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Autore: S t r a n g e G i r l    26/11/2013    2 recensioni
"La cosa che Wendy detestava di più dei litigi con Peter era il fatto che, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a ricordare il motivo che li conduceva all'ennesimo screzio.
Forse la bolletta del gas, forse il flacone di shampoo vuoto o i rientri a notte fonda che lui faceva sempre più spesso, adducendo la scusa poco credibile degli straordinari a lavoro.
O forse tutte e tre le cose insieme.
La verità era che Wendy non faceva che pensare di aver sbagliato a far entrare Peter tanto in casa -l'unico porto sicuro che avesse- quanto nel cuore. Di nuovo.
Non aveva ancora imparato? Non le era bastato il primo assaggio?
Quanti altri bocconi amari sarebbe riuscita a mandar giù a forza?
Lui era quello che combinava danni senza accorgersene, avvezzo a non aver mai una sola preoccupazione al mondo.
Sull'Isola che non c'è, quando qualcosa si rompeva, bastava desiderare che tornasse integra perché i cocci si rinsaldassero fra loro.
Nella vita reale, invece, quando un piatto andava in pezzi si buttava poi al secchio perché nessuna colla gli avrebbe mai ridato il suo aspetto originario."
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Wendy, Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un passo avanti, dieci indietro.'
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A LILYHACHI, MARTI LESTRANGE E BUMBUNI.
 
Prima Di Essere Ferito


Le lenzuola erano fredde sotto i piedi nudi di Wendy; fredde e ruvide.
Sotto le sue dita, invece, la federa del cuscino era bagnata e calda.
Di lacrime.
Ed il silenzio che regnava in quella camera da letto buia amplificava il rumore dei suoi singhiozzi, tanto che non le sembrava di essere sola bensì in compagnia di altre decine di ragazze che, come lei, piangevano.
Wendy, in realtà, detestava dar sfogo in quel modo al suo dolore e alla sua rabbia, ma non poteva fare altrimenti.
Inoltre, si premurava sempre di non esser vista da nessuno perché la pietà e la compassione proprio non le sopportava, soprattutto se le scorgeva in fondo agli occhi azzurri di Peter.
Lui era bravo -oh, se era bravo- a farla sentire inadeguata e sbagliata in qualunque occasione, benché tra i due fosse sempre il più immaturo e testardo.
E Wendy si piegava ad ogni urlo, ad ogni porta chiusa in faccia, ad ogni recriminazione come un giunco ad una raffica di vento furiosa.
Era stanca di ripetergli di crescere -di cervello, non solo fisicamente- e di sentirsi rispondere con veleno che lui era già maturato e lo aveva fatto per lei.
« Bel ringraziamento, il tuo. Alle volte mi pento di aver esitato quando non avrei dovuto e di aver determinato così la distruzione dell'Isola che non c'è. Era quello il mio posto, non questa schifosa città sempre grigia! » era solito rinfacciare lui, dandole ad intuire che la casa che condividevano gli stava stretta.
In fondo, non c'erano fate o sirene o pirati o piante di sognombra né in salotto né in bagno.
Wendy chiuse gli occhi umidi, che le bruciavano, e si sdraiò sul letto, la schiena rivolta alla finestra quasi per dispetto.
Era da una finestra che lui si era intrufolato nella sua vita e lei si malediva ogni volta per non averla inchiodata dopo la prima visita.
Prese le lenzuola con uno scatto rabbioso e si coprì interamente, fin sopra la testa.
La cosa che più detestava dei litigi con Peter era il fatto che, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a ricordare il motivo che li conduceva all'ennesimo screzio.
Forse la bolletta del gas, forse il flacone di shampoo vuoto o i rientri a notte fonda che lui faceva sempre più spesso, adducendo la scusa poco credibile degli straordinari a lavoro.
O forse tutte e tre le cose insieme.
La verità era che Wendy non faceva che pensare di aver sbagliato a far entrare Peter tanto in casa -l'unico porto sicuro che avesse- quanto nel cuore. Di nuovo.
Non aveva ancora imparato? Non le era bastato il primo assaggio?
Quanti altri bocconi amari sarebbe riuscita a mandar giù a forza?
Lui era quello che combinava danni senza accorgersene, avvezzo a non aver mai una sola preoccupazione al mondo.
Sull'Isola che non c'è, quando qualcosa si rompeva, bastava desiderare che tornasse integra perché i cocci si rinsaldassero fra loro.
Nella vita reale, invece, quando un piatto andava in pezzi si buttava poi al secchio perché nessuna colla gli avrebbe mai ridato il suo aspetto originario.
E Wendy aveva le dita impiastricciate e appiccicaticce per tutti i tentativi andati a vuoto: il suo cuore, ormai, era un organo informe, rattoppato più volte, con tasselli mancanti e croste orribili.
Le salì un conato alle labbra che a stento riuscì a ricacciare giù.
Forse la scelta migliore che poteva prendere per entrambi -per salvare ancora il salvabile- era far trovare a Peter le valigie con la sua roba all'ingresso l'indomani.
C'erano persone che passavano una vita intera amandosi tantissimo e tuttavia non riuscivano a stare insieme; probabilmente loro due appartenevano proprio a quella cerchia.
Un colpo sordo fece sobbalzare d’improvviso Wendy: sembrava quello prodotto da un piccione schiantatosi contro la finestra.
Si girò guardinga, riemergendo da sotto il suo bozzolo di lenzuola, cercando di scorgere qualcosa oltre le tende di pizzo avorio.
Era notte fonda e per di più le stelle e la luna erano coperte da uno strato robusto di nuvole livide e gonfie, perciò non vedeva nulla.
Il rumore si ripresentò dopo qualche istante, più forte di prima, tanto da far vibrare i vetri.
Tremando, Wendy si avvicinò incuriosita in punta di piedi; poi scostò la tenda con un gesto deciso e cacciò un urlo strozzato: lì, dove prima non c'era nulla, comparve una mano bianca che non pareva avere corpo.
« Vuoi prendere anche un thè caldo, prima di deciderti ad aprire questa dannata finestra? » la schernì la voce di Peter dall'esterno.
Lei ingoiò paura e saliva insieme e poi, dopo aver espirato a lungo, girò lentamente la maniglia e si fece da parte.
Il viso concentrato del suo ragazzo fece quasi ridere Wendy.
Era aggrappato alla grondaia come un koala ed il sudore gli scendeva a gocce grosse sulla fronte per lo sforzo, benché fosse dicembre inoltrato.
« Ma prendere una scala, no? Anzi, meglio, usare le chiavi e la porta d'ingresso? » chiese lei, le mani sui fianchi -conficcate nella carne per non stringerle attorno alla gola di lui e strozzarlo- e il viso ancora leggermente bagnato: in controluce si distinguevano sulle guance sentieri di sale secco e ira.
« Scommetto che ti sei chiusa a chiave qui dentro. Mi avresti fatto dormire sul divano. »
« Come minimo. »
« Quell'attrezzo arrugginito mi fa venire mal di schiena. Lo odio e tu sei crudele. »
« Che coraggio che hai, Peter. »
« Parecchio in effetti. Senza l'ausilio della polvere, arrampicarsi fino alla nostra stanza da letto non è mica facile. E se fossi caduto, rompendomi l'osso d...? »
« Problemi tuoi. » lo interruppe lei, sfinita.
Possibile che tentasse sempre di buttare sullo scherzo qualunque cosa? Non era in grado di sostenere una discussione normale, fra adulti quali erano? Il tempo dei giochi era finito da un pezzo e lui non se ne accorgeva... o fingeva di non farlo.
Avanzò verso il letto matrimoniale, si allungò sulla destra dove dormiva lui, e prese il suo cuscino e il pigiama.
Si girò e glieli sbatté addosso, incrociando poi le braccia sotto il seno.
Tentò persino di alzare un solo sopracciglio, come era solito fare lui, ma, sebbene si allenasse ogni mattina davanti allo specchio, non ci riuscì.
« Scordatelo. » dichiarò inflessibile Peter, buttando a terra tutto quello che gli aveva mollato lei.
Wendy indicò la porta col mento alzato in un gesto di sfida.
« Buonanotte. »
« Rimproveri sempre me di essere un bambino, ma tu non stai facendo i capricci ora? » le fece notare con un sorrisino ironico e soddisfatto.
Wendy ebbe voglia di graffiarglielo via dalle labbra.
« Faccio quel che fai tu di solito: rimando e scappo. O meglio, rimando e ti caccio. Non è divertente scambiarci i ruoli? »
« Smettila. »
« Smettila tu. »
Si fissarono arrabbiati, offesi e orgogliosi, senza muovere un passo l'uno verso l'altro. Eppure sarebbe bastato così poco per sfiorarsi le mani, per far pace...
Nessuno dei due, però, aveva intenzione di cedere.
Wendy lo faceva troppo spesso ed era stanca di passare per quella debole, che si lasciava schiacciare dal carattere prepotente di lui; Peter, invece, non riusciva a smettere di comportarsi come aveva sempre fatto, benché lo volesse.
« Coraggio. Dillo. Ne sento la mancanza. » lo spronò lei, le unghie piantate nei palmi delle mani ed il veleno in bocca.
Ferisci prima di essere ferito, si diceva.
Era una lezione che Wendy aveva appreso bene sull'Isola che non c'è, ma che non riusciva mai a mettere in pratica davanti a lui.
Quell'insegnamento, nel suo caso, diventava più simile a fatti ferire, ché tanto di ferire non sei in grado.
« Di che parli? » domandò lui, davvero preso alla sprovvista.
Poi abbassò lo sguardo sui bottoni della sua giacca e se la tolse con gesti lenti e studiati, aspettando che lei gli desse delucidazioni.
« Dì la frase che dici sempre quando arriviamo a questo punto, Peter. Accusami di essere ingiusta ed ingrata perché tu sei cresciuto e cambiato per me ed io so soltanto sgridarti come una madre insoddisfatta. »
L'espressione di lui, in risposta, si accese di malizia.
« Insoddisfatta non direi pro... »
« Lo vedi come fai? Io non ne posso più. » si lamentò Wendy, di nuovo sull'orlo del pianto.
« Non fare la vittima, adesso. Io non litigo certo da solo. Abbiamo torto entrambi e lo sai. Mi dispiace per quella dannata bolletta, quel dannato bagnoschiuma, quel dannato vestito rosso che ho accidentalmente strappato nella foga di... » arrossì appena, come un ragazzino timido « ...Mi dispiace pure per quel dannato vaso di cristallo che ti aveva regalato Neal, per tutte le dannate volte che mi attardo in ufficio a fare l'idiota con i colleghi o le dannate carenze romantiche che ho nei tuoi confronti. Ho dimenticato qualcosa? » sbottò esasperato, calciando il cuscino ai suoi piedi.
Wendy odiava litigare con Peter.
Lui era capace di chiedere scusa e farla sentire comunque responsabile, senza mai alzare la voce. Parlava in maniera pacata e gelida, concludendo poi magari con un gesto che mostrava irrequietezza, nulla di più.
« E asciugati quelle lacrime. » aggiunse sottovoce, passandosi le mani sul viso come a volerle impegnare in qualcosa che non fosse protendersi verso Wendy per stringerla.
« La cosa ti infastidisce, Peter? » lo derise lei (*), in una caricatura mal riuscita di una scenetta avvenuta tanto tempo prima.
Una vita intera, probabilmente.
Lui non rispose e di nuovo il silenzio calò fra loro come il sipario di un teatro a fine di uno spettacolo; ma non c'erano applausi né fischi; e quell'assenza di rumori era quasi peggio perché amplificava il dolore di entrambi.
Infine fu Wendy a spezzare quell'orribile mutismo, raccogliendo il coraggio a due mani.
« Ti attardi davvero in ufficio per via dei colleghi? » mormorò quasi senza muovere le labbra, timorosa di dar corpo a quel pensiero.
Peter rise senza allegria e lei tremò: era il suono più triste che avesse mai sentito.
« Sarebbe questo il problema di fondo, Wendy? Tutti gli strepiti in cucina, poche ore fa, non erano altro che scuse? Stavi cercando qualcosa per cui incolparmi? Ma cos'è che credi? Che abbia... » tacque, intuendo la verità prima ancora di tirarla fuori a parole.
Lei chinò la testa, colpevole.
Poteva forse biasimarla? Cosa avrebbe pensato, in fondo, un'altra donna qualunque al suo posto?
Ogni notte fissava i numeri al led della sua sveglia fino quasi a consumarsi gli occhi, aspettando che rientrasse. E i giorni si erano sovrapposti gli uni agli altri, tanto che avevano perso il nome.
« Non mi basta più desiderare una cosa per averla, nel caso te lo fossi scordato. Lavoravo davvero. Facevo gli straordinari per questo. » borbottò Peter, lanciando sul letto un pacchettino tirato fuori dalla tasca posteriore dei jeans
Lei lo guardò a malapena.
« Non ho bisogno di regali. Vorrei solo... » essere rassicurata, concluse mentalmente.
In fondo, lui era stato un ragazzino per così tanto tempo, disinteressato a qualunque cosa non fosse la sua eterna giovinezza, che quando -per forza di cose- era poi cresciuto era tornato dall'unica persona per cui aveva provato una parvenza d'affetto.
Wendy si convinceva sempre più che le cose stavano precipitando ora che Peter, magari, aveva incontrato qualcuno capace di scatenargli dentro quel che lei non era mai riuscita a fargli provare.
« Aprilo, Wendy. » disse lui, guardandola dritta in viso, senza timore alcuno.
Non chiedeva mai; affermava, piuttosto, con un tono perentorio che aveva il retrogusto di un ordine a malapena camuffato.
« Ti ho detto che non lo voglio. »
« E io ti ho detto di aprirlo. »
Spazientita, lei lo accontentò.
Con una smorfia accondiscendente, che stava quasi a dire "così sei felice", strappò la carta argentata ed il fiocco di raso azzurro senza cura.
Quando però vide il contenuto di quella scatola, per poco non lo fece cadere a terra.
Sbiancò e sbarellò, le ginocchia ridotte ad un cumulo di ossa in gelatina.
« Che significa? »
« So bene che non hai bisogno di regali, ma almeno il giorno del tuo compleanno potresti non fare storie ed accettarlo, no? »
« Oggi non... » si morse la lingua.
Era così preoccupata ed arrabbiata con lui che aveva dimenticato che si stava avvicinando il giorno in cui compiva gli anni ed essendo passata mezzanotte, ormai, era il suo compleanno a tutti gli effetti.
Mordicchiò il labbro inferiore e guardò ancora la collanina che teneva fra le dita e poi Peter.
« Dimmi che non è un altro dei tuoi giochi. Che non stai sottilmente insinuando di nuovo che questa casa non sarà mai quel che era per te l'Isola che non c'è. Sarebbe un pessimo regalo. » lo ammonì, restia a concedergli il beneficio del dubbio.
« Non capisci proprio, vero? » sbuffò Peter, avvicinandosi a Wendy quasi di corsa.
La strinse fra le braccia tanto da toglierle l'aria nei polmoni e soffocò il viso fra i suoi capelli arruffati e profumati di lampone.
« C'è scritto "Neverland" su quella collana perché tu, Wendy Moira Angela Darling, sei la mia Isola che non c'è. » sussurrò lui all'orecchio di lei.
Wendy si scostò e lo baciò fra le lacrime, poi, inaspettatamente, lo schiaffeggiò.
Peter, allibito, si toccò la guancia e la fissò in attesa di chiarimenti.
« E questo per cosa sarebbe? » brontolò infastidito.
Lei gli sorrise quasi dolcemente.
« Perché ci hai messo troppo tempo a dirlo (**) e perché mi hai fatto passare giorni infernali, in compagnia di un tarlo che mi bisbigliava nell’orecchio che tu non mi amavi, solo per comprarmi questa collanina. »
Lui alzò il suo sopracciglio con ironia e Wendy, invece di infastidirsi, lo prese per il bavero della camicia e lo trascinò sul letto, sopra di sé.
« Se non ti piace puoi ridarmela. »
« Mai. »

 
 
 

(*) Riferimento alla OS intitolata "In fondo al cassetto", che io ho immaginato fosse un prequel di questa.
(**) Riferimento alla OS intitolata "A Better Reality", in cui Wendy si sente dire quella stessa frase da un Peter del tutto diverso.


Ormai ho preso il via.
In cinque giorni, tre One Shot su Peter e Wendy. Quella che avete letto, in particolar modo, è una specie di ringraziamento a tutte le ragazze che hanno recensito le due precedenti e mi hanno convinto a non smettere di raccontarvi di loro.
Vi ho mostrato un episodio parallelo alla stagione con uno scorcio di possibile futuro, una scena di dodici anni dopo e poi mi sono chiesta "e adesso di che altro parlo?".
Ebbene, eccoli alle prese con i banali screzi di ogni coppia. E' credibile, secondo voi?
Ho collocato, nella mia testa, questa Shot dopo "In fondo al cassetto", senza tuttavia accennare a Jane -che dorme nella sua stanzetta da brava bimba- cosicchè possa essere letta anche senza aver sbirciato l'altra.
Bon, credo di aver detto tutto.
Ora scappo al bagno, ad infilare le dita sotto l'acqua bollente del rubinetto prima che mi si stacchino da sole per il freddo XD
Un abbraccio.

Strange
   
 
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