Videogiochi > Final Fantasy VIII
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Autore: Alchimista93    26/11/2013    4 recensioni
" [...] Improvvisamente, una fitta le trapassò la testa e cadde in ginocchio, nel bel mezzo del corridoio, gemendo di dolore. Respirava con affanno e un velo di sudore le imperlò la fronte mentre portava le mani alla testa, il cuore che batteva irregolare. Il dolore era lancinante, sembrava come se qualcuno le stesse pugnalando il cranio più e più volte. "
"«Ahia!»
«La smetta di muoversi, signorina Heartilly!», replicò per l’ennesima volta la dottoressa con cipiglio severo. «Voi SeeD siete davvero strani! Quando siete feriti gravemente vi limitate a dire che “è solo un graffio», quando è davvero un graffio sembrate in punto di morte!»"
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Artemisia, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ruggito Oceanico
 

 
Tum tum, tum tum.
Tum tum, tum tum.
Rinoa sentiva distintamente il suo cuore martellare per l'agitazione, battere forte ed intensamente, come se cercasse una via di fuga dal suo petto. Sapeva che non avrebbe dovuto sentirsi così, che avrebbe dovuto cercare di controllarlo, tuttavia quel segreto che Squall le aveva tenuto nascosto, la sua bugia… Ogni volta che ci pensava sentiva la rabbia montarle nel petto e i pensieri annebbiarsi. Nei pochi attimi di lucidità percepiva che quella collera cieca non poteva appartenerle, non era da lei arrabbiarsi a questo modo, tuttavia non riusciva a calmarsi, così come non riusciva a fermare i suoi passi che, uno dopo l’altro, la portavano sempre più vicina alla fonte della sua furia.
“Rinoa, calmati!”
Una voce limpida e cristallina le invase la mente, paralizzandola sul posto per un lungo istante. Quella voce… Ellione!
Rabbia.
“Rinoa fermati!”
Fermarsi? Come avrebbe potuto fermare i propri passi? C’era mai stato un momento in cui era stata immobile? Rinoa non lo ricordava più.
Odio.
“Perderai te stessa, devi lottare!”
Lottare per cosa? Era già perduta, Rinoa lo sapeva. Lo sentiva dalla gelida morsa della mano che si avvolgeva intorno al suo cuore, stringendolo tra le dita; lo capiva dalla sgradevole sensazione di non essere più in grado di controllare i propri movimenti, ma soprattutto lo percepiva dentro. La ragazza cadde nel bel mezzo del corridoio deserto con un grido di dolore, annaspando, cercando disperatamente di respirare, ma invano. Sentiva i polmoni non obbedirle, il petto restare abbassato mentre il cuore le batteva così rapidamente che temeva che sarebbe morta da un momento all’altro se avesse continuato.
Poi smise di battere del tutto.
 
Tum.
 
Tum.
 
Rinoa si alzò lentamente dal pavimento, reggendosi sulle gambe malferme, la mente come avvolta da morbida ovatta. Ondeggiava vistosamente a capo chino, i capelli corvini che le ricadevano dinanzi al viso, celandone in gran parte i lineamenti. Lentamente ricominciò a camminare, dapprima incerta, poi sempre più sicura sulle proprie gambe, riprendendo ad avanzare minacciosamente nel corridoio con i pugni serrati e la mascella contratta, scansando le ragazzine ridacchianti appena uscite dalla mensa.
E non riusciva a fermarsi.
Rinoa schioccò la lingua, gli occhi ridotti a due fessure, spingendo da parte con malagrazia un ragazzino che stava facendo jogging. Questo la guardò sorpreso, ma non disse nulla, scostandosi impaurito e scappando via nella direzione opposta. Rinoa rise appena, sfiorando casualmente una piantina che si trovava al lato del corridoio, giungendo dinanzi al Giardino. Quindi senza indugio entrò, iniziando a scendere rapidamente le scale, gettando appena uno sguardo al luogo con profondo disprezzo.
 
“Fithos”
 
L’albero di quercia secolare troneggiava nel mezzo del Giardino gettando una fresca ombra nel luogo, ma lei non ci badò, continuando a scendere le scalette fino a che non lo vide. Una rabbia cieca la invase. Squall era in piedi dinanzi ad un gruppetto di studenti seduti sul palco utilizzato tempo prima da Selphie per organizzare il concerto a cui far assistere Squall a Fisherman’s Orizon. Agitava il Gunblade per dar enfasi al discorso, come soleva fare quando un argomento gli stava particolarmente a cuore, mentre parlava concitatamente. Vide gli allievi disporsi ordinatamente dinanzi a lui, l’uno di fronte all’altro, le armi in mano e in posizione da combattimento, seguendo gli ordini impartiti dal proprio Comandante, allenandosi per quella che sarebbe stata la prova finale del loro esame SeeD. Ben presto l’aria fu piena del rumore delle loro armi che cozzavano l’una contro l’altra e delle raccomandazioni del Comandante urlate da un capo all’altro del gruppo.
«Rinoa!», esclamò Squall notandola, stupito. Diede l’incarico ad uno dei cadetti più anziani di fare le sue veci temporaneamente, dirigendosi verso di lei rapidamente. «Sai bene che sto facendo lezione, è successo qualcosa»
La ragazza non rispose, oscillando appena da un piede all’altro, lo sguardo perso nel vuoto.
 
Squall! Aiutami!
 
«’Noa?»
«Dov’è?», chiese la ragazza in un sussurro mantenendo lo sguardo basso, rivolto ad un punto non precisato del suolo, e le braccia abbandonate lungo i fianchi.
«Dov’è cosa?». Squall sgranò gli occhi, guardandola interrogativamente. Non riusciva a capire il perché del suo comportamento, specie nell’ultima settimana. Era dall’ultimo allenamento con Seifer che aveva iniziato a comportarsi in modo sempre più strano, portandolo quasi all’esasperazione.
«Lo sai. Leviathan. Dove lo hai nascosto?», fece ancora in un sibilo, la voce che non sembrava neppure appartenerle.
«Rinoa! Ma cosa diavolo di prende?!», ribatté lui afferrandola per un braccio e scuotendola appena.
 
“Lusec”
 
Con un ringhio ferino, Rinoa si divincolò dalla sua presa, sferrandogli un pugno dritto nello stomaco per poi sgusciare via alle sue spalle con un unico fluido movimento. Squall incassò il colpo piegandosi in due per il dolore, un ronzio sordo nelle orecchie. Cosa stava succedendo?
Fu un sibilo ad avvertirlo e con un balzo si gettò di lato appena in tempo per evitare il Boomerfritz di Rinoa che si abbatté al suolo con una pioggia di scintille. I cadetti, non appena videro la situazione precipitare, non rimasero a guardare, ma si prepararono a fronteggiare il nemico correndo verso di lei, ignorando totalmente gli ordini del Comandante che intimava loro di farsi da parte.
Rinoa li guardò con un sorriso malevolo, i capelli corvini che le frustavano il volto come scossi da un vento invisibile.
«Ali di fata», sussurrò lei, un ghigno malvagio che le distorceva i lineamenti delicati. Un paio di eteree ali d’argento le si disegnarono sulla schiena avvolgendola di una fredda luce metallica.
Squall sentì distintamente un brivido lungo la schiena guardandola confusamente per poi sbarrare gli occhi.
«Via! Andate via!», urlò ai ragazzi, ma questi non gli diedero ascolto. Uno di questi si lanciò contro la strega, il Gunblade alto sulla sua testa, pronto a sferrare un fendente. Il colpo, tuttavia, non giunse mai a destinazione, bloccato da una barriera azzurrina che la avvolgeva. Per un lunghissimo istante, la strega e il cadetto rimasero fermi a pochissima distanza l’una dall’altro, guardandosi negli occhi: puro compiacimento lei, orrore lui, per poi essere sbalzato via con una forza inaudita contro il palco. Con un orrendo crack si accasciò al suolo e non si mosse più. I suoi compagni rimasero immobili, paralizzati dal terrore, per poi lanciarsi tutti insieme addosso alla ragazza. Con una risata agghiacciante, ella schioccò le dita ed un alto cerchio di fiamme divampò tutt’intorno a lei e Squall, impedendo loro di raggiungerli.
«Adesso basta!», urlò Squall scagliandosi addosso alla sua ragazza con un fendente nel tentativo di renderla inoffensiva. Rinoa deviò il suo colpo con facilità, sfruttando il bracciale d’acciaio della sua arma come se fosse uno scudo, poi gli scivolò affianco e gli fece uno sgambetto che il giovane evitò con un agile balzo. Squall cercò di sfruttare la sua minuta struttura fisica per farle perdere l’equilibrio con un montante diretto alle gambe, ma una barriera invisibile si frappose tra la sua arma e lei per un istante, esplodendo in una pioggia di schegge di luce. “Dannata magia di strega!”
«Levita!»
Squall sentì distintamente i propri piedi abbandonare il suolo e il corpo alzarsi a mezz’aria per poi essere sbattuto violentemente al suolo con un unico gesto della mano di Rinoa. Squall sentì il sapore del sangue invadergli la bocca mentre si rialzava tremante, cercando di pensare rapidamente a qualcosa, qualsiasi cosa che gli avrebbe permesso di metterla fuori combattimento. Cercò di sferrarle un colpo di piatto sfruttando il suo fianco scoperto, ma lei mormorò qualcosa a mezze labbra, sbalzandolo via e facendolo nuovamente rovinare sul pavimento del Giardino. Ebbe a stento il tempo di prendere fiato che il freddo acciaio del Boomerfritz giunse inaspettato, conficcandosi in profondità nella spalla. Stringendo i denti per il dolore, si alzò faticosamente e tentò l’ennesimo assalto, la presa sull’arma non più salda come poco prima. Con un sorrisetto di profonda soddisfazione, Rinoa agitò appena la mano scagliando il Gunblade lontano, fuori dal cerchio di fiamme, irrecuperabile per lui.
Per la prima volta in vita sua, Squall ebbe davvero paura. Non aveva avuto davvero paura neppure di Artemisia. Sapeva che l’avrebbe sconfitta perché c’era lei al suo fianco. Lei, Rinoa, la ragazza che gli aveva sussurrato di amarlo dopo aver sconfitto Artemisia, la stessa con la quale aveva condiviso ogni giorno fino a quel momento e che ora lo stava inesorabilmente facendo a pezzi. Per la prima volta ebbe paura nel vero senso della parola.
Rinoa avanzò verso di lui lentamente, la veste azzurra che seguiva i suoi passi con morbido volteggiare.
«Blizzaga», sussurrò, facendo seguire le sue parole ad un ampio gesto della mano. In un attimo Squall si ritrovò ad agognare il caldo terribile del cerchio di fuoco mentre il ghiaccio gli avvolgeva le gambe per poi risalire lungo il busto, lasciandogli libero solo il capo. Un freddo intenso gli si insinuò nel corpo, bruciandogli la pelle come se fosse fuoco e non ghiaccio. Cercò di muoversi, ma era tutto inutile. Quando alzò lo sguardo si ritrovò a ricambiare con orrore uno sguardo dorato terribilmente familiare.
Quegli occhi…
«Artemisia!», esclamò Squall sconvolto. Come diavolo era riuscita a prendere il controllo di Rinoa? Era…
«…morta?», fece la ragazza con un sorriso maligno. Si destò leggermente i capelli, come soleva fare di solito la sua Rinoa. Era un abominio che quella cosa potesse anche solo somigliare a ‘Noa. «No, non direi a quanto pare. E ora dimmi: dov’è Leviathan?»
«Non lo saprai mai, strega!», sputò Squall guardandola rabbiosamente. Si sentiva impotente, anzi era impotente! Si agitò ancora nella sua prigione di ghiaccio, ma senza successo.
«Dimmelo!», ringhiò lei dandogli un forte manrovescio dritto in volto, spaccandogli il labbro. Lui ridacchiò scuotendo il capo. Sorrise, gemendo appena perché ciò gli procurava dolore, ma non se ne curò.
«Povera Artemisia… E’ tutto qui quello che sai fare? Ecco perché siamo riusciti ad ucciderti una volta, allora…», mormorò con una risata a mezze labbra. Artemisia si irrigidì visibilmente, i muscoli tesi per la collera repressa, per poi indietreggiare di un passo, senza mai smettere di guardarlo.
«Bene… Se le cose stanno così non mi sei di alcun aiuto…» Stese una mano contro di lui mentre i capelli e la veste iniziarono a volteggiare intorno a lei scossi dal vento dell’incantesimo di Morte che stava generando. «Ad-…»
 
“NO!”
 
Rinoa si chinò su se stessa, le mani intrecciate ai propri capelli, tremando. Per un attimo Squall sembrò intravedere il caldo marrone cioccolato dei suoi occhi tra le screziature dorate di Artemisia, tuttavia fu solo un momento prima che la strega si drizzasse nuovamente e gli rivolgesse uno sguardo carico d’odio.
«A quanto pare la tua fidanzatina è più potente di quanto immaginassi…», sussurrò, quasi rivolta a sé stessa, per poi rivolgergli un sorriso falsamente innocente sotto lo sguardo sconcertato di Squall. Rinoa schioccò nuovamente le dita e le fiamme tutt’intorno a loro si dissolsero così come erano arrivate.
«Non potrò uccidere te, Cavaliere – non ancora – ma posso uccidere loro!», esclamò ridendo con occhi spiritati stendendo le braccia contro il gruppo di studenti che erano rimasti bloccati fuori dal cerchio di fuoco.
«Firaga!», urlò ancora contro di loro ed in brevissimo tempo il Giardino fu pervaso dalle grida disumane dei ragazzi del Garden in preda alle fiamme. Si gettavano a terra nel tentativo, invano, di estinguere il fuoco o si agitavano impazziti dal dolore. Questo era l’effetto devastante di “Ali di Fata”: anche la magia più comune diventava letale, figuriamoci un “Firaga”. “Incantesimi circa quindici volte più potenti del normale”, aveva detto Cid dopo aver analizzato la potenza delle magie scagliate e Squall dovette ammettere che aveva ragione, tossendo a causa dell’ acre odore di capelli e pelle bruciata che permeava il luogo. Si dibatté ancora nel ghiaccio il quale era rimasto sorprendentemente intatto nonostante l’inferno che si stava scatenando dinanzi a sé, ma era tutto inutile. Vide e udì ogni cosa senza poter fare assolutamente nulla: il fuoco che bruciava la loro pelle, le grida strazianti di quei ragazzi che non sarebbero mai diventati SeeD, ma soprattutto vide il viso della sua Rinoa completamente trasfigurato in una maschera di pura malvagità mentre i bagliori delle fiamme le si riflettevano negli occhi dorati donandole una luce folle. Rinoa gli rivolse un sorriso a dir poco inquietante e gli si avvicinò con deliberata lentezza…
… lo guardò…
… e posò le labbra sulle sue. Dapprincipio Squall rimase paralizzato dalla sorpresa, poi si ritrovò in qualche modo a ricambiare il bacio nonostante fosse ben conscio del fatto che fosse solo Artemisia. Rinoa schiuse appena le labbra, sfiorandogli la lingua con la propria, assaggiando il suo sangue con avidità. Forse fu questo a fargli voltare il capo disgustato, rifuggendo quel bacio che sapeva di morte, o forse semplicemente si era reso conto che, neppure con quei gesti, Artemisia sarebbe mai stata in grado di imitare la sua Rinoa. Qualunque fosse la ragione che lo aveva spinto ad allontanarsi da lei, la strega non ne sembrò molto contenta. Si scostò da lui con le labbra contratte mentre degli strani tatuaggi dorati – terribilmente simili a quelli delle Streghe che avevano affrontato –  si andavano delineando sul suo volto.
«La tua ragazza è perduta, ormai, Squall. Rassegnati», mormorò con voce quasi impercettibile, per poi voltarsi ed uscire dal Giardino con passi leggeri, lasciando dietro di sé una scia di fiamme e morte.
La magnifica quercia che un tempo troneggiava nel Giardino era ormai ridotta ad un mucchio di legna bruciata. Squall guardò quello scempio con occhi sgranati: solo una settimana prima addestrava le reclute dell’ultimo anno per l’esame SeeD e ora… ora non c’erano neppure delle reclute dell’ultimo anno. L’incantesimo lentamente si sciolse, lasciandolo tremante in preda a brividi di freddo. Cercò di sfregarsi la pelle ustionata dal ghiaccio, tuttavia desistette subito a causa del dolore lancinante. Il rumore dei suoi passi malfermi era l’unico udibile nel luogo: le urla degli studenti erano cessate e regnava solo un silenzio innaturale, un silenzio che sapeva di morte e disperazione. Si inginocchiò accanto ad una delle ragazze, cercandone il polso. Restò in febbrile attesa per alcuni istanti mentre il corpo era scosso da brividi inconsulti di freddo. Niente, non sentiva niente.
“Maledizione!”. Sentiva le palpebre cercare di chiudersi, di farlo riposare, ma non si dette pace ed esaminò ogni studente accasciato sul pavimento. La speranza di trovarne uno vivo incominciò ad affievolirsi dopo il quarto ragazzo privo di battito. Aveva ormai perso ogni speranza quando ecco… tum… lunga pausa… tum… Era debolissimo, tuttavia c’era. Squall non perse tempo e subito si issò la ragazza in questione sulla schiena, ignorando il dolore che la pelle congestionata gli rimandava e cercò di avanzare il più rapidamente possibile verso l’Infermeria, un po’ zoppicando e un po’ trascinandosi. Tentò di non badare al sangue che gli scendeva copioso dalle ferite fino a che la stanchezza non lo colse e cadde riverso al suolo. Nel suo quadro visivo vide entrare un paio di tacchi vertiginosi e sentì una voce dirgli concitatamente qualcosa, ma non riuscì a distinguere nulla.
«Salvatela…», mormorò in un soffio, prima che il sonno dell’ incoscienza lo cogliesse.
 

 
Rinoa dischiuse le palpebre lentamente. Era stesa “da qualche parte” mentre un fastidioso ronzio risuonava debolmente intorno a lei.
“Ma dove sono?”
Si guardò attorno: era… nell’ascensore?! Perplessa, Rinoa si alzò in piedi, scuotendosi la fuliggine – fuliggine?! – dalle vesti. Provò a spingere il tasto “1” per andare al primo piano in modo tale da poter capire come mai Squall le avesse mentito. Doveva avere per forza una ragione valida e lei aveva bisogno di conoscerla.
L’ascensore non si mosse. Premette ancora e ancora, più forte, irritata fino a che non sferrò un calcio contro le pareti lasciandosi sfuggire un’imprecazione dalle labbra. Fu allora che notò una cosa che prima le era sfuggita: una piccola chiave dorata era infilata in una toppa nella parete. Alzò un sopracciglio, per poi capire: il fastidioso ronzio era il rumore dei cavi dell’ascensore che stava scendendo.
“Dove sto andando?”
Rimase in attesa ancora per un paio di minuti, giocherellando con gli anelli gemelli che portava al collo, fantasticando di come lei e Squall avrebbero fatto pace dopo aver risolto la questione. E fu con il suo sorriso che si aprirono le porte, lasciandola stupefatta da ciò che vide: era nei Sotterranei, dove avevano messo fine al dominio dispotico di Norg, ma allo stesso tempo sembrava totalmente un altro luogo. Un grande tendone azzurro occupava la maggior parte dell’ambiente illuminato dalle luci blu di una mezza dozzina di torce appese alle pareti.
“Fiamme blu?”
Rinoa avanzò di qualche passo, incerta sul da farsi, osservando da vicino la fiamma di una delle torce ad occhi socchiusi per non rimanerne accecata: un minuscolo pezzo di roccia scura era posto alla sua base e sembrava sprigionare scintille di quando in quando. Una salmodia melodiosa, proveniente dall’interno della tenda, attirò la sua attenzione. Silenziosamente, accostò un occhio ad uno degli strappi nel tessuto; la stanza sembrava molto più piccola rispetto a quanto potesse sembrare dall’esterno, forse a causa della mole enorme di cianfrusaglie, monili e oggetti di ogni tipo che erano stipati all’interno. Vi erano cuscini ovunque e veli impalpabili erano appesi al soffitto donando nel complesso un’atmosfera alquanto esotica al luogo. Un enorme specchio apparentemente molto antico era addossato lungo una delle “pareti”, riflettendo l’immagine di una ragazzina, avvolta in veli bianchi e celesti seduta su un’enorme cuscino. Sembrava che stesse cantando qualcosa a bassa voce sgranando i grani di una collana. Tuttavia, aldilà del disordine che sembrava regnare sovrano, la cosa che più la colpì furono i draghi: erano ovunque! Statuette di draghi di bronzo, medaglioni, ciondoli e candelabri, persino le decorazioni sui cuscini raffiguravano tutte draghi.
«Vuoi entrare o resterai lì a spiare tutto il tempo?»
La voce sottile della ragazzina la colse impreparata, come se le avessero appena versato una secchiata di acqua gelida in testa, mentre un rossore diffuso le imporporò le guance. Prendendo il coraggio a due mani, scostò il lembo della tenda ed entrò. L’ambiente le diede subito una sensazione di soffocamento e di claustrofobia, come se le pile di ciarpame potessero da un momento all’altro crollarle addosso. Rinoa si guardò attorno, affascinata e al tempo stesso infastidita dalla quantità esorbitante di oggettini tutti sparsi in giro.
«Dove sono?», chiese esitante, posando lo sguardo su quella che, da vicino, sembrava essere una bambina. Doveva essere davvero molto giovane, a giudicare dalla sua voce infantile. Non aveva a disposizione altri dati per giudicare la sua vera età, dato che era avvolta in candidi veli abbastanza spessi da lasciar intravedere solo gli occhi di un azzurro quasi bianco. Quegli stessi occhi che, tremendamente attenti, la scrutavano e guizzavano sul suo aspetto, trasmettendole un senso di soggezione con la sua sola presenza. Un brivido le risalì lungo la schiena.
«Siete nel Chiostro della Custode. Parlate e l’oceano vi ascolterà»>, disse con voce argentina e delicata. Le mani erano congiunte in preghiera dinanzi a sé.
«Voi siete la Custode…?» Si morse la lingua non appena si rese conto della stupidità della domanda.
La bambina rise e, sebbene fosse in tutto e per tutto identica a quella di mille altri bambini, Rinoa si sentì gelare il sangue. Era come se fosse stata perfettamente modulata per sembrare una normale risata. Ed era altrettanto innaturale il modo in cui riusciva a restare perfettamente immobile: sembrava una statua, quasi omologata a quelle che affollavano il suo rifugio.
«Sono Yeshua, la Custode di Leviathan», rispose con un sorrisetto furbo.
«Ho bisogno che accogliate una preghiera», mormorò con voce esitante. La Custode sembrava quasi penetrarle l’animo con quei suoi occhi di ghiaccio.
«Mi dispiace, ma non posso perpetrare la vostra richiesta, poiché poco tempo fa già un’altra è stata accolta dal Drago delle Acque». La sua affettazione, come poco prima, stonava terribilmente.
«Ma ci dev’essere un modo! », esclamò Rinoa, iniziando a perdere le staffe. Doveva fare qualcosa per il suo amico, non poteva lasciarlo così ancora per tanto tempo.
«Quando i ruscelli saranno aridi e i fiumi si seccheranno, allora potrete tornare e potrò prendere in considerazione la vostra preghiera. Fino ad allora, non mi è possibile.»
“Quando i ruscelli saranno aridi e i fiumi si seccheranno? Ma che sono questi enigmi?”. Memore di quanto le aveva detto Squall, fece due conti: l’estate sarebbe giunta in capo a sei mesi. Proprio come le aveva detto il Comandante. Dannato… hai sempre ragione.
«Non si può proprio fare nulla?», chiese ancora speranzosa, il cuore che iniziava a martellarle nel petto.
«Come vi ho già detto, prenderò in considerazione la vostra preghiera quando…», ripeté con lo stesso tono fintamente accorato di prima. Era a dir poco snervante la totale artificiosità del suo comportamento. Non sembrava affatto una bambina, eppure doveva avere all’incirca otto anni.
«… i ruscelli saranno aridi e i fiumi si seccheranno, si ho capito», la interruppe Rinoa infastidita. Rimase in silenzio per alcuni istanti, poi ricevette l’illuminazione.
«Fatemi vedere dov’è Leviathan», disse con voce dura e decisa. La Custode sobbalzò leggermente, segno che quella sua maschera stava iniziando ad incrinarsi.
«Ciò non è possibile» Anche nella sua voce, le sembrò di notare un accenno di durezza.
«Bene, lo cercherò da sola», ribatté e, detto ciò, si diresse verso un punto imprecisato del tendone a grandi passi, per quanto potesse riuscire a fare grandi passi mentre era tutta impegnata ad evitare i cuscini giganti e altre soffici diavolerie sparse in giro. Riuscì a fare solo qualche passo che una mano la agguantò per il braccio, facendole venire la pelle d’oca. Era bagnata e… viscida come la pelle di un serpente. Rinoa cercò di ritrarsi, disgustata, ma la presa era ferrea, sorprendente per una bambina, ma comprese ben presto che anche quella doveva essere una facciata. Dalle sue dita partirono scariche di elettricità blu che la paralizzarono sul posto, incapace di muoversi o di dire alcunché per lunghi attimi.
«Lo sapevo! Sapevo che c’era qualcosa di malvagio in te!», esclamò orgogliosamente la Custode. Il dolore iniziò a scemare mentre lentamente riprese le sue capacità motorie.
«Cosa… cosa stai dicendo?», chiese incespicando nelle parole, ancora stordita dalla scarica, abbandonando ogni formalità.
«Guardati, Strega!», sputò fuori la bambina indicandole lo specchio.
Rinoa rimase impietrita. Uno dei suoi occhi era dorato, lo stesso dorato delle Streghe malvage che avevano affrontato e sconfitto mentre sul viso le si andavano delineando gli stessi tatuaggi maledetti, già visti, già battuti. Rimase per un tempo indefinito a guardare quei cambiamenti che si facevano sempre più evidenti man mano che passava il tempo. Una manciata di secondi? Pochi minuti? Non seppe definirlo, ma quando infine si scostò provò ribrezzo per se stessa.
 
"Wecos"
 
Rinoa cacciò un urlo nell’udire quella voce terribile invaderle la mente, scompigliandole i pensieri. Le sembrò di impazzire mentre affondava le unghia nel capo.
«Devo… trovare Leviathan… Devo…», mormorò in stato totalmente confusionario.
«Non uscirai viva di qui, Strega!», le urlò la Custode con occhi spiritati illuminati di una luce inquietante. Stese un braccio verso di lei sussurrando: «Gravity!»
Immediatamente la ragazza si sentì attrarre dal suolo e venne schiacciata contro la superficie del tappeto. Cercò di muoversi, ma fu tutto inutile.
«Lasciami andare!»
«Questo posto lo lascerai solo da morta! Assaggerai la forza del Ruggito Oceanico! Vieni a me, Leviathan!», gridò la bambina, e quel grido non fece altro che sembrare ancora più agghiacciante del solito. La tenda tremò visibilmente e le innumerevoli statuine rovinarono al suolo con tonfi leggeri, attutite dai cuscini. Una luce blu si illuminò in un angolo della tenda, andando oltre lo spesso drappo che la ricopriva mentre raffiche di vento scossero la tenda, portandole alle narici l’odore salmastro del mare. Come diavolo è possibile? Il mare è lontano da qui! E’ tutto frutto della magia di Leviathan… Il drappo scivolò via dal suo supporto, rivelando un bellissimo drago di marmo bianco, intagliato con perfezione quasi maniacale. La luce blu proveniva dall’interno della statua. Con uno schianto terrificante, la pietra venne sbalzata via, rivelando le forme di un sinuoso drago azzurro che, con un ruggito terribile, si liberò definitivamente dalla sua prigione di pietra. Aveva grandi ali membranose che agitava con fierezza mentre delle spine ossee ai lati del capo gli conferivano un aspetto alquanto minaccioso. Ruggì ancora, ergendosi in tutta la sua possanza, guardandola con i suoi occhi grigi come la tempesta. Le scaglie sul suo corpo cambiavano colore ogni volta che venivano battute dalla luce e Rinoa ne rimase così estasiata che rimase a guardarlo a lungo, fino a quando non aprì le sue fauci, rivelandole una chiostra di denti affilati come rasoi. Quello fu il momento in cui si rese conto che c’era qualcosa di incredibilmente inquietante nel modo in cui la bellezza di un G.F. era in grado di ammaliarti a tal punto da dimenticare di difenderti.
Era ancora bloccata a terra con la guancia premuta contro la stoffa del tappeto e si era fatta distrarre. Cercò di divincolarsi dalla presa gravitazionale della Custode, ma, come prima, non ottenne risultati. L’acqua la travolse prima di riuscire a formulare un pensiero coerente, iniziando a riempire la stanza ad una velocità spaventosa. Ben presto si ritrovò boccheggiante, schiacciata al suolo contro la sua volontà. Trattenne quel poco fiato che le era rimasto sentendo i suoi polmoni bruciare per mancanza di ossigeno, ma si trattenne dal respirare.
Oddio, sto morendo… Sto annegando, maledizione!
Si trattenne ancora per qualche altro secondo, poi sentì l’acqua entrarle nel naso e nella bocca, invadendole i polmoni. Involontariamente continuò a respirare acqua, mentre sentiva il suo corpo reclamare aria, aria! Altri fiotti le penetrarono le vie respiratorie, soffocandola.
Leviathan! Leviathan aiutami!
Ma il drago non rispose al suo richiamo. Lentamente si sentì scivolare nell’incoscienza, annegando sotto la forza di Leviathan.
“E’ stato allora che ho pregato la Custode di rompere il Sigillo di Leviathan”
“C’è altro che dovrei sapere?”
“No.”
“No.”
“No.”
 
"Vinosec"
 
“NO!”
Con un ringhio, Rinoa constatò che riusciva a muoversi. Si alzò immediatamente, tossendo e sputando acqua, mentre l’aria – fresca, dolce aria! – le invadeva i polmoni dolorosamente, ma non le importò. Inspirò grandi boccate di ossigeno, nonostante le ferisse il petto in modo a dir poco atroce, felice di non essere annegata, felice di essere VIVA!
«Non è possibile… come hai fatto a liberarti dal controllo della mia magia?!>>, le sbraitò contro la Custode visibilmente sorpresa e sconvolta dalla piega che avevano preso gli eventi.
Rinoa non le rispose, ma si limitò a incrociare lo sguardo di Leviathan. Tempesta e oro si incontrarono e danzarono pericolosamente, poi la ragazza gli si avvicinò con passi tremanti, posandogli una mano sul muso.
Esaudisci la mia preghiera, Leviathan. Guarisci il mio amico.
Il drago sembrò annientarla per lunghi istanti con la sola forza del suo sguardo, poi si lanciò contro di lei. Rinoa chiuse gli occhi attendendo un impatto che non giunse mai. Il corpo di Leviathan si liquefaceva a contatto con il suo e lei sentì distintamente le sue membra trovare nuova energia, mentre il drago si avvolgeva in morbide spire di acqua intorno al suo braccio, fino a solidificarsi in fredda agata blu. Attorno all’arto, un serpente azzurro con le fauci spalancate si attorcigliava sinuosamente fino al suo dito medio.
“Avrai la mia forza, Strega. Ma sappi che avrà un prezzo”. La voce del drago le risuonò nella mente e, in essa, Rinoa riuscì a percepire tutta l’atavica forza del G.F., l’energia e il vigore del mare tutte condensate in un’unica frase.
“Pagherò qualsiasi prezzo sarà necessario pagare”
“Questo sarà il primo, giovane Strega”
Rinoa cadde al suolo reggendosi il petto, laddove il cuore batteva furiosamente, sentendo il respiro venirle meno. Gemette e chiuse gli occhi e per un secondo interminabile il dolore fu così insopportabile che credette di impazzire.
Poi lentamente dischiuse le palpebre sotto lo sguardo terrorizzato della Custode.
Due occhi dorati si rivelarono al mondo.



Eccomi tornata miei cari lettori, chiedo umilmente perdono per l'eeeeenorme ritardo di aggiornamento, ma, purtroppo, ero in forte periodo di esami! Però spero di essermi fatta perdonare con un capitolo più lungo del solito ^^ Avevo pensato di suddividerlo in due capitoli più piccoli, ma molte - troppe! - cose sarebbero rimaste in sospeso, quindi, detto questo, vi lascio, alla prossima! <3
p.s. vorrei ringraziare particolarmente i miei cari lettori che hanno inserito la mia storia nelle seguite o nei preferiti ** Vi adoro, davvero ** e anche quei lettori silenziosi che, nonostante non dicano nulla, mi fanno comprendere che mi seguono, a loro modo... :D Gradirei tanto sapere la vostra opinione, quindi... Sotto con i commenti!! :D
  
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