a meno che lei non desideri diversamente, dovrai chiamarla “Fräulein Klara”, in quanto non fai parte di questa famiglia. Fräulein Klara, desidera aggiungere qualcosa?»
«Vorrei semplicemente che mi chiamasse Klara, e io la chiamerò semplicemente Heidi» intervenne Klara
A Fräulein Rottenmeier non piaceva che in casa Sesemann si pronunciasse un sì volgare nomignolo, ma non volle contrastare Klara. Allora continuò con il suo sproloquio:
«Come desidera, Fräulein Klara. Tornando a noi, Adelheid, ti ricordo gli orari dei pasti in modo da non dimenticartene: al mattino la colazione è alle sette, a mezzogiorno c’è il pranzo e alle sette la cena; alle nove di sera Fräulein Klara deve andare a letto; anche il pomeriggio, alle due, deve riposare, perciò in quel momento potrai stare nella tua camera e fare quello che desideri, purché non rechi disturbo. Dalle nove fino all'ora di pranzo ci sono le lezioni con il professore, con il quale spero vivamente che imparerai molto. Nel tardo pomeriggio, nel periodo di tempo tra il riposo pomeridiano di Fräulein Klara e la cena, potrai giocare con lei, senza compromettere mai la sua delicata salute; quindi niente giochi movimentati.
Se desideri uscire o spostarti da una zona all’altra della casa dovrai prima chiedere il permesso a me, dato che sono responsabile di te; mi troverai nello studio accanto alla stanza di Fräulein Klara. Per essere ricevuta devi sempre bussare alla porta e aspettare una mia risposta, entrare, fare l’inchino e chiedere “Come sta, Fräulein?” e domandare educatamente quello che desideri. Le porte non si sbattono: le devi aprire e chiudere delicatamente, e le finestre rimangono sempre chiuse: se desideri aprirle devi chiederlo a Sebastian.
Anche se è Tinette ad occuparsi della pulizia delle stanze, è importante che tu tenga la tua bene in ordine: i vestiti vanno nell’armadio e nel cassettone, gli oggetti personali nei vari cassetti e i libri e i quaderni che utilizzerai vanno riposti nello scrittoio che troverai accanto alla finestra. Avrai a disposizione un angolo toilette privato ed esigo che ti lavi sempre a dovere, quando ti alzi e prima di metterti a letto. E’ vietato sporcare, correre in giro per le stanze, gli atri e le scale, recare disturbo, urlare ed eseguire qualsiasi atto di inciviltà; non devi assolutamente scendere nelle stanze della servitù: se hai bisogno di loro ci sono due cordicelle nella tua stanza, con scritto i nomi dei domestici; durante le lezioni, per quanto sia vietato interromperle se non per esigenze estreme, sono riposti dei campanelli a cui la servitù è obbligata a rispondere. Se ti è difficile suonare i campanelli puoi sempre rivolgerti a me. Ti ricordo che nella stanza di Fräulein Klara puoi entrare solo se lei lo desidera e soprattutto con il mio consenso: quindi chiedi sempre, prima di agire, capito?»
Dalla piccola selvaggia, Fräulein Rottenmeier non udì nessuna risposta.
«Adelheid, quando una persona  ti chiama si risponde subito. »
Di nuovo silenzio: la piccola era seduta sulla sedia, con il capo leggermente chino e con un espressione beata stampata sul viso. Fräulein Rottenmeier sentì Klara trattenersi dal ridere, e cominciò a scaldarsi:
«Adelheid, ti ho detto di rispondermi, misericordia! Adelheid, hai sentito?»
Ma dalla bocca della piccola bambina svizzera non usciva alcun suono e nemmeno un gesto d’assenso: aveva sempre quell’espressione beata, il capo chino e gli occhi chiusi. Fräulein Rottenmeier non riusciva a capire come comportarsi, e allo stesso tempo non capiva cosa ci trovasse Klara di tanto divertente in tutto questo. Quindi, si rivolse a lei con uno sguardo interrogatorio, e questa rispose abbastanza divertita:
«Ma non si è accorta che Heidi sta dormendo da un pezzo?»
«Cosa?!» strillò, drizzando bene gli occhiali. Si accorse solo in quel momento che quella di Adelheid era l’espressione tipica di chi si trovava già nel mondo dei sogni.
Questo era decisamente il colmo: a Fräulein Rottenmeier cominciavano a tremare la bocca, gli occhi e tutto il viso, ma la sua capacità di giudizio e di riflessione prevaleva sempre sul sentimento: con aria decisamente stizzita agitò il campanello della servitù talmente forte che a momenti poteva sfuggirle di mano. Sulla porta comparve Sebastian al quale ordinò furibonda di prendere la selvaggia e di metterla a letto. Dopo che la bambina scomparve dietro alla porta, Fräulein Rottenmeier si abbandonò sulla sedia, pallida, e si asciugò la fronte, sospirando tra sé e sé: “Misericordia. Non ho mai visto una bambina così imprevedibile!”.
  
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