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Autore: Nitrogen    26/11/2013    1 recensioni
Dieci numeri per dieci nomi, trenta plot per trenta brevi aneddoti sulle loro vite. E il risultato è un groviglio di situazione più o meno complesse che potrebbero capitare a chiunque.
Perché a volte non basta essere attraenti, intelligenti o avere un bel carattere per non ritrovarsi nei guai, a volte capita e basta.
[Partecipante alla challenge indetta da Kukiness "Chi, Con chi, Che cosa facevano".]
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Plot 2: 3 vuole chiedere un appuntamento a 8,
ma qualcuno o qualcosa gli metterà i bastoni tra le ruote.

 
 
Ordine personaggi: Naiser (1), Imogen (2), Pride (3), Marianne (4), Zelo (5), Terrian (6), Seth (7), Rezwana (8), Hana (9), Akira (10).

 


 

Quando a nessuno importa se
sei attraente e hai fascino.

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Se qualcuno mi chiedesse di descrivermi, oserei dire che sono intelligente, controllato, amorevole, simpatico, altruista, magari me ne uscirei anche dicendo che sono un supereroe senza genitori –e chiedo scusa a Batman per avergli fregato la vita, ma le ragazze amano questo tipo di storie. In sintesi, descriverei l’uomo perfetto e tutti mi amerebbero.
La realtà? Io sono Pride, e sono un casanova senza né arte né parte che, in quanto tale, passa le proprie giornate spezzando cuori a destra e a manca. E le persone mi amano comunque, o almeno così credevo.
Pensate a un ragazzo con i capelli al vento e il passo fiero di chi si piace e sa di essere piacente; pensate a questo ragazzo che cammina per strada adocchiato da ogni persona –ragazze e non, purtroppo–, a questo bell’imbusto che sorride e fa l’occhiolino un po’ a chi capita; pensate a me, con lo stesso portamento di un principe, che arrivo nel cuore della piazza e mi siedo su una panchina.
Ero fermo su quelle assi di legno guardandomi in giro, respirando quell’aria fresca e primaverile per cui le ragazze vanno fuori di testa: passeggiano per la piazza cercando qualcuno che le faccia un complimento, che le chieda il numero con la scusa di un innocente caffè.
Io sarei stato la persona giusta, ma per quel giorno non ero in vendita alla prima che passava.
Il mio obiettivo di quella mattina era trovare l’ago in un pagliaio, pescare il pesce più grosso del lago, scovare la perla in un mare di cozze; e quest’ultima metafora potete anche prenderla alla lettera perché, in quanto casanova, è proprio quello che faccio di solito.
La cosiddetta “perla” di cui vi parlo stava raggiungendo la mia panchina alle dieci e sette minuti, proprio come mi aveva detto il mio informatore.
Mi passò davanti, mi superò, non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Che classe, una vera regina. Come potevo non amarla?
Qualcun altro al mio posto avrebbe perso le speranze, avrebbe pensato che ogni azione non sarebbe servita a conquistarla. È inutile dirvi che questo discorso per me non vale: avevo già scommesso troppi soldi con il mio caro amico informatore che sarei riuscito ad averla tra le mie braccia a vita, non se ne parlava di dargli questa soddisfazione.
Mi alzai e la seguii a passo moderato con la disinvoltura tipica di chi ha imparato a non badare agli occhi a cuoricino delle ragazze per strada, lisciai i pantaloni, portai i capelli all’indietro e feci un colpo di tosse. Bellamente lo ignorò, continuando a camminare a testa alta verso la palestra nella quale aveva passato i tre quarti delle sue giornate da quando era diventata maggiorenne.
Tossii ancora, questa volta chiamando anche il suo nome. Niente da fare, il mio amore platonico per lei sembrava non corrisposto.
Decisi dunque di aumentare il passo per piombarle davanti e farle notare la mia esistenza: «Rezwana!»
Spalancò gli occhi e portò rapidamente la borsa al petto come se volesse proteggerla da un eventuale scippatore; quando capi che ero io, sbuffò quasi impercettibilmente e mise le mani sui fianchi.
«Pride, che piacere…»
«Buongiorno, mia cara. Questa mattina sei incantevole.»
E non lo dissi di certo solo perché volevo abbordarla: quella maglia aderente e quei pantaloncini rosa, accompagnavano le sue splendide forme che tutti i ragazzi –e nel caso, anche le lesbiche– della città avrebbero riconosciuto tra mille.
«Grazie… Comunque scusami, ma io devo…»
«…andare in palestra? Lo so, lo so. Infatti vorrei offrirmi per accompagnarti.»
Le sorridevo, le mostravo quel sorriso che tanto piaceva alle persone che avevano modo di vederlo e lentamente mi avvicinavo.
«Grazie, ma non…»
«Fantastico, andiamo!»
E la presi sottobraccio trascinandola per la via che portava alla palestra. Era fatta, dovevo solo parlare e lei avrebbe accettato, l’avrei portata a casa mia e…
«Pride, ma che ti prende?!»
«Mia regina, posso chiederle un appuntamento?»
«No!»
Si fermò di colpo, allontanandosi di qualche passo da me. La negazione me l’aspettavo, di fatti non mi feci scoraggiare: una regina non si sarebbe mai concessa al primo che passava, dovevo solo insistere.
«Suvvia, Rezwana, pensaci. Siamo due ragazzi bellissimi, popolari, che fanno impazzire uomini e donne indistintamente. Io sono il re dei Playboy e tu la regina della città, non saremmo una coppia da urlo?»
«Dio, tu sei il re dei cretini, non dei Playboy.»
Questa era un’offesa della serie “Chi disprezza vuol comprare”; non potevo che essere ancora più felice di quanto già non lo fossi per le sue attenzioni.
«Guardami: le ragazze mi amano.»
«Io no.»
«Faremmo rosicare un sacco di persone con la nostra relazione.»
«Come se mi importasse.»
«Ma ci meritiamo a vicenda!»
«Ti prego, io merito di meglio.»
«Non esiste nessuno migliore di me in questa città, sono l’unico che potrebbe starti affianco!»
«Sarai pure un Playboy, ma non sei di certo il migliore di questa città.» Spostò una ciocca di capelli ribelle come la sua anima e sorrise. «Solo perché sei attraente, Pride, non vuol dire tu sia riuscito a conquistarti il mio rispetto. Il podio è mio e di Naiser, sai che significa? Che lui è l’unico uomo esistente sulla faccia della Terra a potermi chiedere un appuntamento e ricevere una risposta positiva. E per inciso, due leoni nello stesso branco non possono convivere pacificamente, dunque torna nel tuo buco, novellino, che non sei assolutamente al nostro livello.»
Il mio cuore era a pezzi, il mio orgoglio distrutto e il mio animo offeso. Rezwana non si rendeva conto di cosa stesse perdendo, non capiva il mio potenziale.
Ero il principe azzurro moro voluto da ogni ragazza, l’oscuro desiderio degli uomini dell’altra sponda, la perfezione da sempre bramata dagli artisti per i loro dipinti, una delle cose più belle che il buon Dio avesse mai creato. Eppure lei non mi voleva, lei non desiderava la mia presenza al suo fianco.
Ma le sue parole affilate come coltelli non riuscirono a fermare il mio ardente desiderio di averla, e per questo continuai a discutere, a persuaderla con le mie parole. Probabilmente sarei riuscito anche a convincerla se non fossi stato assalito dalle tre oche che speravo di aver eliminato dalla mia esistenza.
«Coglione!», mi chiamò la prima.
«Stronzo!», urlò la seconda.
«Puttaniere!», esordì infine la terza.
Mi voltai e vidi le tre dell’Ave Maria cacciare fumo dalle orecchie e agitare le borsette nella mia direzione. Avevano graffi qua e là per le braccia e il viso, e i capelli scompigliati; evidentemente era accaduto ciò che temevo.
Rezwana, perplessa, si avvicinò a Ragazza Numero 3: «E voi chi siete?»
«Delle sfigate.»
«Ti pare una risposta?»
«Quel pervertito ci ha usate!»
L’affermazione improvvisa di Uno fece voltare Rezwana nella mia direzione. Stavo per finire in guai seri, quelle tre si erano coalizzate contro di me.
«Raccontatemi cosa è successo, ragazze.»
«Lui mi aveva detto di essere il mio ragazzo!»
«E anche il mio!»
«E il mio!»
«Mi tradiva con queste due anche se diceva di amarmi, che ero bellissima e…»
«Aspetta.», dissi interrompendo quella che credevo fosse Uno, «Io non sono un bugiardo, non ho mai detto di amarti.»
«Fai schifo lo stesso!»
E le altre due le fecero coro quasi immediatamente. Sospirai rassegnato: stavano rovinando il mio momento di intimità con Rezwana, dunque tutto il mio lavoro per farla diventare la mia fidanzata stava sparendo nel nulla.
Due prese la parola: «Capisci perché siamo tanto arrabbiate? Lui stava con tutte noi contemporaneamente e oggi, per lasciarci, ci ha fatte incontrare allo stesso posto e ci ha detto –testuali parole– “Tu, tu e tu, sappiate che vi lascio. Buona giornata” e se n’è andato!»
Tre continuò il discorso: «Noi, poi, abbiamo iniziato a litigare stupidamente tra noi quando invece la colpa è sua!»
«Sì, esatto, proprio sua.»
«Solamente sua!»
Iniziava a girarmi al testa. Quelle tre disgraziate non smettevano di parlare in coro, continuavano a starnazzare senza sosta con Rezwana dandomi colpe su colpe di cui mi importava veramente poco; io volevo la regina, non le tre cozze.
Mi avevano circondato, mi urlavano contro le peggiori offese e io non potevo fare altro che evitare i loro lanci di borsette che minacciavano pericolosamente di deturpare il mio bellissimo viso.
«Penso proprio che questo bel giovanotto lo lascerò alle vostre amorevoli cure.»
«No, Rez, non puoi farlo, NON PUOI LASCIARMI SOLO.»
Rise, e anche di buon gusto: «Ti manca un po’ di esperienza per essere un playboy, ma avere tre relazioni contemporaneamente non è semplice, bisogna rendertene atto. La prossima volta ti consiglio di fare più attenzione. Ciao ciao!»
Rezwana e il suo bel corpo mi lasciarono davvero da solo al mio triste destino, a prendere schiaffi dalle oche che avrebbero fatto la stessa cosa se solo mi avessero rivisto per strada. Era una situazione orrenda per una del mio calibro, ma a farmi più male delle borsate e degli schiaffi erano state le parole di Rezwana che, senza ripensamenti, aveva deciso io non fossi alla sua altezza.
Naiser era l'unico che potesse chiederle un appuntamento. Era il migliore sulla piazza. Il re indiscusso dei Playboy della città.
Naiser, Naiser, Naiser. Ma chi cazzo è questo Naiser?!

 


 

──Note dell'autore──
Nella speranza che Melinda Pressywig -a cui dedico l'intera storia- possa gradire questo capitolo, vi ringrazio per aver letto e mi scuso per non essermi attenuta probabilmente più di tanto al plot datomi dalla challenge. Ma io volevo scrivere questo, dunque, per quanto possa essere una vicenda banale e piena di errori perché non revisionata a causa di mancanza di tempo, chiedo nuovamente perdono per essere uscita "fuori traccia".

「Nitrogen」

   
 
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