L ha lo sguardo fisso sullo schermo del computer, un dito tra le labbra chiare e delle profonde occhiaie che gli cerchiano gli occhi.
E' qualche ora che è seduto in quella sua posizione tipica, le ginocchia al petto, i piedi nudi a fare presa sull'orlo della sedia.
Non capisce L, forse per la prima volta nella sua vita, non riesce a comprendere.
Il suo cervello lavora frenetico, cataloga, memorizza, identifica.
Ma stavolta, il cervello non aiuta.
L è solo un ragazzo, magrolino, bianco. Sembra perennemente sull'orlo del collasso. Eppure è lucido, sveglio, presente...una perfetta macchina che non si inceppa mai.
Mai.
Solo in quel preciso istante sembra vacillare: gli ingranaggi stridono... un secondo che sembra durare un'eternità.
L non si chiama L.
Ma neanche Ryuuzaki.
Ryuga è un nome che non si addice al suo volto.
L ha un nome vero, ma a nessuno sembra importare. Anzi, a qualcuno si. Ma non per i motivi che ci si potrebbero aspettare: curiosità, amicizia, rispetto.
Il vero nome di L è legato alla morte. La sua.
Si muove leggermente sulla sedia, raccoglie una zolletta di zucchero e la porta alla bocca.
Quella bocca.
Ancora cerca di capire mentre lo zucchero si scioglie sulla sua lingua.
Quella lingua.
Ma ancora non comprende e gli tremano le mani.
Quelle mani.
Eppure un attimo prima era tutto così chiaro. I ruoli definiti. La verità palese.
E ora?
Ora vacilla L. All'interno e all'esterno.
In un movimento che non appartiene al suo corpo, alla sua mente razionale.
Gli pare di sentire ancora quella voce che lo chiama.
Ryuuzaki.
Di vedere quegli occhi dentro i suoi.
Diversi.
Di sentire il sudore sulla pelle.
Fa caldo.
Di perdere la testa e urlare.
Il suo nome.
E c'è qualcuno che osserva L.
L lo sa e non se ne stupisce.
“Non è carino” dice qualcuno con una bella voce.
“Cosa?” chiede lui fissando lo schermo.
“Alzarsi in quel modo e scappare via” dice ancora la voce, indispettita.
Un movimento e un fruscio di lenzuola e un'immagine sfuocata si proietta sullo schermo bianco da dietro alle sue spalle.
“Vieni” gli dice la voce in maniera dolce.
Vieni. Lo aveva detto diverso prima.
E la sedia gira facendogli perdere un attimo i contorni delle cose.
“Non puoi startene lì nudo, ti ammalerai”
Light lo guarda e sorride prendendolo per mano.
Eppure un attimo prima era tutto così chiaro. I ruoli definiti. La verità palese.
E ora?
Ora non è più sicuro di niente.
Si distende ancora sul quel letto tra quelle braccia e non riesce a pensare.